Burt Bacharach che passeggia con Marlene Dietrich a Gerusalemme, Burt Bacharach che cinge affettuosamente il braccio della diva, appena un po' distante, come un principe consorte. E Burt Bacharach che siede accanto all'"angelo azzurro", già maturo, ma per nulla disposto a cedere lo scettro. In tutti e tre gli scatti è manifestamente innamorato, ma teme di bruciarsi, e non ha torto. Quella diavolessa non perdona. Guardatela assisa con le gambe scoperte, sfrontata ma con un piglio virile che la rende innocente. E quindi pericolosa. Lui si volge altrove perché, come ha dichiarato,
"rischiammo di diventare amanti"... Rischiare è il verbo adatto. Ma lui voleva sopravvivere e ci è riuscito, come un Petrarca delle sette note, lungamente, fino all'altro ieri, quando il suo cuore di seta si è fermato. Bacharach, tanta roba. L'immediatezza della semplicità, che non ha nulla di facile, come ebbe a dire Elvis Costello, rockstar doc, lontana dalle melodie scintillanti di Bacharach... ma mica tanto, considerato che incisero dischi insieme. Bacharach, musica pop. Democratica. Bianca e nera. Dionne Warwick la sua musa, ma anche Aretha Franklin, Louis Armstrong e appunto Marlene, assieme a mille altri/e. L'ebreo tedesco e la tedesca antinazista. Il seduttore e la pansessuale. Avevano già scritto tutto loro, tutto fatto, vissuto, cantato. Di Bacharach ne nascono pochi al mondo ed è normale, persino giusto sia così. Ma c'è stato un tempo che quei pochi li racchiuse tutti, perché era un tempo di fede.
© Daniela Tuscano