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2.11.13

Bruno Mautone alla Fondazione Vico a Vatolla (Salerno), Palazzo De Vargas. ha presentato l'interessantissimo saggio "Rino Gaetano. La tragica scomparsa di un eroe"

  ti potrebbe interessare la mia intervista  all'autore  

nonostante come dice lo stesso autore nel secondo   video sotto



 il boicottaggio dei media ufficiali che di solito recensiscono anche le cagate

 il libro Rino Gaetano. La tragica scomparsa di un eroe" . 
Continuano in tutt'Italia le presentazioni dell'interessantissimo e notevole  saggio "Rino Gaetano. La tragica scomparsa di un eroe" dell'avvocato agropolese Bruno Mautone.
Sempre più persone acquistano il saggio e partecipano attivamente - attraverso gli incontri diretti ma anche grazie agli spazi offerti dal web - con le proprie idee, opinioni e valutazioni.
Qui potete trovate lo spazio nel blog dell'editore "L'Argo Libro" attraverso il quale è possibile acquistare il saggio ( tra l'altro, si possono leggere on line l'introduzione e il primo capitolo) e qui il calendario aggiornato con tutte le date delle presentazioni (prossimi appuntamenti: Amantea, Bitonto, Torino... passate parola tra i vostri amici !!! (  visto  che , l'unico mezzo   per  vincere  il silenzio dei media ufficiali è il passaparola corsivo mio  ).Ecco le locandina della presentazione che si è tenuta ieri pomeriggio nella prestigiosa sede della Fondazione Vico a Vatolla (Salerno), Palazzo De Vargas per le foto http://occhidiargo.blogspot.it/2013/11/bruno-mautone-alla-fondazione-vico-le.html



vi lascio con le note  , della  più bella  ,  secondo me  , di rino  i  miei sogni d'anarechia  

29.6.13

Rino Gaetano ucciso dalla massoneria deviata ? intervista a Bruno Mautone autore di " Rino Gaetano la tragica scomparsa di un eroe "


potrebbe interessare   anteprima  (  introduzione  e primo capitolo del  libro  ) 

E'uscito in questi giorni   "  Rino Gaetano, assassinio di un cantautore la Tragica Scomparsa Di Un Eroe" un libro  sulla  morte  di   Rino Gaetano . Esso  sarà   in data 13 luglio 2013 alle ore 19'30  presentato   presso Il Municipio Del Comune Di Agropoli .  Un  libro  che  analizzato  i testi   specialmente  quelli più sarcastici    e più ironici   di Rino  ipotizzando     che la  sua morte   sia un  omicidio  da  parte della massoneria  . Infatti in concomitanza con l'uscita del libro sara' presentato un esposto alla Procura Della Repubblica per l'apertura di un fascicolo correlato alla morte del Cantautore dall'avvocato Bruno Mautone  con  allegato il  libro




 E’ lo stesso autore  su http://www.blogtaormina.it/  in particolare qui a spiegare brevemente le
ragioni di questa teoria, secondo la quale il suo assassinio venne organizzato da una loggia massonica deviata.
«Quella notte» ha spiegato Mautone «Rino Gaetano aveva un appuntamento con la morte. Il cantautore è stato ucciso».Il cantautore avrebbe pagato con la perdita della propria vita l’esser venuto a conoscenza di diversi misteri della cronaca di quell’epoca: dal caso Sindona allo scandalo Lockeed alla morte di Enrico Mattei e sarebbe stato assassinato in quanto possibile “testimone scomodo” che avrebbe potuto rivelare da un momento all’altro, segreti che dovevano rimanere nascosti.Alla base della teoria ci sarebbero alcune strane coincidenze collegate all’incidente: «Ben cinque ospedali romani interpretarono non sufficientemente la gravità delle ferite riportate da Gaetano. – ha denunciato ancora Mautone – nonostante un gravissimo trauma cranico, il cantautore è stato praticamente lasciato morire. Tutto questo proprio il 2 giugno, festa della Repubblica. Un caso? Provate a leggere attentamente i testi delle canzoni di Rino Gaetano, e capirete che la sua morte, alla fine, non è stata una tragica fatalità».   
Ora  è  vero  che Rino  con la  sua ironia  aveva  anticipato  molte  cose  degli anni  avvenire   fra  cui   anche se  circostanze  in cui sarebbe morto  vedere la canzone qui  sotto 

 

Il  mio giudizio parziale  , da lettura   del  primo capitolo  e   dell'introduzione    che  trovate   qui  e  nell'url in cima  al post   corrisponde   più o meno a  questa affermazione  di  

  
Eugenio Fatone Alessandra Lorenzini  29 giugno 2013 07:06

Volendo porre un appunto' di cio' che è ed è stato Rino ...si puo' definire uno dei piu' celebri cantautori; dotato di particolare presenza scenica (basta riguardare l'interpretazione di Gianna) e di una buona dose di ironia. Musicalmente l'attivita' svolta in un arco temporale breve ma intenso, ha suscitato polemiche , diffidenze e ...dubbi tanto da essere definito UN ARTISTA SCOMODO sotto alcuni punti di vista. Certo che la sua produzione discografica, la sua attivita' concertistica, i suoi interessi durante il periodo storico il quale egli inizio' la sua carriere canora possono apparire come una PROTESTA attraverso l'espressione musicale ispirata da quella che è l'Italia diventando ben presto un icona. La sua figura nell'immaginario collettivo, ben presto si distacca dal Solito Cantautore. La Sua Tragica Scomparsa avvenuta in circostanze mai completamente chiarite, sembra essere stata volutamente oscurata nel corso degli anni. Oggi a distanza di 32 anni si è ulteriormente intensificato un fenomeno gia' largamente in auge quando egli era ancora in vita, poichè il cantautore è diventato un vero e proprio oggetto di culto e venerazione per molti che oggi lo riscoprono. L'autore Bruno Mautone partendo dai numerosi testi e senza censure ,distinguendosi da biografie varie Consacra il Mito di Rino e pone interrogativi per cui pare Rino gia' aveva dato delle risposte ma  da  li  a  dire 

Ora   se  ci si  basa   solo (  cosi mi sembra  dalla lettura  del primo capitolo e dall'introduzione   al libro che  trovate  nei  link   riportati   ) con i testi  delle  canzoni  e nessun documento tipo :   testimonianze  in merito   a simpatie  o   iscrizione    di Rino alla massoneria o  altri riguardanti  la notte  dell'incidente  (  verbale dei carabinieri , autopsia , referti medici  , fogli   degli ospedali  , testimonianze dei barellieri  ,  autisti delle  ambulanze , ecc  )  potrebbe  essere   solo una trovata  promozionale  per  il libro  . Comunque  appassionato sia  di noir  , complotti e  misteri ,   oltre   che  
Rino e  cantautori  degli anni  60\70  ( ma non solo ) ho deciso  di vederci  chiaro  ed  intervistare l'autore  del libro  foto a destra  )     e  da tale  intervista   credo   (  € permettendo  )    che lo comprerò.

 1)  oltre all'analisi dei testi delle canzoni ci sono altri elementi ( testimonianze , referti medici , ecc ) che fanno supporre che Rino sia stato ucciso ?
altre coincidenze sulla morte di Rino oltre quelle citate nelle interviste da te rilasciate ? 
Ci sono diversi elementi ulteriori e diversi, che si ricavano dalle modalità del sinistro, dalla stessa data del sinistro, e da tutte una serie di anomalie che riguardano l'ultima notte di Rino Gaetano e tutta una serie di incongruenze che sono legate al sinistro stradale, alle richieste di soccorso, al prelievo e trasporto in ospedale, alle cure somministrate.
ho contattato amici stretti del cantautore e condividono talune mie impostazioni. non sono più aprioristicamente, tali amici, contrari alla idea che Rino venne ucciso.

2)  che tipo d'anomalie e di incongruenze ?
 sugli orari, sulla congruenza, sulla funzionalità. Rino Gaetano era un generoso, aderisce alla massoneria per la sua innata e curiosa intelligenza, del resto ambienti legati alla loggia lo"iniziano" capendone la genialità autentica che pervade la sua persona e la sua arte. Rino Gaetano progressivamente si rende conto di essere capitato in un consesso riservato, potentissimo, nel quale si custodiscono e celano inquietanti risvolti di tanti fatti drammatici e\o scandalosi della recente storia italiana. La sua onestà intellettuale lo porta ad allontanarsi e a rivelare tra le righe fatti e notizie appresi in via riservata. sa di correre dei rischi, per il distacco e per la sottile opera di"svelare" fatti destinati a rimanere nell'oblio 

3) Come mai è poco nota l'adesione di Rino alla massoneria ? censura ( o pressioni da parte della famiglia verso i media ) o tabù ?


Rino Gaetano era un generoso, aderisce alla massoneria per la sua innata e curiosa intelligenza, del resto ambienti legati alla loggia lo"iniziano" capendone la genialità autentica che pervade la sua persona e la sua arte. Rino Gaetano progressivamente si rende conto di essere capitato in un consesso riservato, potentissimo, nel quale si custodiscono e celano inquietanti risvolti di tanti fatti drammatici e\o scandalosi della recente storia italiana. La sua onestà intellettuale lo porta ad allontanarsi e a rivelare tra le righe fatti e notizie appresi in via riservata. sa di correre dei rischi, per il distacco e per la   sottile operdi"svelare" fatti destinati a rimanere nell'oblio .nelle sue canzoni in più occasioni parla di vincoli e mancanza di libertà in altre addirittura preannuncia la morte, sa che aver compiuto una sorta di ripudio o comunque di distacco dal consesso esoterico in cui si è ritrovato è pericoloso.chiaramente le persone e gli amici cari ove mai venivano coinvolti o semplicemente resi edotti correvano rischi gravi e la generosità di Rino li esclude da tali potenziali pericoli.

 4)) hai trovato qualche testimonianza o "documento" che attesta l'iscrizione di Rino alla massoneria o è una semplice deduzione dai testi delle canzoni ?
documento sulla iscrizione non c'è. Fermo restando che la consorteria riservata in cui si è ritrovato Rino, aveva sede a Roma, era caratterizzata dalla presenza di uomini di spettacolo, politici ed esponenti legati ai servizi c.d. segreti. in tale ambito e solo in tale ambito piò aver appreso notizie "riservare" se non segrete che poi ha il coraggio di svelare. Non si può escludere che le pesone care (la sorella Anna) giustamente non dicano nulla per preservare serenità dei familiari (figli) sappiano qualcosa. Ti ripeto parlando con persone vicine all'artista si confermano circostanze che avvalorano quanto da me sostenuto moltissimi elementi nelle canzoni non una singola canzone, praticamente quasi tutte di Rino conducono alla massoneria
5) ) in che modo , se c'è stata , hanno influenzato sulla tua scelta di scrivere il libro e quindi sul'esposto alla magistratura , le teorie visto che sono anni che se ne parla , della uccisione di rino da parte della massoneria ?se ne parla da anni, ma l'assoluta novità del libro è quella di mettere in evidenza parola chiave di tante canzoni di Rino Gaetano e che portano ad illustrare e svelare la reale dinamica dei fatti più bui e brutti della storia contemporanea italia. tornando al discorso del consesso esoterico cui è approdato Rino una circostanza emerge in modo lampante, è una conserteria di ispirazione rosacrociana, poichè l'artista in maniera quasi maniacale ha modo di nominare il fiore coi petali in più occasioni e ijn più canzoni. secondo Paolo Franceschetti la loggia assassina di Rino Gaetano è l'ordine della rosa rossa e della croce d'oro.tuttavia nel mio libro per la prima volta si esaminano i testi delle canzoni di Rino (praticamente tutte le canzoni degli album) ed emerge l'incredibile coraggio di Rino Gaetano. Non canzoni demenziali e giochi di parole fini a se stessi, tra le righe fa riferimenti ai richiamati fatti della storia italiana, rilevandone aspetti destinati a rimanere segreti, allarmando moltissimo centri di potere.

6-7) se dovessero accettare il tuo esposto oltre le interpretazioni dei testi ha qualche asso nella manica se ti chiamassero a dibattimento o a un processo ? 

 vista l'importanza dell'argomento hai pensato di proporre questo tuo lavoro alle grandi case editrici ? oppure lo hai fatto e ti è successo come il libro il tonto di Aldo ricci che ha dovuto aspettare anni per trovare una casa editrice che non subisse le pressioni della lpobby di lotta continua ed una volta fallita ( secondo me da una chiaccherata con l' autore fatta fallire dai lobbysti in questione ) si è dovuto riacquistare i diritti sulle copie ancora disponibili e se li sta rivendendo ( ora non so se le ha finite tutte perchè sono d''anni che non lo sento ) 
inoltre, ribadisco, infarcisce le sue canzoni con fatti,, accadimenti e persone riconducibili al mondo massonico. questo indugiare su fatti e\o personaggi del mondo massonico è un altro modo per sottolineare la sua appartenenza al mondo stesso. Più avanti si va con gli anni, più le espressioni di ripulsa e di distacco diventano marcate nella opera artistica del cantautore di Crotone.oltretutto tali riferimenti e richiami vengono fatti in modo improvviso quanto geniale, quasi fuori contesto nelle singole composizioni gaetane  ciò dimostra la deliberata intenzione dell'artista di portare l'attenzione dell'ascoltatore al mondo di un consesso esoterico.la magistratura nonostante cinque ospedali, ripeto cinque ospedali, non abbiano curato in modo efficace e idoneo il cantautore , non risulta non aver mai preso alcun provvedimento se non addirittura avere preso una Nunziatina giudiziaria sull'accadimento. deve recuperare tutti gli incartamenti possibili, ove esistenti ed interrogare le persone che a vario titolo furono coinvolte. Ciò necessariamente deve presupporre una nuova inchiesta, ed appurare se in tali fatti vi sia stato del dolo, in questo caso il delitto non è prescritto. perché il san Giovanni, il San Camillo, il San Filippo Neri, il nosocomio della Garbatella non ritennero di fornire le giuste cure al degente, anzi le rifiutarono??? perché venne portato ad un ospedale (policlinico) ove il centro di traumatologia non funzionava?? gli orari e la identità di chi chiamò i soccorsi  ogni eventuale verifica sui mezzi. se ciò non venne fatto è una ulteriore circostanza per ...salvare il salvabile cioè recuperare ogni elemento utile, a distanza di tanti anni per fare chiarezza.Si ho pensato di proporre il libro a grandi case editrici ma rispondono che vogliono un "riassunto" e che poi si riservano di rispondere. E' assurdo il modo di fare delle c.d. case editrici grandi ove, peraltro, il ruolo di fratelli massoni è potentissimo. nonostante ciò Giuseppe il mio libro, nonostante non uscito ancora, ha avuto un riscontro grandissimo, con oltre 200 articoli dedicati, e con giornalisti , anche di testate importanti che mi contattano in via sistematica.il clamore che il libro sta avendo mi ha sorpreso e però mi fa piacere. se i riscontri tangibili vi saranno sarà pure una ideale vendetta nei confronti delle paludate grandi case editrici.

8)  d'appassionato di Rino che ne pensi delle dichiarazioni di Antonello Venditti riguardo alla sua dipendenza di Rino dalla cocaina ? pubblicità ( anche male basta che si parli di me ) o verità ?

Le affermazioni di Antonello Venditti sono state ingigantite. in fondo Venditti poi ha precisato che nel mondo della canzone, e dell'arte in genere, circola molto alcol e molta droga, non che Rino Gaetano fosse un alcolizzato o un drogato. infatti la querela di Anna Gaetano , sorella di Rino, non sortì effetto poichè le frasi di Venditti erano state fraintese e ingigantite in sede di cronaca e commento.
  
  Non so  più che altro chiederli  .  E per  evitare  che  di togliere  a chi mi legge  la  voglia di comprarsi il libro  , indipendentemente  che sia  fans  o meno  di Rino Gaetano  , mi fermo qui  

23.6.13

Un brigadiere sardo: «Moro, la verità» Caso riaperto. Il racconto: «Stavamo per liberarlo, una telefonata ci fermò e poi lo uccisero»


  Questo articoli    che costituiscono il post  d'oggi  .  tratti  dalla  nuova  sardegna  del  23\6\2013 , costituiscono una sorta di  mia  rivincita     verso chi mi dice  : <<  sei complottista .,  leggi  troppi siti   , letteratura  e fumetti  noir  \  gialli .,  lavori troppo di fantasia  , vedi misteri  ovunque , oppure   mi dicono  sei un  po'  matto , ecc  o mi fanno  delle parodie  come  questa la  lunga notte dell'ispettore scaneau  >>
Ma  io me ne  frego  perchè  il matto : 

(...) 

Di cause perse
E di buoni motivi
Il matto arriva con le pezze al culo
E se ti vede ti tende la mano
Il matto parla con lo sguardo perso
Sogna forte
E vede lontano
Il matto parla e grida e scherza
E ti guarda, poi ride di gusto



Ma  ora   bado alle  ciancie   ed  eccovi   gli articoli in questione  buona lettura  



Finanziere sardo: una telefonata fermò il blitz per liberare Moro
La palazzina di via Montalcini era controllata dai servizi segreti dalla metà di aprile del 1978
Le teste di cuoio dovevano entrare in azione l’8 maggio, 24 ore dopo le Br uccisero il presidente dc


di Piero Mannironi
 ROMA



Le clamorose rivelazioni di un ex finanziere sardo e di un gladiatore che faceva l’istruttore a Poglina
riaprono il “caso Moro”. I due hanno raccontato  che la prigione del presidente della Dc in via  Montalcini era stata identificata e messasotto  controllo. Ma l’8 maggio 1978 il blitz per liberare Moro fu bloccato da una telefonata arrivata dal Viminale. Il giorno dopo le Brigate Rosse assassinarono
lo statista dc. L’ex magistrato Ferdinando Imposimato, che aveva istruito le inchieste sul rapimento
Moro e che ha raccolto queste testimonianze,ha presentato un esposto alla procura della Repubblica di Roma che ha riaperto il caso.
Le sentenze non scrivono la storia e tanto meno le storie possono chiudersi con una sentenza. Perché ci sono verità che restano nascoste in fondo a bui abissi, protette dalla paura di chi sa e dal cinismo di poteri che non vogliono farle emergere. Così è per il sequestro e la morte del presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro, avvenuta il 9 maggio del 1978. Vicenda scritta dalla ferocia delle Brigate Rosse, ma forse anche da oscuri burattinai che sono rimasti finora nell'ombra. Dunque, una storia che ancora nasconde nelle sue pieghe torbide presenze e regie occulte che inchieste e processi non sono riusciti a svelare. Ma il tempo corrompe le complicità, modifica gli scenari e affranca le coscienze.Così,dopo 35 anni, è possibile che la storia della morte di Moro possa essere riscritta, liberata dalle catene del silenzio e dei depistaggi.Nei giorni scorsi la procura della Repubblica di Roma ha infatti riaperto il caso, in seguito alla presentazione di una denuncia che propone una sconvolgente ipotesi: la prigione di Moro, in via Montalcini 8  ( foto sottoa  destra  )  ,  a Roma, era stata individuata dai servizi segreti e da Gladio e controllata per settimane.
 Non solo: l'8 maggio del 1978 lo statista Dc che sognava di cambiare la politica italiana doveva essere liberato con un blitz delle teste di cuoio dei carabinieri e della polizia, ma una telefonata dal Viminale bloccò tutto.La Renault rossa. E il giorno dopo Moro fu ucciso. Il suo cadavere fu fatto ritrovare nel portabagagli di una Renault rossa in via Caetani. In quel momento la storia italiana deragliò da un percorso progettato da Moro e dal suo amico-nemico Berlinguer,tornando nello schema ortodosso della politica dei blocchi e incamminandosi poi verso un tragico declino morale. Per la procura romana impossibile sottovalutare quell' esposto. Perché a redigerlo e depositarlo è stato Ferdinando Imposimato, oggi avvocato,ma soprattutto presidente onorario aggiunto della suprema corte di Cassazione e in passato magistrato che ha seguito alcune
tra le più complesse e importanti inchieste della storia del Paese. Come quelle sul sequestro-omicidio di Aldo Moro.
A fornire a Imposimato la chiave che ha consentito di aprire questa nuova porta sul caso Moro è stato un sardo,Giovanni Ladu che ha oggi 54 anni.Un brigadiere della guardia di finanza in servizio a Novara che, nel 1978, era militare di leva nel corpo dei bersaglieri e fu testimone della decisione che condannò a morte Moro. Imposimato conobbe Ladu nell'ottobre del 2008. Si presentò nel suo studio all'Eur insieme a due colleghi, autorizzato  dal suo comandante. Aveva scritto un breve memoriale nel
quale sosteneva di essere stato,con altri militari a Roma, in via Montalcini per sorvegliare l'appartamento-prigione in cui era tenuto il presidente della Democrazia cristiana. Un appostamento cominciato il 24 aprile 1978 e conclusosi l'8 maggio, alla vigilia dell'omicidio di Moro.
Perché Ladu aveva atteso ben 30 anni prima di parlare? «Avevo avuto la consegna del silenzio e il vincolo al segreto - disse -, ma soprattutto avevo paura per la mia incolumità e per quella di mia moglie. La decisione di parlare mi costa molto,ma oggi spero che anche altri,tra quelli che parteciparono con me all'operazione trovino il coraggio di parlare per ricostruire la verità sul caso Moro ».


Nome in codice: Archimede. Ladu raccontò così che il 20 aprile del 1978 era partito dalla Sardegna
per il servizio militare.Destinazione: 231° battaglione bersaglieri Valbella di Avellino. Dopo tre giorni, lui e altri 39 militari di leva, furono fatti salire su un autobus, trasportati a Roma e alloggiati nella caserma dei carabinieri sulla via Aurelia,vicino all'Hotel Ergife. Furono divisi in quattro squadre e istruiti sulla loro missione:sorveglianza e controllo di uno stabile. A tutti i militari fu attribuito uno pseudonimo: Ladu diventò “Archimede”. Lui e la sua squadra presero possesso di un appartamento in via Montalcini che si trovava a poche  decine di metri dalla casa dove, dissero gli ufficiali che coordinavano l'operazione,«era tenuto prigioniero un uomo politico che era stato rapito ». Il nome di Moro non venne fatto, ma tutti capirono. Il racconto di Ladu era ricco di dettagli: controllo visivo 24 ore su 24, microtelecamere nascoste nei lampioni, controllo della spazzatura nei cassonetti.
Per mimetizzarsi indossavano tute dell'Enel o del servizio di nettezza urbana. Così controllarono gli spostamenti di "Baffo" (poi riconosciuto come Mario Moretti) che entrava e usciva sempre con una valigetta o  della "Miss" (Barbara Balzerani). Un giorno Ladu fu inviato con un commilitone a verificare l'impianto delle telecamere all'interno della palazzina dove era detenuto Moro. Era vestito
da operaio. Invece di premere l'interruttore della luce, il brigadiere sardo suonò il campanello. Aprì la "Miss" e Ladu improvvisò con prontezza di spirito, chiedendo se era possibile avere dell'acqua.
Il piano di evacuazione. Il racconto era agghiacciante nella sua precisione. Nell'appartamento sopra la prigione di Moro,poi, erano stati piazzati dei microfoni che captavano le conversazioni. La cosa che stupì Ladu era che il personale addetto alle intercettazioni parlava inglese. «Scoprimmo in seguito
- ricordò - che si trattava di agenti segreti di altre nazioni, anchese erano i nostri 007 a sovrintendere a tutte le operazioni ». Altri particolari: era stato predisposto un piano di evacuazione molto discreto per gli abitanti della palazzina ed era stata montana una grande tenda in un canalone vicino, dove era stata approntata un'infermeria nel caso ci fossero stati dei feriti nel blitz delle teste di cuoio.
«L'8 maggio tutto era pronto - disse ancora Ladu - , ma accadde l'impensabile. Quello stesso giorno, alla vigilia dell'irruzione,ci comunicarono che dovevamo preparare i nostri bagagli perché abbandonavamo la missione. Andammo via tutti, compresi i corpi speciali pronti per il blitz e gli agenti segreti.
Rimanemmo tutti interdetti perché non capivamo il motivo di questo abbandono.La nostra impressione fu che Moro doveva morire».
Nella caserma dei carabinieri sull'Aurelia Ladu raccontò di aver sentito dire da alcuni militari dei corpi speciali che tutto era stato bloccato da una telefonata arrivata dal ministero dell'Interno. Mentre smobilitavano,un capitano intimò al brigadiere sardo: «Dimenticati di tutto quello che hai fatto in questi ultimi 15 giorni».
“Brillantina Linetti”. Successivamente, seguendo una trasmissione in tv, Ladu riconobbe uno degli ufficiali che coordinavano l'operazione: era il generale Gianadelio Maletti (ex capo del controspionaggio del Sid ) che i militari avevano soprannominato, per la sua pettinatura, "Brillantina Linetti".Imposimato rimase inizialmenteolto perplesso e diffidente.Il racconto di Ladu sconvolgeva
tutte le esperienze investigative precedenti, ne annullava tutte le certezze e, soprattutto,poneva un problema terribile: bloccando il blitz,qualcuno aveva decretato la morte di Aldo Moro. Per quattro
anni, così, quel racconto rimase sospeso, in attesa di conferme e riscontri. Fino a quando non comparve il gladiatore Oscar Puddu. Con lui il quadro di quei giorni drammatici del 1978 sembrò completarsi e trovare una nuova credibilità. Nel mentre, Imposimato aveva conosciuto i gladiatori sardi Arconte e Cancedda e sentito i loro sconvolgenti racconti sul caso Moro. Confermavano che nel mondo dei servizi segreti si sapeva dell’imminente sequestro di Moro.
Giovanni Ladu, poi, non aveva e non ha alcun interesse a risvegliare i fantasmi che popolano uno dei fatti più oscuri della vita della Repubblica. Lui, soldato di leva in quel 1978, venne proiettato in un
universo sconosciuto del quale sapeva poco o nulla. La scelta del Sismi di utilizzare questo manipolo di ragazzi era originata dal fatto che, vista l’età, erano meno visibili, meno sospettabili da parte dei terroristi. Ladu, dopo aver parlato con Imposimato, fu poi interrogato il 9 settembre 2010 dal pm romano Pietro Saviotti.Lo stop a Dalla Chiesa. Resta da capire, a questo punto, chi fece quella telefonata che condannò a morte Aldo Moro. Chi poteva ordinare al generale Musumeci,coordinatore dell’operazione Moro, di fermare tutto?L’unica risposta possibile è:Cossiga e Andreotti. Uno ministro
dell’Interno e l’altro presidente del Consiglio. D’altra parte, la fatidica telefonata arrivò dal Viminale. Poi, sempre secondo quanto ha raccontato il gladiatore Oscar Puddu, il generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa insisteva per il blitz, ma fu bloccato da Andreotti e da Cossiga. Lo convocarono
a Forte Braschi, la sede del Sismi, e lo redarguirono duramente.


  e sempre  dallo stesso  giornale parlano  : il  giudice  imposimato  ,  e   due  gladiatori  (   Oscar Puddu era istruttore di elettronica nella base di Gladio a Poglina Lavorò nella centrale di intercettazione e allestita sopra l’appartamento-prigione   e   l’agente Antonino Arconte noto  G-71  ) 

 Ferdinando Imposimato: «Quei sardi
così leali con le istituzioni vanno premiati» 
Il vecchio vizio non lo ha mai abbandonato. Lui, Fernando Imposimato (nella foto),oggi avvocato penalista, non ha mai tradito la sua vera natura di investigatore acuto e di talento. Come magistrato ha cercato di penetrare in alcuni dei più oscuri misteri italiani: dall'attentato al Papa Giovanni Paolo II al sequestro-omicidio Moro. Della morte dello statista democristiano pensava di sapere tutto quello che era possibile sapere, dopo aver scandagliato i meandri del terrorismo e studiato lo scenario internazionale dove erano tanti i nemici di Aldo Moro. Come il potentissimo Henry Kissinger, ma anche il Kgb sovietico che gli aveva messo alle costole il capitano Feodor Sergey Sokolov. Imposimato, nel suo straordinario libro "I 55 giorni che hanno cambiato l'Italia", ricorda così la terribile confessione del braccio destro di Kissinger, Steve Pieczenik, che faceva parte del comitato di crisi parallelo, organizzato dall'allora ministro dell'Interno Francesco Cossiga: «Sono stato io, lo confesso, a preparare la manipolazione strategica che ha portato alla morte di Aldo Moro. Allo scopo dì stabilizzare la situazione italiana. Le Brigate rosse avrebbero potuto rilasciare Aldo Moro e così avrebbero senza dubbio conquistato un grande successo, aumentando la loro legittimità. Al contrario, io sono riuscito con la mia strategia, a creare una un'anime repulsione contro questo gruppo di terroristi e allo stesso tempo un rifiuto verso i comunisti. Il prezzo da pagare è stata la vita di Moro.». Imposimato ha così condotto una nuova inchiesta e le conclusioni sono diventate lo scheletro dell'esposto che ha presentato alla procura della Repubblica di Roma. Giovanni Ladu, Oscar Puddu, Nino Arconte, Pier Francesco Cancedda. Tutti sardi. Hanno avuto un ruolo fondamentale nella riapertura del caso. Di loro Imposimato dice: «Questi sardi, così leali alle istituzioni, mi hanno riconciliato con la speranza. Hanno affrontato rischi gravissimi per onorare la loro fedeltà allo Stato. Proporrò che venga concesso loro il premio Emanuela Loi».

 Oscar Puddu era istruttore di elettronica nella base di Gladio a Poglina
Lavorò nella centrale di intercettazione allestita sopra l’appartamento-prigione 
Microfoni e microcamere
per spiare i terroristi
ROMA La svolta arrivò alle 15,35 del 13 settembre 2012 con una e-mail firmata con il nome fittizio Oscar Puddu. Il misterioso personaggio aveva appena letto il libro-inchiesta di Imposimato "Doveva morire" e proponeva all'ex magistrato notizie sul caso Moro, che aveva appreso per esperienza diretta. Questo l'identikit che Puddu fece di se: ufficiale dell'Esercito, nato a Gorizia, istruttore per quattro anni nella base segreta di Gladio a Poglina, vicino ad Alghero. Esperto di elettronica. Imposimato mostrò inizialmente una grande diffidenza verso questo personaggio senza volto che, «per motivi di sicurezza», preferiva restare nascosto dietro uno pseudonimo. Poi, sentendo il suo racconto che coincideva in modo incredibile con quello fattogli 4 anni prima dal brigadiere Giovanni Ladu, sospettò perfino che si trattasse della stessa persona. Ecco, in estrema sintesi, cosa disse Puddu. Quattro giorni dopo l'agguato di via Fani fu spostato da Poglina a Roma, prima nella caserma di forte Boccea, poi a Forte Braschi, sede del servizio segreto militare. Il suo corpo di appartenenza era il Sismi, ma faceva parte anche della struttura supersegreta Gladio. Per le sue conoscenze di elettronica, Puddu veniva chiamato in codice "Sapienza". Il racconto di Ladu veniva drammaticamente confermato in ogni dettaglio. Il covo delle Br in via Montalcini era circondato e controllato. A capo delle operazioni c'erano il direttore del Sismi Giuseppe Santovito, il suo braccio destro Pietro Musumeci e il generale Gianadelio Maletti. Nell'appartamento sopra la prigione di Moro le apparecchiature elettroniche di intercettazione e le microcamere erano gestite da uomini delle Sas inglesi e del Bnd tedesco, ma anche gli uomini di Gladio si alternavano all'ascolto. Il giorno prima del blitz programmato, che doveva essere attuato da otto uomini del Gis dei carabinieri, arrivò l'ordine di smobilitazione. «Sconcerto» è la parola che il gladiatore usò per definire lo stato d'animo degli 007 italiani e stranieri coinvolti nell'operazione. Alla domanda di Imposimato su chi fosse andato nella sede del Sismi a Forte Braschi durante il periodo di controllo in via Montalcini, il gladiatore Puddu rispose: Andreotti e Zaccagnini. Cossiga no, ma, aggiunse, che era sempre presente un uomo di fiducia dell'ex presidente della Repubblica, nome in codice “Aquila”. Si tratterebbe del sottosegretario all’Interno Nicola Lettieri. I pezzi del mosaico andavano così tutti al loro posto. I racconti di Ladu e di Puddu si completavano a vicenda. Ma, incredibilmente, c'erano anche altre tessere prima non capite che trovavano finalmente un posto e una congruenza. Come l'incontro tra Imposimato e un ex carabiniere, tale Alfonso Ferrara, che il 3 settembre 2009 lo avvicinò durante la presentazione di un libro. Ferrara raccontò che nel maggio 1978 era giunto da Milano a Roma con altri commilitoni per liberare il presidente della Dc. «Arrivammo quasi nell'androne delle scale dove era la prigione di Moro - disse - quando ricevemmo l'ordine di tornare indietro. Moro era ancora vivo. Il giorno dopo l'hanno ucciso». Ferrara faceva parte dei reparti speciali creati dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Che quindi sapeva tutto, visto che i suoi uomini erano coinvolti nel blitz in via Montalcini. Imposimato riferisce poi una quarta storia, parallela a quelle di Ladu, Puddu e Ferrara, secondo la quale dell'operazione facevano parte anche i Nocs della polizia. L'apprese dal giornalista Pino Nicotri che gli parlò del racconto fattogli nell'agosto 1993 da un docente gesuita. Un suo allievo si era arruolato in polizia e poi era entrato nelle teste di cuoio dei Nocs. Al suo ex professore e padre spirituale aveva raccontato che erano arrivati alla casa vicina a quella dove stava Moro. Erano ad appena 20 metri quando ricevettero l'ordine di fermarsi. Il poliziotto era rimasto tanto schifato che si era dimesso dalla polizia. In conclusione, il mosaico ricomposto da Imposimato pone interrogativi inquietanti e rilancia la tesi del complotto. E cioè che Moro poteva essere salvato. Anzi, stava per essere liberato, ma qualcuno decise di fermare tutto, condannando a morte il presidente della Dc. Il lavoro della procura di Roma riprende da qui. (p.m.)


Ordine al colonnello Giovannone: chiedere ai palestinesi di far pressione sulle Br 
Il viaggio a Beirut dell’agente G-71
SASSARI In alcuni ambienti dei servizi segreti si sapeva che il presidente della Dc Aldo Moro sarebbe stato sequestrato dalle Brigate rosse. Sicuramente la notizia era arrivata alla struttura super segreta Gladio, che si attivò subito per affrontare e gestire la crisi. La prova è nel racconto del super agente
Antonino Arconte, oggi 59enne, sardo di Cabras, nome in codice G-71  (  foto  a  sinistra  )  . «Partii dal porto della Spezia il 6 marzo 1978, a bordo del mercantile Jumbo Emme. Sulla carta era una missione molto semplice: avrei dovuto ricevere da un nostro uomo a Beirut dei passaporti che avrei poi dovuto consegnare ad Alessandria d'Egitto. Dovevo poi aiutare alcune persone a fuggire dal Libano in fiamme, nascondendole a bordo della nave. Ma c'era un livello più delicato e più segreto in quella missione. Dovevo infatti consegnare un plico a un nostro uomo a Beirut. In quella busta c'era l'ordine di contattare i terroristi palestinesi per aprire un canale con le Br, con l'obiettivo di favorire la liberazione di Aldo Moro». E qui, ecco il mistero: il documento è del 2 marzo '78 e viene consegnato a Beirut il 13. Moro verrà rapito dalle Br il 16. Cioè, nel mondo sotterraneo degli 007 qualcuno si mosse per liberare il presidente della Dc, prima del rapimento. Quindi, si sapeva che Moro sarebbe stato sequestrato. Arconte non conosce i retroscena. «Per me è un mistero. Io dovevo solo effettuare la consegna. D'altra parte, il mio lavoro era quello di fare da istruttore militare. Addestravo "ribelli" e profughi in zone calde. Soprattutto in Africa». Arconte consegnò a Beirut il 13 marzo 1978 il documento “a distruzione immediata” al gladiatore G-219. Il destinatario finale del plico era il gladiatore G-216. Il primo era il colonnello Mario Ferraro, passato poi al Sismi, che venne trovato impiccato a un portasciugamani nella sua abitazione romana, nel 1995. Una morte molto strana, archiviata come suicidio, ma che non ha mai convinto i familiari dello 007. G-216, invece, è il colonnello Stefano Giovannone, capocentro dei servizi segreti militari italiani in Medio Oriente. Giovannone, conosciuto tra le "barbe finte" come “Stefano D'Arabia” o come “Il Maestro”, era, guarda caso, un uomo fidatissimo di Aldo Moro, del quale condivideva la linea filopalestinese. E dalla prigione delle Br Moro chiese l'aiuto di Giovannone. Scrivendo a Flaminio Piccoli (allora presidente dei deputati Dc), infatti, aveva chiesto di far «intervenire il colonnello Giovannone, che Cossiga stima». Prima di morire, nel 1995, Ferraro affidò ad Arconte il messaggio originale che G-71 gli aveva consegnato a Beirut. Aveva evidentemente paura di essere ucciso. Un messaggio che prova inequivocabilmente che negli apparati dello Stato c’era chi sapeva che si stava preparando il sequestro di Moro. Agghiacciante il fatto che il presidente della Dc non venne avvertito e protetto. Partì allora una velenosa campagna di delegittimazione contro Arconte, naufragata però tra sentenze e perizie che gli hanno dato ragione. Perfino Cossiga e Andreotti provarono a minarne la credibilità. Inutilmente. C’è infine un altro gladiatore sardo nel “caso Moro”. È Piero Francesco Cancedda, nome in codice “Franz . Era infiltrato in Cecoslovacchia. Fu lui a far uscire dalla cortina di ferro la notizia del covo Br in via Gradoli. Notizia che il capitano Labruna passò alla polizia e alla moglie di Moro. Ma qualcuno non volle capire l’informazione. (p.m.) 

14.4.12

perchè si chiama passato se non passa ? Piazza della Loggia, nessun colpevole assolti in quattro al processo d'appello

ecco  uno dei motivi  per  cui sono libertario  e  ribelle e non credo  nonostante  la mia  giovane  età   nei processi  e nella  giustizia  degli uomini  ma solo in quella  di Dio  . Ed  ecco che mentre  m'accingo , dopo aver letto  (  fonte la   repubblica  online d'oggi  )

Piazza della Loggia, nessun colpevole
assolti in quattro al processo d'appello

in primo grado Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Maurizio Tramonte e il generale dei carabinieri
Francesco Delfino erano stati assolti con formula dubitativa. L'esplosione uccise otto persone
Le parti civili sono state condannate a pagare le spese processuali dopo l'assoluzione di Rauti






 a  scrivere   il post  d'oggi  mi ritorna  in mente  questa  canzone El tiempo pasa - Mercedes Sosa  con annessa   sega elucubrazione mentale  come testimonia   la prima parte del titolo  del post d'oggi è  una mia  perifrasi   ad un aforisma di  F.De Andrè  (   qui maggiori news ) 

 La  vicenda    di cui si parla  si può riassumere  in questo video  




ma  per  chi volesse  saperne di più  o anche se   ma   ha dimenticato  e gettato alle ortiche  o il bambino con  l'acqua sporca   passando  per  opportunismo   da una parte all'altra   cioè dall'opposizione   al potere   o   con i suoi  silenzi  nella  zona grigia  lascio  poichè  non se ne perda traccia  o non finisca  nel settore  a pagamento    questo  articolo dettagliattissimo   di repubblica  online d'oggi   che 

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...