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5.12.21

Un bel tacer non fu mai scritto. le lacrime di coccodrillo dei no vax e no green pass ed il voltagabbana dei giornalisti loro sostenitori

 va bene   cambiare   idea , pentirsi  , ma    <<  C’è un’epidemia di pentimenti. Si pentono i No Vax che dopo avere sputato sul sistema sanitario salvano la pelle grazie al suddetto, invocano il vaccino e si assicurano così un nuovo invito nello stesso talkshow nel quale avevano detto, la settimana prima, che il vaccino è strumento di Satana. >>


 Ora   lo stesso      discorso  fatto       da  Michele serra  nell'amaca  del  5\12\2021    


Un bel tacer non fu mai scritto                                                                                                     C’è un’epidemia di pentimenti. Si pentono i No Vax che dopo avere sputato sul sistema sanitario salvano la pelle grazie al suddetto, invocano il vaccino e si assicurano così un nuovo invito nello stesso talkshow nel quale avevano detto, la settimana prima, che il vaccino è strumento di Satana. Si pentono e si prosternano in scuse le aziende processate sui social per una policy non abbastanza prona ai tempi o per una pubblicità sbagliata (ultimo in ordine d’apparizione il Consorzio parmigiano reggiano), terrorizzate all’idea di essere boicottate e perdere fatturato, che è perfino più grave che perdere la faccia.Si pentono e si scusano autori di opinioni social scritte con le zanne, per trasformarli in agnelli belanti basta un quarto d’ora di traffico ostile online. Si pentono, appena la polizia postale suona al campanello, i killer da tastiera, i linciatori social, meravigliati e contriti, non sapevano, non volevano, non si aspettavano che augurare il cancro, lo stupro, la morte a qualcuno potesse essere un problema.Non che si debba essere fieri dei propri errori, ma insomma, calare le braghe così platealmente non è per niente elegante, e soprattutto non rimedia affatto alla propria boria, e anzi alla boria aggiunge un lecito sospetto di viltà. Il pentimento, nella maggior parte dei casi, sottolinea platealmente la debolezza della propria precedente posizione. Ci sarebbe una terza via, la più dignitosa, per far capire che ci si rende conto di avere sbagliato, e sarebbe il silenzio. Tacere e sparire per un po’. Ritirarsi in quella impagabile comfort zone che è la solitudine. Ma tacere e sparire, nell’Impero del Bla Bla, evidentemente è la più insopportabile delle punizioni.

 Tale  situazione    dovrebbe  vale     anche per certi  giornaloni  di centro  destra     che     prima   erano "negazionisti "    e  no vax  e  no green pass    adesso  si  sono opportunamente    convertiti   come dice      il fatto  quotidiano del  5\12\2021  e  come si  può  notare  ( vedere  foto  sotto  a  sinistra      analizzando i  titoli   delle prima pagine    prima    e  adesso  ) 

 da  l' Fq  del 5\12\2021

Un anno fa, con quasi 25 mila contagi e oltre 800 morti al giorno, erano i giornali della “libertà”, della guerra alla “dittatura sanitaria”, del guai a “toglierci il Natale”. Si permettevano addirittura di mettere in dubbio l’efficacia dei vaccini che sarebbero arrivati di lì a poco. Oggi, un anno e un governo dopo – sarà l’effetto dei “Migliori” contro il “peggiore” Giuseppe Conte – è tutto cambiato: Libero e Il Giornale, improvvisamente, sono diventati i giornali più vaccinisti e rigoristi d’italia. Le chiusure per Natale sono “più che giuste” e, se potessero, i giornalisti dei due quotidiani andrebbero a cercare i no vaxa uno a uno, casa per casa, coi forconi. Filippo Facci, che 12 mesi fa invitava a disobbedire alle chiusure di Conte, oggi dice addirittura che i no vax “vanno arrestati tutti”. Tutto questo crea un cortocircuito nel centrodestra: Alessandro Sallusti, direttore di Libero, se la prende ogni giorno con Matteo Salvini e Giorgia Meloni che, secondo lui, lisciano il pelo ai no vax (“Sono paraculi”), mentre si è aperta una guerra tra Vittorio Feltri e il direttore de La Verità Maurizio Belpietro proprio sulla bontà di Green pass e vaccini (“fai cattivo giornalismo”, “sei pazzo da legare: ti ho assunto io e porta rispetto”). Per non parlare dei leader del centrodestra che adesso non hanno nemmeno più giornali di riferimento sulle misure anti-pandemia in Italia.MA RIAVVOLGIAMO il nastro. Primi di dicembre 2020, nel pieno della seconda ondata. Contagi alle stelle, morti verso quota mille, ospedali di nuovo pieni.Il governo Conte, dopo aver introdotto il meccanismo dell’italia a colori (giallo, arancione, rosso), pensava a nuove restrizioni in vista delle feste natalizie. Le prime pagine di Libero e Il Giornale di quei giorni parlano da sole: “Italiani chiusi, clandestini a spasso. Siamo discriminati” (Libero, 01.12), “Natale senza i tuoi. Festa rubata: il moralismo burocratico” (Il Giornale. 04.12). Poi le restrizioni effettivamente arrivarono con un nuovo Dpcm – zona rossa nei giorni di festa, cenone solo coi parenti stretti – e nelle due redazioni sembrava essere arrivata l’apocalisse: “Difendiamo il Natale da chi vuole cancellarlo” (Il Giornale, 15.12), “Il governo è impazzito, la gente fugge disperata. Nuovi divieti incomprensibili e inutili” (Libero, 19.12), “Il nemico degli italiani (foto di Conte, ndr). Paese in rivolta per i soprusi del premier” (Libero, 20.12). Augusto Minzolini, firma di punta del quotidiano di casa Berlusconi, il 6 dicembre firmava un editoriale dal titolo emblematico: “La guerra di Natale. Conte in guerra contro il Paese”. Svolgimento: “Lo spiegamento è da guerra moderna: 70 mila uomini, droni, controlli a tappeto. C’è da chiedersi se siamo in Italia o in Iraq. (…) Siamo diventati uno Stato di polizia per fronteggiare il Covid-19”. Vittorio Feltri, allora direttore di Libero, spiegava che gli italiani erano “più perseguitati dal governo che dal coronavirus” (19.12). Facci, firma di punta del quotidiano filo-salviniano, il 10 dicembre si ergeva a nuovo Gandhi nostrano e firmava un articolo dichiarando che non avrebbe rispettato i divieti: “Quando disobbedire è un dovere”. E su twitter aggiungeva: “Siete davvero rinscemiti tutti, a tal punto sudditi? Riprendetevi la vostra vita, se ne avete una”. Il 10 dicembre Libero, in prima pagina, metteva in dubbio anche i vaccini: “Il vaccino della discordia. Molti lo vogliono, moltissimi lo rifiutano. Cresce il fronte degli scettici, secondo cui si rischia la sterilità” (10.12).UN ANNO DOPO è tutto cambiato. Ora il governo giallorosa non c’è più e nel frattempo è arrivato Mario Draghi. Chiusure, imposizioni, Green pass e Super green pass adesso profumano di rose. Per Sallusti, diventato direttore di Libero ,i no vax sono “come i terrapiattisti”, per Feltri (spodestato da Sallusti) il Super green pass per il Natale non basta: “Draghi, adesso serve l’obbligo”. E ancora: “Io amo i vaccini, sono meglio dello spritz”. Minzolini, neo direttore del quotidiano di casa Berlusconi, non grida più allo “Stato di polizia”. Anzi: “No vax all’angolo per salvare il Natale” titolava Il Giornale il 23 novembre. Anche Libero, ormai diventato il quotidiano più draghiano di Draghi, non sta più nella pelle. “La destra è sì vax” (15.11). E ancora: “Buon Natale solo ai sì vax” (25.11). Sentite Facci: “I no vax sono socialmente pericolosi, che è uno dei presupposti per l’arresto e, nel caso, per la cura nell’infermeria del carcere. (...) Non sono solo stupidi: sono nocivi. E sono irredimibili: l’obbligo vaccinale dovrebbe accompagnarsi (facoltativa) all’assistenza psichiatrica”. Come passa il tempo.Come passa il tempo Minzo, Sallusti, Feltri&c. ieri strillavano contro la “dittatura”, oggi vogliono arrestare i Novax






6.3.17

La Germania oscura Derrick E l’Italia ride con gli ex Salò La tv pubblica cancella l’ispettore "nazista" Da noi i "repubblichini" hanno fatto storia e cultura



Libro consigliato Il voltagabbana (1963) autobiografico di Davide Lajolo in cui l'autore analizza le ragioni che lo portarono a schierarsi, dopo una giovinezza fascista, dalla parte della Resistenza.




in un regime che ha in mano ogni aspetto delle persone dalla nascita o alla morte è pressoché difficilissimo se non impossibile distinguere chi vi aderì per convinzione o per opportunismo e chi per un peccato di gioventù . Ora qualunque sia il motivo , io non me la sento , salvo che non abbia fatto crimini atroci ( genocidi di massa , violenze brutali , ecc ) , di condannare la scelta tanto da fare come è successo a Horst Tappert noto meglio come l'ispettore Derrik . 












Addio ispettore Derrick. Zdf, la tv pubblica tedesca, ha annunciato che il celebre telefilm poliziesco non farà più parte della loro programmazione. Motivo? A 19 anni Horst Tappert, l’attore protagonista della serie, ha fatto parte delle Waffen-SS, sanguinaria divisione dei soldati di Adolf Hitler. Troppo per la coscienza della Germania. Tappert, fortuna sua, non assisterà al misfatto, essendo morto nel 2008. Ma è da quando la notizia del suo arruolamento fra i soldati nazisti è venuta a galla, nel 2013, che per la sua anima non c’è più stata pace. Ora, una volta premesso che questo tipo di trattamento è riservato all’ispettore gentile ma non al film «Il tamburo di latta», che continuerà ad essere trasmesso dalla Zdf nonostante sia tratto dal bestseller di Günter Grass, premio Nobel della letteratura che fece parte della Wehrmacht, le forze armate tedesche, quello che occorrerebbe domandarsi è quanti nomi in Italia dovrebbero essere cancellati da tv, giornali e librerie se usassimo lo stesso metro di giudizio dei nostri amici tedeschi.


DA FO AD ALBERTAZZI

Nel nostro tollerante Paese, infatti, ci sono attori, scrittori, scienziati, poeti, filosofi e giornalisti che, grazie al cielo, continuano ad avere la visibilità che meritano nonostante siano stati seguaci di Benito Mussolini, seguendolo, a volte, fino alla edificazione della Repubblica di Salò. Prendiamo l’astrofisica Margherita Hack, morta nel 2013. Pochi anni fa ammise di aver giurato fedeltà al regime fascista perché voleva la medaglia vinta in atletica. Poi se ne pentì. «Fu un atto di viltà», disse, ma nessuno le ha mai strappato dal collo quel premio o si è mai sognato di levarle la cattedra universitaria. E che dire di Dario Fo, drammaturgo premio Nobel per la letteratura, che da decenni spadroneggia nei teatri italiani e pontifica sullo scibile umano senza che qualcuno gli rinfacci la sua militanza, come paracadutista, fra i Repubblichini. Lo stesso dicasi della leggenda del teatro Giorgio Albertazzi, tenente nella formazione «Tagliamento» di Salò. Se con l’avvento della Repubblica gli avessimo riservato il «servizio Derrick», la storia italiana avrebbe rinunciato al talento di uno dei suoi miti.


SENZA «SUPERCAZZOLA»

Il regime istaurato da Mussolini dopo il settembre del ’43 nel paesino del bresciano si avvaleva anche delle Brigate nere, un corpo paramilitare fascista in cui militò il grande Ugo Tognazzi. In buona sostanza, abbiamo rischiato di non vedere mai il conte Mascetti utilizzare la sua «supercazzola» col diligente vigile urbano. Allo stesso modo ci saremmo privati di Marcello Mastroianni, anche lui combattente nella Repubblica di Salò. Addio, dunque, alla sua indimenticabile faccia di fronte a una Sofia Loren che si spoglia in «Ieri, oggi, domani», adieu a «Divorzio all’italiana», tanti saluti a «Il bell’Antonio». E che dire di Raimondo Vianello e Walter Chiari, che fecero parte della X-Mas, corpo militare dei Repubblichini? Impossibile immaginare la televisione italiana senza «Casa Vianello» o l’imbranato Tarzan; inimmaginabile il nostro cinema senza il protagonista di «Bellissima», il capolavoro di Luchino Visconti con Anna Magnani, e senza il balbuziente signor Silence in «Falstaff», diretto da Orson Welles. Nella X-Mas, ad appena 17 anni, entrò anche Hugo Pratt, creatore di Corto Maltese, il più noto personaggio del fumetto italiano, forse mondiale. Rinunciarci per il suo passato a Salò? Neanche per sogno!


POETI E FILOSOFI

Di fede fascista fu anche il giornalista e scrittore Giorgio Bocca. In un’epica intervista concessa a Pietrangelo Buttafuoco nel lontano 1999 disse: «Noi il fascismo l’abbiamo rimosso perché ce ne ver-go-gna-va-mo. Ce ne ver-go-gna-va-mo. Io che ho vissuto la “gioventù fascista” tra gli antifascisti, mi vergognavo prima di tutto di fronte al me stesso di dopo, e poi davanti a chi faceva otto anni di prigione, mi vergognavo di fronte a quelli che, diversamente da me, non se l’erano cavata». Fortunatamente, noi italiani del Bocca in camicia nera non ci siamo vergognati. Meglio averlo avuto, per poterlo leggere, che non esserci vantati per averlo consegnato all’oblio cui d’ora in poi sarà destinato Derrick. E ci facciamo da soli l’elogio anche per non aver censurato Dino Buzzati, autore de «Il deserto dei tartari», che pure militò nella Repubblica sociale. Di ferrea fede mussoliniana fu anche il poeta Giuseppe Ungaretti, giunto a definirsi «fascista in eterno», non senza prima aver affermato, fra un documento e un appello a sostegno del regime, che «tutti gli italiani amano e venerano il loro Duce come un fratello maggiore». Eppure delle sue poesie continuiamo, sia gloria a Dio, a goderne liberamente. Così come di quelle del fascista Luigi Pirandello. Il filosofo Norberto Bobbio, che fu anche storico, giurista e politologo, da studente si iscrisse al Guf, l’organismo universitario fascista, e poi si tenne in tasca la tessera del partito. Per poter insegnare si rivolse, «con devota fascista osservanza», ai vertici del regime. Ciò avrebbe forse dovuto indurci a fare delle sue opere un bel falò? Il Signore ce ne scampi. Un Capo dello Stato partigiano, Sandro Pertini, lo nominò persino senatore a vita.


E MONTANELLI?

Il fascismo di Indro Montanelli, uno dei più grandi giornalisti italiani, non è mai stato un segreto. «Sono stato fascista, come tutte le persone della mia generazione – disse - non perdo occasione per ricordarlo, ma neanche di ripetere che non chiedo scusa a nessuno». E fu sempre Montanelli a scrivere che, «quando Mussolini ti guarda, non puoi che essere nudo dinanzi a Lui. Ma anche Lui sta, nudo, dinanzi a noi». Con la L, non a caso, maiuscola. Chi mai, potendo tornare indietro, cancellerebbe i suoi articoli per vendicarsi del suo passato? Decisamente fascista fu anche Eugenio Scalfari, che chiamava Giuseppe Bottai, intellettuale e gerarca del fascismo, «il mio Peppino». Se per caso avessimo voluto punirlo per tanto errato ardire, chi mai avrebbe potuto fondare «La Repubblica»? Infine Enzo Biagi. Come Montanelli collaborò a Primato, un periodico diretto proprio da Bottai, e alla rivista fascista Architrave. Fu Biagi a recensire «Suss l’ebreo», un film molto amato da Heinrich Himmler, l’«architetto» del genocidio degli ebrei, per la sua viscerale propaganda antisemita. Epurare Biagi per i suoi spiacevoli peccati? Meglio che rimanga solo una tenace tentazione 



tentazione.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...