stamattina mentre facevo il mio turno nella bottega cittadina ( associazione nord sud del commercio equo e solidale, tra un cliente e l'altro , leggo che ancora , non si sa come allungare il brodo , si continua senza aggiungere niente di nuovo a parlare della vicenda di Giulia Cecchetin e del suo carnefice e assasino Filippo Turretta . si tratta della trasmissione televisiva Quarto grado e dell' agenzia di stampa Agi ed a seguire tutti gli altri media regionali e nazionali .
Essi stanno ad un anno di distanza continuando , senza aggiungere niente di nuovo a parlare del femminicidio di Giulia Cecchetin e dei particolari su come esso sia stato compiuto . Pur d'avere il primo un ulteriore numero di lettori , il secondo un aumento degli spettatori sono arrivati a riportare le foto della fuga di Turetta e il verbale dell'interrogatorio . Capisco se l'avessero fattto quando la vicenda era appena all'inizio , ma ...... adesso che è passato quasi un anno , riportare tali cose mi sembra inutile e mi sa tanto di morbosità ed sciacallaggio mediatico , in quanto non aggiunge niente di nuovo a quanto già si sà del fatto . Quindi Basta lasciamo in pace la famiglia . Ormai lo sanno anche 🙉🐵🙈 cioè gli indifferenti ( e i puli cosicienza ) a tali tematiche che il gesto di Filippo Turetta era premeditato , almeno da quel che è emerso fin ora . Quindi facciamo un po' di silenzio almeno fino al processo in cui , anche se ne dubito , usciranno delle novità . Evitiamo di parlane . Con questo non vuol dire , e lo dice uno che è :1) cotro ogni forma d censura ., 2) per la libertà a 360° d'informazione 3) per l'articolo 21 della costituzioneNostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
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22.6.24
3.12.23
i femminicidio ( non solo ) di Giulia Cecchettin nel marketing morboso: dalla vita di Turetta in carcere alle relazioni tossiche trasformate in vanto
La strana famiglia (40 anni dopo) - Cover Garbiana di DadoCoimics
No riesco più a tacere , ad essere pragmatico ( cioè accettare che ci sono cose chje non puoi cambiare e stare sempre a lottarci come i mulini a vento ) ed limitarmi come ho fatto fin ora
a me non importa proprio niente di come Filippo Turetta stia vivendo la detenzione. Non certo perché lo disprezzi, ma perché ritengo, razionalmente, che il focus non debba essere posto su di lui, che non debba essere osservato in ogni suo più banale gesto alla ricerca di tracce di umanità o pentimento o consapevolezza. Nulla cambia ciò che è avvenuto nei 22 minuti di cruenta aggressione contro l’indifesa Giulia. Quello, quello là è Filippo Turetta. Siamo quello che facciamo quando gli altri non ci guardano. Non credo nemmeno che ci siano, all’orizzonte, grosse chances di ottenere una seminfermità mentale, non da quello che è emerso fino a oggi. Credo che Filippo Turetta pagherà per aver ammazzato ferocemente una ragazza brillante, promettente, pulita. Lo credo fermamente. Quello che veramente mi preme mettere in luce, ora, è la condizione emotiva degli ultimi giorni di Giulia. La sua ansia, la sua angoscia, il suo stato di forte stress: “vorrei che Pippo sparisse…ho paura che possa farsi del male…non reggerei il senso di colpa”. Ebbene. Vorrei rivolgere un messaggio a ogni ragazza o donna che si scopra e pensare le stesse cose: non è compito tuo salvarlo, non è compito tuo prenderti cura di lui, non è compito tuo preoccuparti. L’unica persona che devi proteggere, curare, salvare, sei tu. La cultura del dovere alla cura dell’altro che ci è stata istillata in quanto madri, la cultura del sacrificio, dobbiamo prenderla e metterla in soffitta. Come madri (ma direi piuttosto come genitori) abbiamo l’obbligo della cura del figlio fino ai diciotto anni d’età, poi dobbiamo (soprattutto per la sua autonomia) lasciarlo andare; come persone abbiamo l’obbligo di amare e tutelare un solo individuo: noi stesse.
Giulia Cecchettin, quando una relazione è tossica
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- Giulia Cecchettin ossessionata da Turetta, gli audio contro i genitori, le telefonate alla sorella e gli incontri ‘casuali’
Come se avere un partner che basa la propria relazione sul controllo e la gelosia assillante siano non solo orgoglio, ma anche l’unico modo di leggere l’amore in una relazione. Il secondo motivo è perché è emerso che Turetta, l’omicida del caso Cecchettin, avesse iniziato ad avere comportamenti violenti già prima dell’epilogo: pedinamenti, controlli a tutte le ore, stalking puro. Abbiamo quindi pubblicato un video in cui, dopo aver controllato i testi con uno psicologo, abbiamo elencato alcuni segnali per cui una relazione può essere considerata tossica. Lo abbiamo fatto cercando di informare, educare, sensibilizzare, così come già da oltre un anno stiamo facendo trattando contenuti di educazione sessuale e sentimentale.
Giulia Cecchettin, l’amore non è possesso
Quel contenuto ci ha restituito uno spaccato sociale preoccupante. Molti insulti: dal semplice “comunisti” alle peggio cose. La maggior parte da account che hanno ormai un ricordo lontano dell’adolescenza, ma anche di qualche ragazzo che difendeva il suo modo di vivere una relazione come se fosse la normalità. Abbiamo avuto conferma che l’amore viene ancora troppo spesso identificato col possesso dell’altra persona, della sua crescita e della sua interezza. Come l’amore così inteso sia per natura portato a sfociare in comportamenti violenti, in cui la violenza fisica è solo la punta di un iceberg ben più profondo: manipolazione, controllo, spegnimento della voce e delle opinioni dell’altro, riduzione a merce che, come tale, può solo essere posseduta ed usata.
C’è ancora tanto da fare sul fronte dell’educazione. Ma la domanda che dobbiamo porci è se la parte di questa generazione che crede sia normale e giusto questo modo di vivere sia in grado di cambiare e, soprattutto, come facciamo noi adulti a evitare il trascinarsi nel tempo di questa concezione tossica e malvagia. Quale esempio stiamo dando alle generazioni più giovani? Basta forse un’ora di educazione affettiva nelle scuole o c’è bisogno del contributo di tutti? Quale è il ruolo delle famiglie, del padre e degli amici? Come facciamo a sradicare convinzioni così forti in chi oggi siede ancora tra i banchi di scuola? Come possiamo invertire la rotta? L’educazione affettiva, alla vita, all’amore, al rispetto verso l’altra persona è la sfida più grande che noi “grandi” abbiamo davanti. Ma, forse, i primi a non avere i mezzi per insegnare ai ragazzi cosa significa amare e rispettare siamo proprio noi. Per cui ben venga ogni azione nelle scuole, grande o piccola che sia: ma perché non rimanga fine a se stessa c’è bisogno di tutti. Perché l’amore, quello vero, passa dall’educazione in senso ampio: non solo da un’ora a scuola, non solo da un video, non solo da un libro. Passa da noi adulti, ogni giorno.
Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO
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