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24.11.23

c'è ancora domani di paola cortellesi un film Senza infamia e senza onore o un esordio vero ?

Ieri  sono andato al cinema   ,   ho voluto staccarmi  dallo schermo del pc   ed  riscoprire  le  vecchie   ed  sane  abitudini  😂😇🥇🧠 del passato  a vedere  i film c'è ancora  domani 




film    che    vede  l'esosrdio  come regista  di  paola  cortellesi  .  Avendone sentito  parlare   bene sia  dal passaparola      sia   da intervistre  allla regista  ed  avendo letto  molte  recensioni    positive per  lo più  ma  soprattutto dopomaver letto   in rete    in particolare     su  movieplayer.it   che   : <<    IL Ministero della cultura aveva negato i fondi al film di Paola Cortellesi  coinsiderandolo  di  Scarso valore >>  recensioni   ho preferito     stavolta andare a  vederlo in sala   anzichè scaricarlo piratamente .  Un film un0' nostalgico   come sembra  confermare  l'intervista rilasciata a The Hollywood Reporter Roma, Cortellesi ha spiegato la scelta di ambientare il film nella città

«È stato naturale. La storia del film è inventata, ma c’è moltissimo dei racconti della mia famiglia. Sono per metà romana e per metà abruzzese. Mia madre venne a Roma a sei anni, ha trascorso qui la sua primissima infanzia. Ma molte delle storie da cui ho tratto ispirazione sono di mia nonna. È anche il motivo per cui ho immaginato l’opera in bianco e nero. Quando ti tornano in mente le immagini del passato a Roma non sono mai a colori. I cortili romani in cui tutto veniva messo in piazza. Si viveva insieme, non c’era discrezione, però era bello. La Roma di C’è ancora
domani
 è molto lontana dalla Roma di oggi.                        
[...] La vita sociale era diversa. Forse le famiglie borghesi erano le uniche discrete. [...] e abbiamo messo in scena un’incomunicabilità totale, che rappresenta la differenza di ceto sociale a Roma, come nel resto di Italia. Roma, però, non è solo un bacino. Roma è tante cose. C’è la Roma del centro, la Roma dei quartieri bene, poi c’è la Roma popolare, quella delle periferie, delle borgate.» 
 Con un umorismo infallibile, un’anima di gran senso civico, un atteggiamento anti-nostalgico quasi commovente e soprattutto con una rabbia tangibile, C’è ancora domani è un esordio vero.
un buon esordio alla regia, anche se troppo pompato dai media e dall'opinione pubblica quello della Cortellesi . infatti la regista stessa ed la sua casa di produzione hanno avuto, visto il tema trattato , la geniale idea si farlo uscire fra ottobre e novembre in modo che raggiungesse l'apice nella settimama del 25 novembre ovvero quela contro il femminicidio/ violenza di genere . Nonostante la tematica sia come dimostra anche la semi stroncatura di Valerio Crapara ( qui l'articolo ) e  quella  la faziosa  ed  politicizzata  (   altra  pubblicità  gratis   la lezione del  successo di   tolo tolo  di Checco  Zalone  non  ha  insegnato niente      ai  destrosi )  di  DC NEWS un tema  quello     della  violenza   sule  donne  ampiamente sfruttato dalla commedia all’italiana (“Dramma della gelosia”, “C’eravamo tanto amati”, “Una giornata particolare”)    con cui sono cresciuto  e con cui  è avvenuta   la  mia rima formazione  culturale ,  e quindi    niente    d'originale     tanto da  sembrare    un loro remarke .
 Ma  però  allo stesso tempo   già    dal titolo   c'è  una speranza, ma anche un monito importante: perché ci ricorda che le conquiste femminili sono avvenute appena ieri, e perché riporterà  almeno  speriamo    istantaneamente alla memoria di tutti, e soprattutto di tutte, almeno un episodio in cui la propria mamma, nonna, bisnonna sono state zittite, o è stato loro impedito di percorrere la propria strada in piena autonomia decisionale.
Cortellesi ci rammenta che da questo veniamo, che fa parte del nostro passato recente, e che purtroppo succede ancora perché per chi stava dalla parte dominante del "si è sempre fatto così" reagisce al cambiamento e con la stessa violenza di allora. Non sorprende che la neoregista abbia dedicato il suo film a sua figlia.  Peccato     che  sia   limitato   solo ad  un  periodo  .  Infatti    a mio avviso      sarebbe    stato   più  congeniale   raccontare la    vicenda    facendo   di pari passo  la  storia   del  costume   italiano    e delle lotte  delle  donne , delle angherie   e delle  discriminazioni    subite    si  pensi  che solo dìnel  1996 il reato di  stupro ed  violenza      sarà piunito  sul serio  ed  non semplicemente  contro la morale .  Un fim  quindi  speciale   per  gente     normale      cioè  per  quelli \e    il prosciutto sugli occhi   che negano   o  sminuiscono  la  vioenza  di genere  (  vedi  post precedenti  ad esempio  il post    Questo (non) avrei voluto sentir dire su Giulia e le vittime di femminicidi  )., normale per  gente  speciale  cioè   per  quelli\e    che  denunciano     oltre  ad  indignarsi    per  i femminicidi   o  per  come  vengono trattatre  le  donne  . Comiunque   è   un   film che ,  soprattutot  per  le  nuove     generazioni  , andrebbe  fatto  vedere  nelle  scuole e poi  organizzarci una discussione    .  

20.4.22

L'iniziativa di Coneria Italiana, a Lamezia Terme: per un giorno valela lira la vecchia valuta. ., Buon compleanno Nutella: tutti i segreti della crema spalmabile più amata al mondo



E nella gelateria che si ispira agli anni '60 si paga in lire




Tornano le vecchie lire per un solo giorno, basterà portarle in cassa a Lamezia Terme e si avrà in cambio un gelato. È la trovata di Valentino Pileggi, ideatore di Coneria Italiana: “Il 21 aprile saremo la prima attività commerciale in Italia a permettere l’utilizzo delle vecchie lire”. Un’idea per riportare fra le mani e nel borsellino la vecchia moneta italiana, un gioco in realtà che vuole rendere omaggio alla memoria degli anni in cui il boom economico metteva il sorriso sui volti degli italiani e tutto sembrava
possibile. “Dato che il nostro format è ispirato agli anni ’60, dagli arredi con la radio d’epoca, la musica, le gonne a ruota delle ragazze e le fasce a pois per i capelli, ci è sembrato simpatico festeggiare così il primo anno dall’apertura”. Non volendo semplicemente regalare il prodotto, “vogliamo far tornare i nostri clienti agli anni in cui i loro genitori e nonni con le lire andavano a comperare il gelato”. Una caccia al tesoro fra le tasche di vecchi cappotti o in fondo ai cassetti, alla ricerca delle vecchie monete o delle banconote che per decenni hanno circolato in Italia e che ancora oggi sono indicate sul prezziario della gelateria: “In realtà è un modo diverso, e simpatico, per regalarlo. Basterà mostrare in cassa le lire”.

Un progetto che trae ispirazione dai ricordi in modo non effimero, ma con la concretezza del sapore della memoria: “Coneria Italiana nasce quasi per caso - racconta Pileggi, imprenditore lametino insieme al maestro gelatiere Gianfranco Buccafurni, noto per il gelato di Jacurso, e al socio di capitali Fabio Borrello - Parlando con mia madre Angela mi raccontava del cannoncino mantovano. Lei in Calabria è venuta per amore di mio padre, ma ricorda bene quel sapore dell’antica ricetta di Mantova che spopolava negli anni ’60”. Cialda come quella del cono riempita con budino e sormontata da panna montata, servita in orizzontale come una cornucopia, non freddo come il gelato e comodo visto che non sciogliendosi evita di sgocciolare. Una tradizione che ingolosisce ancora oggi i mantovani, “come in quegli anni il budino è solo di due gusti, vaniglia e cioccolato, mentre per il gelato i gusti spaziano”. Storicità e un pizzico di innovazione retrò, che non si trova solo negli arredi: “Sembra una novità vista con gli occhi di un calabrese, di un meridionale, ma il cannoncino da Mantova in giù non si conosce. Lo abbiamo rivisitato con la cialda fatta al momento e la panna montata in planetaria, senza estrusori”.

Proprio da questa particolare lavorazione artigianale ed estemporanea della cialda prende il nome Coneria Italiana, per sottolineare già nel nome l’intenzione di porre l’accento sul pregio di un prodotto che raccoglie nella sua croccante friabilità: la cialda che sa di biscotto, realizzata in maniera artigianale ed esattamente con gli stessi ingredienti del tempo: “Per i coni usiamo farina biologica di tipo 1, burro, latte fresco e solo uova fresche di galline allevate all’aperto”. Anche per i budini gli ingredienti ripercorrono quelli della memoria, come quando si facevano in casa con latte, panna, zucchero, vaniglia o cacao e amido di mais; stessa filosofia per i gelati che portano la firma di Buccafurni e il sapore della sua abilità, riconosciuta così tanto da aver fatto assurgere il piccolo paese calabrese di Jacurso alla notorietà. “Nel laboratorio a vista lavoriamo anche frutta locale per i sorbetti e i cremolati, composti da polpa di frutta e pochissimo zucchero aggiunto. Il tasso zuccherino è tarato in base all’acidità naturale della frutta e al grado di maturazione, per esempio in estate con pesca e malvasia non ne usiamo, mentre arriviamo al 15% in peso per il sorbetto di agrumi”. Un solo anno dall’apertura e già il riconoscimento, recentemente ricevuto al Sigep di Rimini, con il primo posto per il gusto al cioccolato di Francesco Buccafurni, figlio d’arte: un solo anno ma anni di lavoro al fianco del padre che ha saputo trasmettere passione e competenze, e da un tale maestro c’è tanto da imparare.

Già nell’impostazione del progetto, nonché dalla sua apertura, “Coneria Italiana nasce con l’intenzione di avere impatto zero sull’ambiente. Carta riciclata e fibra vegetale per tovaglioli e palette, barattolo per il gelato da asporto in carta e di forma cilindrica come quello che andava in quegli anni, coppette gelato senza pla (acido poli lattico) quindi biodegradabili”. Un solo contenitore della spazzatura per rifiuti compostabili a disposizione dei clienti, “nella consumazione non produciamo rifiuti che non siano compostabili. Li abbiamo in produzione ma sono i packaging che derivano dai nostri fornitori”. Un’attenzione all’ambiente che si riflette anche, e soprattutto, nella scelta di spronare i clienti al riutilizzo delle vaschette da asporto, quelle in simil polistirolo per intendersi ma accuratamente scelto da fonti rinnovabili. “Alcuni mesi fa Dina Calagiuri, presidentessa di ‘Lamezia Zero Rifiuti’, mi propose di essere la prima gelateria a permettere l’asporto del gelato in contenitori portati da casa, vetro o plastica - prosegue Pileggi - Oppure si può comperare una nostra vaschetta e, terminato il consumo casalingo, lavarla e portarla per la volta successiva”.

Seguendo uno scrupoloso criterio sulle linee guida in materia igienico-sanitaria, i contenitori vengono posizionati su una tovaglietta lavabile per evitare il contatto con la superficie di lavoro, “dentro vi facciamo cadere il gelato a cascata, con una paletta preleviamo il gelato dalla carapina e con una seconda lo spatoliamo in modo che cada, facendo in modo che non entrino in contatto con il contenitore stesso. Una volta riempito di tutti i gusto scelti, con una terza paletta sistemiamo il gelato e quest’ultima - unica in contatto con il contenitore riutilizzato - viene subito messa in lavastoviglie.” Questo incoraggiamento al consumo consapevole del packaging viene spronato, non solo a parole, ma anche nei fatti: ai clienti che portano il recipiente da casa, o ne riutilizzano uno, viene riservato uno sconto sul prezzo del gelato. “Lo sconto equivale a quello che paghiamo noi per la vaschetta, essere vicini all’ambiente non ha un costo per l’attività, ma è una forma mentale".

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Spente 58 candeline. Il "Nutellificio" di Alba produce ogni giorno oltre 300 tonnellate di dolcezza, pari a 550mila vasetti, a cui si aggiungono undici stabilimenti Ferrero in tutto il globo: un totale di 770 milioni di barattoli venduti ogni anno e consumati da più di 110 milioni di famiglie



Buon compleanno Nutella. Era una piovosa mattina del 20 aprile 1964, quando dalla fabbrica Ferrero di Alba usciva il primo vasetto di quella che sarebbe diventata la crema da spalmare più famosa nel mondo. Oggi, dopo 58 anni, più che una crema di nocciole e cacao, la Nutella è una categoria dello spirito. Più che un dolce spuntino, è una passione travolgente. Più che un alimento, è un simbolo transgenerazionale. Non per nulla è entrata nell’immaginario collettivo come metafora del piacere e del desiderio, stregando artisti, scrittori e personaggi di successo, oltre a milioni e milioni di semplici consumatori. È così che la Nutella si è fatta strada non solo nelle dispense delle nostre case, ma anche nella letteratura, nella musica, su internet, nell’arte e al cinema.

(foto sito @ferrero)
(foto sito @ferrero) 

Il primo vasetto in etichetta aveva una grande fetta di pane, due nocciole e un nome morbido, intrigante, positivo. A ideare il prodotto fu Michele Ferrero, che a 39 anni riuscì a migliorare gli antesignani Giandujot e Supercrema, creati da suo padre nel dopoguerra, e tirò fuori dal cilindro quel marchio in grado di aprire la strada alle vendite internazionali, fino a farla diventare un vero e proprio fenomeno capace di accomunare i «baby boomers» ai sessantottini, gli «yuppies» degli anni Ottanta ai «Millennials» fino a raggiungere con immutato appeal le nuove generazioni. Infantile e innocente quanto affascinante e ossessionante, la Nutella è un prodotto per le famiglie con un retrogusto quasi peccaminoso, è un marchio socializzante in grado di mettere d’accordo tutti, una crema che vanta più imitazioni della Settimana Enigmistica ma resta inimitabile, grazie a una ricetta segretissima conservata ad Alba esattamente come avviene per la Coca-Cola ad Atlanta. Un esempio azzeccato di globalizzazione golosa, come certificato dai ricercatori dell’Ocse già un decennio fa.

Lo stabilimento di Alba
Lo stabilimento di Alba 



Insomma, citando un fortunato slogan: che mondo sarebbe senza Nutella? Il grande «Nutellificio» di Alba produce ogni giorno oltre 300 tonnellate di crema, pari a 550mila vasetti. Un dolce fiume impressionante, ma che ovviamente non basta a soddisfare la richiesta internazionale. La Nutella, infatti, è prodotta in undici stabilimenti Ferrero in tutto il mondo, con maestranze di 97 nazioni. Ed è commercializzata in circa 160 paesi dei cinque continenti, raggiungendo un totale di oltre 400.000 tonnellate, pari a 770 milioni di barattoli venduti ogni anno e consumati da più di 110 milioni di famiglie. Tanto per dare l’idea, se si mettessero in fila i vasetti di Nutella prodotti in 12 mesi si arriverebbe a una lunghezza pari ad 1,7 volte la circonferenza terrestre e a un peso pari all’Empire State Building. Senza scordare i prodotti Ferrero nati sulla scia della crema da spalmare, dai B-ready ai Nutella Biscuits, diventati i biscotti più amati in Italia.
Dunque, potremmo dire che da sempre c’è un po’ di Nutella nella nostra vita e un po’ della nostra vita in Nutella. Lo sa bene Nanni Moretti, che nel film «Bianca» affoga l’ansia in un enorme barattolo alto un metro. E lo sanno bene anche gli strateghi del marketing, che nel 2013 hanno convinto la Ferrero a dare a ognuno la possibilità di sostituire il famoso logo sul vasetto con il proprio nome di battesimo, facendolo diventare un oggetto cult da consumare, da esibire o da conservare come una preziosa opera d’arte pop e personalizzata. Oggi è sulla rete e sui social network che si può cogliere tutta la forza aggregatrice di Nutella: ogni giorno decine di migliaia di persone in tutto il mondo le rivolgono un pensiero appassionato, pubblicando una foto su Instagram o uno status update su Twitter. È una passione globale, che unisce persone comuni e celebrità: la pagina di Facebook dedicata a Nutella in Italia conta circa 6 milioni di fan, quella mondiale supera i 35 milioni di follower. Cifre da capogiro, ma che hanno radici ben lontane, con l’esordio pubblicitario sul palcoscenico di Carosello nel 1967. Chi ricorda, all’inizio degli anni Settanta, le avventure di Jo Condor, l’intramontabile pennuto che fa dispetti agli abitanti della Valle Felice, salvati dal Gigante Amico, depositario della bontà del prodotto?

3.1.22

la schiavitù dei reboot ,sequel, franchising cinematografici e non solo

  quest  articolo  ha  centrato   effettivamente  il problema  . Ma  va  esteso anche  ai  fumetti   e nella musica   purtroppo . 


  • Il Fatto Quotidiano
  • » Maurizio Di Fazio



  • “Rifamolo strano”: l’orrore dei sequel

    FENOMENI (BRUTTI) Dal 9° “Fast and Forious” all’ennesima resurrezione di “Matrix” fino a “Sex and the city” over 50: cinema e tv sono ingolfati di remake noiosi e scontati

    Questione di marketing, emorragia di idee, tentennante coraggio. Pensiero debole, sceneggiatori e produttori dal respiro corto. Concorrenza delle piattaforme e incertezza dell’orizzonte. Contro il logorio del tempo moderno, l’ancoraggio più solido nel pianeta audiovisivo vecchio e nuovo resta la nostalgia. Una ritirata di massa nel porto delle emozioni, facce, battute e ambientazioni tranquillizzanti perché

    arcinote. La tendenza pare irreversibile, nonché accentuata da due anni di pandemia. Al cinema e nelle serie tv proliferano così i remake ,i reboot ,i sequel,i franchising. Le formule vincenti del passato, magari tali una sola volta, vengono spremute come limoni. Sezionate, rimpastate, centrifugate. Che il cast e lo sviluppo dell’intreccio siano poi i medesimi dell’alchemico prototipo, la sostanza non cambia.Questione di marketing, emorragia di idee, tentennante coraggio. Pensiero debole, sceneggiatori e produttori dal respiro corto. Concorrenza delle piattaforme e incertezza dell’orizzonte. Contro il logorio del tempo moderno, l’ancoraggio più solido nel pianeta audiovisivo vecchio e nuovo resta la nostalgia. Una ritirata di massa nel porto delle emozioni, facce, battute e ambientazioni tranquillizzanti perché arcinote.

    La tendenza pare irreversibile, nonché accentuata da due anni di pandemia. Al cinema e nelle serie tv proliferano così i remake ,i reboot ,i sequel ,i franchising. Le formule vincenti del passato, magari tali una sola volta, vengono spremute come limoni esausti. Sezionate, rimpastate, centrifugate. Che il cast e lo sviluppo dell’intreccio siano poi i medesimi dell’alchemico prototipo, la sostanza non cambia. Basta un poco, di pubblico, e il revivalismo va su.

    La retromania è un ansiolitico e semina un po’ di profitti. Gli esempi sono sterminati. Partiamo dagli ultimi arrivati sul grande schermo. C’era davvero bisogno del nono Fa s t and Furious, del bis di Ghostbusters (Legacy, regia di Jason Reitman) 37 anni dopo il capostipite, del ritorno di un blockbuster anni 90 come Mamma ho perso l’aereo, versione 2021, titolo stavolta Ho m e sweet home alone? Intanto si annunciano con squilli convenzionali di tromba le riedizioni di Scream (il 13 gennaio), quinto capitolo del feuilleton horror sempre anni 90, e del post-fantascientifico Matrix – Resurrections, il quarto in assoluto. Diretto, segno spendibile di continuità, da Lana Wachowski, rivedremo Keanu Reeves e Carrie-anne Moss.

    E quest’anno riaffioreranno anche Mission: Impossible, il longseller spionistico con Tom Cruise, e molto probabilmente quella Musa dei box-office di Avatar (2). Non solo: dovrebbero seguire a stretto giro un Avatar 3 nel 2023, un Avatar 4 nel 2024 e un Avatar 5 nel 2025. “Sarà un’impresa epica”, ha sentenziato il regista James Cameron. A meno che non vada a finire come con gli infiniti Batman, Rocky e Rambo con Sylvester Stallone (il terminale Rambo, last blood del 2019 ha fatto incetta di pollici verso), i cinque Die Hard con Bruce Willis, i tre Ritorno al futuro , i cinque Jurassic Park, la saga di Star Wars, formata da nove film (in tre trilogie) e sei spin-off. Oppure i dieci Fantozzi (l’ultimo fu il resistibile Fantozzi 2000, la clonazione) e i rifacimenti de L’allenatore nel pallone ed Eccezzziunale veramente vent’anni e rotti dopo.

    A lungo andare la minestra riscaldata stufa, e non c’è Paolo Villaggio, Lino Banfi o Diego Abatantuono che tenga. L’implosione del gradimento e dei tagliandi d’ingresso, la parabola calante è dietro l’angolo. Ed è meglio non scherzare col fuoco del mito. Poco prima dell’inizio del terzo millennio, è uscito Blues Brothers 2000: senza John Belushi e con un plot stiracchiato, il paragone con l’originale è stato impietoso. Si è salvata giusto la colonna sonora. Stesso amaro destino andato in sorte a Trainspotting 2, anno di relativa (dis)grazia il 2017; al terzo Blair Witch (Project) nel 2016 e al disneyano Il ritorno di Mary Poppins nel 2018. Ben poco supercalifragilistichespiralidoso. E che dire di Swept Away di Guy Ritchie, che nel 2002 ha osato ricalcare un totem come Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto di Lina Wertmüller? Madonna al posto di Mariangela Melato e il pur bravo Adriano Giannini invece del padre Giancarlo: può bastare. Volete un altro pugno nello stomaco della memoria? Gus van Sant, un cineasta generalmente talentuoso e avveduto, nel 1998 si è coperto di hybris firmando un suo personale ed esecrabile Psycho: Alfred Hitchcock deve essersi acceso un sigaro di imperturbabile stizza nella tomba. Doppia nomination alla rovescia per Nicolas Cage: per City of Angels (La città degli angeli), remake improvvido del 1998 di un capolavoro del rango de Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders, e soprattutto per avere interpretato nel 2006 Il prescelto, da un buon thriller del 1973. La pellicola è ascesa nell’olimpo delle più rovinose e informi di ogni epoca, alimentando fiumi di parodie.

    L’avvenire della settima arte, predica la vulgata, è nelle serie televisive. Ma allora perché anche qui ci si guarda ossessivamente alle spalle? Da pochi giorni ha colonizzato le tv il sequel del culto di 20 anni orsono Sex and the city .Amatissimo da un pubblico non esclusivamente femminile, Mr. Big si è appesantito, ma tranne Samantha (Kim Cattrall) le nostre altre amiche newyorkesi ci (ri)sono in blocco, in testa Carrie-sarah Jessica Parker. Con un sovrappiù di inclusione e diversità. E poi il reboot di Gossip Girl e la serializzazione senza soluzione di continuità de La casa di carta .E gli eterni anni 80: quelli soap di Dinasty (ricominciato nel 2017), spy di Macgyver (si è appena conclusa la quinta e ultima stagione), polizieschi di Magnum P.I. (rentrée nel 2018, senza Tom Selleck). “Coraggio, il meglio è passato”, diceva Ennio Flaiano.


      e  putroppo ne  sono dipendente   anch'io   perchè  incuriosito  ,  come  rielaborano    \  riadattano l'originale   e fanno continuare   il precedente  . Infatti mi sono quasi  divorato    su  Netflix  la  4   stagione  di    Kobra  Kay     ovvero   karate  kid  30 anni  dopo   ed  ho  visto  da poco  Ghostbusters: Legacy, ovvero il seguito dei due  Ghostbusters - Acchiappafantasmi (Ghostbusters


    14.5.21

    NOI DELO ZOO DI BERLINO SERIE TV PRIME 2021 dalle prime due puntate sembra una discreta imitazione dell'originale del 1981

    Incuriosito dal battage mediatico , ma soprattutto per vedere come avrebbero reso il film ed il romanzo originale  , sto guardando , un po' a rilento perchè troppo crudo e duro , la serie di primevideo  noi ragazzi dello zoo di Berlino .



     Ora  dai primi due   episodi  la serie   anche se approfondita rispetto al film originale andava ambientata begli anni 90\2000 non negli anni 70\80 che ormai non esistono più se non per
    sfruttarli economicamente e mitizzandoli la serie sembra niente male . Ma gli autori per evitare le pessime ( la maggior parte ) e stroncature avrebbero dovuto provare a fare un sequel che credo faranno visto che c'è scritto prima stagione o reboot sarebbe stato più efficace del semplice remake \ adattamento  per capire le differenze nell'uso delle droghe fra le due generazioni i vecchi
    e i nuovi consumatori . Infatti la serie risulta nonostante le buoni intenzioni una , anche se guardabile , imitazione passiva \ un remake commerciale del film originale ( foto della locandina a destra ) . Comunque questa serie mi sta attraendo a tal punto che, immaginando già come andrà a finire avendo visto il film e letto il libro originali come vanno a finire i protagonisti che continuerò a guardare le altre 5 puntate . E a scrivere per il blog una recensione completa


    emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

    Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...