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13.1.16

l'ipocrisia delle associazioni soecie quelle religiose di beneficenza che rifiutano quando Sara Tommasi prova a donare i suoi compensi in beneficenza. Ma le associazioni di carità rifiutano i soldi: "Grazie, ma non è il caso"

Ora sia che sia fatto a scopo lava  coscienza o per vantarsi alla non sappia la destra cosa fa la sinistra la chiesa se fosse fedele agli insegnamenti dei suoi testi sacri e del messaggio di Gesù e degli apostoli dovrebbe accettarla   senza  porsi  scrupoli morali  se  tale   donazioni  sono fatte  con il cuore  e  coerentemente  con il percorso di riabilitazione   che quella persona sta affrontando per lasciarsi alle spalla  il  suo passato (  vedi  archivio blog   sul famoso film di  sara  tommasi  )  



Sara Tommasi prova a fare beneficenza. Ma le associazioni rifiutano i suoi soldi: "Grazie, non è il caso"







È stata ingaggiata per fare da madrina a un evento e ha deciso di devolvere buona parte del compenso in beneficenza.
Ma le due associazioni cui intendeva girare la somma, hanno declinato l'offerta. Il motivo? Perché lei è la "scandalosa" Sara Tommasi.
La vicenda è riportata dal Fatto, che ha pubblicato un'intervista alla showgirl, raccogliendo la sua "delusione" per il rifiuto ricevuto.
Secondo quanto riferito, la Tommasi è stata invitata, dietro pagamento, all'inaugurazione di una nuova stazione di servizio in provincia di Brescia.
Sua intenzione era quello di incassare il cachet e di fare due diverse donazioni: una alla Caritas locale, una all'associazione Mamré che si occupa all'assistenza ad anziani e disabili.
Le quali hanno entrambe rimandato l'assegno al mittente.
Motivo? "Non siamo contrari all'iniziativa in sé, ma l'evento non si confà agli obiettivi del nostro progetto. È una questione di contesto e di opportunità. Apprezziamo l'intento, ma abbiamo deciso di non accettare l'offerta".
"La cosa mi ha profondamente ferita", ha commentato la Tommasi. Aggiungendo: "Hanno ritenuto sconveniente abbinare il mio nome al loro, anche se per solidarietà".
La showgirl ha comunque ribadito l'intenzione di donare parte del compenso in beneficenza.




Invece La chiesa preferisce la beneficenza fatta dai politici e mafiosi come i caso di Enrico de Pedis leader de la banda della magliana la << cui salma inizialmente tumulata nel Cimitero del Verano, fu trasferita circa due mesi dopo all'interno della cripta della basilica di Sant'Apollinare a Roma. La sepoltura in Sant'Apollinare, chiesta dalla vedova per esaudire un desiderio dello stesso De Pedis, fu autorizzata, in deroga al diritto canonico, dal Vicariato di Roma dopo che il rettore della basilica, monsignor Piero Vergari, attestò in una lettera del 6 marzo 1990 che De Pedis in vita fu un benefattore dei poveri che frequentavano la basilica (  da  wikipedia  )   >> così se li intascano loro senza peccare. Io a loro darei solo calci nel sedere. La Sara Tommasi è una santa confronto a loro che rubano I soldi che devono essere utilizzati per i bambini e se li pappano magari con le puttane

1.11.15

ECCESSIVO E INVADENTE © Daniela Tuscano














mio padre e PPP, work in progress...)

Tu sapevi, caro PPP. Io, invece, non so. Adesso ti celebrano ufficialmente. Come un santo laico, da francobollo. La televisione – la tua odiata televisione, ma l’epiteto suona semplicistico, gretto: televisivo, anch'esso - ti dedica intere serate. Prime serate. “Salò” no, non ancora, speriamo mai (troppo assoluto, enorme). Ma le altre pellicole, così ostinatamente fuori centro, pittoriche; quindi contemplative, quindi lente; esiziali per il piccolo schermo; quelle sì, le vedremo. Se le vedremo. Come le vedremo. Tu sapevi, io non so. Se dire “era ora”, con la negletta umiltà che altri - ma non tu - scambierebbero per leggerezza. O gridare alla profanazione, per il mostro consumista che alla fine ha inglobato anche te, nel suo pantheon di melassa warholiana. Con papa Giovanni e Che Guevara, Lennon e Gandhi, Marilyn e Madre Teresa… Ma, al solito, non scioglierò il dubbio. Sono ingenua, tardonovecentesca. Traghettata nel nuovo millennio. L’occhio della tv mi guarda, sì. Ma io guardo lui. Ci usiamo a vicenda. E anche tu l’hai fatto. Hai preso il linguaggio del cinema e l’hai stravolto. Hai redistribuito i ruoli. Il cinema, dichiarasti, è poetico per il suo carattere di sogno. Ma il problema era la sua commercializzazione. I mass-media sono mezzi, non fini. E di essi ti sei servito per trasmettere quanto di più antitelevisivo – e “antisocial” – esista: la poesia. È vero, corri il rischio della banalizzazione. Molti già ci provano, ti citano a pezzi, attribuendoti addirittura frasi non tue. Qualsiasi autorello splatter in cerca di nobilitazione oggi si definisce pasoliniano. Naturalmente pensa al Pasolini "facile", quello delle invettive contro un potere ch'egli non saprebbe nemmeno identificare. A quello "scandaloso", dove per scandalo s'intende non la pietra d'inciampo ma una nudità esibita e scarnificata dal suo vero senso di uomo/donna rivoltati. Si comincia a morire non solo quando l'altro non comprende o, peggio, fraintende un discorso verbale. Ma pure quando disossa il linguaggio del corpo. Il Pasolini scomodo, invece, il fustigatore dei sessantottini, dei capelli lunghi, dell'aborto e della contraccezione, quello no, viene ignorato e rimosso. Quello è il Pasolini da dimenticare, ancorato al passato, problematico, edipico. Un caso clinico (che "ragiona con l'osso sacro", come ebbe a sentenziare un suo collega, in barba al millantato "gayfriendly" del politicamente corretto). Mentre è anche e soprattutto con quel Pasolini che dobbiamo misurarci. Quel Pasolini rischia l'oscuramento. Ma accadde anche a Dante. Perfino a Cristo. Non è mica colpa tua. Non è nemmeno colpa, in fondo, di tv e Internet. La colpa è solo nostra. Ma egualmente nostra è la libertà di cercarti. E in quella libertà sei intatto. La tua storia non può essere addomesticata. Resta lì, nella violenza della fine, nel percorso d’uomo e artista che non s’è mai nascosto. Che hanno definito disperato, ed era atrocemente ottimista, e non voleva fermarsi, pur senza conoscere l’esito della lotta. Metafisico, o metastorico, negli ultimi anni. Cosmico, non fatale. Le tue pitture nere sfumavano nella nebbia scialba di “Salò”. Prodromo del delirio onirico di “Porno-Teo-Kolossal”. Il pugno alzato del partigiano prigioniero dei repubblichini non bastava più, era gesto inadeguato, velleitario e goffo. No, nemmeno più il Pci avrebbe realizzato la giustizia sulla terra. L’umanità rimanente, ricreata, forse sì. Come? Non hai fatto in tempo a dircelo, e malediciamo quel giorno. Anzi, quella notte. Notte dei morti, notte della morte. Notte d’Italia, notte del ’75, notte della fine (tua) e della strage del Circeo. Le donne, gli omosessuali, i profughi, i poeti: i reietti della società. Distrutti. Malediciamo quel giorno e quella notte, ma più forte sentiamo la responsabilità di continuare, perché una strada aperta è più ampia d’un traguardo splendente. Viviamo di speranza, non d’appagamento. Quella del poeta è un’insoddisfazione feconda. Nutrita di mancanze. Rischi la moda, rischi il pasolinismo. Ma hai affrontato pene assai più dure. Ma, possedendo lo strumento, te ne servi per renderti ancor più vicino. Eccessivo. Invadente. Per tutti. Per mio padre, che ti chiama per nome, già lo eri. Il suo urlo, in quella penombra del ’75, in corridoio, lo sento ancora risuonare: “Pasolini, nooo!!!”. Potresti, oggi, entrare davvero – se lo vogliamo – nelle nostre case, scuole, ritrovi. Portare la tua umanità sciagurata, ricondurre alla verità le cose, complicarle, inquietarle. Non so cosa provare oggi. So che questo ricordo doveva esserci. Per configgersi in noi, fra lacrime ardenti e rabbiose.
                                       © Daniela Tuscano 

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