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6.7.22

Da analfabeti a diplomati e ora pronti per l’Università La nuova vita di Barry, Milly e Dikson arrivati dall’Africa con i barconi. L’incontro con donne speciali che li hanno adottati e fatti studiare



Da analfabeti a diplomati e ora pronti per l’Università


la nuova sardegna del 06 luglio 2022

                                            Silvia Sanna

La nuova vita di Barry, Milly e Dikson arrivati dall’Africa con i barconi. L’incontro con donne speciali che li hanno adottati e fatti studiare


Uno in fuga dalla miseria, un altro spinto dalla voglia di libertà, il terzo che sul gommone c’è finito per caso e in Sardegna è sbarcato a petto nudo, con le sole mutande che aveva indosso. Tre storie di tre ragazzi, di due madri e di una comunità chioccia che li ha protetti, indirizzati, amati. Si chiamano Barry, Milly e Dikson: hanno 27, 24 e 23 anni, sono arrivati tra il 2015 e il 2016 dalla Guinea Conakry, dal Mali e dalla Nigeria. Oggi sono diplomati, dopo una full immersion sui libri che si è chiusa con tre anni di Serali all’Alberghiero di Arzachena. E ci hanno preso gusto perché, come dice Barry «lo studio ti aiuta a trovare il tuo

posto nella società». E infatti tutti e tre sognano di continuare a studiare all’Università e nel frattempo si godono la meritata e sudata Maturità. Ecco i voti: Barry 77, Milly 75 e Dikson 73. Giusti? «No – dice Dikson – secondo me io meritavo qualche punto in più».Barry e Milly. Il primo, ex analfabeta, ha superato brillantemente l’esame orale parlando del Notturno di D’Annunzio. E anche Barry, in quei momenti, ha ricordato la sua esistenza precedente, segnata dalle privazioni, dalla povertà e dall’assenza di prospettive. «Oggi ho la sensazione di vivere una “vita rovesciata”: nel 2016 sono stato soccorso dopo un lungo viaggio in mare sul barcone, ora sono io che soccorro gli altri in ambulanza con la Protezione civile di Lungoni. È bello, mi sembra di dire grazie». Milly invece fa il giardiniere per la “Cmn garden” di Santa Teresa e nel tempo libero divora libri di storia: «Già da bambino in Mali mi incantavano le vicende dei grandi personaggi, le storie dei luoghi e dei monumenti, la scoperta del passato. Volevo studiare ma in famiglia non c’erano soldi: mio padre faceva il contadino, mia madre è morta quando ero bambino. Sul barcone avevo tanta paura ma salirci era l’unico modo per sopravvivere». La svolta per Barry e Milly è arrivata nel 2016 a Porto Pozzo, quando nei paraggi del centro migranti che li ospitava una signora si è rivolta a Milly per strada parlando in francese: era Alessandra Correzzòla, quella che loro oggi chiamano mamma e che negli ultimi 6 anni è stata anche insegnante, amica e compagna di scuola. «Alessandra ci ha aiutato a imparare l’italiano – dice Barry – a me che ero analfabeta ha insegnato tutto. Grazie a lei siamo andati a scuola, prima alle Medie e poi alle Superiori». Aggiunge Milly: «Alle Serali si è iscritta anche lei, nonostante il diploma e la laurea l’avesse già: ha preso 98, meritatissimo. E poi ci ha dato una casa quando il Centro migranti ha chiuso e noi non sapevamo dove andare. Lei e la sua famiglia sono diventati la nostra famiglia». Ma non è stato tutto facile, perché soprattutto all’inizio la diffidenza era tanta: «Le prime volte in ambulanza la gente non voleva farsi toccare da me – dice Barry – ero il ragazzo di colore che non parlava l’italiano. Secondo alcuni dovevo solo guardare». «Il problema è che spesso si tende a giudicare senza sapere nulla dell’altro – aggiunge Milly – ho capito che spetta anche a noi farci conoscere e apprezzare, il rispetto te lo devi guadagnare».Dikson. Il 1 ottobre del 2016 aveva 16 anni quando è salito sul barcone che dalla Libia lo avrebbe portato in Italia. Il viaggio è durato 6 giorni e lui ha pianto tutto il tempo: «Avevo paura, ero solo, non avevo nulla e volevo tornare a casa mia in Nigeria. Ora ringrazio chi mi ha convinto a partire». Quella di Dikson è un’altra storia incredibile, segnata dagli incontri e dalle coincidenze. «Non ho mai conosciuto i miei genitori naturali, appena nato sono stato affidato a un’altra famiglia con cui ho vissuto sino ai 16 anni e da cui sono stato trattato bene. Ma soldi non ce n’erano, mio padre faceva il saldatore e mamma era casalinga. Non ho potuto studiare e sono andato presto a lavorare, a raccogliere meloni nei campi. Un giorno ho conosciuto un signore. Mi ha detto: “Ci sai fare, vieni con me a lavorare nella mia campagna». Quando sono arrivato ho scoperto che dovevo occuparmi di raccogliere l’erba per dare da mangiare alle mucche e alle capre. E se non trovavo abbastanza erba, quello mi picchiava. Un incubo durato più di un mese sino a quando non è arrivato il fratello e mi ha portato via. Io pensavo mi riaccompagnasse a casa, invece ho scoperto che organizzava i viaggi dei migranti sui barconi. Mi ha detto “parti, tanto se non muori nel viaggio morirai qui”. Sono sopravvissuto e arrivato a Cagliari». Poi il trasferimento ad Aglientu e come per Barry e Milly, una donna, una madre, nel suo cammino: «Si chiama Anna Franca Satta, prima mi ha insegnato a leggere e a scrivere e poi mi ha adottato. Sono suo figlio dal 2020. Mia madre mi ha fatto studiare, le Medie a Valledoria e poi l’Alberghiero ad Arzachena. Grazie a lei mi sono diplomato e quasi non mi sembra vero. Sono arrivato in mutande, lei mi ha ridato la vita»

8.4.22

italiani di serie A e italiani di Serie B

In un paese , come il nostro , che ha subito sulla sua pelle fra il 1880 -1970 i fenomeno dell'emigrazione , ed la cui costituzione e la forma repubblicana sono nate da una durissima lotta contro una dittatura ( e le sue forme di discriminazione vedi leggi anti meticciato prima e legge razziali dopo ) e da una violentissima ( non solo nel numero delle vittime ) guerra civile esiste ancora una fortissima discriminazione esiste una fortissima discriminazione accettata e tollerata dalla maggior parte del paese e per cercarla di proporla davanti all'immobilismo e chiusura parlamentare nessuno osa indire banchetti per un referendum o raccolte firme per una legge d'iniziativa popolare chela contenga . Infatti mi viene da chiedermi la stessa domanda della foto sotto riportata 
  •  dal    settimanale  Oggi
  •                                      Di ANDREA GRECO — foto di ARMANDO ROTOLETTI

  • «Studiano e crescono nel nostro Paese, non sono stranieri», dice Elly Schlein, vicepresidente dell’Emilia Romagna. Una nuova legge propone che, dopo 5 anni di scuola, venga data loro la cittadinanza. Passerà?

    Sono orgogliosissima». Elly Schlein , vicepresidente della regione Emilia Romagna, sceglie il superlativo assoluto per descrivere il suo stato d’animo rispetto alla decisione del comune di Bologna di dare la cittadinanza italiana onoraria ai bambini e ai ragazzi nati in Italia da genitori stranieri, o che vivono in Italia e hanno completato almeno un ciclo scolastico nel nostro Paese. Una decisione, quella

    del capoluogo, che fa scuola: Faenza, Cesena, Modena e ora anche Napoli hanno deciso di seguire l’esempio. «Non è una gentile concessione. Si tratta semplicemente di riconoscere al tempo stesso un diritto e un’evidenza: questi ragazzi crescono e studiano nel nostro Paese. Nessuno li considera stranieri: non i loro compagni di classe, non gli amici, o i loro professori. Spesso sono nati qui, o sono arrivati quando avevano pochi mesi. Però per la legge non sono italiani. In questi giorni la commissione Affari Costituzionali della Camera ha adottato un testo per la riforma della cittadinanza, il cosìddetto Ius Scholae, che garantirebbe la cittadinanza a chi ha frequentato le scuole italiane per almeno cinque anni. Ed è stato votato anche da Forza Italia. Sono per lo Ius Soli (prevede che chi nasce nel territorio di un certo Paese ottenga automaticamente la cittadinanza), ma questa proposta è un buon compromesso. Spero passi in fretta». La scorsa estate tutta l’Italia ha gioito per le medaglie conquistate dagli azzurri, e nessuno ha fatto caso che alcuni fossero di origine straniera. Magari anche questo ha contribuito…

    «Per i giovani non credo sia cambiato nulla. Loro hanno già assimilato questo cambiamento. Per le persone più mature è diverso. Gioire dei successi di atleti azzurri di origine straniera spero abbia fatto riflettere sull’ingiustizia dei tanti italiani che nascono e crescono qui senza la cittadinanza».

    Lei è cresciuta in Svizzera, suo padre è americano, ma gli avi erano di Leopoli. Sua madre invece è italiana. Lei ha la cittadinanza italiana, svizzera e statunitense. La sua storia influisce nelle battaglie per l’inclusione che conduce?

    «Influisce ovviamente, e soprattutto mi spinge anche a pormi degli interrogativi. Sono italiana per nascita, anche se ho passato i primi 18 anni in un altro Paese, mentre a tanti ragazze e ragazzi che li hanno passati in Italia questo è un diritto negato».

    Le ripropongo la considerazione standard dell’utente dei social: «C’è la guerra, l’inflazione, la crisi, la benzina a due euro e noi qui a perder tempo con lo ius

    ». A lei la chiosa.

    scholae

    «Per rispondere ho scritto un intero libro, si intitola La nostra parte. La verità è che diritti sociali e civili sono inscindibili, così come la lotta contro le diseguaglianze e contro i cambiamenti climatici. Transizione ecologica, politiche di inclusione, parità di genere non sono temi di cui occuparsi quando non c’è nulla di più importante in agenda, ma occasioni che dobbiamo sfruttare, per stare meglio tutti, persino economicamente. Se in Italia la percentuale di donne che lavora fosse uguale a quella di altri Paesi europei il Pil farebbe un balzo in avanti. Se imparassimo a sfruttare e far crescere le rinnovabili, evitando i veti incrociati, ora risentiremmo di meno del gas alle stelle. Il mondo sta cambiando e dobbiamo cambiare modo di pensare, se non per

    gli ideali, almeno perché conviene».

    mi citerebbe?

    Fino a ora abbiamo parlato dei temi cari a una nuova sinistra, così nuova che ha un’area che la sostiene, ma non un partito di riferimento. Però se lei dovesse salvare una frase della vecchia sinistra, quale «Mi viene in mente Antonio Gramsci e il suo “Odio gli indifferenti”. Perché da sempre, e ora di

    emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

    Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...