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19.12.24

anche il fast foud nation colonizza la sardegna L’isola fa gola alle grandi catene del fast food Crescono in modo esponenziale in Sardegna le aperture delle multinazionali dei ristoranti

 non  sono  contro i   fast  food  o  cibo   spazzatura   in quanto  da   piccolo  ( i  sono cresciuto negli 80 \90 influenzato dalla  moda dei  paninatri  e dalla cultura    drive  in   e  ella  scarsa  conoscenza   alimentare  ) 

 e  ora   , anche  se  quasi zero  per  motivi  di salute   e  perchè educato    \  fornmato   sia dai  miei  genitori  e  amici  vegetariani   \  vegani    e dai film : 

ma Soprattutto     Fast Food Nation è un film del 2006 diretto da Richard Linklater, ispirato all'omonimo best seller di Eric Schlosser  qui altri  film   per  chi volesse  approfondire  l'argomento  cibo ed  i suoi  effetti   https://www.greenme.it/lifestyle/arte-e-cultura/film-documentari-cibo/

Ora    dopo  qiesta  premesa  veniamo  al  post      vero e  proprio

la  nuova  sardegna  18\12\2024 


Attecchiscono sempre più McDonald's, Burger King e Old Wild West  Inauguratia Sassari Roadhouse e BillvTacos ea breve Doppio Malto e Kfc . 


» di LuigiSoriga

Sassari Nelle tavolesi disegna una mappa planetaria, e in Sardegna la si legge sempre più spesso nei menù.
Molti meno malloreddus,molti più hamburgere patatine fritte. È la geografia gastronomica delle grandi catene: McDonald's, Burger King, KFC, OldWild West che stanno colonizzandol''isola a colpi di inaugurazioni, tagli di  nastro e pubblicità. sempre  più pervasive.
ASassari, il prossimo 20dicembre aprirà Doppio Malto, che a detta loro non è un pub, ma un'esperienza. Lo  inaugureranno il 20 dicembre, giusto in tempo per l’aperitivo prenatalizio. Troverà casa a Predda Niedda,.il cuore pulsante del commercio sassarese, là dove un tempo si andava all’Auchan, 0g giribattezzato Portedi Sassari. Il pub birreria artigianale  è ormai una catena che fa capo al businessman nuorese  Giovanni Porcu e che in Sardegna ha già radici ad Alghero, Cagliari, Villasimius, O1bia, San Teodoro. Doppio  Malto a Sassari si aggiunge a una lista di presenze ormai  familiari: MeDonald's, Bur-
ger King, Old Wild West. E  non è finita. All’orizzonte c'è un Kentucky Fried Chicken (pergli amici KFC) nella “ corte del cibo Taneat", con il suo pollo fritto che profuma di Kentucky ma arriverà via
container. E poi Roadhouse  e Billy Tacos in viale Porto Torres.
Sassari però nonè sola. OLbia si muove sulla stessa lunghezza d'onda. Qui, tra le rotatorie di viale Aldo Moro, si  prepara al debutto il primo Burger King cittadino, a due  passi da un McDonald's già affermato. È una specie di guerra fredda tra colossi, fatta di panini, bibite e strategie di marketing.
A Cagliari i grandi marchi  hanno già consolidato le loro posizioni con un'offerta  sempre più ricca, pensata per i turisti, ma che finisce persedurre anche i sardi. Perché sì, anche il sardo medio  tra una cena in agriturismo e un pranzo a base di pecora bollita cede al fascino di un cheeseburger. Sarà la veloci»
tà, sarà il prezzo, sarà che il mondo cambia e cambiano anche i gusti. Sarà anche che la fame non va mai in crisi. non solo quella di cibo. Quella di riconoscersi in qualcosa di globale, di uguale, di facile. Perehé entrare in un McDonald's di Sassari o di Tokyo è lo stesso. Ordini, ti siedi, mangi. Tutto senza sor-
prese. Una promessa mantenuta, sempre.E questa crescente domanda di format di ristorazione
moderna sta ridisegnando il panorama del food sull'isola, con importanti implicazioni economiche, culturali e sociali. L'interesse dei sardi verso esperienze di consumo piùveloci, ma con un'of-
ferta ampia e diversificata,ha reso il mercato più appetibile alle catene multinazionali. Anche la fascia giovane della popolazione, spesso influenzata da tendenze globali, gioca un ruolo cruciale.Insomma, dietro questa espansione ci sono opportunità e contraddizioni. Da un lato, i nuovi fast food portano lavoro. Contratti part-time, turni serali, ma comunque lavoro e finalmente non in nero. Poi portano movimento nelle aree commerciali e un tocco di modernità e  globalizzazione in un'isola
che non sempre sta al  passo, e resta qualche puntata indietro. Ma in questo quadro  ipercompetitivo c'è un nodo difficile da sciogliere: cosa succede alla ristorazione locale? Ai piccoli bar, alle tratto-
rie a gestione familiare, ai ristoranti dove îl menù talvolta è scritto a mano e il cuoco è anche il proprietario? A  una cultura gastronomica fagocitata da un modello standardizzato, uguale in tutto il
mondo. Succede che i pesci più piccoli devono alzare l'asticella. O reinventarsi..0 specializzarsi. O chiudere; La lotta perla sopravvivenza è feroce, e le armi in campo sono impari: da una parte
i colossi con budget milionari e campagne pubblicitarie studiate a.tavolino; dall’altra, chi si affida al passaparola e alla fedeltà dei clienti. Il rischio.da scongiurare è che i  sapori autentici, quelli che
ha rccontano storie e territori,vengano troppo spesso soffocati dal rumore delle friggitrici  .
ci.

Infatti  concordo    con Ardau(Uiltucs):  che     sempre   sullla  nuova   sardegna   «Colonizzazione del gusto  In Sardegna è difficile brandizzare inostri piatti» «Le multinazionali non trovano argini»

Sassari
 La Sardegna diventa la nuova frontiera delle  grandi catene alimentari.«Tutti aprono tutto—dice Cristiano Ardau, segretario.regionale della Uiltucs — spero  che ci siano dietro almeno delle approfondite indagini di mercato».
Di sicuro c'è che il sardo difficilmente' rinuncia al gusto di sedersi a tavola: «Lo abbiamo.visto durante il lockdown:la gente soffriva perl'astinenza da aperitivo. E quando lavita si è di nuovo normalizzata, tutti hanno ripreso con le buone vecchie abitudini di andare a mangiare fuori. Si può rinunciare a un capo di
abbigliamento o si lesina sulla cultura: ma al piacere della tavola, a quello no».
«La piccola ristorazione deve specializzarsi se vuole sopravvivere Il menu  da trattoria non può più reggere»  La globalizzazione però porta con sé nuove abitudini:«Prima c’era il bar e la trattoria, adesso c'è una   varietà di servizi molto più ampia, adatta per qualunque gusto.
Il palato italiano si è evoluto con la tv, e con gli chef protagonistî dello schermo a tutte  le ore. Il cliente è cento volte  più esigente e curioso: addio al. menù completo, fatto di primo, secondo, contorno e
dolce. Chi non si specializza in cucina è destinato a morire, il menù ingessato da 20 anni non può più reggere. Il fast  food a basso costo ha sempre un appeal di massa, ma funzionano anché le offerte più
di nicchia, come il biologico, i piatti esotici, lafascia dietetica, la filiera corta, le contaminazioni gastronomiche, i prodotti genuini, Basta vedere  quanti corsi per sommelier sono spuntati, 0 per prepara-
reil pane fatto in casa, 0 i corsi di cucina, Insomma, il picolo ristoratore che non si
specializza, rischia di soccombere davanti all'avanzare delle grandi catene del food globalizzato. La prossima frontiera sarà quella dei locali a tema, che in altre città hanno trovato terreno molto fertile. Mi riferisco ad arredamento Western, o marinaresco, oppure cartoni animatio super eroi, e basta googo-
lare un po' pervedere quali alternative   ci sono giro  .C'è  Anche che l'isola non è in grado di innalzare sufficienti argini alla colonizzazione alimentare. «La Sardegna ha difficoltà a brandizzare îl proprio cibo. È molto facile mangiare un hamburger  o una bistecca di angus argentino, perché il bue rosso del Montiferru, giusto per fare un esempio, non si affaccia allo stesso modo nei menù e nelle tavole. Non c'è uno street food sardo così concorrenziale, egli agriturismi non  hanno la forza per contrastare questa invasione. barbarica dell'enogasronomia».
E soprattutto i menù di Burger King o Mc Donald's ormai furbescamente strizzano l'occhio alle tradizioni e alla genuinità, con panini griffati Bastianich, o ingredienti tipici presi in prestito dalla
produzion elocale. E poi Deliveroo come estensione mobile delle grandi catene, che porta a domicilio ogni piatto. Sul fronte contrattuale, invece, ci sono due facce della  medaglia: «Contratti part ti-
me da 700-900 euro, cioè circa 6euro all'ora, con turni pesanti(e non.ci sono feste che tengano, Molta precarietà all'inizio, con stabilizzazioni  dopo alcuni mesi. Però,dall'altro lato, il nero è pressoché assente, con assunzioni regolari. Il nero, purtroppo, continua a proliferare nella ristorazione più piccola».









14.10.23

La forza esemplare del piccolo Mariano, “Il capitano”. La madre: «Ora abbiamo una speranza»La storia del bambino di 9 anni ricoverato a Bologna per una malattia rara. «Tanta solidarietà dopo l’articolo del Corriere della Calabria» diEmiliano Morrone

Oggi siamo tornati sulla vicenda del piccolo Mariano, "Il capitano", che da poco è rientrato da Bologna con nuove speranze. Forse c'è un farmaco che può cambiare la sua vita. Nello scorso aprile avevamo raccontato la storia commovente di questo bambino prodigio, che affronta la propria malattia con coraggio esemplare e la grazia della fede, con l'affetto dei genitori e tanta solidarietà da parte di molte persone, alimentata dall'intervista di sua madre al nostro giornale. Leggete e condividete, è servizio pubblico del Corriere della Calabria

                        da   https://www.corrieredellacalabria.it/  13\10\2023

La forza esemplare del piccolo Mariano, “Il capitano”. La madre: «Ora abbiamo una speranza»La storia del bambino di 9 anni ricoverato a Bologna per una malattia rara. «Tanta solidarietà dopo l’articolo del Corriere della Calabria» 

                                   di  Emiliano Morrone  

 


 VENA DI MAIDA Mariano è appena rientrato a casa: a Vena di Maida, nel Lametino. Il bimbo era stato di recente ricoverato nel reparto di Pediatria del policlinico Sant’Orsola di Bologna, per approfondimenti sulla malattia rara che l’ha portato a pesare 143 chili all’età di nove anni.Nell’aprile scorso, il Corriere della Calabria aveva raccontato la storia del piccolo, di continua emigrazione sanitaria assieme ai genitori, gravi affanni quotidiani e uno straordinario coraggio personale. Era stata sua madre, l’avvocato Tamara De Fazio, a riassumerla in una lunga intervista, che – oggi riferisce – «ha determinato una solidarietà enorme e cambiato la vita della nostra famiglia». «Da Bologna siamo tornati con delle speranze. Lì, i medici – riferisce la signora – ci hanno detto che un farmaco sperimentale potrebbe essere utile al futuro di nostro figlio. Percorriamo una strada nuova, sorretti dalla fede che ci accompagna e dall’umanità, dalla comprensione e dall’aiuto che riceviamo in paese e ovunque ci troviamo».Mariano ha una grande vivacità intellettuale. È estroverso, simpatico, espansivo. Ama leggere, vuole conoscere in profondità i vari argomenti, pone domande acute, suona diversi strumenti musicali e serve la messa. Il bimbo ha una forza d’animo esemplare, a scuola è il leader della classe e i suoi compagni l’hanno ribattezzato “Il capitano”, riconoscendogli la fermezza di chi guida una nave resistente alla tempesta.«Il nostro viaggio a Bologna è legato – precisa la signora De Fazio – all’attenzione pubblica, sulla vicenda di Mariano, suscitata dal vostro giornale. Appena uscì la mia intervista, intervenne la Garante regionale della salute, Anna Maria Stanganelli, ci fece ottenere dei presìdi indispensabili e accelerò l’arrivo di una sedia a rotelle per il nostro bimbo. Il chirurgo ortopedico Massimo Misiti ci mise in contatto con alcuni specialisti dell’ospedale Rizzoli di Bologna, che presto videro Mariano per migliorarne la deambulazione. Lì, al Rizzoli, viste la patologia complessa e l’obesità importante del bambino, crearono un ponte con il Sant’Orsola, in particolare con il dipartimento pediatrico, in modo che lo visitasse subito il professore Andrea Pession, luminare e direttore di quella struttura».
E poi?«Al Rizzoli, i professori Cesare Faldini e Francesco Traina, che si erano ben documentati sulla storia di Mariano, avevano già preparato la strada per farci incontrare subito i pediatri del Sant’Orsola. Ricordo bene quel giorno. Era il mattino del 22 giugno scorso. Faceva caldissimo e venivamo da un viaggio estenuante in auto, poiché Mariano non aveva potuto prendere l’aereo. Il piccolo era sudato, stanco, privo di forze. Parcheggiamo la vettura all’ombra, vicino al Sant’Orsola, e io mi fiondo dal professor Pession. Lascio in auto mio figlio con mio marito. Parlo con gli specialisti e loro mi chiedono dove si trova Mariano per raggiungerlo alla macchina».
Allora escono dall’ospedale?
«Si, e vanno sino all’automobile, conoscono il bambino e ci propongono di ricoverarlo in giornata per avviare sofisticate indagini e studiare il caso. Manifestano una cordialità e un’umanità uniche. Noi non eravamo organizzati per il ricovero, avevamo programmato di rimanere a Bologna soltanto per le visite di quel giorno. Quindi il professor Pession e la sua équipe ci fanno rientrare di nuovo in Calabria e ci anticipano che, prima dell’inizio della scuola, Mariano potrà tornare per essere rivalutato. In effetti, arriva settembre, loro ci contattano e ci fanno partire il 14 del mese. Affrontiamo ancora una volta un viaggio complicato, sempre in macchina. Mariano adesso pesa 143 chili, necessita di pannoloni per la notte e tanto altro da portare. Arriviamo in ospedale nella giornata del 14 settembre. Dovevo restare io con il bambino, mio marito Dino aveva necessità di rientrare per lavoro. A Mariano danno una stanza singola e a me un posto accanto per fornirgli assistenza diretta».

Però qualcosa va storto?
«Sì, al punto che dobbiamo cambiare i programmi. Dopo dieci anni di viaggi della speranza, ci abbandona la nostra vettura, acquistata poco dopo la nascita di Mariano. Mio marito resta quindi a piedi, è costretto a tornare a Bologna, a chiamare un carro attrezzi e a lasciare in un deposito l’automobile, che attendiamo di riportare in Calabria con una bisarca. Dino arriva di nuovo in ospedale e ci ritroviamo in stanza con Mariano, con cui poteva restare soltanto un genitore, secondo le regole del reparto».
Un’odissea, insomma.
«Di più. Non c’erano posti negli alberghi vicini, pieni per un concomitante evento pubblico. Infermieri e medici sono gentilissimi, sorridenti, empatici. Capiscono la situazione, ci consentono di stare con Mariano e ci procurano due poltrone come letti. Per circa otto giorni, allora, riusciamo ad assistere il piccolo in ospedale e l’aiutiamo a spostarsi nei vari padiglioni, a sottoporsi agli esami previsti».
Che cosa emerge?
«I medici presumono che l’obesità di Mariano, con la quale combattiamo ormai da dieci anni, sia di origine genetica. Ci informano che, se l’ipotesi è confermata dagli accertamenti, forse per Mariano si può utilizzare un farmaco sperimentale, già commercializzato all’estero ma non in Italia, che potrebbe cambiare il destino, la vita di nostro figlio. Però ci vorrà ancora del tempo: si parla di dicembre o gennaio, per capire se si potrà utilizzare questa molecola innovativa, ora in uso in Germania e in Inghilterra».
E nel frattempo?
«Un dato è certo: adesso alle spalle abbiamo un pool di medici, dal genetista all’endocrinologo. Anche dal punto di vista respiratorio, Mariano è stato rivalutato, quindi il ventilatore polmonare col quale dorme di notte è stato riprogrammato. Il bambino è stato seguito e sorvegliato durante la respirazione notturna. Diversi parametri andavano aggiornati, modificati. Anche la mascherina che utilizzava doveva essere sostituita con una più adeguata. Ecco, adesso ci sentiamo più garantiti, sicuri: siamo seguiti da specialisti che, con controlli e ricoveri periodici, vogliono fare il massimo, il meglio per il nostro bambino. Abbiamo ricevuto, ribadisco, gentilezza, umanità e attenzioni meravigliose. Mariano ha mostrato la sua vivacità ai medici e agli infermieri che si sono presi cura di lui. Perciò, abbiamo un bellissimo ricordo di quei volti, di quelle persone, la gran parte di origini calabresi e siciliane».

Come siete ritornati?
«Viene il momento di rientrare a casa, noi non abbiamo più la macchina ma ci tocca riportare indietro tanta roba. Da Vena ci inondano di telefonate di solidarietà, al punto che non riusciamo più a rispondere al telefono. Quasi ogni giorno il telefono squilla tra messaggi e telefonate. Tutti vogliono sapere le condizioni del “Capitano” e le eventuali novità. Quando, poi, si diffonde anche la notizia che siamo rimasti a piedi, si scatena una solidarietà inimmaginabile».
Cioè?
«C’era chi sarebbe partito di notte per arrivare il giorno dopo; chi aveva noleggiato un furgone, chi aveva preso un’altra macchina per venirci a prendere. Ci ritroviamo alla fine con 10 o 15 persone pronte a noleggiare un mezzo per arrivare a Bologna e riportare a casa “Il capitano” con una macchina comoda, adatta alle sue esigenze. A un certo punto, ci assale pure l’imbarazzo: se dicevamo di sì a uno, magari l’altro ci restava male. Non avevamo nemmeno una data certa né l’orario delle dimissioni. Perciò fatichiamo a gestire questo aspetto. Inoltre, dobbiamo vedere, quando arriverà, di che morte dovrà morire la nostra macchina, che ci ha lasciato a piedi e senza parole. Anche in questa vicenda di sfortuna, abbiamo trovato affetto e solidarietà smisurati. Quando Mariano è poi rientrato a scuola, è stato accolto a braccia aperte con un cartellone enorme, una festa commovente. Stessa cosa hanno fatto in chiesa, perché Mariano frequenta la parrocchia».
Che cosa ne ha tratto?
«Niente è casuale, se credi nel Signore. Se non combattessimo ogni giorno, non sapremmo che ci sono persone così vicine, umane, premurose. Prima di partire, alcune mamme della classe di Mariano, diversi bambini e altre persone hanno voluto salutare di persona nostro figlio. La scuola sarebbe iniziata il 14 settembre e lui sarebbe stato assente per via del ricovero a Bologna. C’è stato anche chi, per il viaggio di Mariano, ci ha portato una crostata con marmellata senza zucchero. Siamo storditi da tanta amorevole partecipazione. Prima di partire, Mariano, che ama leggere anche in pubblico, ha voluto scrivere e recitare la preghiera dei fedeli, con cui ha augurato buon anno scolastico ai bambini e ragazzi della comunità di Vena».
Quali sono, ora, i suoi sentimenti?
«Si sono riaccese le nostre speranze e abbiamo potuto allacciare rapporti umani autentici, splendidi. L’informazione ha mosso le coscienze. Significa tanto, non solo per noi». (redazione@corrierecal.it)

19.4.23

Tamara De Fazio e la sua famiglia. non sono più soli. «Inondati da un affetto meraviglioso»

 

di cosa stiano parlando
 Mariano ha nove anni e a causa di una malattia rarissima pesa 138 chili. Con i propri genitori, il piccolo viaggia per le cure necessarie, ma in Calabria non ha diritti e sua madre deve combattere ogni giorno perché gli siano riconosciuti.   segue  👇
https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2023/04/lodissea-di-tamara-de-fazio-e-della-sua.html


Mariano e la sua famiglia non sono più soli. «Inondati da un affetto meraviglioso»

La Regione, il Garante della salute, l’ortopedico Misiti e alcuni consiglieri regionali pronti ad aiutare il bimbo affetto da una malattia rara

 Pubblicato il: 19/04/2023 – 6:42
di Emiliano Morrone
Mariano e la sua famiglia non sono più soli. «Inondati da un affetto meraviglioso»

LAMEZIA TERME Ha smosso le acque la recente intervista del Corriere della Calabria con Tamara De Fazio, la mamma di Mariano, il bimbo calabrese affetto da una malattia rara che l’ha portato a pesare 138 chili all’età di nove anni. 

Anna Maria Stanganelli, Garante regionale della salute, ha contattato subito i genitori del bambino, assicurando il sostegno diretto del proprio ufficio. 
La Regione Calabria si è attivata per gli ausili protesici del caso, «sul presupposto – ci ha chiarito un dirigente del dipartimento Tutela della salute – che le famiglie dei bambini con tali problemi non debbano pagare un centesimo e che agli interessati si debba garantire la massima vicinanza, sicché nessuno può lavarsi le mani davanti a situazioni del genere». La Regione è all’opera per assicurare a tutti i bambini disabili gli ausili gratuiti cui hanno diritto e per l’acquisto della speciale sedia a rotelle di cui Mariano necessita, nello specifico con la collaborazione del distretto sanitario di Lamezia Terme.

Una legge per i minori disabili e l’offerta di Misiti

Inoltre, alcuni consiglieri regionali stanno pensando ad un’apposita legge per aiutare i minori disabili e l’ortopedico Massimo Misiti, già deputato della Repubblica, ha dato la propria disponibilità a vedere il piccolo Mariano, che ha una gamba deformata dal peso, e a contribuire in concreto ad una migliore assistenza dei bambini calabresi con disabilità riconosciuta. «Tutto ciò che è necessario – afferma Misiti, sensibile al tema della salute dei bambini – dobbiamo farlo insieme. Bisogna alimentare reti di solidarietà e di intervento a favore dei piccoli e delle loro famiglie, senza pregiudizi e tentennamenti».

«Mariano andrà in gita con i suoi compagni di scuola»

«Non è stato vano raccontare la nostra storia», dice commossa la signora De Fazio, che anticipa: «Giovedì (domani, nda) Mariano andrà in gita insieme ai suoi compagni di classe. Significa che la scuola ha confermato grande attenzione nei suoi confronti, perciò ha trovato un bus idoneo, con accesso facilitato, che gli consentirà di viaggiare senza problemi e di vivere un’esperienza fondamentale. Si tratta di un pulmino di circa dieci posti col quale una ditta privata si occupa del trasporto di persone disabili. Ho chiesto ai genitori dei compagni di Mariano se fosse stato un problema salire su quella sorta di ambulanza assieme al piccolo. I genitori sono stati solidali e i bambini non hanno esitato un attimo ad esprimere la loro volontà di stare con Mariano. Non c’è speranza più grande in una società che combatte con bullismo e cyberbullismo. È un segnale limpido alle altre istituzioni, che devono preoccuparsi degli spostamenti dei bambini come mio figlio, di cui non possono ignorare i diritti. Lottiamo ogni giorno per cambiare la mentalità e il metodo delle amministrazioni pubbliche».

Stanganelli: «Una battaglia che ci chiama a moltiplicare gli sforzi»

La vicenda di Mariano è diventata simbolica. Ed è significativo l’attaccamento alla vita di questo bimbo, che vede poco ma sa leggere e scrivere benissimo; che a quattro anni ha imparato a camminare benché all’ospedale Gaslini di Genova lo avessero escluso in modo categorico; che, come sua madre e suo padre, non si ferma davanti agli ostacoli della burocrazia, della sanità e della società, spesso lontana dalla comprensione dei problemi altrui. «La battaglia dei genitori del bambino – sottolinea Stanganelli – ci chiama a partecipare in prima persona, a moltiplicare gli sforzi, a coordinarci ad ogni livello istituzionale per abbattere tutte le barriere che impediscono l’assistenza piena dei minori in condizioni di disabilità. Questa battaglia è ora collettiva e generale. Come Garante della salute, continuerò ad impegnarmi, anche insieme al Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza, Antonio Marziale, perché i bambini e i ragazzi siano al centro dell’assistenza sanitaria e sociale». 

«Abbiamo capito che non siamo soli»

«Dopo l’uscita della mia intervista al Corriere della Calabria, nella nostra piccola comunità di Vena di Maida (Catanzaro) – dice De Fazio – siamo stati inondati da un amore, un affetto, una solidarietà meravigliosi. Sapevamo di essere benvoluti; sapevamo che Mariano era conosciuto e considerato in ambito locale. Tuttavia, ci hanno confortato le condivisioni dell’articolo, i commenti e i messaggi di vicinanza di migliaia di persone. Questo ci ha fatto sentire forti, ci ha fatto capire che non siamo da soli. Sono stata contattata dalla Garante regionale della salute, la quale mi ha riferito di essere rimasta particolarmente colpita dall’articolo, soprattutto in veste di mamma. La professoressa Stanganelli si è resa disponibile, soprattutto per gestire al meglio la problematica della sedia a rotelle che avevo chiesto all’Asp di Catanzaro per mio figlio. Sono stata contattata anche da un dirigente della Regione Calabria, che ha capito immediatamente la situazione e si è già messo all’opera». 

«La Regione vuole evitarci di spendere troppo»

«Ad ogni cambio di stagione – precisa la madre di Mariano – investiamo dai 400 ai 500 euro, perché i piedi di nostro figlio sono particolari. Non sapevamo che l’Asp di Catanzaro poteva anche intervenire per le scarpe, l’abbiamo scoperto dopo nove anni. Le scarpe di nostro figlio vanno realizzate su misura. Lo racconto soltanto per rendere l’idea delle spese che abbiamo dovuto affrontare come famiglia, oltre a quelle per i viaggi della speranza fuori regione. In quanto alla sedia a rotelle, la ditta interpellata ha da ultimo sentito cinque potenziali fornitori e ci ha parlato di una sedia ultraleggera che può sopportare il peso del nostro bambino. I relativi costi si aggirano intorno ai 5mila euro. Si tratta di una somma che non è coperta per intero dall’Azienda sanitaria, che ci ha richiesto di partecipare per l’importo di 1.600 euro. Ma adesso la Regione vuole vederci chiaro ed evitarci di sborsare questi soldi». 

«Abbiamo dovuto combattere anche contro l’ignoranza»

«Quando Mariano era più piccolo e la sua obesità era ancora più evidente e disarmante, ho dovuto combattere – prosegue la signora De Fazio, che di professione fa l’avvocato – con gli ignoranti, con gente che lo fotografava stupita dal suo peso e dal fatto che usasse un passeggino su misura. Eravamo arrivati a limitare le uscite, anche perché l’altro nostro figlio reagiva male alle manifestazioni di stupidità di chi fotografava Mariano. Confesso che avevo perso la fede. A Dio chiedevo perché mi avesse messo alla prova e punito così tanto, perché avesse avuto tanta crudeltà nei nostri confronti. Poi andai a San Giovanni Rotondo, da padre Pio, su insistenza del dottore Saullo, il primario della Pediatria di Lamezia Terme che per primo si era preso cura del nostro bambino. Partii arrabbiata, mortificata, depressa e rassegnata al fatto che avrei cresciuto un figlio su una sedia a rotelle. Ero avvelenata e ritenevo che il nostro viaggio fosse solo un teatro, una buona pagliacciata, perché ormai i giochi erano fatti. Andammo lì con una coppia di amici e caricammo in macchina casse di acqua, pannoloni, il passeggino enorme di Mariano e tutto l’occorrente. Mi presentai davanti a padre Pio con questo bambinone, che oltretutto era come una bambola, fermo, attonito finché i farmaci non facevano effetto. In quel santuario chiesi di avere gli strumenti e la forza mentale necessaria per cavarmela, per sopportare la croce che portavamo da anni. Tornai a casa sempre più avvelenata e angosciata, passarono delle settimane. Una mattina, mentre ero in cucina, sentii dei passetti. Mai avrei potuto immaginare che era il rumore delle scarpe di mio figlio. Credevo che i miei suoceri stessero facendo qualcosa al piano di sopra. Mi girai e vidi Mariano che si era alzato ed era andato ad attaccare al forno della cucina le formine di dolci che avevamo comprato a San Giovanni Rotondo. Restai senza parole per diversi minuti. Mariano mi disse: “Mamma, vedi, le ho attaccate, non bisognava attaccarle qua?”. Poi andò di nuovo alla sua sedia. Mi ripresi e chiamai i nonni, il papà e il dottore Saullo, che commentò: “Io lo sapevo, questo è stato l’amico mio”. L’amico suo era padre Pio». 

«Desidero pedane nei lidi calabresi per i bambini che non possono camminare sulla sabbia»

«Da quel giorno – prosegue la signora De Fazio – credo di essere tornata finalmente serena, pur non avendo trovato un epilogo a questa avventura. Da quel giorno tutto è davvero cambiato. Oggi ho ripreso in mano la mia professione ma sono anche una catechista. Non posso fare a meno di rendermi utile in parrocchia e sono contenta perché Mariano cresce e noi cresciamo con lui. Il bambino si è legato alla parrocchia e quindi ha cominciato le lezioni del catechismo, si è appassionato ai canti e alla musica che ascolta in chiesa, ha voluto servire messa e vuole continuare a farlo da quando ha visto che, senza chiedere nulla, hanno realizzato per lui delle pedane che gli consentono di raggiungere l’altare. Sono dunque molto devota e capisco che non era vero che mi era stato tolto tutto con l’arrivo di Mariano. Mi hanno mandato Mariano ed è venuto meno il superfluo. Adesso ho tutto». 
«Ora desidero – conclude De Fazio – che nei lidi calabresi ci siano delle pedane per i bambini che, come Mariano, non possono camminare sulla sabbia perché hanno la sensazione di muoversi sull’orlo di un precipizio. I bambini vanno portati al mare, che è un luogo di salute della mente, del corpo e dello spirito. E spero che qualche medico ci aiuti per la gamba colpita di Mariano e per ridurre il peso di nostro figlio, magari con degli interventi chirurgici». Il Corriere della Calabria seguirà gli sviluppi della vicenda. La storia di Mariano e la voce di sua madre sono già uscite dal dalla dimensione virtuale del web. (redazione@corrierecal.it)

26.10.16

l'obesità si può tenere sotto controllo e sconfiggere senza medicine Il racconto di un 31enne che superava i due quintali: «Nessun intervento, in 8 anni ho ripreso in mano la mia vita»

Precisazione    doverosa 
A  chi  avendo  letto   il mio precedente  post   :   come   curare e  tenere  a  bada   senza  farmaci  (  se  non in casi  gravissimi ed estremi  )   la depressione afferma    che  sono  un  ciarlatano ,  un complottista  ,  populista   e menate  simili  rispondo  che    :    sono uno   che crede  , ed  ha  provato    e lo fa  continuamente  ,   che certi  problemi   si   combattono  o s'attenuano(  cioè non vuol  dir e  che    non bisogna  usare  i farmaci   ma usarli   nei  casi meno  gravi    ed   estremi   senza  farmaci   ma  con una  semplice  analisi  e auto  analisi   psicologica  . Infatti 
un  abuso  ed  un uso  scriteriato  di  farmaci   non fa bene  e creano gravi effetti collaterali ed   assuefazione ed    dipendenza  ,  tant'è che   molti parlano  di  droghe  legalizzate   . Inoltre  è scientificamente  provato  che  certi problemi   di salute  hanno  un origine  psicologica   e  come tale  si  può  risolvere  o  quanto meno integrarla  , ovviamente   nei casi  più gravi ,  con i  farmaci  .
Introduzione  all'articolo
Ai  vecchi lettori e  fans  che mi dicono  che  ho  abbandonato  il parlare  di me  , il  mio   personale    questa  storia  è la mia  risposta  . Infatti   anch'io  soffro di problemi legati al cibo : colite  , reflusso  gastro esofageo   (  ed  è grazie  alla lotta   fatta  di cadute  e  ricadute  che   non sono arrivato  ai livelli  del protagonista  della storia  sotto  riportata  ) , ed  in particolare  fame  nervosa   . Ecco quindi  che  come  ci è  riuscito  lui  ,  ci posso  riuscire  ion almeno a tenerla  sotto controllo ed  evitare   di colmare  i  miei  vuoti  , le mie delusioni  ,  le  batoste  e  gli urti  che ricevo dalla  vita  , ecc    facendo  come ha  fatto lui    ed accettando il rischio di cadere  e  di   dover  rincominciare da  capo .  Ma  ora  basta  annoiarvi  .ed eccovi la  sua  storia


  da http://laprovinciapavese.gelocal.it/pavia/cronaca/2016/10/26

 la storia
«Rischiavo di morire, ho perso 120 chili» Palestro. Il racconto di un 31enne che superava i due quintali: «Nessun intervento, in 8 anni ho ripreso in mano la mia vita»




PALESTRO. Ha perso 120 chili in otto anni. Dai 23 ai 31 anni è passato da 215 chili, distribuiti su un metro e 70 centimetri d'altezza, ai 95 attuali. Riccardo Silva fa il cuoco e vive a Palestro, dove è cresciuto ed è molto conosciuto. A 23 anni ha deciso di cambiare la sua vita. «Ho fatto tutto da solo, senza ricorrere a interventi chirurgici – spiega il giovane di Palestro – I medici mi hanno solo aiutato con una terapia farmacologica per la cura della tiroide, che aveva delle disfunzioni: per questo sono stato ricoverato in una clinica a Piancavallo, località nel territorio di Oggebbio, in provincia di Verbania. Quando sono entrato in clinica i medici sono stati chiari: mi hanno detto che se fossi andato avanti così non sarei vissuto a lungo». Riccardo Silva era arrivato a vestire la taglia 78 di pantaloni, ora è tornato ad una più onesta 54 di taglia: «Ho preso in mano la mia vita. Ho deciso di migliorarla in questi anni ed i risultati ora si stanno vedendo, anche se ho ancora molto lavoro da fare per perdere altri chili – sottolinea il 31enne di Palestro –. Adesso ricorrerò anche alla chirurgia, ma solo per la sistemazione della pelle in eccesso, che è rimasta in seguito al dimagrimento: sono in lista d'attesa per l'intervento». La cura alla tiroide è stata fatta durante quattro ricoveri, nel 2008, 2011, 2015 e 2016, nella clinica di Piancavallo: trenta giorni di ricovero ogni volta in cui Riccardo veniva seguito dai medici nel suo percorso. Ma qual è stato il segreto di questo dimagrimento che ha del miracoloso? «Davvero niente di particolare, ho solo seguito la classica dieta mediterranea: non ho utilizzato nessuna dieta miracolosa di quelle di cui si sente tanto parlare in giro – spiega Riccardo –. Ho iniziato con la nostra dieta tradizionale, quindi mangiando pasta, pesce, carne, frutta e verdura in dosi giuste: prima dovevo assumere 2400 calorie al giorno, poi la quantità di calorie è scesa ma ho comunque un'alimentazione equilibrata e che mi sazia: non mi sento come uno che fa una dieta restrittiva, una di quelle con tante privazioni. Tutto questo è stato abbinato ad attività fisica: vado in palestra a Robbio, dove faccio corsa, cyclette. Ora sto iniziando a tonificare anche la massa muscolare con gli attrezzi della sala pesi. La cura della tiroide, abbinata alla dieta mediterranea e alla palestra mi hanno salvato, ma più di tutto serve in questi casi cambiare mentalità: è quello che fa la differenza». Ma com'era stato possibile arrivare a pesare oltre 200 chili ed avere la taglia 78 di pantaloni? «Avevo una dieta sregolata: fast food, aperitivi e cibo fuori pasto in continuazione – risponde il 31enne di Palestro – Uno stile di vita che mi stava rovinando. Ora, dopo un lungo percorso, posso dire che la mia vita è cambiata in meglio: la forza di volontà è stata quella che mi ha permesso di farcela da solo». Ma in questi anni com'è cambiata la sua vita? «È cambiata totalmente. Prima non potevo prendere i vestiti che volevo ed ora sì: e questo è solo un primo esempio – risponde Riccardo –. Ogni incombenza della vita quotidiana era diventata un problema: dal fare le scale o anche solo prendere la bicicletta per fare un giro in paese. Ora invece riesco a fare tutto: faccio anche 40 chilometri in bicicletta e d'estate faccio faticose passeggiate in alta montagna, tutte cose che mi sarei sognato un tempo. Comunque ho ancora molto da fare, voglio arrivare a 80 chili».

                                    Sandro Barberis

23.12.12

mi sa che mi metterò a dieta o mi limito a mangiare di meno [Tremila euro per viaggiare su Meridiana Disabile obeso deve pagare sei biglietti ]

unione sarda online del 23\12\2012

CRONACHE DALLA SARDEGNA - Un uomo di 39 anni, in sedia a rotelle, non trascorrerà il Natale a Solanas con la famiglia. Meridiana, visto il suo peso di 130 chili, ha chiesto il prezzo di 6 posti per 

farlo viaggiare legato e in barella.Trentanove anni e in carrozzella da quando ne aveva otto. Massimiliano Muratori vive a Modena, dove lavora, e quest'anno aveva intenzione di trascorrere il Natale con la famiglia a Solanas. La madre inizia a organizzare la trasferta più di un mese fa.. Ai primi di dicembre chiama Meridiana per prenotare il biglietto e scopre che Massimiliano non può viaggiare. Il problema? Il suo peso: 130 chili. "Mi hanno comunicato - racconta Francesca Piras - che il ragazzo non poteva utilizzare la loro sedia a rotelle perché troppo grasso". A quel punto arriva la proposta: "Se proprio vuol passare il Natale con suo figlio, il ragazzo dovrà accontentarsi di fare il viaggio legato in una barella che occupa sei posti normali. Ma il costo del biglietto cambia. Massimiliano Muratori avrebbe dovuto pagare 860 euro sia all'andata che al ritorno, per un totale di 1720 euro. Più 1200 per l'accompagnatore. "Sono indignata - ha detto Francesca - mi hanno fatto pesare di avere un figlio disabile. Ho anche letto il regolamento dove c'è scritto che i disabili possono viaggiare in aereo purché capaci di piegare le gambe. La barella serve solo a chi è allettato, e non è certo il caso di mio figlio".

28.2.12

ma i nostri politici sanno collegare il cervello prima di parlare ? STRACQUADANIO (PDL): ITALIA ALLA FAME ? MA SE CI SONO 6 MILIONI DI OBESI...


Spettabile  Straquadanio 
Leggo solo ora  causa lavoro  , le  sue farneticcanti  dichiarazioni  fatte  a   Klaus Condicio




Probabilmente Lei onorevole, dal suo dorato mondo, non si è accorto  che milioni di persone faticano ad arrivare da anni alla terza settimana del mese, e oggi molti faticano ad arrivare anche alla secondo settimana ? Lo sà   che L'obesita dipende  anche da  fattori  psicologici ? Infatti  : << (....)   Tickell pensa che “Tutto dipende dall’atteggiamento; tutto dipende dal cervello umano.” Ė lui che determina se la persona sarà magra o grassa, se mangerà del cibo sano o no.
E Medicine Health ha espresso un’opinione simile, dichiarando che alcune ragioni per le quali le persone si abbuffano potrebbero essere le seguenti: “Depressione, mancanza di speranza, rabbia, noia e molte altre che non hanno niente a che fare con la fame”. In altre parole, “I sentimenti delle persone influenzano le loro abitudini alimentari, causando eccessi”.
La Kabbalah è ancora più precisa quando si tratta del fattore colpevolizzante – è il sentimento di vuoto interiore che nasce dalla mancata capacità di appagare il nostro egoismo crescente. Siamo costretti a compensare questo vuoto dentro di noi, la mancata realizzazione e la sensazione di futilità, in qualsiasi modo possibile – uno di questi è il cibo.
In altre parole, l’epidemia dell’obesità, che oggi dilaga nel mondo, è un altro sintomo della vacuità che avverte l’uomo moderno.
L’ appagamento – non la compensazione La crescita dell’egoismo umano fa sì che, oggi, molti di noi si sentano insoddisfatti, indipendentemente da quello che stanno facendo. Continuiamo a “volere qualcosa” e non importa quanti beni accumuliamo, perché ci sentiamo vuoti dentro. La vacuità costante ci fa cercare delle compensazioni e, per alcuni di noi, questo significa mangiare in continuazione. (....)  >> (  da  http://www.kabbalah.info/it/giornale/?p=145  numero di febbraio ) >> .
Inoltre Nei paesi ricchi i più grassi sono i poveri che non hanno abbastanza denaro per diete sane. Ecco un esempio di cosa si mangia  con poco


L'hamburger dopo 679 giorni. Puoi trovare tutte le foto che ha scattato il fotografo
Sally Davies in ordine cronologico, nella sua 
pagina Flickr


L'hamburger nella foto sopra è li da quasi 2 anni: ed è evidentemente, in ottimo stato di conservazione. Il video fa vedere alcune foto realizzate a distanza di settimane l'una dall'altra, circa l'avanzamento della decomposizione, o meglio della non-decomposizione, visto che il panino non accenna ad "andare a male".

Il fotografo newyorkese Sally Davies, avendo appreso che i prodotti del McDonald sono "duri a morire" ha deciso, il 1° Aprile 2010, di fare un esperimento: ha messo su un piatto un menù "Happy Meal" (il menù dedicato ai bambini) per vedere quando si sarebbe decomposto: i risultati sono sorprendenti: l'esperimento è tuttora in corso, e a distanza di ben  679 giorni - quasi due anni - i segni di decadimento del panino e della porzione di patate sono ridottissimi: puoi osservarela foto qui. Nelle prossime settimane il fotografo continuerà ad aggiungere foto sull'avanzamento della decomposizione del panino.... che non si decompone!

Puoi visualizzare tutte le foto che ha scattato, in ordine cronologico, nella sua pagina Flickr

Il fatto che i prodotti non si decompongono, si commenta da solo, e viene da chiedersi quali conservanti avranno utilizzato, e in quali quantità. NON FARANNO MALE ALLA SALUTE QUESTE SOSTANZE?


da   http://www.nocensura.com/2012/02/   
                                                                                              
I dati arrivano dalla rivista Lancet che questa settimana dedica uno speciale alla pandemia di obesità che appesantisce la terra.
I poveri e i fast food Nei paesi ricchi, a differenza di alcune decadi fa quando essere povero significava quasi sempre essere denutrito e sottopeso, oggi i più obesi si contano tra le classi meno abbienti perchè mangiare con pochi soldi significa spesso nutrirsi di junk food ed  altre schifezze  , e  cibo  "  baratto " a prezo inferiore  e  con molta probabilità di scarsa o pessima qualità   coem di mostra  questo articolo   di  http://www.universofood.net che  riporta  l'inchiesta  della coldiretti  . Non lo sa   oppure  la  sua faziosità   , cecità  non gli lo fa vedere   che   ci sono   ragazzi  che accettano (   infatti è per  questo  che il  caso di  Valeria Gentile   è  molto  evidente perchè non  ha voluto cedere  ) visto la crisi che  c'è  di lavorare  sottopagati e  sfruttati  o  che  accettano di fare  qualunque  lavoro    come questo caso qui  di  una  ragazza   laureata  in giurisprudenza   ma  che  pur  di lavorare  è disposta  anche  a fare la bidella  
Quindi  la prossima  volta   è Meglio tacere e dare l'impressione di essere stupidi, che parlare e togliere ogni dubbio." o rischia  di fare  come  homer  simpsons  

Quindi per  favore   prima  di parlare   s'accerti che il cervello e corde  vocali siamo  collegate     farebbe una più bella  figura  

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...