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3.5.15

nel nord est leghista e malpancista c'è anche un po' di umanita' . «Ne ospito sei da me»: il prof apre casa sua Docente va in prefettura e si candida per l’accoglienza: lo Stato siamo noi, è un dovere umanitario


«Ne ospito sei da me»: il prof apre casa sua
Docente va in prefettura e si candida per l’accoglienza: lo Stato siamo noi, è un dovere umanitariodi Fabio Poloni
 da  http://tribunatreviso.gelocal.it/treviso/cronaca/  del  01 maggio 2015





«Li ospito a casa mia. Quattro, anche sei. Per una settimana, se è un’emergenza. Ma se sono persone che vogliono vivere e inserirsi qui, le ospito anche sei mesi, un anno». È andato in prefettura, si è offerto volontario. Ha aperto la sua casa a chi ne ha bisogno: «Ho quattro figli, ma tre sono già grandi e sono fuori casa. Le loro camere sono disponibili. Anche una taverna, attrezzata con il bagno».
È un professore di mezza età. Insegna in un liceo cittadino, vive in un comune a pochi chilometri dal capoluogo. Chiede di restare anonimo: «Non voglio che si dica che do lezioni di vita. Io voglio solo dare una mano. Se quei giovani migranti fossero miei figli? Ecco, io sono partito da questa domanda. Se fossero miei figli, vorrei che qualcuno li ospitasse». E la prefettura cosa ne pensa? «Hanno accolto la mia disponibilità, mi faranno sapere se a livello pratico è fattibile. In effetti è un caso piuttosto unico, non ci sono precedenti. Comunque ringrazio già per l’apertura, la disponibilità. Ho avuto a che fare con persone fantastiche, in primis la dottoressa Marzia Baso» (vice prefetto aggiunto, ndr).
Portateveli a casa vostra, i profughi: basta infilarsi in qualche discussione sull’immigrazione e salta fuori puntualmente chi punta così il dito contro i “buonisti”. Parlare con questo professore è come riempirsi i polmoni di ossigeno dopo tanta apnea fatta di luoghi comuni, egoismo, razzismo. Glielo diciamo, e lui quasi si vergogna. «Io voglio solo dare una risposta da cittadino a un problema vero, a un’emergenza. È comodo dire che lo Stato sono gli altri: lo Stato sono anch’io».
Il professore fa già volontariato nell’ambito dell’accoglienza. «Aiutarli è un’esperienza bella, profonda. La rete di volontariato qui è straordinaria, il Veneto da questo punto di vista è una terra meravigliosa». Se gli chiediamo quali sono le sue idee politiche, il professore non si tira indietro: «Sono cresciuto nella Democrazia Cristiana, poi con la Margherita. Mi considero ancora di centro, ma non voglio farne un discorso di tipo politico: conosco persone meravigliose e disponibili che votano Lega, a sinistra, che sono cattoliche, musulmane, di ogni tipo. Da cattolico, collaboro con l’associazione di Abdallah Khezraji, musulmano. La solidarietà non va categorizzata».
La casa del professore è aperta, e aspetta. «È sempre stata un porto: mio padre, professione medico, mi ha insegnato così, ad aiutare tutti. Se potessi scegliere», dice, «darei la precedenza a chi è più debole, più in difficoltà. Ragazzi giovani, minorenni, ragazze incinte. Se qualcuno vuole provare a inserirsi qui, lo posso ospitare anche per sei mesi, un anno». Di fronte a tanta generosità ci si vergogna quasi a chiedere: ma i 35 euro famosi che spettano a chi ospita un profugo, li prenderebbe? «Se ci sono va bene, altrimenti non cambia, io vado avanti lo stesso. Sono un montanaro nello spirito: se c’è da dare una mano, io ci sono».

15.3.15

Why are white people expats when the rest of us are immigrants? \ Perchè i bianchi non sono definiti " migranti", mentre lo sono gli arabi, i neri, ecc.??



Una bella domanda, si suol dire. Perchè i bianchi non sono definiti " migranti", mentre lo sono gli arabi, i neri, ecc.??

Le parole  sono importanti  oltre ad  essere un  arma   a doppio taglio  . Qui , cosi rispondo in anticipo a chi mi dirà  : <<  strano  ma non eri  libertario ed   anti politicamente scorretto  >>  ?  , che  qui  non è    questione  di politicamente o   anti  politicamente scorretto  è questione di buon senso  . Perché  le parole  son un arma  usata  ad  uso  e  consumo    del potere , di chi parla  alla pancia  ( cioè agli istinti più bassi  ) , possono a secondo del loro   uso  determinare  odio amore  ,  o  come in questo caso essere  discriminatorie 
 
da
http://www.theguardian.com/global-development-professionals-network  del 13\3\2015 

Surely any person going to work outside their country is an expatriate? But no, the word exclusively applies to white peopleWhy are white people expats when the rest of us are immigrants?



What is an expat? And who is an expat? According to Wikipedia, “an expatriate (often shortened to expat) is a person temporarily or permanently residing in a country other than that of the person’s upbringing. The word comes from the Latin terms ex (‘out of’) and patria (‘country, fatherland’)”.
Defined that way, you should expect that any person going to work outside of his or her country for a period of time would be an expat, regardless of his skin colour or country. But that is not the case in reality; expat is a term reserved exclusively for western white people going to work abroad.
Africans are immigrants. Arabs are immigrants. Asians are immigrants. However, Europeans are expats because they can’t be at the same level as other ethnicities. They are superior. Immigrants is a term set aside for ‘inferior races’.
Don’t take my word for it. The Wall Street Journal, the leading financial information magazine in the world, has a blog dedicated to the life of expats and recently they featured a story ‘Who is an expat, anyway?’. Here are the main conclusions: “Some arrivals are described as expats; others as immigrants; and some simply as migrants. It depends on social class, country of origin and economic status. It’s strange to hear some people in Hong Kong described as expats, but not others. Anyone with roots in a western country is considered an expat … Filipino domestic helpers are just guests, even if they’ve been here for decades. Mandarin-speaking mainland Chinese are rarely regarded as expats … It’s a double standard woven into official policy.”
The reality is the same in Africa and Europe. Top African professionals going to work in Europe are not considered expats. They are immigrants. Period. “I work for multinational organisations both in the private and public sectors. And being black or coloured doesn’t gain me the term “expat”. I’m a highly qualified immigrant, as they call me, to be politically correct,” says an African migrant worker.
Most white people deny that they enjoy the privileges of a racist system. And why not? But our responsibility is to point out and to deny them these privileges, directly related to an outdated supremacist ideology. If you see those “expats” in Africa, call them immigrants like everyone else. If that hurts their white superiority, they can jump in the air and stay there. The political deconstruction of this outdated worldview must continue.
Mawuna Remarque Koutonin is the editor of SiliconAfrica.com, where this blog was first published. Follow @siliconafrica on Twitter.
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