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17.5.20

Domenico Beneventano un dimenticato eroe borghese anticamorra

Per il segno che c'è rimastonon ripeterci quanto ti spiacenon ci chiedere più come è andatatanto lo sai che è una storia sbagliata .



Ci sono storie  che  sono di tutti  , che ci appartengono  ,  storie di persone  la cui   la cui  scomparsa resta  ( o almeno dovrebbe  )   nella nostra memoria  . E di cui  , in alcuni     diventano  :  <<  Storia diversa per gente normale \ storia comune per gente speciale  >>  ma     è  nel bene   ed  nel male  grazie  ai media  e  alle  arti , che   conosciamo le loro  vite   e le loro  storie  , ci indigniamo   e ci commuoviamo   ogni volta  che  sentiamo  (  ma anche quando     ci ritorna in mente  )  su come sono morte  , la  lotta per avere giustizia  (  se  l'hanno  ottenuta  o meno  )  e  verità   ed  le  sentiamo nostre  come se  fossero una parte  di noi  . Ma  ci sono  , ed  è questo  il caso   del  mio post   d'oggi ,  che  invece scivolano via   e  finiscono (  salvo  che qualcuno  come il sito citato  non le   tiri fuori  o le rispolveri  ogni tanto   dalla coltre  dell'oblio   e del tempo  )  nel silenzio e nel dimenticatoio . Infatti succede  che pochi  , almeno fin quando  non ci si fa  un film  o una  fiction  di successo  ,   ne  coltivino il ricordo  . 

La storia    d'oggi   è   riportata  dal bellissimo  portale  amatoriale https://spazio70.com/post-anni-70/



Dopo l'assoluzione di Cutolo, dopo quarant'anni, l'assassinio del coraggioso medico-consigliere comunale resta ancora senza colpevoli
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Ottaviano (NA), 7 novembre 1980. Ore 6:45. Il trentaduenne Domenico Beneventano, medico chirurgo presso il San Gennaro di Napoli, sta uscendo dalla propria abitazione per recarsi in ospedale come tutte le mattine. Affacciata alla finestra dell’appartamento, la signora Dora osserva il proprio figlio incamminarsi verso l’automobile, una Simca 1000 di colore verde, parcheggiata nelle immediate vicinanze dell’edificio. Il medico non fa in tempo ad entrare nell’abitacolo che viene
immediatamente fermato da una voce. C’è qualcuno che lo sta chiamando: «Dottò…dottò…dottore!». Beneventano si gira verso una Fiat 128 di colore blu, ma l’uomo all’interno della vettura non ha più intenzione di parlare ed estrae una pistola facendo fuoco dal finestrino. Domenico Beneventano viene ammazzato con una rapida successione di pallottole sotto gli occhi lacrimanti della madre. La modalità dell’omicidio fa subito pensare ad un agguato di camorra.
UNA OPPOSIZIONE CHE DÀ MOLTO FASTIDIO
Ma perché uccidere un medico che con gli intrighi della malavita non ha mai avuto nulla a che fare? Il motivo è proprio questo. In quei loschi affari, quel giovane dottore, non ci è mai voluto entrare. Domenico Beneventano non era soltanto un medico, era anche consigliere comunale, proprio ad Ottaviano, storica roccaforte della camorra cutoliana e città natale di «don Raffaele ‘o professore». Candidato nella lista del PCI, quel dottore di origine lucana era divenuto per la prima volta consigliere nel 1975 e poi di nuovo nel 1980, in un periodo «di piombo» in cui la camorra spadroneggia con ogni mezzo ed è sempre alla continua ricerca di nuovi spiragli per potersi infiltrare negli affari della vita politica.
Beneventano è all’opposizione, un’opposizione che dà molto fastidio, specialmente agli affari della speculazione edilizia alle pendici del Vesuvio. Il business del cemento e degli appalti, nuova frontiera della malavita organizzata, a Ottaviano incontra un ostacolo tanto deciso quanto inaspettato. Beneventano denuncia il giro di affari che gravita attorno all’edilizia, a discapito dell’ambiente e dei cittadini, preludio di un processo che dopo il terremoto del 23 novembre 1980 diventerà inarrestabile.
LE RICORRENTI MINACCE E LA MORTE
La vita politica di Beneventano viene presto intimidita con ricorrenti minacce. Ma le antipatie della camorra il medico se le era guadagnate anche nel corso della sue attività negli ospedali, come quella volta in cui si rifiutò di fornire un alibi a un malavitoso che pretendeva un falso certificato di ricovero. Ne scaturirono inquietanti avvertimenti e il dottore fu trasferito in un’altra struttura. Consapevole dei rischi ai quali sta andando nuovamente incontro, Beneventano si procura un regolare porto d’armi e acquista una pistola per la legittima difesa. Ma quell’arma non la userà mai.
Nel 1987, il boss della Nuova camorra organizzata, Raffaele Cutolo, viene condannato all’ergastolo come mandante dell’omicidio, sentenza che verrà poi ribaltata in appello con l’assoluzione. Oggi, dopo quarant’anni, l’assassinio del coraggioso Domenico «Mimmo» Beneventano resta ancora senza colpevoli


   ed  proprio mentre  finivo  di  fare  copia e incolla   dalla  fonte    partono le  note  finali   dela  canzone  di  sottofondo una storia  sbagliata di De Andrè

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