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20.4.22

sul discorso di Damiano dei Maneskin

sono  d'accordo con 
Leggo dei Maneskin e del discorso del leader, preso in prestito da Charlie Chaplin e dalla sua interpretazione cinematografica " Il dittatore ". Forse i Maneskin non sanno che in Amerika Chaplin fu inquisito dalla Commissione per le attività anti-americane, accusato di filo-comunismo. Periodo
storico-politico americano conosciuto come " caccia alle streghe", in particolare con democratico zelo, cacciavano i comunisti. Chaplin scappò in Gran Bretagna, rifugiandosi poi successivamente (1962) in un tranquillo angolo della Svizzera. La condanna decisiva nei suoi confronti era arrivata infatti il 19 settembre del 1952.Il punto é che prima di citare qualcuno, per difendere l'indifendibile, bisognerebbe approfondire la storia di quel qualcuno, in questo specifico caso Chaplin, diversamente si rischia di schierarsi con la "democrazia" sbagliata.

1.9.19

non si possono paragonare i politici d'oggi con quelli odierni ma .... queli d'oggi ti portano a farlo . Nostalgoia di Almirantre , di Berlinquer , di Moro

Questa poesia  contenuto   nell'editoriale  d'oggi di repubblica      

Un ricordo sentimentale 
la ricerca di un'altra esperienza,
Un passato e un futuro,
Parole che t'aiutano
Ad amare il tempo che corre
Verso il.passato che t'aspetta
Con nostalgico incanto
                                            Eugenio Scalfari






















Giuseppe Scano
41 min ·





La fabbrica di supposte
3 h
per non dire di Berlinguer ai suoi "eredi"











Angelo Zarrillo Catapultare politici del passato nel XXI secolo e come paragonare Puskas a Dibala o Di Stefano a Messi


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· 26 min






Giuseppe Scano vero . ma un po' di rimpianto te lo fanno venire 'sti odierni politicanti . si ce n'erano anche allora ,e tu che sei di una generazione precedente alla mia dovresti saperlo meglio di me , ma avevano un po' di dignità e di valori e se vogliamo cultura rispetto a quelli d'oggi




Angelo Zarrillo
Giuseppe Scano Hai perfettamente ragione gente di cultura superiore, uomini che si combattevano strenuamente ma sempre nel rispetto del avversario. Sono stato poco chiaro anche qui hai ragione tu, volevo dire che se fossero nati oggi il loro pensiero sarebbe al quanto diverso.

 continua  qui  https://bit.ly/2MOyYwy

1.4.12

“Qui in Sardegna anche il suicidio è un lusso




Arrivi a Portovesme per l’incontro di ascolto de il Fatto Quotidiano nel Sulcis e lo capisci fin dal primo intervento che aria tira, quando Giuliano Marongiu ci dice: “Voi oggi, giustamente, titolate sull’operaio che si è dato fuoco per i debiti. Se qui non è ancora accaduto è perché qui la gente non ha più nemmeno i soldi per i cerini”. Benvenuti nel Sulcis Iglesiente, benvenuti nella provincia più povera d’Italia. Benvenuti Sulcis in fundo, come abbiamo scritto sul nostro giornale due anni fa. Qui, dove un tempo c’erano le miniere, è arrivata l’industrializzazione all’italiana, quella parastatale che ti dava lo stipendio e un po’ ti avvelenava. Ma che fino a dieci anni fa garantiva lavoro. Poi le aziende sono passate prima nelle mani di privati predoni, poi in quelle delle grandi multinazionali mordi e fuggi. Qui c’è l’Alcoa, con la proprietà americana in fuga per i costi dell’energia. Qui c’è l’Eurallumina con i russi. Silvio Berlusconi disse: “Le multinazionali sono in crisi? Che problema c’è? Chiamo io l’amico Putin!”. Non si sono più visti né sentiti, né lui, né Vlad. E due anni fa era stato deciso che quelle aziende avrebbero chiuso. Se l’Alcoa è ancora aperta (con la bozza di un contratto ponte che le regala ancora mesi di vita) è perché gli operai sono andati a battere i loro caschetti bianchi davanti a tutti i Palazzi del potere.

La delegazione del Fatto è composta dal direttore Antonio Padellaro, da Giorgio Meletti, da chi scrive, dal nostro “ambasciatore” in terra sarda, Elias Vacca, e dall’organizzatore della serata, Alberto Cacciarru. Ma siamo venuti soprattutto per ascoltare. E Giuliano spiega molto bene: “Parlano di alternative all’industria. Dal 1993 quando hanno chiuso le miniere qui di alternative non ne abbiamo vista nemmeno una. Ci parlano di turismo, ma qui i territori sono stati devastati”. Parla Rino Barca, segretario della Cisl, rivolgendosi agli operai: “Battere i caschetti è anche un simbolo: spiega a tutti che qui la gente vuole solo una cosa. Poter lavorare”. Parla Franco Meloni, dirigente d’impresa: “Dobbiamo combattere il tentativo di dare della Sardegna l’idea di una terra piagnona. Qui c’è gente che dopo essere stata licenziata ha speso i risparmi di una vita per provare a costruire un’alternativa da sola. E che adesso si ritrova nel deserto”. Poi scuote la testa: “Il problema è che la politica non parla più di una politica industriale”. Ecco sul palco Gigi Sidri, l’operaio dell’Alcoa che ha fatto lo sciopero della fame per cinque giorni: “Cosa vuol dire datevi al turismo e alla pesca in una regione ad alto rischio ambientale? Gli italiani devono sapere che nessuno ci ha regalato nulla, se è vero che lo sconto dell’energia che è stato fatto alle nostre aziende lo pagano ancora nelle loro bollette!”. Antonello Pirotto, dell’Eurallumina: “Sono orgoglioso che l’Alcoa abbia ottenuto un risultato così importante, dobbiamo essere uniti”. Brigida Aru, ex assessora ai servizi sociali, medico pediatra: “Vogliamo cancellare la parola rassegnazione dal nostro vocabolario”. Brigida racconta che la crisi sociale e quella sanitaria marciano in parallelo, con gli ospedali che chiudono. E aggiunge una frase che dovrebbe diventare un’epigrafe: “Monti dice che vuole salvare l’Italia. Ma gli italiani chi li salva? Gli italiani siamo noi, questo Paese non può diventare una scatola vuota”. Roberto Puddu, segretario della Cgil: “Qui si taglia tutto. La sanità, ma anche i tribunali, i giudici di pace. Lo Stato si ritira, seguendo il percorso di fuga dei politici. Ve lo ricordate Cappellacci? Venne qui a dire agli operai: io mi incatenerò con voi. Lo abbiamo rivisto solo due anni e mezzo dopo”.

Alessandro Scanu parla in rappresentanza del popolo delle partite Iva: “La nostra lotta si collega a quella dei lavoratori, perché siamo stati stritolati dallo stesso congegno. Ieri eravamo davanti a una fabbrica a contrastare l’ufficiale giudiziario che doveva praticare un sequestro. Ma quello che non dimentico è un signore che mi ha telefonato perché non aveva un euro per comprare alla sua famiglia un pezzo di pane. Qui – conclude Alessandro – la prima forma di attività politica è la colletta alimentare”. Claudia Mariani, titolare di una piccola azienda di noleggio, mentre suo marito è un operaio dell’Alcoa: “Due anni fa avevo dovuto far finta di darmi fuoco per avere pagata una fattura da 2. 700 euro. Ho ottenuto in 45 minuti quello che chiedevo da mesi. Ma ora non accadrebbe più, perché la prossima volta non farò più finta”. Marco, delle tute verdi Eurallumina, l’ultimo intervenuto, dice una grande verità: “Sapete, se avessimo chiuso tre anni fa, oggi non saremmo nemmeno qui a parlare”. Già. Perché la parola “rassegnazione” nel Sulcis è cancellata dal vocabolario. Mentre la parola “speranza” è avvitata nella storia antica di una provincia minerale.

Il Fatto Quotidiano, 1 aprile 201
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5.8.08

Senza titolo 740

E' morto un Eroe

A ottantanove anni si è spento Alexandr Solzhenitsyn. Sarà sepolto in un convento. Il cordoglio della Russia

 

Alexandr Solzhenitsyn è stato un grande scrittore, forse uno dei più grandi dell’ultimo secolo e le sue opere ci hanno permesso non solo di conoscere, ma di capire (la differenza non è da poco) le vicende russe a partire dalla Rivoluzione Bolscevica. Ma il vero grande merito di Solzhenitsyn non è quello di essere stato uno scrittore, ma quello di essere stato un Eroe. Un Eroe con l’iniziale maiuscola, come meritano di essere chiamati coloro che fanno di tutta la loro vita un unico ininterrotto atto di sublime eroismo. La sua testimonianza contro il comunismo - pagata con anni di campo di concentramento e con l‘esilio che per lui, innamorato della sua Russia, è stato forse più duro del Gulag- è nota. Meno noto è il fatto che la sua posizione non era fondata sui cosiddetti valori delle democrazie occidentali. Anzi, a differenza di altri dissidenti esiliati che, per convinzione o per interesse, si sperticavano in lodi per i sistemi politici occidentali, Solzhenitsyn non ha mai fatto mancare pesanti critiche per un Occidente che egli vedeva intimamente corrotto e fondato su “disvalori” che lo avrebbero condotto alla rovina. Questo non gli ha certo ingraziato i mass media occidentali.
Anche dopo il rientro in Russia Solzhenitsyn ha dimostrato la sua tempra di indomito combattente schierandosi contro Eltsin e la sua banda di oligarchi. Non più a rischio della vita, ma al prezzo di essere isolato e ignorato. Per poco però perché l’ascesa al potere di Vladimir Putin gli ha riconsegnato il ruolo di coscienza critica di un paese che lentamente sembra risvegliarsi da una malattia molto simile al coma. L’amicizia del giovane Presidente (oggi Primo Ministro) con il vecchio scrittore ha qualcosa di emozionante e simbolico assieme. E’ stata un vero e proprio passaggio del testimone; i valori profondi (un’intensa spiritualità cristiana, l’amore per la Russia, una concezione dello stato dove deve trovare posto un’Autorità a cui tutti possono fare riferimento, ma che non può essere messa in discussione) sono stati gelosamente conservati dal vecchio saggio e infine consegnati al giovane uomo politico. Il fatto che il vecchio saggio fosse un ex internato nei Gulag ed il giovane uomo politico un ex ufficiale del KGB ci racconta di quanto strani siano talvolta i disegni della Provvidenza. Non è un caso che Putin sia stato il primo a esprimere il dolore di tutta la Russia per la scomparsa di questo suo grande figlio.
Ma vi è una ragioni di più per piangere la scomparsa di Alexandr Solzhenitsyn.
Egli aveva capito tutto.
Da credente aveva capito che il mondo è un campo di battaglia tra le forze del Bene e le forze del Male. E aveva capito che, negli ultimi due secoli, le forze del Male sono costantemente all’offensiva. Il suo omaggio ai martiri di Vandea, accomunati alle vittime delle stragi comuniste,è fin troppo significativo. Egli aveva visto il filo storico che lega le vicende degli ultimi secoli.
Da russo poi si rendeva perfettamente conto che nella sua patria si gioca forse la partita decisiva di questa lotta tra il Bene e il Male.
La Santa Madre Russia contro le forze di satana, questa era la prospettiva di Alexandr Solzhenitsyn.
Ora egli ha finito la sua battaglia ed è davanti al Trono dell’Altissimo dove riceverà il premio che viene riservato agli Eroi. La Chiesa Ortodossa prima o poi lo proclamerà santo. Se un giorno, magari anche grazie all’intercessione di Alexandr, si ricomporrà la frattura tra Chiesa cattolica e Ortodossia anche noi potremo vederlo sugli Altari.

Mario Villani

Dal sito : www.appunti.ru

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...