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8.7.25

«Non trovo lavoro per i tatuaggi, sono senza soldi né casa: aiutatemi a eliminarli», ma la campagna di 1727Wrldstar raccoglie 155 euro in 5 mesi

 La  storia       che trovate  nel post  d'oggi    E' il classico esempio di come una passione o un vezzo, portato all'eccesso, può rovinare la vita. Un tatuaggio è per sempre ...e se lo vuoi eliminare son.....  dolori !! 
Vuoi vedere che finalmente iniziamo a vedere il declino di questi fenomeni che, non appena hanno avuto un minimo di notorietà, hanno pensato di poter camminare sulla walk of fame ad Hollywood ,   senza  sapere     che   non c'è mai  niente  di definitivo    e che  devi lottare   sputare  anima  e sangue   per  mantenerlo ogni giorno  ? Ora iniziano i brutti risvegli. Benvenuti nella realtà di tutti i giorni di noi esseri umani normali L'unica speranza che adesso questa storia serva d'insegnamento a tanti giovani che cercano il sucesso facile quando queste cose costano ed è esattamente qui che si incomincia a pagare: col sudore!






All'anagrafe Algero Corretini, per molti 1727, per altri «Fratellì». L'influencer, in arte 1727Wrldstar, deve la sua fama a una guida spericolata condivisa in diretta nel 2020, conclusa con un incidente e la (tristemente) celebre frase: «Ho preso il muro fratellì». Ma dopo il successo, collaborazioni – tra cui quella con l'influencer Massimiliano Minnocci, noto come Il Brasiliano – la fama ha iniziato a diminuire tanto da costringere Corretini ad aprire una raccolta fondi per ripulire il proprio corpo. Il motivo? «Sono rimasto senza soldi e senza casa, non ho un lavoro a causa dei miei tatuaggi».
La richiesta d'aiuto
Dirette trasgressive, guide spericolate e incidenti in auto, hanno reso Algero Corretini un fenomeno dei social. Con, ancora oggi, 650mila follower su Instagram e 250mila su TikTok è stato l'idolo di tanti giovani. Ma la sua fama non è più quella di un tempo e 1727 è dovuto correre ai ripari cercando un lavoro. Una ricerca difficile, a quanto pare, a causa del suo corpo ricoperto da tatuaggi.
L'influencer ha deciso di aprire una raccolta fondi sulla piattaforma GoFundMe. «Ciao, mi chiamo Algero in arte 1727 o fratellino, ho fatto compagnia a tutta Italia con le mie dirette durante il covid; ora sono rimasto senza soldi e senza casa, non ho un lavoro a causa dei miei tatuaggi. Chiedo una piccola donazione per rimuovere i miei tatuaggi più evidenti e poter mantenere uno stile di vita normale. Grazie», si legge nell'appello.
Il fallimento della raccolta
L'appello risale a febbraio 2025 e da allora sono stati raccolti 155 euro, circa l'un percento di quello che era l'obiettivo fissato dal giovane: 14mila euro.

1727 ha dovuto affrontare anche vicende giudiziarie tra cui la condanna in primo grado per aver picchiato la sua ex fidanzata e un altro processo, ancora in corso, per aver aggredito un ragazzo a Trastevere. Corretini si è difeso in tribunale lo scorso giugno: «Non ho menato nessuno, quel ragazzo non l’ho mai visto in vita mia. Anzi, quella sera non ero nemmeno in giro: abbiamo ordinato dello champagne su Just Eat con la mia ex e abbiamo fatto una diretta social mentre avevamo rapporti sessuali, è tutto online».





Quindi invece  di   chiedere  soldi  e  aiuto   chiedi  un lavoro   perchè anche  con i tatuaggi, molti o pochi che siano, non impediscono di andare a zappare .....

14.4.25

il tatuatore Penny Boy in arte marco pennella è il primo artista italiano a lanciare una capsule di T-shirt esclusiva con Sullen Clothing

 fonte il  messaggero  4  giorni  fa  tramite  msn.it







Penny Boy, al secolo Massimiliano Pennella, pluripremiato tatuatore italiano di fama internazionale è il primo artista italiano ad aver firmato un’eccezionale capsule di T- shirt con il noto brand californiano Sullen Clothing, famoso per il suo stile streetwear unico e inconfondibile.Penny boy, eccellenza italiana della body art ha vinto oltre 100 prestigiosi premi internazionali, partecipando nella sua carriera ad oltre 300 convention nel Mondo di cui spesso è giudice. L'arte tatuata di Massimiliano è talmente ammirata all'estero tanto da essere ospite di eventi di fama mondiale come Il Pacif Ink & Art Expo (Usa), uno dei migliori show dedicati ai tattoo del pianeta. Massimiliano, che ha iniziato a tatuare sin dalla tenera età a Milano, è uno dei pochissimi tatuatori italiani di successo oltreoceano, nonchè vincitore di importanti riconoscimenti come il "Philadelphia Best of colour" , tra gli altri premi importantissimi riconoscimenti anche "Minneapolis Best of Traditional”, e "Atlanta of Best Traditional" e il “Chicago Best of
Traditional and best of colour”, solo per citarne alcuni, Pennella si divide tra America, Europa e Asia
«È un piccolo sogno nel cassetto che si realizza per me – dichiara Penny Boy - in quanto Sullen è uno dei brand più famosi al mondo dell’industria del tatuaggio – la collaborazione con loro per questa mia esclusiva capsule di T-shirt è nata in maniera spontanea realizzando per loro un disegno che partisse proprio dalla mia arte e in cui venisse fuori il concetto della mia “dualità” in quanto nei mie disegni spesso esce questa rappresentazione della transizione da animale a donna e viceversa. In particolare per i disegni di questa capsule mi sono ispirato a questa idea della transizione principalmente tra lupo/donna e viceversa. Ho voluto rappresentare questa donna lupo che usciva dalle fiamme di un cuore dolorante pieno di spine. Un omaggio alla grande forza delle donne che sono sempre in grado di rassicurare e dare speranza anche nelle situazioni quotidiane più difficili, uscendone sempre vittoriose».
Il suo è uno stile unico e inconfondibile, il più famoso e popolare è la rappresentazione della transizione da animale a donna e viceversa. Penny è cresciuto circondato da donne, per questo la sua sensibilità sul trattare l'universo femminile è unico nel suo genere. Rispetta e ama le donne in tutte le loro particolarità ed è sempre stato affascinato anche dalla selvaticità degli animali. Grazie a questa combinazione di passioni sono innumerevoli le persone che apprezzano la sua arte, cercandolo in tutto il mondo per farsi tatuare. Penny è un'artista dedito al tatuaggio tradizionale, un vero incisore di memorie per uno storytelling a misura d'arte.
«Ad oggi – prosegue Penny Boy - c’è una forte connessione tra quello che è il mondo del tatuaggio, la moda, il cinema, il fashion - tutto questo è possibile solamente perché l’arte del tatto ha raggiunto nel Mondo collettivamente un livello altissimo sdoganando completamente il mondo del tattoo, facendo in modo che brand di altissimo livello potessero rappresentare i disegni e l’arte tatuata in ogni tipologia di oggetto dalle borse ai cappelli. Io credo che questo trend sarà sempre più in espansione e interconnesso ad ogni tipo di industria dello show biz internazionale. In Italia dovremmo supportare sicuramente molto di più i giovani e le persone che hanno del talento, l’Italia è conosciuta nel Mondo per le sue eccellenze ma ricordiamoci che dobbiamo sempre essere noi in primis a valorizzarle».


12.1.25

anche il corpo piò essere forma d'arte . oltre ai tatuaggi il caso di , la prima body painter sarda , Sonia Floris

 

dall'unione  sarda     12\1\2024      e    da  (  per  le  foto   del  post  )   https://www.castedduonline.it/

«Lavorare non mi ha mai spaventata, ho fatto di tutto nella mia vita, oggi lo dico con orgoglio: sono stata la prima body painter sarda». Le parole di Sonia Floris risuonano con la stessa intensità dei colori


che da anni porta sulla pelle dei suoi “modelli viventi”. A sessant'anni, questa artista italo-tedesca, stampacina doc - come ama definirsi - ha trasformato una passione in un'arte pionieristica per l'isola. Arricchita da esperienze oltreoceano, dagli Stati Uniti alla Nuova Zelanda, prima di tornare a casa e fare
della Sardegna la sua tela preferita.
Gli inizi
La passione per l'arte scorre nelle vene di Sonia, plasmata dal peculiare intreccio tra il rigore materno tedesco e l'eclettica creatività del papà, antiquario, gallerista e battitore d'aste. Fu lui a dare vita alla prima galleria d'arte di Cagliari, “La Piccola Barcaccia”. «Ricordo alcune trasferte per accompagnare mio padre a cercare antiquariato, le avventure a Porta Portese a Roma, e quel viaggio in macchina fino in Germania» racconta con emozione. «L'arte era di casa, sono cresciuta respirando bellezza».
Nel Colorado
Il destino ha spesso modi imprevedibili di aprire nuove strade. Per Sonia, la svolta arriva dopo il diploma all'istituto tecnico femminile - una scelta apparentemente distante dal suo futuro artistico. A diciannove anni, l'amore la porta a seguire quello che sarebbe diventato suo marito fino a Denver, Colorado. «Fu un salto nel vuoto - racconta - per un anno intero, bloccata dal visto turistico, non potevo né studiare né lavorare. Ma ciò che sembrava una limitazione si è trasformato in un'opportunità: mi sono immersa completamente nello studio dell'inglese. Una volta ammessi a San Diego ho trovato la mia strada: mi sono diplomata in grafica e comunicazione visiva e ho frequentato un'accademia di aerografia. Tre anni intensi che hanno plasmato non solo la mia tecnica, ma anche la mia visione del mondo: la voglia di libertà, l'indipendenza, i popoli che ho conosciuto, i colori dei tramonti».
Il rientro
Il ritorno a casa non è mai semplice, soprattutto quando si porta nel cuore il sogno americano. «Negli anni '90 sono tornata nella mia Cagliari, volevo fare grafica, giravo con il portfolio sotto braccio, ma gli studi ai tempi erano solo tre, nessuno mi prese». Un rifiuto che, invece di abbatterla, la spinge a creare il suo spazio. «Aprii il mio Gap Studio in Via Napoli, facevo grafiche pubblicitarie, magliette, collaboravo con alcune associazioni d'arte. Nel '95 mi sono trasferita a Poggio dei Pini e ho spostato la mia attività qui».

La svolta
A Capoterra una nuova vita per Sonia Floris. «È stata una sorta di illuminazione. Nel 2000 mi sono resa conto che avevo dipinto su tutto, tranne che sui corpi umani. Lì è iniziato tutto. È un'arte veloce, basta una doccia e svanisce».L'inizio è stato intimo, personale: il suo stesso corpo diventa la prima tela vivente. Le collaborazioni con i fotografi l’hanno portata a esporre le sue "tele umane" in tutta Italia, a partecipare a numerosi concorsi. «Inizialmente dipingevo solo su corpi femminili, c'era scetticismo. Si parla di lavori di tre o quattro ore, non tutti sono disposti a posare».La svolta arriva grazie a Tamara Soro, la prima modella a concedersi a questa forma d'arte ancora poco conosciuta nell'isola. «Per tre estati ho dipinto lo staff di animazione del Lagoon di Villassimius, poi le cubiste di tutta l'Isola. Sono stata pioniera in Sardegna del body painting».I maori
I viaggi continuano a ispirarla. «Sono stata diversi giorni in Nuova Zelanda, ho incontrato tatuatori che mi hanno trasmesso l’antico stile maori. Mi porto dentro i loro insegnamenti e i colori contrastanti di paesaggi naturali mozzafiato».E il futuro? «È sempre una domanda difficile: vedo l’insegnamento. Sto lavorando a un progetto ancora in fase di sviluppo, ma l’idea è chiara: voglio restituire qualcosa di ciò che ho appreso in tutti questi anni, condividere la mia esperienza e ispirare chi vuole intraprendere un cammino artistico in questo campo».


Poi      colendo  cercare  altri  lavori  oltre  il  suo fb  principale e   quell'altro  ormai  in  disiuso      ho    trovato  questa interessantissima     intervista  sullla  nuova  sardegna  del      20 ottobre 2023 18:31

L’intervista
Sonia Floris, la prima body painter in Sardegna: «Il corpo nudo è la mia tela»
di Matteo Porru


Cagliaritana, si è formata negli Stati Uniti, da Denver a San Diego, ed è tornata a casa per dedicarsi alla sua arte

Sonia Floris è l’unica che riesce a fare il saluto vulcaniano di Star Trek a casa. Ha provato a insegnarlo ai figli, ma non ci è mai riuscita. Le scene della sua vita coloratissima le scorrono a scatti davanti agli occhi mentre prova a riassumerle. Scandisce le parole più importanti con l’accento di Cagliari, di Stampace, che non ha mai perso, anche se ha girato il mondo per diventare prima grafica e poi aerografa, pittrice e body painter, la prima in Sardegna. Ora è tempo di decisioni, di anniversari e di ricordi.
Immagino lei abbia fatto il liceo artistico.
«Avrei voluto, ma i miei genitori mi consigliarono un’altra strada. Dopo due mesi di studi classici, mi sono iscritta all’allora Istituto Tecnico femminile Grazia Deledda. A Cagliari accadeva di tutto, in quegli anni. Soprattutto in casa mia».
In che senso?
«Mio padre era un antiquario, un battitore d’asta, un gallerista. Nei weekend, da quando avevo 11 anni, facevo il possibile per seguirlo nei suoi viaggi. Quante volte siamo stati a Porta Portese a comprare quadri! Era una magia. Grazie al suo lavoro, da noi hanno alloggiato anche diversi attori, Ugo Tognazzi su tutti. Sono cresciuta con due culture diversissime, padre italiano, madre tedesca: questo connubio mi ha arricchito molto».
Dopo la maturità, però, attraversa l’oceano.
«Sì: un anno e mezzo a Denver. Ho imparato l’inglese sul campo. Ma soprattutto ho imparato a vivere. Ho capito cosa volessero dire l’indipendenza, la libertà, l’altruismo. La lezione più grande di quegli anni è stata dividere quello che avevo: ho aiutato tanti senza tetto, lì ho visto la povertà».
E poi ha continuato gli studi.
«Tre anni all’Ucsd di San Diego. Diploma in Grafica e comunicazione visiva. E l’Accademia di Aerografia. Vivevo davanti alle onde che ora sfidano i surfisti. Mi servivano il mare e la luce, sono fondamentali per me. E infatti a casa non ho tende».
Perché è tornata?
«Per il lavoro di mio marito. La mia idea era quella di fare illustrazione. C’erano poche possibilità a Cagliari ma nessuna faceva al mio caso. Ho incominciato collaborando con studi d’arte, dipingevo a mano magliette. Poi divento mamma e apro il GAP Studio in via Napoli. Dopo qualche anno chiudo e mi trasferisco fuori città. Metto su un B&B e continuo a sperimentare la pittura su tutti i materiali. Poi cambia tutto».

Perché?
«Nel 2000 avevo dipinto sopra qualunque cosa tranne il corpo umano. È l’arte più veloce ed effimera di questo mondo: una doccia e va via. La collaborazione con la fotografia è fondamentale. Serve un modo per mantenere tutto».
Come sono state le prime esperienze?
«All’inizio dipingevo corpi femminili. Non è stato facile, c’era diffidenza. L’unica persona che mi aveva risposto per fare un primo progetto era Tamara Soro. Abbiamo fatto la prima competizione a Roma di pittura sul corpo. Di gare ne ho fatto tante: a Roma, a Modena, sul lago di Garda, alla prima manifestazione di Italian Body Painting Festival. La prima persona che mi ha dato fiducia nell’animazione è stata Mariano Pintus del Lagoon di Villasimius. Ho dipinto una volta al mese il suo staff nel locale, per diverse estati. Ho imparato il mestiere».
Ma non ha smesso di viaggiare.

«Mai: porto nel cuore i quindici giorni in Nuova Zelanda, un viaggio su strada dove ho approfondito la cultura tribale maori. Quello è l’unico paese anglosassone che non ha messo recinti alla civiltà natia».
Che cos’è un quadro?
«Uno specchio che non riflette un’immagine, ma un pensiero».
A cosa pensa se pensa al futuro?
«Mi fa paura non vedere che ne sarà di ciò che abbiamo e che abitiamo. Sono un’amante dell’analogica ma la tecnologia è straordinaria. Resisto cercando di rimanere una bambina di quasi 60 anni: quello sguardo non l’ho perso mai».

28.4.24

ma in iraq non avevano portato la democrazia ? Om Fahad, tiktoker irachena uccisa a colpi di pistola. Era stata condannata per i suoi video «contro pudore e moralità» ed altre storie


   

Om Fahad, tiktoker irachena uccisa a colpi di pistola. Era stata condannata per i suoi video «contro pudore e moralità»


ecco a cosa è servità la guerra contro sadam hussein a portare la democrazia il caso di Om Fahad, tiktoker irachena uccisa a colpi di pistola. Era stata condannata per i suoi video «contro pudore e moralità» .


Om Fahad, tiktoker irachena uccisa a colpi di pistola. © Ansa

Vitale, sorridente, paffuta, vestiti sgargianti: così appariva nei filmati condivisi la settimana scorsa in cui si era ripresa davanti a uno specchio e mentre guidava il suo suv. Ogni video visto centinaia di volte su TikTok. Di Om Fahad, vero nome Ghufran Sawadi, influencer irachena da mezzo milione di follower resteranno immagini gioiose, nonostante venerdì sera uno sconosciuto le abbia sparato a bruciapelo uccidendola mentre era seduta in macchina davanti casa, nel quartiere Zayouna di Baghdad. Quello di Om Fahadnon non è il primo omicidio di una influencer in Iraq. Lo scorso anno a settembre Noor Alsaffar, una tiktoker di 23 anni seguita sui social da centinaia di migliaia di persone, è stata uccisa a colpi di pistola. Cinque anni prima, nel 2018, a cadere sotto i colpi dei killer era stata Tara Fares, modella di 22 anni. Nel Paese inoltre continua ad essere una pratica diffusa il delitto d'onore: l'ultimo a gennaio scorso quando la 22enne star di YouTube Tiba al-Ali è stata strangolata dal padre

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Si tatua una donna nuda sulla pancia, il particolare dell'ombelico lo mette nei guai: lui si toglie la maglietta in vacanza e rischia l'arresto

Farsi fare il tatuaggio più assurdo che possa venire in mente e non avere rimpianti. Nonostante gli sia quasi costato l'arresto. Richard Hart, sessantenne del Galles, ha speso 65 euro per imprimersi una donna nuda sulla pancia per il suo 40esimo compleanno. Fin qui nulla di assurdo, se non avesse però deciso di raffigurarla con le gambe spalancate, con il suo ombelico al centro a rappresentare le parti intime. «Se avessi una sterlina per tutti coloro che hanno chiesto di fare una foto, sarei un uomo molto ricco», ha
detto al Southwest News Service. Tuttavia, durante una vacanza in Spagna quel disegno gli è quasi costato l'arresto. Durante una vacanza a Benidorm, località di mare sulla costa est della Spagna, i poliziotti hanno minacciato Richard Hart di arrestarlo se non si fosse immediatamente rimesso addosso la maglietta, nascondendo quel tatuaggio. «Ero a Benidorm e faceva caldo, mi sono tolto la maglia e sono venuti due poliziotti dicendomi di coprirmi altrimenti mi avrebbero ammanettato», ha ricordato Hart, che è un ex proprietario di bar in pensione.
«Abbiamo litigato un po', poi ho dovuto accettare la loro imposizione. Ho dovuto tenere una maglietta per il resto delle vacanze». La moglie dell'uomo ha raccontato di non essere a disagio con quel tatuaggio, ma «davanti ai nipotini è sempre meglio nasconderlo».

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ELICOTTERO  ATTERRA DAL   BENZINAIO:  DOVEVA FARE   RIFORNIMENTO
Un piccolo elicottero è  atterrato su una strada e  ha fatto rifornimento in una  stazione di servizio in Romania, tra lo stupore di automobilisti e  passanti. È avvenuto a Curtea  de Arges, piccola cittadina in  Romania. Il pilota, un   tedesco, ha spinto l’elicottero,  modello Robinson R44, Fino alla pompa per fare rifornimento. Le immagini  (  a  lato) sono state viste  migliaia di volte sui social, mentre la polizia ha avviato  un’indagine per accertare l’accaduto. Molto   probabilmente il velivolo è  rimasto senza carburante e il  pilota ha deciso di atterrare  alla stazione di servizio più  vicina. Fatto rifornimento, è  decollato, mentre i passanti  filmavano la curiosa scena. 


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Porta a spasso un suricato in piazza Duomo: l’animale assediato dai curiosi che chiedono di fare una foto


I milanesi sono piuttosto abituati a vedere spettacoli fuori dall’ordinario in piazza Duomo, eppure la presenza di un suricato al guinzaglio che passeggiava tranquillamente con i suoi amici umani è riuscita a coglierli di sorpresa: ad accompagnare Timon – che è una femmina e ha preso in prestito il nome del suo famosissimo alter ego disneyano – nella sua escursione nel centro di Milano c’erano Efrem Brambilla, il sindaco di Santa Maria Hoè (nel Lecchese), e sua moglie Eleonora Maria Rizzo.
“Non mi sarei mai aspettato di ricevere un’attenzione del genere. Non riuscivamo a muovere un passo perché tutte le persone che incontravamo volevano accarezzare Timon o farci qualche domanda su di lei – sorride Brambilla – Adulti e bambini, chiedevano informazioni sulla sua età, le sue abitudini alimentari, la sua storia e così via. E lei era perfettamente a suo agio, felice di godersi tutto quell’affetto”.
Qualcuno poi ha riconosciuto in lei il suricato già visto su Facebook, dove Timon è diventata una
piccola star grazie ai numerosi post che Efrem Brambilla le dedica, raccontando la propria quotidianità domestica.
“Sia io sia mia moglie siamo cresciuti circondati dagli animali e li amiamo moltissimo. Eleonora in particolare nutre da sempre una passione per i suricati – continua – Così quando qualche mese fa una delle nostre due cavie Sheltie è morta per un tumore mi è venuto naturale pensare di regalargliene uno. Ovviamente ne abbiamo parlato a lungo prima dell’acquisto, perché ogni animale ha le sue particolari esigenze ed è fondamentale informarsi per conoscerle al meglio prima di farlo entrare in famiglia”.
Nata lo scorso novembre in un allevamento in Veneto, Timon ha trascorso i primi due mesi di vita insieme alla madre e ai fratelli e poi si è trasferita a Santa Maria Hoè.
“In casa abbiamo anche un bulldog francese e una cavia e tutti vivono insieme liberi, anche se ciascuno di loro ha i propri spazi – prosegue – Timon alla sera si accoccola sul nostro petto mentre ci rilassiamo sul divano, mentre di giorno esplora la casa o gioca con Madame Muffin, la nostra cagnolina”.
A cinque mesi, il suricato sta scoprendo il mondo e adora le passeggiate: “L’abbiamo abituata al guinzaglio e lei è felicissima di uscire – conclude il sindaco di Santa Maria Hoè – Quando siamo stati a Milano le ho protetto la punta della coda con uno strato di nastro medico, ma solo a scopo precauzionale, per evitare che raccogliesse germi e sporcizia da terra. È stata benissimo: lo so perché gli animali sono molto bravi a farci capire quando qualcosa li fa sentire a disagio. Basta saperli ascoltare”

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Ginevra, record di nonni e bisnonni per la neonata di quinta generazione: ha anche la trisavola

La città di Roma, tra le antiche mura e gli storici vicoli ci regala una storia familiare meravigliosa. infatti,questa non è stata semplicemente una nascita, ma il culmine di una storia familiare straordinaria che abbraccia cinque generazioni, tutte riunite per celebrare l'arrivo di questa piccola meraviglia.
Ginevra è una bimba fortunata: nata il  7 aprile, ha trovato ad   accoglierla l’amore dei genitori e 
dei nonni, ma anche di quattro   bisnonni e di una trisavola di  92 anni. Un vero “record di  affetti”. Ma
va anche detto   che i suoi genitori sono   giovani per la media  italiana: mamma Chiara  Marchegiani ha 22 anni e   papà Lorenzo Angelini 24   (nel tondo). Racconta Chiara: «Siamo molto felici di iniziare 
questo percorso accompagnati   dall’affetto di così tanti nonni».Insieme ai genitori, che hanno accolto la loro bambina con l’amore indescrivibile che solo una mamma e un papà possono dare, c'è un caleidoscopio di nonni e  bisnonni  , ciascuno dei quali portatore di una parte preziosa di quel legame che unisce il passato al presente e al futuro  .  qui  in qiuesto video ( on sono riuscito ad estrararlo ) di www.leggo.it ulteriori dettagli  su questa grande   famiglia   allargata 

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le  ultime   news  sono      sotto   forma  di  slide  \  foto    non avevo  voglia  di   di  fare  cute  - paste

 






24.10.23

non sempre chi si tatua è criminale o feccia . Sudan, gli scienziati trovano un tatuaggio con riferimenti a Gesù su un corpo di 1.300 anni fa


 da    https://www.msn.com/it-it  fonte  ILMATTINO  
Storia di Mariagiovanna Capone • 19 ora/e

Photo Credit: Centro polacco di archeologia
mediterranea Università di Varsavia - Kari A. Guilbault©




Un gruppo di ricerca polacco-sudanese che indaga sul monastero africano medievale di Ghazali ha scoperto un raro tatuaggio medievale riferito a Gesù cristo in una tomba. Si tratta del secondo ritrovamento in cui la pratica del tatuaggio è stata evidenziata nella Nubia medievale. Il sito monastico medievale di Ghazali è uno dei siti archeologici meglio conservati del Sudan. Situato nella regione di Wadi Abu Dom del deserto di Bayuda, nella provincia settentrionale del Sudan, a circa 20 chilometri dalla moderna città di Karima.
Tra il 2012 e il 2018, un team polacco-sudanese del Polish Centre of Mediterranean Archaeology dell’Università di Varsavia guidato da Artur Obłuski ha studiato un monastero cristiano medievale nel sito e quattro cimiteri, all'interno dei quali sono presenti centinaia di tombe. I resti umani sono attualmente in fase di studio da parte del bioarcheologo Robert J. Stark e dei suoi colleghi, che stanno indagando sulla provenienza della popolazione locale e stanno cercando di imparare com'era la vita per le persone che sono state sepolte lì.
Una recente scoperta del sito si colloca tra le più interessanti. Durante la documentazione fotografica in relazione alla ricerca di dottorato condotta nel laboratorio di bioarcheologia del Polish Centre of Mediterranean Archaeology dell’Università di Varsavia, Kari A. Guilbault della Purdue University ha identificato per caso quello che è stato confermato come un tatuaggio sul piede destro di uno degli individui sepolti nel cimitero 1 di Ghazali. Il tatuaggio raffigura un Cristogramma e le lettere greche, alfa e omega. Un cristogramma è un simbolo religioso che combina le lettere greche chi e rho per formare un'abbreviazione monogramma per il nome di Cristo. Le lettere alfa e omega, la prima e l'ultima lettera dell'alfabeto greco, rappresentano la credenza cristiana che Dio sia l'inizio e la fine di tutto.

1.8.23

Marco Ruffa, l'anarchico dei tatuaggi: "Serve più cultura e romanticismo"



Parla Marco Ruffa: "Ho lottato per far capire che quella di fare il tatuatore era la mia idea" da  https://www.ilgiornale.it/news/arte/ del 30 Luglio 2023 - 14:44


                      DI Matteo Carnieletto




“L'anarchia non è fare quello che ti pare, l'anarchia è darsi delle regole prima che te le diano gli altri”. Così parlò De Andrè, Faber, e fabbro della parola. Un aedo del Novecento. Era, quella, un’idea che poco o nulla a che fare con quello che vediamo oggi. L’anarchico di ieri poteva anche essere un terrorista. Un criminale. Ma, prima di tutto, era un idealista. Un romantico, in definitiva. Uno ciò che metteva un’idea, giusta o sbagliata che fosse, al di sopra di tutto. Anarchico e romantico è ancora oggi Marco Ruffa, tatuatore presso T-Shock, in corso di Porta Ticinese a Milano. Carattere ruvido, ma capace in poco tempo di spalancare le porte all’amicizia, mette subito le cose in chiaro: “Giornalista e de ilGiornale. Mio padre lo leggeva, io ho preso una strada diversa: ho fatto il volontario del Leoncavallo, poi mi hanno deluso. Dei tuoi colleghi ne apprezzo solo uno: Massimo Fini”. Sorrido ed estraggo il telefono, perché devo difendermi. Il rischio di essere bollato come pennivendolo è dietro l’angolo. Cerco la mail di cui ho bisogno, l’ultima scritta dall’eterno ragazzo che ora non vede più, e che si conclude con quella che è per me una medaglia al valore: “Finiano di stretta osservanza”. Marco legge e si convince. L’intervista può cominciare. Anzi: prima i preliminari. Estrae un libro e, orgoglioso, dice: “Questo è il quaderno che contiene una parte dei miei lavori dal 1988 ad oggi. Ora è tutto su Instagram e su quelle cagate lì. Ma un libro è fisico, lo si può toccare”. Cominciamo a inquadrare la persona, che ci tiene subito a precisare: “Io e Michele (Tartaglia, ndr) siamo tattooer e non tattoo artist. Loro dicono: ‘Faccio solo questo’. Noi invece portiamo avanti l’idea di una storia: quando una persona entra in studio, eseguiamo quello che ci viene chiesto, senza fare i fighi”. Tutti gli stili, tranne il realistico, precisa: “Perché se non viene fatto bene, dopo due o tre anni fa schifo”.





Qual è lo stile che ti piace tatuare di più, quello insomma che ti dà maggiore soddisfazione?


Sono i tatuaggi grandi. Quelli grossi, perché mi piace andare a mano libera. Uno dei miei fari illuminanti è stato Hanky Panky, il tatuatore olandese Schiffmacher, che fra l'altro ho anche conosciuto. È un “pazzo” che, vedendolo lavorare, mi ha indirettamente insegnato come il tatuaggio debba essere una linea che entra nel corpo. Una linea semplice, pulita, veloce. Che puoi anche permetterti di sbagliare, perché poi dopo riempi con il nero. Personalmente, a me piace fare i tribali. Ho girato tutto il sudest asiatico: Borneo, Malesia, India, Indonesia. Sono andato a studiare queste tecniche abbastanza grezze, soprattutto in India, dove in alcuni posti tatuano in mezzo alla strada con zero igiene.

A questo punto, Ruffa mi indica una fotografia appesa a una parete.

Questa è Higan. Ho conosciuto questi indigeni sul fiume Skrang in Borneo. Ti racconto un episodio: sono arrivato il lunedì e non c'erano bambini nel villaggio. Dopo cinque giorni ho chiesto il motivo. Allora mi hanno portato nel villaggio principale, dove mi hanno mostrato la scuola con i banchi, i libri e i bambini che studiavano. “Possiamo insegnare a scacciare le scimmie ma i bambini vogliono andare nella civiltà e devono studiare”, mi hanno risposto i capi. Mi stavano dicendo che avere la conoscenza era un fattore importantissimo.

L'italiano medio pensa che il tatuatore sia una persona un po' rozza, quasi un criminale senza cultura..


Il tatuatore, se è veramente serio, se è un professionista, è una persona di altissima cultura. Perché il tatuaggio c'è da sempre, nasce nella storia dei tempi. I tatuatori sono persone con le quali puoi parlare ore di conoscenza, di antropologia.


Il centro di questo mestiere è l'uomo con i suoi sogni, le sue paure, insomma...


Esatto. Quando le persone vengono nel mio studio, è importante che lascino fuori l'ignoranza e si aprano. Perché io li tocco. Devono quindi raccontarmi le loro storie e capire l'importanza di ciò che stanno facendo: tatuarsi.


Essendo eterno, il tatuaggio non può essere una cosa stupida.


Certo. Molte volte mi capita di avere dei clienti attempati, 50-55 anni, che mi chiedono di rimettere in ordine alcuni loro vecchi tatuaggi. Io mi rifiuto, dico di no anche se potrei guadagnarci. E questo perché quel tatuaggio che mi chiedono di coprire era un momento di una loro storia risalente a tanti anni prima. Non bisogna mai rinnegare il passato. No remorse.

Hai iniziato a tatuare alla fine degli anni Ottanta, tra il 1988 e il 1989. Hai avuto come riferimento il grande maestro Gianmaurizio Fercioni. Poi chi altro?


Non solo lui. Anche Marco Leoni, Marco Pisa, Gippi Rondinella. I primi ad aver avuto il coraggio di iniziare questo tipo di lavoro.

Erano tutte persone che uscivano dall'Accademia delle Belle Arti...


Io faccio parte di un'idea proletaria, non sono figlio di persone ricche o di borghesi. Ho fatto fatica. Ho lottato per far capire che quella di fare il tatuatore era la mia idea. Ricordo che diverse volte mio papà mi ha portato a vedere il suo lavoro. Lavorava in una ditta: disegnava e vendeva le guarnizioni degli altiforni. Quando avevo 12-13 anni, lui tornava a casa e mi diceva che non gliele compravano. Sai perché? Perché funzionavano e quindi è morto arrabbiato. Voleva inoltre che facessi il suo lavoro. Io invece mi sono tolto questa sua rabbia.


Il mestiere del tatuatore è cambiato?


Certo. Sta seguendo il cambiamento del mondo globalizzato. Una volta c'erano tre o quattro studi di tatuaggi, adesso ce ne sono 300mila. Dentro questo numero ci sono anche giovani umili e in gamba, ma anche una grande fetta di sbarbati che vogliono soltanto fare “i fighi”. Servono poi determinate qualità. Noi tatuatori tocchiamo e facciamo male a persone che non conosciamo. Quindi loro si aprono e si raccontano. Siamo una specie di psicologi.

Tu dici che il fenomeno del tatuaggio si è globalizzato. C'è il rischio di una uniformazione, in senso negativo del termine, del tatuaggio?


Si è un po' perso il linguaggio dei tatuaggi. Sarà colpa anche della Torre di Babele. Alla fine tutti parlano in modo diverso. Mentre prima quei pochi tatuatori che c'erano parlavano allo stesso modo, forte e romantico, ora ognuno parla una lingua diversa. E rimarca il fatto che la sua sia la lingua più bella. Invece dovrebbe essere come una volta, con tanto romanticismo. Rispetto i tempi che cambiano, sia chiaro. Ho fatto il giudice di varie tattoo convention, e sto vedendo da vicino i cambiamenti del settore. Penso che, anche se qualcuno decide di disegnarsi un piccolo infinito sulla pelle, il suo gesto sia uguale a quello che decide di farsi un tatuaggio che ricopre l'intera schiena. In entrambi i casi stiamo sempre parlando di mettere un po' di nero sulla pelle. Bisogna solo fermarsi, andare piano. Dovrebbe rimanere una cosa delicata. E invece adesso anche il salumiere sotto casa mia ha chiuso la vecchia attività per fare quella di tatuatore. Con pessimi risultati, per altro, visto che ha già chiuso.


Hai citato tante volte la parola romanticismo. Cosa significa?

È semplice. È la risposta alla domanda sul perché ho scelto di tatuare. Quando ero ragazzino sono sempre stato un ribelle. Quando avevo dieci anni e vedevo gli uomini, ex galeotti o muratori, con addosso tatuata una rosa dei venti, ero affascinato. Quel disegno mi portava a Salgari, al viaggiare con la mente in altri posti. Penso che sia questa una delle cose più importanti. Romanticismo vuol dire anche convivere con dei sogni, gli stessi che poi, magari quando si avverano, non sono più belli. Ecco: il tattoo è un sogno che dovrebbe rimanere tale. Non dovrebbe essere realtà, anche se quel che faccio è reale. Il romanticismo sta all'inizio della realizzazione di un lavoro. È quel punto in cui ho davanti una persona che non ha tatuaggi e inizia a realizzare qualcosa di romantico e incredibile. Io non salvo vite. Non sono un medico. Però produco felicità e sogni.

Mi colpisce quello che dici perché oggi l'idea del tatuaggio è sempre più distante dal romanticismo e associata alla moda. Non serve una rieducazione al tatuaggio?


Domani verrà qui, nel mio studio, una ragazzina che è la figlia della mia prima fidanzatina. La madre mi ha telefonato per raccomandarsi: “Non sono d'accordo con la sua scelta. Convincila a fare un disegno non esagerato”. Mi chiama poi la figlia tutta entusiasta: “Non vedo l'ora di tatuarmi”. Vedi, il discorso del tatuaggio si pone all'interno della famiglia, nei rapporti tra figli e genitori e via dicendo. Secondo me riguarda anche un discorso di ribellione, fermo restando che adesso sono quasi più ribelli quelli che non hanno tatuaggi. Però, ripeto: anche avere solo un puntino, vuol dire essersi predisposto ad accettare il fatto che una persona che non conosci, il tatuatore, ti tocchi e ti faccia male.


Il tatuaggio è sempre stato un rito di iniziazione.

Oggi questo rito è andato perso. Io tatuo varie cose... Sono passato a fare disegni che riguardano le isole del Pacifico. Dopo anni che le ho riprodotte, le persone a cui le ho realizzate non sono mai state neanche sull'Adriatico. Per questo sono in un momento un po' di stasi. Sono un po' “stanchino”. Io tatuo tutti. Però, su dieci persone che entrano nello studio, io sono felice quando ce ne sono due o tre che vengono a chiedermi dei lavori, che rimarranno sulla loro pelle, e che sanno cosa vogliono e quello che fanno. Al giorno d'oggi la gente non sa cosa vuole.

Ti sei mai rifiutato di fare un tatuaggio?


Mi son rifiutato di tatuare simboli politici, come la svastica o la falce e martello. La mia politica è che se da quella porta entra un ragazzino di 18 anni, senza tatuaggi, e mi chiede di tatuarsi la faccia e le mani, io non lo tatuo. Gli parlo e gli spiego. Se, invece, entra un 60enne interamente tatuato e mi chiede lo stesso, allora accetto senza problemi. Ti racconto un episodio. Nel mio vecchio studio è venuto Sfera Ebbasta, che fa parte di questa nuova generazione di trapper. Gli ho chiesto chi fosse il suo manager e mi ha risposto in modo tosto: “Sono io il mio manager”. È un tipo in gamba, non c'è che dire. Ma ad un certo punto gli ho detto che mi piace Tupac, un tipo che sparava con la pistola vera, mentre lui, a Cinisello Balsamo, spara con la pistola ad acqua. In quel momento c'erano lui, la sua guardia del corpo - che mi guardava già male - il driver e un quarto tipo che non ho mai capito chi fosse. ​La società di oggi è materialista e capitalista. Si guarda solo al materiale. Ti fai i denti con mille diamanti e poi non sai nemmeno che quei diamanti arrivano da posti dove la gente muore per estrarli.

8.5.23

tatuaggio fatto per una donna che aveva il cancro al seno. Facebook l'ha ritirata perché la considera un'immagine di nudità e offensiva.

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Evidentemente     certi  argomenti  sono   tabù   se  (  vedere  anche        nei link  sopra  il  caso di Michela  Murgia  )  certe  persone   fanno rimuovere   la  foto  di questa  bella  opera  d'arte   



Francisco Rodriguez Chacon


Este tatuaje fue hecho para una mujer que tenía cáncer de mama. Facebook la ha retirado por considerarla una imagen de desnudez y por ser ofensiva. Sin embargo, creemos que esta mujer es valiente y fuerte, por lo que vamos a publicar la foto. Os pido vuestro apoyo. Dadle al ‘Me gusta’ y compartidla rápidamente para mostrar vuestro apoyo a esta y a otras muchas mujeres que han perdido tanto

Questo tatuaggio è stato fatto per una donna che aveva il cancro al seno. Facebook l'ha ritirata perché la considera un'immagine di nudità e offensiva. Tuttavia, crediamo che questa donna sia coraggiosa e forte, quindi pubblichiamo la foto. Vi chiedo il vostro sostegno. Mettete "Mi piace" e condividete velocemente per mostrare il vostro sostegno a questa e a molte altre donne che hanno perso tanto

sia   che   sia   ,  a  volte  capita  ,  l'algoritmo che non riconosce le opere d'arte ed artistiche dalla volgarità  sia  che  sia       come  mi  ha  risposto   il mio  contatto  
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  • 10 h
  • Pina Sechi
    Giuseppe Scano Fb blocca o cancella in base al numero di segnalazioni, non tiene conto dei contenuti; è stata censurata la foto di una mamma africana che allatta il figlio e chi ha proposto i forni crematori per gli extracomunitari ha ancora il profilo attivo. Basti pensare ai falsi fan di quell'abominevole video costato 9 milioni di soldi pubblici. Quanti profili fake esistono su Fb? E di Morisi- Salvini e Longobardi-Meloni ci siamo dimenticati
  • è segno   che    non  c'è  un educazione   all'arte    in tutte le  sue   forme  

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