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3.3.25

diario di bordo n 106 anno III chi lo dice che influenzer sono truffatori il caso di Max Maiorino, il calzolaio influencer: «Stavo per chiudere bottega ..... >> ., Iannaccone, l'avvocato collezionista: «Comprai due Banksy ma non sapevo chi fosse» ., Da cardiologo in Italia guadagnavo 2800 euro al mese e non mi facevano operare. A Lione adesso dirigo una clinica» ., Bambino di 5 anni sparisce da casa, genitori in panico. Ritrovato dai nonni, aveva preso la metro da solo per andare da loro

 Corriere della sera  tramite  msn.it

Max Maiorino, il calzolaio influencer: «Stavo per chiudere bottega, ora mi chiamano le griffe e mi arrivano scarpe da riparare da Stati Uniti e Sudamerica»



Maximiliano Maiorino ha ricavato i suoi studios in un angolo del magazzino dove stanno impilate borse tanto griffate quanto bisognose di manutenzione, scarpe etichettate con codici di arrivo scritti a mano, attrezzi del mestiere. Tra colori, pelli, forbici e spazzole spuntano l’ombrello per la luce e aste per lo smartphone. Nome di battaglia «calzolaiomax», 34 anni, è l’alfiere degli artigiani che sui social hanno portato il mestiere. E, lì, l’hanno salvato. «Ricevo almeno dieci pacchi al giorno: merce da riparare inviata da chi mi ha conosciuto sul web. Altri clienti vengono al bancone. Se ripenso a quattro anni fa, quando dalla porta del negozio non entrava nessuno...». Oggi Forbes l’ha scelto come caso esemplare di imprenditoria decollata grazie alla Rete e le griffe se lo contendono come ospiti agli eventi della Fashion Week milanese.

Torniamo a Saronno. Filo strada, su via Cavour, l’insegna «Maiorino calzolaio» incornicia una vetrina che è la quintessenza dell’arte del riparare: scarpe nuove e rimesse a nuovo. Al piano interrato, giù da una scala ripida, la medesima arte finisce in video che macinano cuoricini - e clienti - in Brasile come in Svizzera, in Italia e negli Usa. L’artigiano Max («Con la x proprio all'anagrafe») facendo l’artigiano totalizza numeri da influencer: 400 mila follower su TikTok, 320 mila su Instagram, milioni di visualizzazioni per filmati in cui ripara o personalizza.

Il primo video?

«Nel 2015, su Youtube. Aggiustavo calzature e non l’ha guardato un’anima: evidentemente non era il momento».

Poi?

«Nel 2020 TikTok era pieno di gente che ballava. Ci ho riprovato: taglia, apri, incolla. Una ragazza mi aveva portato un paio di scarpe sportive di Alexander McQueen, molto in voga, a cui si era rotta la tomaia. Punto impossibile, danno in genere considerato irrecuperabile. A me sono venute bene. Le visualizzazioni del filmato sono schizzate a 300 mila, hanno iniziato ad arrivare messaggi: è capitato pure a me, posso inviarti le scarpe? Avevo svoltato».

Perché prima era al palo.

«Quando ho aperto il mio primo negozio c’erano poco lavoro e pochi clienti. Per giorni incassavo zero. Tuttavia nella calzoleria ci credevo, sapevo di essere bravo e ripetevo: troverò l’idea giusta».

Quindi cosa ha fatto?

«Per non soccombere mi sono messo a lavorare per mantenere il mio lavoro. Dovevo comprare i macchinari e pagare l’affitto quindi ho fatto il barman, il cameriere, il corriere».

Il calzolaio, in teoria, non è un lavoro che i giovani come lei sognano di fare.

«Era calzolaio il mio trisavolo. Da nonno Marino, padre di mio padre Salvatore, ho carpito i primi segreti: da piccolo pasticciavo nel suo negozio, sempre a Saronno. Nonno è mancato nel 1998, papà nel frattempo aveva lasciato per dedicarsi all’edilizia. Quando nel 2008 è arrivata la crisi abbiamo deciso: torniamo calzolai. I vecchi macchinari erano in garage».

È dipendente dell’attività di famiglia?

«No, ho aperto la mia partita Iva a 22 anni. Conviviamo nello stesso spazio ma le attività sono separate; loro fanno il lavoro più classico, curano gli articoli dei saronnesi, io gestisco gli ordini dal web».

Si è fatto conoscere eseguendo miracoli su pezzi griffatissimi: tutto vero o c’è il trucco?

«Vero. L’articolo ha un proprietario e se sbaglio non solo non torna, ma lo scrive anche nei commenti. Aggiustare oggetti di qualità - con il second hand, la sensibilità ecologica, i prezzi in salita - oggi ha mercato. Fino a quattro anni fa ti prendevano per matto: “Piuttosto butto e ricompro”».

Ma lei ci credeva già allora.

«Nel 2017 mi sono staccato dal negozio di Saronno e ne ho aperto uno da solo a Gorla Minore: non battevo chiodo. Per tentare di allargare il giro ho aperto anche a Solaro: pure peggio. Arriva il Covid, li ho chiusi entrambi e sono rientrato a Saronno: nessuno pensava ad aggiustare le scarpe, anche perché nessuno le consumava».

Disastro.

«Avevo chiesto un prestito di 20 mila euro alla banca e mi ritrovavo con i debiti».

Non ha mollato.

«Anche mentre stavo lì a fissare la porta pensavo che avrei prima o poi trovato il modo di farmi valere. Ci ho sempre creduto. Confesso che non è stato facile: quando mi chiedevano “cosa fai?” e io rispondevo “il calzolaio” mi guardavano con un misto di choc e compassione. Anche i miei amici, all’inizio, tenevano a precisare: “Calzolaio, sì, ma fa scarpe sue, fa cose pazzesche”. E io: “Ragazzi, mica mi vergogno di ciò che faccio”. Oppure provate voi a dire: “Investi su di me, apro un negozio in cui riparo”. Vi lascio immaginare le risposte. In momenti così devi davvero credere in te, tanto».

Come ha affinato la tecnica?

«Con papà. Poi faccio tante prove, mi esercito, studio».

Che scuole ha fatto?

«Ho iniziato a studiare da geometra, non era cosa mia. Insisto: impegnatevi in ciò in cui credete, che non è uguale per tutti. Se la vostra strada è studiare studiate forte, se è un lavoro, lavorate forte. Dopo il primo contenuto diventato virale ogni giorno, compleanno e Natale inclusi, ho postato contenuti. L’algoritmo ha premiato, i contatti sono cresciuti e anche gli ordini. Caricavo la lavorazione di una scarpa X e per una settimana arrivavano solo richieste per scarpe del marchio X».

Il suo video più visto?

«Il salvataggio della ciabattina Hermès masticata dal cane è arrivaoa a 14 milioni».

Quindi per una settimana solo Hermès.

«No, solo oggetti masticati da cani».

Oggi per le mani le passano accessori anche ultra-costosi.

«Per me una scarpa griffata o una che non lo è sono uguali: stessa cura. Il calzolaio prima era un ciabattino, ora lo vedono come artista. C’è chi invia articoli nuovi e chiede di cambiargli il colore: se avviene su una scarpa da mille euro all’esterno la percepiscono come una missione “rischiosa” e attira curiosità».

Quanto costa mediamente un intervento?

«La sneakers da lavare e incollare da 20 euro, se è da rifare dai 100 ai 300. Al cliente viene riconsegnata in circa tre settimane».

Cosa è impossibile da fare?

«Dato che produco scarpe da zero, potenzialmente ricostruirle anche solo da una stringa. Però se un lavoro non vale la pena lo dico».

L’intervento più strano che le hanno chiesto?

«In una borsa Bentley inviata dalla Svizzera hanno voluto ricavare la cuccia del cane».

Lavora molto con l’estero?

«Ho clienti in Sudamerica, negli Usa. Qualcuno in Italia per le vacanze viene di persona a Saronno con i pacchi».

Pubblicità tradizionale ne ha mai fatta?

«Mai».

Qualche griffe l’ha cercata?

«C’è un accordo di riservatezza: posso dire che c’è chi ha apprezzato le riparazioni».

Maiorino, è un influencer.

«Ho richieste per pubblicizzare marchi esterni. Qualche collaborazione l’ho avviata».

Quanto prende a post?

«A post non saprei, direi che ogni collaborazione vale più o meno 2 mila euro. Dico molti no. Anche perché non ho molto tempo».

Quante ore lavora?

«All’inizio 14-15 ore al giorno. Mi alzavo, facevo colazione col telefono in mano, rispondevo a chi mi contattava, poi via in negozio, riparazioni e video, pranzo con il telefono, ancora in negozio fino alle 19.30, video da postare, richieste a cui rispondere. Stavo impazzendo. L’anno scorso ho frenato: dopo le 19.30 niente telefono».

La sua fidanzata sopporta questi ritmi?

«Fare questa vita in passato non ha aiutato».

Ha qualcuno che la aiuta con i social?

«Sono precisino: voglio sempre le cose a modo mio quindi mi arrangio. Quando mi vedeva con il cellulare, papà diceva: lascia il telefono, c’è da lavorare. Poi hanno cominciato ad arrivare i pacchi. E ora è lui che mette tutti in guardia: se filma non disturbate!».

Qualche numero della sua società?

«È una Srls, fondata a dicembre di due anni fa. Oggi ho quattro dipendenti. Collabora con me mio fratello Mattia».

Fatturato?

«Mi limito a dire che oggi sto bene».

Qualche sfizio che si è levato?

«Reinvesto tutto nei progetti della società».

Dove vive?

«A Saronno, in affitto. Anche il negozio da 180 metri quadri lo è».

Insomma, il suo lavoro adesso sognano di farlo anche altri giovani?

«Ricevo proposte di ragazzi che vogliono lavorare per me o si informano: interesse che prima non esisteva».

Altro che vergognarsi.

«L’altro giorno uno mi ha scritto: vorrei venire a lavorare da te anche gratis, vorrei imparare».

L’ha cercata anche Forbes per raccontare la sua storia imprenditoriale.

«Ma sa che cosa ha fatto la differenza? La Chioccina, la benemerenza civica dei saronnesi: un sacco di gente qui si congratula per quella. L’ha ritirata mamma Roberta per me, io ero all’estero: era emozionatissima. Il web è importante, ma certe cose non hanno prezzo».


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Le gioie e i dolori, le speranze, le angosce, i peccati e gli entusiasmi: i meandri dell’animo umano che in tutte le sue sfaccettature, anche le più intime — ma non per questo inconfessabili — si confrontano con il mondo, sono l’obiettivo di Giuseppe Iannaccone nella ricerca, accurata ed appassionata, di opere per la sua collezione di arte moderna e contemporanea, una delle più importanti al mondo, la prima tra le raccolte private ad essere ospitata con 140 pezzi dal 7 marzo al 4 maggio nelle sale del Palazzo Reale a Milano.
Tra i più importati avvocati penalisti del diritto d’impresa, Iannaccone ha raccolto oltre 400 opere che ha esposto in tutto il mondo. Non un ammassare compulsivo, ma una cernita meditata e convinta. «La mia è una raccolta passionale legata a quello che l’uomo ha dentro in relazione alle realtà sociali. Attraverso l’arte, mi rispecchio nel mondo in cui vivo», spiega. «Sono attratto dall’arte nella sua libertà, dall’artista che non ha paletti culturali ed espressivi», aggiunge. E infatti, in una sezione altrettanto ricca ed importate della collezione, anche se non esposta, a coloro che, inquadrati nell’arte ufficiale del fascismo, celebravano il regime preferisce gli altri che «raccontavano i postriboli e la sofferenza della guerra».
In questo percorso ad un certo punto ha scoperto di aver acquistato negli anni, inconsapevolmente, molti più artisti neri, donne, omosessuali: «Mi sono reso conto che nelle loro opere c’è una espressività esplosiva, una novità dovuta forse al fatto che questi gruppi, che hanno taciuto tanto nella storia dell’arte, oggi hanno una capacità di esprimersi che mi colpisce particolarmente».
Un’opera ha diversi piani di lettura? Filosofico, psicologico o solamente estetico? La risposta è ad ampio spettro: «Credo che le vere opere d’arte abbiano molteplici letture in grado di mandare diversi messaggi che poi ciascuno coglie in funzione della propria sensibilità. Per quanto mi riguarda, mi pongo il problema dell’emozione che provo io. Alla fine potrei pensare di provare le stesse cose che prova l’artista, ma non è affatto detto che sia così».A chiedergli perché mai un avvocato penalista senta la necessità di andare a cercare altre sensazioni, come se non gli bastassero quelle che gli arrivano dalla professione, la risposta che si ha è molto socratica: «Credo che nessuno possa avere la presunzione di conoscere tutto, di conoscere il mondo. Fino a quando avrò l’ultimo respiro cercherò sempre di scoprire qualcosa di nuovo».
E allora, come scegliere un quadro evitando di prendere un bidone? «È evidente che una certa sensibilità è indispensabile, ma poi ci vuole cultura. Bisogna essere educati per avere le chiavi di lettura dell’opera». Non nasconde di aver sbagliato in passato, ma con gli anni e il crescere dell’esperienza ha affinato il tiro. Ha ospitato mostre di dieci artisti giovanissimi nel suo grande studio in Piazza San Babila, Iannaccone può ragionevolmente essere considerato un mecenate lungimirante, perché molti giovani su cui ha investito la propria reputazione, ed i propri denari visto che acquisita sempre anche come forma di incoraggiamento verso chi è alle prime armi, poi si sono rivelati dei grandi artisti, uno tra tutti Banksy, del quale presenta due sculture. «Meravigliose, le comprai fra i primissimi quando non sapevo nemmeno chi fosse. C’era un importante gallerista inglese che me lo aveva sconsigliato, diceva “questo è un randagio che va a rovinare i muri nelle periferie di Londra”. Oggi non mi potrei permettere di acquistarle. A me il denaro non interessa, non che non gli dia importanza, ma acquisto un’opera e la tengo per ciò che provo, non per quanto vale», mette in chiaro.
Esibizionismo? Narcisismo? La ragione di far conoscere a tutti la propria collezione, Giuseppe Iannaccone la ricollega alla sua inveterata passione, che vorrebbe accomunasse tutti i collezionisti: «Faccio una mostra di arte contemporanea, curata da Daniele Fenaroli con l’ importantissima consulenza di Vincenzo de Bellis, il quale coordina le maggiori fiere d’arte del mondo, per dimostrare quanto è bello amare l’arte ed invitare i cittadini allo studio dell’arte. Voglio dire ai milanesi che l’arte contemporanea è meravigliosa. Ci saranno opere che non è facile vedere in Italia e a Milano, dove non c’è ancora un museo di arte contemporanea».
Nato 69 anni fa ad Avellino in una famiglia piccolo-borghese arrivata a Milano negli anni Settanta, è sempre rimasto legato alla sua Campania, ma come la stragrande maggioranza di chi riesce ad affermarsi all’ombra del Duomo è riconoscente a Milano. «Questa mostra è diversa da tutte le altre che ho fatto in Italia e all’estero; perché questa è una mostra del Comune di Milano e per questo ringrazio il sindaco Beppe Sala, l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi e il direttore Domenico Piraina, poi perché la sento come un reciproco riconoscimento tra me e la città che adoro ed alla quale sono e sarò sempre grato per la sua generosità».


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«Da cardiologo in Italia guadagnavo 2800 euro al mese e non mi facevano operare. A Lione adesso dirigo una clinica»



«In Italia da giovane medico guadagnavo 2.800 euro al mese e non mi facevano operare, perché dovevo sgomitare tra primari che assumono parenti e direttori sanitari scelti dai partiti. In Francia invece mi hanno offerto più del doppio del mio stipendio per specializzarmi nel mio settore e ora dirigo una clinica privata, la settima del Paese per l’ablazione cardiaca».
Nel 2014 Carlo Quaglia, cardiologo torinese, all’epoca quarantenne, sentendosi impantanato nella sanità pubblica italiana ha detto basta e ha deciso di fare le valigie. Per seguire la stessa strada che negli ultimi vent’anni ha portato all’estero circa 180 mila professionisti italiani, 131 mila medici (10 mila in Francia) e 50 mila infermieri; una fuga di talenti che creato non poche carenze di organico.
«Io volevo solo operare. All’epoca la mia specialità non era presente in Piemonte. Mi sono quindi trasferito a in Lombardia, ma ho dovuto confrontarmi con un sistema complesso dove nepotismo partiti determinavano le carriere. Una notte, ero di turno al pronto soccorso, ho inviato di getto un curriculum a un primario di un Ospedale di Lione. Il mattino dopo ero già in Francia per il colloquio. Da lì è cominciata la mia storia».Quaglia ha costruito la sua carriera prima nel sistema pubblico e poi nel privato. Prima al Centre Hospitalier de Roanne, dipartimento della Loira, e poi di nuovo a Lione. «In Francia il sistema dei rimborsi è equo e trasparente. La politica non mette bocca sulle scelte dei direttori, perché questi sono selezionati dal Sistema delle Grandes Ècoles. E un manager che lascia un buco in genere viene allontanato non premiato. Così i medici possono crescere». E qui spiega la vera ragione del suo addio all’Italia: «Si va all’estero non per la prospettiva di guadagnare di più, anche se il primo stipendio, 6.700 euro era più del doppio di quanto guadagnavo in Italia, ma per lavorare meglio. Nel mio caso non riuscivo proprio a operare nella mia specialità. La gavetta spesso si traduce nel vedere avanzare persone poco competenti. E questo è avvilente sopratutto dopo tanti anni di studio».Dopo l’esperienza nel pubblico in Francia Quaglia ha deciso di mettersi in proprio. E ha costituito il Polyclinique de Lyon Nord insieme con altri camici bianchi italiani come lui. «Le cose procedono molte bene. Siamo la settima clinica di Francia specializzata in questa tecnica cardiologica — spiega Quaglia .—E infatti stiamo assumendo: tanti curriculum ci arrivano dall’Italia. I nostri medici sono bravissimi, peccato poi che il sistema li fa fuggire». Quaglia torna spesso a Torino, «vengo a trovare mio padre», ma di rientrare in Italia non ci pensa proprio. «Non c’è offerta che possa convincermi a rientrare».

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Bambino di 5 anni sparisce da casa, genitori in panico. Ritrovato dai nonni, aveva preso la metro da solo per andare da loro

CERNUSCO SUL NAVIGLIO - Quindici minuti di terrore per una mamma e un papà del Milanese che questa mattina, 2 marzo, hanno temuto il peggio per il loro bambino di 5 anni. I due genitori hanno chiamato il 112 per denunciare che il figlio era scomparso dalla loro casa a Cernusco sul Naviglio.

Subito i carabinieri di Pioltello hanno iniziato le ricerche e hanno suggerito alla mamma di controllare con i parenti. Sono stati i nonni del piccolo a far rientrare l'allarme quando, visto il piccolo arrivare verso casa loro, hanno chiamato i genitori e messo fine all'incubo.Il piccolo era uscito di casa senza essere visto, è andato a piedi alla fermata della metro verde, è salito su un treno diretto a Gessate ed è sceso due fermate più avanti, a Cassina de' Pecchi, proprio dove vivono i nonni.

21.2.21

paese sempre più alo sbando fra razzismo e sessismo . il caso degli insulti alla meloni e il caso di razzismo con la partecipazione del controllore verso una ragazza i colore su un treno



Premetto  che     non provo  simpatia  politica  e  culturale per  Giorgia Meloni  ma tali definizioni  sono  vergognose   soprattutto  quando vengono    da   un uomo  di  cultura  come   Giovanni Gozzini   che  


insegna Storia contemporanea, Storia del giornalismo e History ofglobalization al Dipartimento di scienze sociali, politiche e cognitive dell’Università di Siena. Ha insegnato presso la Mount Scopus University di Gerusalemme ed è stato visiting professor presso il Center for European Studies della Harvard University. E autore di studi su Firenze
nell’Ottocento (Firenze francese, Ponte alle Grazie, Firenze 1989; Il segreto dell’elemosina, Olschki, Firenze 1994) sulla storia dello sterminio nazista (La strada per Auschwitz, Bruno Mondadori, Milano 1996), sulla storia del Pci (Storia del Partito comunista italiano, v.7, Dall’attentato a Togliatti all’VIII congresso, Einaudi, Torino 1998), sulla storia del giornalismo (Storia del giornalismo, Bruno Mondadori, Milano 20112) sulla storia delle migrazioni internazioni (Migrazioni di ieri e di oggi. Una storia comparata, Bruno Mondadori, Milano 2006) sulla storia della globalizzazione (Un’idea di giustizia, Bollati Boringhieri, Torino 2010; insieme a Tommaso Detti L’età del disordine. Storia del mondo attuale 1968-2017, Laterza, Roma 2018; insieme a Marcello Flores 1968. Un anno spartiacque, il Mulino, Bologna 2018) e sulla storia della televisione (La mutazione individualista, Laterza, Roma 2011). E membro della direzione della rivista "Passato e presente" e del comitato cientifico di "Comparativ. Zeitschrifte fürGlobalgeschichte und vergleichendeGesellschaftforschung" è peer reviewer per il«Journal of Global History». Dal 2000 al 2007 è stato direttore del Gabinetto Vieusseux di Firenze e dal 2007 al 2008 assessore alla cultura del Comune di Firenze.
Giovanni Gozzini è figlio di Mario Gozzini, l’ex senatore della Sinistra indipendente che ha legato il suo nome alla legge che concede benefici ai detenuti, e della teologa Wilma Occhipinti.

da    https://www.adnkronos.com/ 20 febbraio 2021 | 22.33 

  ed  come  tale  è giusto   che  si prendono provvedimenti  le  scuse   per  altre  forzate  :  « Chiedo scusa per aver usato delle parole sbagliate. Sono a porgere le mie scuse a tutti quanti, a Giorgia Meloni per prima e a tutte le persone che si sono sentite offese ».
 Infatti  [...] 
«Siamo increduli che nel 2021 ci si possa esprimere ancora così pubblicamente --- attacca Giovanni Donzelli, deputato e dirigente nazionale di Fratelli d’Italia  sul il  corriere  della sera  qui l'articolo completo   ---  Ancora di più che a farlo sia un professore come Gozzini, ha insultato e denigrato pesantemente Meloni». E poi: «Come al solito gli intellettuali di sinistra predicano bene e razzolano male, dimostrandosi buoni a cavalcare le battaglie in difesa delle donne solo a corrente alternata.»[...] 
Ciò dimostra  come  dal     sessismo  ,  la  volgarità  gratuita , ecc :   nessuno  sia immune  a prescindere  dalla sua  appartenenza  politico culturale      da  tale   fenomeno  .,  e che   a livello etico  e  culturale  c'è ancora molto  da fare .  concordo  con 


 ed     quanto dichiara la leader di Più Europa, Emma Bonino.

"Le mie idee politiche non potrebbero essere più diverse da quelle di Giorgia Meloni e proprio per questo oggi trovo doveroso esprimerle la mia vicinanza per le offese indegne e volgari ricevute da un professore universitario. L'odio e la volgarità non sono la soluzione, nè la strada, mai". 

veniamo   ora  al secondo  caso 

 Ancora più grave delle affermazioni della signora, è il fatto che il capo treno o controllore l'abbia fatta scendere dal treno, nonostante il biglietto regolare


    da  https://www.fanpage.it/attualita  18 FEBBRAIO 2021  17:41

Prato, razzismo contro una 19enne: “Hai starnutito e sei nera, scendi dal treno”

 

Una studentessa di 19 anni è stata vittima di un episodio di razzismo mentre andava a scuola su un treno che da Prato doveva arrivare a Firenze. La ragazza di origini brasiliane avrebbe starnutito due volte e
una donna l’avrebbe accusata di diffondere il Covid, collegando la sua affermazione al colore della pelle della giovane. Successivamente avrebbe chiamato un dipendente in divisa che, dopo aver controllato il regolare biglietto in possesso della studentessa, le avrebbe chiesto di scendere alla prima fermata.

                               di Gabriella Mazzeo


"I neri come te portano il virus in Itali". Questo avrebbe detto una donna a studentessa di 19 anni di origini brasiliane che viaggiava in treno con lei. La ragazza si stava dirigendo a scuola e per due volte avrebbe starnutito due volte mentre era seduta al suo posto. La donna, a quel punto, è andata a cercare il capotreno: dopo pochi secondi, un uomo in divisa (che non era il capotreno) avrebbe fatto scendere la ragazza alla prima fermata, quella di Sesto Fiorentino.La ragazza ha raccontato quanto avvenuto al padre adottivo, che ha poi inoltrato una lettera a Trenitalia e agli organi di stampa locale per raccontare quanto successo. La 19enne è salita su un treno regionale partito alle 7.12 dalla stazione di Prato centrale diretto a Firenze. Con sé aveva mascherina e biglietto regolare e prima di accomodarsi ha anche misurato la temperatura come da prassi, non riscontrando alcun problema. I due starnuti, però, avrebbero scatenato la reazione dell'altra passeggera che l'avrebbe accusata di "portare il Covid", relazionando la cosa al colore della sua pelle. Secondo quanto riferito dal padre nella sua denuncia, si sarebbe avvicinato a lei un dipendente di Trenitalia con divisa e trolley che dopo aver controllato il regolare biglietto della 19enne, le avrebbe chiesto di scendere alla prima fermata.La studentessa, che in quel momento si stava recando a scuola, ha pensato che si trattasse del capotreno e ha dunque eseguito quanto le era stato detto per poi attendere il treno regionale successivo per Firenze. L'episodio le ha anche causato un ritardo di più di mezzora a scuola. "Il comportamento del capotreno è inaccettabile, in quanto ha implicitamente cavalcato l'onda xenofoba e discriminatoria della passeggera che sarà oggetto di denuncia penale se individuata. Ha deciso di allontanare una studentessa in base a una mera discrezionalità senza neppure misurarle la temperatura al momento del controllo al posto. In un paese democratico non possono accadere fatti del genere" ha scritto l'uomo nella sua lettera.
La posizione di Trenitalia
Trenitalia ha fatto sapere di essere all'opera per individuare il dipendente che avrebbe detto alla ragazza di scendere. Ha fatto inoltre sapere che nel convoglio il capotreno in servizio era una donna e che quindi si sta lavorando per capire la posizione del secondo dipendente in divisa, indicato dalla giovane come un uomo. Il padre della ragazza è stato contattato personalmente dal direttore regionale della divisione passeggeri per chiarire questo passaggio.

  colonna  sonora  

Battiato- Povera  patria  Patti Smith – People Have The Power
Willie Peyote – Io Non Sono Razzista Ma…
Black Eyed Peas – Where Is The Love ?
Caparezza – Vengo Dalla Luna
Ghali – Cara Italia
Michael Jackson – Black Or White
Mirkoeilcane – Stiamotuttibene
 Jarabe De Palo – Depende
Manu Chao – Clandestino
Ivano Fossati – Mio Fratello Che Guardi Il Mondo







13.3.19

Roma, scritta storica scambiata per un atto vandalico: il Comune cancella reperto del 1948

Davanti a  un simile pressapochismo    ed    sciatteria avvenuto  a   Roma     dove   un murales    storico   risalente  al 1948   

Vota Garibaldi, lista numero 1”: la scritta a via Basilio Brollo a Garbatella, quartiere sud di Roma, è stata cancellata dal decoro urbano del Comune di Roma perché scambiata per un graffito vandalico.
Si trattava quasi di un monumento per il quartiere, la scritta faceva infatti riferimento alle elezioni politiche italiane del 1948, quando Partito Comunista Italiano e Partito Socialista Italiano si presentarono in una lista unica, denominata Fronte Democratico Popolare, avente come simbolo il volto di Garibaldi.
Non  riesco  a  dire   niente   . Infatti    è  un  blocco  psicologico  che mi   viene  spesso (   non sarà   la  mia   vecchia  incipiente     😢🤔🤷‍♀️😉     ) 
Infatti    .....   quando devo  dire  qualcosa  non  ci riesco  quando non la devo dire  ci riesco  managgia  a me  .  E questo è  una  di quelle  volte   che dovrei dire qualcosa  .  Meno male  che c'è gente   che  riesce  a dirlo  per  me  e  forse  anche  meglio di me 

  tali  fonti   sono  




Roma, scritta storica scambiata per un atto vandalico: il Comune cancella reperto del 1948
Di Veronica Di Benedetto Montaccini 13 Mar. 2019

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Il presidente del VIII Municipio, Amedeo Ciaccheri, ha detto a TPI che “si tratta di un’azione di una superficialità incredibile. Come hanno fatto a sbagliarsi? C’era anche una targa commemorativa per segnalarne l’importanza”.
Secondo il mini sindaco di Municipio “è in corso un’anestetizzazione della memoria storica. Quella scritta è stata fatta 71 anni fa e non era mai stata toccata da nessuno. Adesso chiederemo il restauro immediato dell’opera, ma non sappiamo se potrà essere recuperata”.
A destra della scritta che è stata coperta c’è in bella vista una targa commemorativa
                     Un’auto del Comune di Roma
La scritta del secondo dopoguerra era tra le testimonianze murarie più vecchie della città, quasi un “reperto archeologico”. L’Italia in quel periodo si preparava alle elezioni del primo parlamento della neo Repubblica. L’opera, probabilmente fatta da un militante della coalizione, ha resistito a pioggia, neve e grandine. Non è stata mai cancellata, anzi, qualche anno fa, nel 2014, è stata addirittura restaurata.
“Qua si gioca la credibilità della sindaca Raggi: come si rapporta alla storia dei suoi territori? Qui nel Municipio abbiamo emergenze molto più gravi da risolvere, come due strade chiuse da mesi o i rifiuti. Perché non viene a farsi un giretto invece di cancellare un importante pezzo di storia?”, ha continuato Amedeo Ciaccheri.
I cittadini del territorio, ai microfoni di TPI, si dicono “indignati” perché “le nuove generazioni di Garbatella non potranno conoscere la storia delle prime elezioni dopo la Seconda Guerra Mondiale per colpa del Comune di Roma”.
Era uno dei pochi esemplari rimasto nella Capitale. Adesso è stato ricoperto brutalmente da una vernice giallina.

 Troppo  buoni  quelli  di Tpi  e  troppo ligi a  'sto  ...  di legge  sulla privacy   ed  non solo   che  vietano    di mettere     elementi  riconoscibili     anche  se   il fattaccio  è  avvenuto  pubblicamente 

La  seconda     da   , si proprio lui   il  curatore  dopo  Tiziano   Scalvi del fumetto Dylan Dog 



storica del 1948, con un significato importante e simbolo di appartenenza di un quartiere, intenzionalmente, io potrei dire: "Siete miei nemici e non mi stupisco che agiate come tali, per questo vi combatto e combatterò".Invece, questi cialtroni, lo hanno fatto per trascuratezza e mancanza di cultura. Perché non sapevano e hanno scambiato una testimonianza della città per un graffito.Non siete miei nemici. Perché non ne siete all'altezza. Siete solo dei poveri idioti e incompetenti.


7.9.12

dubbi elettorali

 Come da  titolo  ho  questo dubbio  :   non andarci ma  cosi  vince   di  nuovo lui  anche se di poco  o  succederà  come  nel periodo  2005 2007  dove  il  governo dipendeva  dai vecchi cariatidi  dei senatori  a vita  . , Andarci ma  poichè
e  usare  l'uccello  ehm   le  gambe  per prendere la matita  e votare

31.12.11

povera italia sei bravo e sei costretto ad emigrare se un cialtrone e hai onori . il caso del premio unesco per la chimica valeria Alzar



dopo il caso di Valeria  Alzari   al centro  della  foto  sotto


ragazza precaria della facoltà di chimica di sassari premiata dall'Unesco , nonostante la regione sardegna diceva che il progtto non era granchè , costretta a d emigrare all'estero . Questo video che raccontata una vicenda pre 1968-1978 è più attuale che mai
cosi  pure  anche se  riadattata all'oggi qusta  canzone


dalla  nuova  saardegna  online






«È stata un'occasione emozionantissima - racconta lei, lineamenti da ragazzina e sguardo penetrante -. Eravamo lì, piccoli piccoli, davanti a personaggi come Giovanni Puglisi, rettore dell'Iulm e il genio della matematica Pergiorgio Odifreddi. È stata anche una rivalsa, in un certo senso». Perchè il progetto di Valeria, presentato nel 2010 a un concorso per giovani ricercatori bandito dalla Regione, era stato scartato a causa - così aveva decretato la commissione - della sua «scarsa rilevanza scientifica». 

Così vanno le cose, in Italia, per chi si affaccia alla carriera da ricercatore e si trova alle prese con un mondo fatto di incertezze e di precarietà, dove non sempre il merito coincide con le possibilità di progredire nella propria professione. Dove, talvolta, alla fine di una lunga battaglia, l'unica alternativa possibile è quella di fare le valigie e andare all'estero, in un contesto in cui, magari, se vali hai qualche chance in più. «Io non me ne vorrei andare, vorrei rimanere qui - dice Valeria - nella mia città dove ho investito tanto in termini professionali e dove ho i miei affetti. Ma mi sono data una scadenza. Se non si presenteranno opportunià entro la fine del 2012 sarò costretta ad abbandonare l'Italia». 

La scadenza coincide con un assegno di ricerca che la giovane ricercatrice ha ottenuto a giugno del 2010 come contributo della Regione al suo master&back, dopo aver completato il dottorato all'università di Perugia. Proprio nell'anno in cui la stessa Regione aveva rifiutato il suo progetto e proprio nei mesi in cui, ironia della sorte, a due studiosi russi era stato attribuito il premio Nobel per la chimica proprio in ragione della scoperta su cui si basa la ricerca di Valeria Alzari: il grafene. Si tratta di un nanomateriale isolato dalla grafite che consente applicazioni interessanti nella produzione della plastica conferendole qualità molto superiori a quelle attuali, tra le quali la resistenza. L'équipe in cui lavora la ricercatrice, diretta dal professore associato Alberto Mariani, ha raggiunto la più alta concentrazione di grafene mai ottenuta fino ad ora a livello mondiale, con un metodo originale e innovativo che ha portato, per la prima volta, alla sintesi diretta di materiali nanocomposti contenenti grafene. Un settore altamente specializzato che Valeria Alzari ha seguito fin dai tempi dell'università. 

«Mi sono laureata a Sassari a 25 anni - racconta - con la speranza di trovare subito lavoro. Così almeno garantivano le statistiche sui diplomi in chimica. Sembrava che tutte le aziende stessero aspettando il momento in cui io e i miei colleghi avremmo lasciato le aule della facoltà. Invece la realtà si è manifestata in modo del tutto diverso. Ho spedito decine e decine di curricula ma non ho mai avuto alcuna risposta. Né mi risulta che agli altri miei compagni di ventura sia andata meglio. Purtroppo, anche se sembra un luogo comune, essere donne, a parte il premio che ho vinto, crea parecchie difficoltà. Perciò se non troverò alternative sarò costretta ad andare via». 

E una sorte incerta potrebbe subire la ricerca svolta dal gruppo di Valeria all'interno del dipartimento di chimica, proprio a causa dei finanziamenti «ballerini». «Abbiamo avuto un contributo ministeriale nel 2009 - spiega il responsabile Alberto Mariani -, il cosiddetto Prin per i progetti di ricerca di interesse nazionale. Ci doveva essere un bando ogni anno ma così non è stato. Lo abbiamo ricevuti nel 2010 e scadranno a fine 2012». Si tratta di una cifra bassa: 22 mila euro con i quali non si possono che acquistare i materiali per svolgere gli esperimenti minimi. Una situazione che proprio da ieri sembra meno nera perché il gruppo ha ottenuto un finanziamento di 133mila euro da dividere con altre due equipe. Una boccata d'ossigeno che consentirà di tirare avanti un altro po'. E poi?

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Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...