«Ne ospito sei da me»: il prof apre casa sua
Docente va in prefettura e si candida per l’accoglienza: lo Stato siamo noi, è un dovere umanitariodi Fabio Poloni
da http://tribunatreviso.gelocal.it/treviso/cronaca/ del 01 maggio 2015
«Li ospito a casa mia. Quattro, anche sei. Per una settimana, se è un’emergenza. Ma se sono persone che vogliono vivere e inserirsi qui, le ospito anche sei mesi, un anno». È andato in prefettura, si è offerto volontario. Ha aperto la sua casa a chi ne ha bisogno: «Ho quattro figli, ma tre sono già grandi e sono fuori casa. Le loro camere sono disponibili. Anche una taverna, attrezzata con il bagno».
È un professore di mezza età. Insegna in un liceo cittadino, vive in un comune a pochi chilometri dal capoluogo. Chiede di restare anonimo: «Non voglio che si dica che do lezioni di vita. Io voglio solo dare una mano. Se quei giovani migranti fossero miei figli? Ecco, io sono partito da questa domanda. Se fossero miei figli, vorrei che qualcuno li ospitasse». E la prefettura cosa ne pensa? «Hanno accolto la mia disponibilità, mi faranno sapere se a livello pratico è fattibile. In effetti è un caso piuttosto unico, non ci sono precedenti. Comunque ringrazio già per l’apertura, la disponibilità. Ho avuto a che fare con persone fantastiche, in primis la dottoressa Marzia Baso» (vice prefetto aggiunto, ndr).
Portateveli a casa vostra, i profughi: basta infilarsi in qualche discussione sull’immigrazione e salta fuori puntualmente chi punta così il dito contro i “buonisti”. Parlare con questo professore è come riempirsi i polmoni di ossigeno dopo tanta apnea fatta di luoghi comuni, egoismo, razzismo. Glielo diciamo, e lui quasi si vergogna. «Io voglio solo dare una risposta da cittadino a un problema vero, a un’emergenza. È comodo dire che lo Stato sono gli altri: lo Stato sono anch’io».
Il professore fa già volontariato nell’ambito dell’accoglienza. «Aiutarli è un’esperienza bella, profonda. La rete di volontariato qui è straordinaria, il Veneto da questo punto di vista è una terra meravigliosa». Se gli chiediamo quali sono le sue idee politiche, il professore non si tira indietro: «Sono cresciuto nella Democrazia Cristiana, poi con la Margherita. Mi considero ancora di centro, ma non voglio farne un discorso di tipo politico: conosco persone meravigliose e disponibili che votano Lega, a sinistra, che sono cattoliche, musulmane, di ogni tipo. Da cattolico, collaboro con l’associazione di Abdallah Khezraji, musulmano. La solidarietà non va categorizzata».
La casa del professore è aperta, e aspetta. «È sempre stata un porto: mio padre, professione medico, mi ha insegnato così, ad aiutare tutti. Se potessi scegliere», dice, «darei la precedenza a chi è più debole, più in difficoltà. Ragazzi giovani, minorenni, ragazze incinte. Se qualcuno vuole provare a inserirsi qui, lo posso ospitare anche per sei mesi, un anno». Di fronte a tanta generosità ci si vergogna quasi a chiedere: ma i 35 euro famosi che spettano a chi ospita un profugo, li prenderebbe? «Se ci sono va bene, altrimenti non cambia, io vado avanti lo stesso. Sono un montanaro nello spirito: se c’è da dare una mano, io ci sono».
«Li ospito a casa mia. Quattro, anche sei. Per una settimana, se è un’emergenza. Ma se sono persone che vogliono vivere e inserirsi qui, le ospito anche sei mesi, un anno». È andato in prefettura, si è offerto volontario. Ha aperto la sua casa a chi ne ha bisogno: «Ho quattro figli, ma tre sono già grandi e sono fuori casa. Le loro camere sono disponibili. Anche una taverna, attrezzata con il bagno».
È un professore di mezza età. Insegna in un liceo cittadino, vive in un comune a pochi chilometri dal capoluogo. Chiede di restare anonimo: «Non voglio che si dica che do lezioni di vita. Io voglio solo dare una mano. Se quei giovani migranti fossero miei figli? Ecco, io sono partito da questa domanda. Se fossero miei figli, vorrei che qualcuno li ospitasse». E la prefettura cosa ne pensa? «Hanno accolto la mia disponibilità, mi faranno sapere se a livello pratico è fattibile. In effetti è un caso piuttosto unico, non ci sono precedenti. Comunque ringrazio già per l’apertura, la disponibilità. Ho avuto a che fare con persone fantastiche, in primis la dottoressa Marzia Baso» (vice prefetto aggiunto, ndr).
Portateveli a casa vostra, i profughi: basta infilarsi in qualche discussione sull’immigrazione e salta fuori puntualmente chi punta così il dito contro i “buonisti”. Parlare con questo professore è come riempirsi i polmoni di ossigeno dopo tanta apnea fatta di luoghi comuni, egoismo, razzismo. Glielo diciamo, e lui quasi si vergogna. «Io voglio solo dare una risposta da cittadino a un problema vero, a un’emergenza. È comodo dire che lo Stato sono gli altri: lo Stato sono anch’io».
Il professore fa già volontariato nell’ambito dell’accoglienza. «Aiutarli è un’esperienza bella, profonda. La rete di volontariato qui è straordinaria, il Veneto da questo punto di vista è una terra meravigliosa». Se gli chiediamo quali sono le sue idee politiche, il professore non si tira indietro: «Sono cresciuto nella Democrazia Cristiana, poi con la Margherita. Mi considero ancora di centro, ma non voglio farne un discorso di tipo politico: conosco persone meravigliose e disponibili che votano Lega, a sinistra, che sono cattoliche, musulmane, di ogni tipo. Da cattolico, collaboro con l’associazione di Abdallah Khezraji, musulmano. La solidarietà non va categorizzata».
La casa del professore è aperta, e aspetta. «È sempre stata un porto: mio padre, professione medico, mi ha insegnato così, ad aiutare tutti. Se potessi scegliere», dice, «darei la precedenza a chi è più debole, più in difficoltà. Ragazzi giovani, minorenni, ragazze incinte. Se qualcuno vuole provare a inserirsi qui, lo posso ospitare anche per sei mesi, un anno». Di fronte a tanta generosità ci si vergogna quasi a chiedere: ma i 35 euro famosi che spettano a chi ospita un profugo, li prenderebbe? «Se ci sono va bene, altrimenti non cambia, io vado avanti lo stesso. Sono un montanaro nello spirito: se c’è da dare una mano, io ci sono».