dopo il post ( da qui il perché lo stesso titolo con l'aggiunta di II ) dell'amica e utente del blog Daniela Tuscano in cui si parla di Renato Zero e Iggy Pop, ci sono anche altri 2 cantanti italiani ( Eugenio Finardi e Roberto Vecchioni ) che creano lontano dai media o si dedicano aun detterminato tipo di musica che la musica ufficiale snobba e definisce semplicemente come folkoristica
dala nuova sardegna online delò 25\4\2013
Nuoro «Bello sarebbe, che so?, se Marco Mengoni avesse uno scrittore di riferimento, bravo a scrivere quanto lui è bravo a cantare... potrebbero venir fuori delle cose interessanti. Non sono, per principio, contrario ai talent show, trovo però che quello che si sta prosciugando è il pool degli autori, ormai il livello è omologato, è la scrittura che sta peggiorando... ecco : in Italia ci vorrebbe un talent per scovare nuovi autori, sarebbe il talent più importante».Eugenio Finardi non ha dubbi: le risorse ci sono, oggi come ieri, vanno soltanto tirate fuori e valorizzate. E non è assolutamente vero che i giovani cantanti di oggi siano meno impegnati di quelli di ieri. «Ora è il rap la nuova musica ribelle» sottolinea. «Ed è quello che i ragazzi ascoltano: rap e pop-rock americani».Milanese, classe 1952, Finardi è a Nuoro per le prove generali con gli Istentales e gli Amici del Folklore. Grandi preparatiti per la prossima edizione di Voci di Maggio, l’uno e il 2 giugno a Olbia. Ultimi dettagli, invece, per il concerto in programma questa sera a Bonnanaro con la band agropastorale di Badde Manna schierata al completo attorno all’extraterrestre. Un omone che tanto extraterrestre non è, almeno in Sardegna. «Ho fatto più concerti qui in Sardegna che in Lombardia» dice.Tant’è vero che conosce a menadito tutte le strade dell’isola del Capo di Sopra come del Capo di Sotto. «Mi manca soltanto l’isola dei genovesi... Carloforte». Per il resto è come se fosse a casa, tra sterrati, curve e curvoni, provinciali e intercomunali. «Certo, la Sardegna non è più quella di una volta» ricorda. Anche se le strade non è che siano cambiate di molto da quando Eugenio Finardi mise piede per la prima volta da queste parti. A Villacidro, nel 1978, con i Crisalide, la band che lo accompagnava ovunque. Sull’onda del successo dell’album Sugo e delle sue due canzoni più famose La radio e Musica ribelle. Cinque anni dopo, – ricorda – approdò nella discoteca Biggest di Samassi per registrare una puntata di Discoring, la mitica trasmissione televisiva musicale di Rai Uno allora itinerante.«Eravamo io, gli Imagination, e due artisti emergenti: Bryan Adams e nientepopodimeno che Madonna! Tra gli ospiti d’onore c’era anche Roberto Benigni» va avanti l’autore il cantautore italiano. Un’altra Sardegna, quella, tempi diversi anche per le case discografiche che allora investivano e scommettevano. «Ora le case discografiche, quelle rimaste, stanno inseguendo i talent».Anche lui, dopo gli anni ruggenti delle major, ha scelto la via delle etichette specializzate e dell’autoproduzione, «sono uscito dal meccanismo industriale da ormai una decina d’anni». Così ha fatto conUn uomo, l’album che contiene il pezzo Amore diverso, in collaborazione con Carla Denule (che lo canta e l’ha tradotto in sardo) e l’apporto del sulittu e organetto diatonico di Massimo Pitzalis e le launeddas di Roberto Tangianu. Le stesse launeddas che saliranno sul palco di Olbia, il primo giugno per il concerto di Finardi insieme agli Istentales e a Roberto Vecchioni, con gli Amici del Folkore schierati in coro e i mamuthones e issohadores di Mamoiada a fare da scenografia vivente. A Olbia, una cinquantina di chilometri da L’Agnata di Tempio Pausania. Il rifugio dell’amico Fabrizio De André e di Dori Ghezzi. «Eh sì, è stato lui a farmi scoprire la Gallura, Santa Teresa». E via a ricordare le lunghe discussioni sui vangeli apocrifi: «È stato sant’Ireneo di Lione... ».