di cosa stiano parlando
Forse è la famiglia, l’immagine più eloquente di questa Pasqua sanguinosa. Due famiglie, anzi. Le loro foto circolano insistentemente sul web, coi volti festosi e lucenti. Continuazione e prolificità.
Forse, sotto certi aspetti, poco interessanti. Scarsamente “artistici”. I volti sono belli e giovani; ma troppo “normali”, in modo quasi imbarazzante; testimoniano la gioia di trovarsi lì, e null’altro. Non celano alcun tormento interiore, che pure ci sarà stato, ma che si è sempre risolto davanti a un altare, dopo un battesimo o una cresima. Volti senza domande, perché le risposte le scioglievano nelle celebrazioni.Volti di cristiani cingalesi. Volti, adesso, scomparsi. Spazzati via dalla furia jihadista. È stato giusto, anche doveroso, mostrare al mondo attonito la fiumana di bare che hanno attraversato Negombo. Ma il momento supremo, ricapitolatore, per la storia spirituale di quelle persone, non si è chiuso in quegli istanti. Essi sapevano che era solo un passaggio; obbligato, improvviso e sanguinante, ma passaggio.
Ci spiazzano, questi volti. Disturbano. Sono volti d’evidenza, d’una mitezza tutta orientale che è rigore, perpetuità. Di fronte a essi, torna in mente l’invocazione disperata del dantesco Guido da Montefeltro: “Oh me dolente! Come mi riscossi/quando mi prese dicendomi: Forse/non pensavi ch’io loico fossi!”.Ma tanto “loico” non è. Non sono bianchi, quei cristiani. Appartengono a una minoranza, benché sembrino marea. Volti d’una Chiesa giovane e, al tempo stesso, convinta e serena. Antica, asiatica. Se la passano male. Abitano in paesi senza libertà, né religiosa, né civile. In fondo, nemmeno questo dovrebbe stupire. Sono oppressi; ma quale cristiano non lo è, da duemila anni a questa parte?“Vivono nella carne, ma non secondo la carne. Vivono sulla terra, ma hanno la loro cittadinanza in cielo. Osservano le leggi stabilite ma, con il loro modo di vivere, sono al di sopra delle leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. Anche se non sono conosciuti, vengono condannati […]. Sono poveri e rendono ricchi molti […]. Sono ingiuriati, e benedicono; sono trattati in modo oltraggioso, e ricambiano con l’onore” (“A Diogneto”, II sec. d.C.). Perfetto: pare proprio il ritratto di quelle famiglie.Qui, però, non sappiamo più interpretarlo. Scellerato perciò è chi, tra gli occidentali, pone sullo stesso piano gli assassinati e gli assassini, riducendo la strage a uno “scontro fra religioni”. Come ignorasse (e, ahinoi, ignora davvero) le turpitudini di cui si sono macchiati, e si macchiano, i regimi atei. Ma non si tratta di mera ignoranza storica - staremmo per dire, cronachistica - o di assenza di basi antropologico-filosofiche. È pervicacia della negazione, ostinato obnubilamento della memoria.Perché i morti dello Sri Lanka sono solo gli ultimi d’una lunga catena, consumata nella totale indifferenza dei professionisti dei diritti umani, delle femministe, dei terzomondisti salottieri e, anche, dei cosiddetti cristiani progressisti. Da Asia Bibi a Shahbaz Bhatti, da Rebecca Bitrus ai martiri di Sirte, dai copti alle bimbe siriane, rapite e convertite a forza, i cristiani extraeuropei subiscono da anni ogni sorta di soprusi, violenze, stupri, vendette e coercizioni. E il cristianesimo risulta la religione più perseguitata al mondoNon se n’è accorto nessuno, salvo alcuni media del settore, associazioni come Aiuto alla Chiesa Che Soffre, militanti per i diritti umani… di fede islamica (strano, ma vero). Il cristiano è il “pauvre chrétien”, il povero cristo, lo stupido. Difenderlo non sembra abbastanza “di sinistra”, gli/le italiane lo associano poi al Vaticano e, si sa, il Vaticano va respinto e irriso comunque, è “conditio sine qua non” per meritare la qualifica di intelligenti. E quel nome, nato presso i Romani come un’ingiuria… No, via. Normale che i neopagani attuali se ne scandalizzino.Ecco i reali motivi del disagio lessicale di Obama e Clinton (e, in misura minore, di Trump). “Cristiano” è diventato tabù. Ai tempi del massacro di Christchurch l’appartenenza religiosa degli uccisi venne evocata in termini molto netti, non si esitò a parlare di islamofobia, autorevoli donne del governo vollero dimostrare la loro solidarietà indossando vistosi veli. Adesso no, non vedremo alcuna ministra con crocifissi al collo, né udremo da parte loro dichiarazioni d’empatia. L’indecente perifrasi “adoratori della Pasqua” ha suscitato giusta indignazione, malgrado i grotteschi e, se possibile, ancor più spudorati tentativi di giustificarla da parte degli esegeti della “correctness”. Pur di difendere l’indifendibile, alcuni di essi hanno provato a liquidarla come polemica sciocca, altri si sono arrabattati nel ripescare affermazioni simili in contesti affatto diversi, altri ancora hanno voluto convincerci che la definizione voleva essere “inclusiva” – vocabolo tanto abusato quanto nauseante – poiché alludeva anche ai turisti alloggiati negli alberghi, in gran parte occidentali, ma non necessariamente cristiani… Alberto Melloni è giunto a sostenere che “le persone uccise dal terrorismo non possono essere divise in base alla fede per incentivare altro odio”; da ultimo, taluni sono giunti ad azzardare che la carneficina sarebbe una ritorsione per l'eccidio neozelandese; come se fino a un mese fa la popolazione cristiana fosse rispettata e amata, come se i terroristi appartenessero a classi sociali impoverite dal solito imperalismo occidentale e non - secondo quanto emerso dalle loro biografie - rampolli di famiglie benestanti e cosmopolite! (Non erano i primi: anche i killer di Dacca, tre anni or sono, provenivano da ambienti agiati.)Alle frasi paludate di costoro fanno riscontro i proclami netti e inequivocabili di chi non ha timore della realtà:“Finché l’Islam non si libererà dei predicatori d’odio e di morte e dei loro mandanti politici e morali, la nostra religione sarà perduta, violata e sconfitta da questi infami” (Maryan Ismail).
“Il terrorismo non ha religione” (Abdelmajid Daoudagh).“L’islamofobia sta aumentando anche a causa di noi musulmani… La Gran Bretagna abbonda di storie simili. Basta fare un giro in un paese musulmano per capire come stanno le cose” (Ahmed Bouzidi).“Quanto è appena accaduto in Sri Lanka è un atto di terrorismo anticristiano. ‘Anticristiano’ perché non è la prima volta che i seguaci di Gesù subiscono tali atrocità solo perché cristiani. Lo abbiamo già visto con i copti e anche con gli yazidi, giustiziati e cacciati in esilio dall’oscurantista e diabolico Stato chiamato islamico. Non dobbiamo più tacere” (Kamel Abderrahmani).
Simili pronunciamenti verrebbero bollati dai progressisti occidentali come razzisti, sovranisti, destrorsi e paccottiglia varia coniata dalla neolingua. E invece giungono da musulmani devoti (non “moderati”!), in virtù della loro fede e non malgrado essa. L’ipocrisia è pavida, la carità intrepida. Solo quest’ultima sa dialogare; il sincretismo “new age”, al più, tollera. E, col pretesto di unire tutte le diversità, in verità le cancella per omologarle in una indistinta melassa spirituale, il cui obiettivo ultimo è distruggere il cristianesimo. Chesterton ne previde l’avvento un secolo fa: “Ci sono quelli che odiano il cristianesimo e chiamano questo loro odio ‘amore onnicomprensivo per tutte le religioni’”. L’ecumenismo è ben altro. È ricerca, storia, confronto, anche scontro, a volte. È umanità piena, primigenia, quindi infantile, come i due bambini musulmani trucidati domenica scorsa nella chiesa di St. Sebastian. Vi si erano recati per accompagnare gli amici cristiani. Non erano uguali, erano pari. Per questo chi non si fa loro fratello/sorella, non è degno di arrivare al cielo.“L’Occidente non ama più sé stesso – si ode deplorare dalla sponda opposta, quella degli occidentali conservatori (pure di certi cristiani d’Oriente, in verità; ma ce ne occuperemo in seguito). – È in piena decadenza, morale e valoriale”. Queste tesi, il cui esponente più autorevole è Benedetto XVI-Joseph Ratzinger, trovano ascolto anche presso molti commentatori atei, in passato indifferenti se non ostili alle questioni religiose, dalla cultura teologica alquanto approssimativa, trasformatisi improvvisamente in esegeti della Scrittura e severi fustigatori di costumi, in particolare di quelli che considerano cristiani esangui, svirilizzati (la forza, per costoro, è necessariamente maschia). Il loro cristianesimo s’identifica con la cristianità. Accuserebbero di buonismo persino Francesco d’Assisi, perché col sultano dialogava invece di muovergli contro le armi crociate.Naturalmente è vero che senza cristianesimo è impossibile comprendere l’anima dell’Occidente, i suoi principi di libertà, eguaglianza e democrazia; il valore del singolo, la dignità delle donne, il rispetto delle diversità; la sua arte, la sua cultura; e, non ultima, la laicità, bene irrinunciabile. Tuttavia questi concetti non vanno assolutizzati; nemmeno – potremmo dire – ristretti. Il cristianesimo è ANCHE l’Occidente, non SOLO l’Occidente; questa è precisamente la visione miope e distorta dei jihadisti, e ribadirlo non fa che prestare il fianco alla loro ingannevole narrazione.Dividere il mondo in due – di qua la ragione, la civiltà e la “cristianità”, di là la violenza e il fanatismo – ripropone, in forma secolarizzata, l’antico schema fedeli contro infedeli; e il divisore, si sa, è da sempre Satana.I volti dei cristiani srilankesi – o africani, o di altre parti dell’Asia – lo confermano. Il cristianesimo, laggiù, è di casa. Non è prodotto d’importazione. I cristiani di quell’angolo di mondo non sono credenti in senso costantiniano. Coniugano tranquillamente don Bosco e Tertulliano, Teresa d’Avila con Sergio e Bacco. E col loro passato, a volte sikh, a volte indù, a volte, da sempre, legato al profeta di Nazareth. Cittadini del mondo, certo, ma anche e pienamente orientali, nelle loro virtù e nei loro limiti. “Ci dicono che la saggezza è arrivata dall’Occidente verso l’Oriente – disse Gandhi alla conferenza delle relazioni interasiatiche, suo testamento spirituale. – E chi erano questi saggi? Zoroastro. Lui apparteneva all’Oriente. Fu seguito dal Buddha. Lui apparteneva all’Oriente, apparteneva all’India. Chi ha seguito il Buddha? Gesù, di nuovo dall’Asia. […] E poi cosa accadde? Il cristianesimo, arrivando in Occidente, si è trasfigurato. Mi spiace dirlo, ma è la mia lettura”.Ci serve, un cristianesimo d’Oriente. Ci servono radici, ci serve “saggezza”, sempre in senso gandhiano. Ci serve la mistica, l’interiorità dell’Oriente.
Ci serve anche un Islam d’Occidente. Che è esistito, e ha portato frutti rigogliosi in Spagna, Italia, Corsica, Balcani... Che si chiamava Averroè, al-Kindi, Attar, Jamil, Avicenna e molti altri. Che ha saputo affascinare e godere. Che non era corpo estraneo, ma parte integrante dell'identità europea. Ed esiste, o meglio, vuol esistere ancor oggi, e le testimonianze sopra citate lo indicano; sta agli occidentali saperle esaltare e difenderle. Perché se esiste, come esiste, una vocazione dell’Europa, è proprio questa: essere ponte, ricapitolare tutto, mediare, allacciare culture, anime, persone. Saper essere inflessibile, anche: con chi vuol uccidere, o rinnegare, tale vocazione.Ma ci serve anche l’Occidente di per sé. L’Occidente complica, razionalizza, dubita, contesta. Talvolta, si perde in sillogismi. Talaltra, ed è la sua attuale malattia, diviene rinunciatario, scettico e amorale. Non dimentichiamo però che, nei suoi momenti migliori, è ricerca, felice insoddisfazione. Ed è anche spirito, perché la fede si trova anche qui, magari in recessi più nascosti. L’Occidente è il Siracide del mondo; ma quanto serve un po’ di sano dubbio, in mezzo a tante fanatiche certezze! Se occorre uscire da un'idea stereotipata dell’Oriente, si rende necessario cancellare pure l’occidentalismo: fenomeno studiato assai meno, ma non meno pernicioso dell'orientalismo. No, non siamo tutti decadenza, colpa, materialismo. Quanto poi al delirio dei fanatici, l’abbiamo conosciuto molto bene: guerre mondiali e religiose, dittature, roghi, persecuzioni, razzismo, colonizzazione, schiavitù, antisemitismo, discriminazione, sessismo, violenza economica, devastazione ambientale, riarmo.Lo sappiamo: parlare di ecumenismo, problematizzare, discorrere di diritti vecchi e nuovi, davanti a un profugo con la schiena tanagliata dai jihadisti, o che ha visto la famiglia sterminata dai medesimi, è compito improbo. Eppure, se esiste un fardello da portare, è questo. E lo dobbiamo portare assieme. È necessario ascoltarsi a vicenda. Un cristiano occidentale non è meno convinto perché critico e pensoso; un cristiano orientale non è più devoto perché ligio all’ortoprassi.Si avvicina la Pasqua ortodossa. L'attendiamo con gioia, e qualche trepidazione. Ci troviamo in mezzo al guado, in bilico tra il bene e il male, la retorica e l'azione, la violenza e il coraggio. Possiamo ancora scegliere. Cerchiamo di non sbagliare ancora.
© Daniela Tuscano