di cosa stiamo parlando
I funerali della piccola Diana, l'urlo della nonna: "Non ti abbiamo mai abbandonato". L'arcivescovo Delpini: "Orrore".
ha ragione l'amica \ compagna di strada facebookiana Angela Marino
La bara di Diana Pifferi, bianca e piccolissima, sembra quasi un giocattolo, una ricostruzione di una bara vera, un oggetto di scena, tanto è minuscola. E invece dentro c’è il corpicino senza vita di una bimba vera, una bimba che fino a qualche settimana fa, dormiva, mangiava, sorrideva (poco). È al
centro di una chiesetta altrettanto piccola di Ponte Lambro dove i presenti sono per lo più giornalisti o sconosciuti che hanno voluto partecipare così il proprio sgomento e dolore per questa tragedia. Eccola qui la collettività, la comunità, quella che si rivolta atterrita di fronte a un crimine aberrante, ma non si fa scrupolo a guardare dall’altra parte quando qualcosa non va. La bambina assente e immobile nel passeggino di Alessia Pifferi l’hanno vista praticamente tutti. Hanno commentato, forse, così come avveniva per le stramberie della Pifferi, per le sue menzogne, le sue invenzioni. Di Alessia erano tutti concordi nel dire che mentiva su ogni cosa, che non era possibile in nessun caso capire se dicesse o meno la verità. Ebbene, questo non è un elemento sufficiente per segnalare le proprie preoccupazioni sul genere di tutela e di accudimento esercitati sulla bambina? Perché quando era viva, Diana, nessuno l’ha protetta? Leggo molti commenti in questi giorni in cui si dice che non possiamo fare i poliziotti segnalando i comportamenti degli altri, che siano genitori o no. Ma perché leggere l’intervento legittimo a tutela di un minore come un modo di ficcare il naso, di non farsi gli affari propri? Perché non leggerlo come un gesto di amore e protezione nei confronti di una bimba che vive nel nostro quartiere, condominio, nella nostra comunità? Sarebbe finalmente giusto e utile se comprendessimo che occuparci delle negligenze o difficoltà degli altri, reali o presunte, nelle dovute sedi e con i giusti mezzi, è un gesto di altruismo e civiltà, non un’interferenza molesta. Avrebbe molto più senso che andare al funerale di una bimba che ci siamo limitati a osservare da lontano, scuotendo la testa.io non riesco ad essere diplomatico