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14.5.25

Sulle ali del vento contro il tumore Le protagoniste della Sail for Women: «La barca a vela ci cura lo spirito»

 Partecipazione record, alla seconda edizione della Sail For Women, la veleggiata ideata dall’associazione Avas (Armatori vela d’altura Sardegna) per la lotta ai tumori femminili e per sensibilizzare sull’importanza dello screening. Questa mattina, centoventi cabinati hanno raggiunto lo start all’altezza della Sella del Diavolo da tutti i marina di Cagliari, Teulada e Villasimius e partecipato alla passeggiata a pelo d’acqua lungo la spiaggia del Poetto.Uno spettacolo di sole e colori, su cui ha dominato il rosa, colore del lungo nastro svolazzante su ogni barca e simbolo della prevenzione.

Una fase della Sail for Women (foto concessa da Alessandro Spiga)

Tantissime, non a caso, le donne a bordo, molte al debutto in una manifestazione velica. “La presenza di molte famiglie ed equipaggi femminili, il loro entusiasmo e la loro allegria sono stati il vero successo della Sail for Women”, ha fatto presente il presindete dell’Avas, Carlo Cottiglia, “i proventi della veleggiata andranno a sostegno della lotta ai tumori femminili, ci siamo divertiti facendo del bene, non possiamo che ritenerci soddisfatti”.Sabato, sempre al Poetto, si era svolta l'anteprima della veleggiata, a Kayak & Sup for Women, a bordo di canoe e Stand up paddle.
Le loro voci si sono alzate sopra il vento. Non erano urla di competizione, ma di rinascita. Domenica il Golfo degli Angeli, con partenza da Su Siccu, ha visto srotolarsi più di cento vele per la sesta edizione della “Sail for Women”, la veleggiata per la lotta ai tumori femminili. E sotto ognuna c’era una storia di vita.Le protagonisteA bordo di Belfagor, Giorgia Zaccheddu, 33 anni, sorride con il vento tra i capelli.
«La barca a vela mi ha salvato la vita», racconta.

 Dopo la diagnosi di tumore al seno quattro anni fa, il sogno di diventare velista è diventato ancora più urgente. «Mi sono risvegliata dall’anestesia con l’immagine di me a prua, e lì ho capito che era il momento di iniziare sul serio». Ora naviga con accanto gli amici di una vita e si fa portatrice di un messaggio potente: «L'amore salva ogni cosa». L’imprevisto era dietro l’angolo. «All’ultimo abbiamo cambiato la rotta per cercare di intercettare il vento», ha spiegato l’oncologa Francesca Bruder. «È un po’ una metafora della vita. Anche in condizioni avverse, bisogna imparare a cogliere il vento e posizionare le vele per andare avanti». Dopo trent’anni di professione è convinta: «I farmaci curano tante cose, ma non lo spirito. Ormai in tutte le famiglie ci sono situazioni di natura oncologica. In un futuro ideale quello che facciamo come associazione arriverà anche nel settore pubblico».
Solidarietà
Ma non è finita in mare. Rita Grazietti di Salute Donna Onlus ha annunciato con orgoglio: «Abbiamo raggiunto l’obiettivo: comprare un secondo ecografo super performante». Al Villaggio della Salute allestito a Su Siccu sono stati visitati oltre 250 pazienti. «Tutti i medici hanno lavorato gratis, con strumenti acquistati grazie alle donazioni degli anni passati». Lei stessa ha affrontato un tumore al seno dieci anni fa. «Nonostante avessi la possibilità di essere operata in centri d’élite, ho scelto il Brotzu, abbiamo professionisti straordinari, ed essere circondata dalla mia famiglia, le mie figlie, mio marito, ha fatto la differenza». E ora restituisce con entusiasmo. «Abbiamo molti progetti in atto per i percorsi di guarigione. Il trucco oncologico e le ricostruzioni areola-capezzolo, aiutano le donne a riconoscersi allo specchio. Non sono dettagli, sono libertà».
Il supportoElena Medda, 53 anni, armatrice, ha offerto due barche, Knut e Fenice. «Ogni scusa è buona per veleggiare», ha detto, commossa per aver condiviso la giornata con la madre 87enne.Chi non ha issato vele ha indossato gli scarponi. Una trentina di partecipanti ha seguito Alberto Fenu, chinesiologo, in un trekking sulla Sella del Diavolo. «Ci siamo fermati in cima, abbiamo respirato e preso consapevolezza del perché fossimo lì. Un momento di raccoglimento emozionante».Sul palco della premiazione, applausi scroscianti hanno accolto Carlo Cottiglia, presidente Avas. «Questa è la Sail for Women, passare dei bei momenti insieme».

23.10.21

c'è chi lotta contro le mafie Rachid, il runner Cavaliere della Repubblica che combatte la mafia con lo sport ., c'è chi s'inchina baciandone le mani

 REPUBBLICA  23\10\2021

Rachid, il runner Cavaliere della Repubblica che combatte la mafia con lo sport

Berradi, marocchino di nascita, trasferitosi in Italia a 10 anni, è stato uno dei mezzofondisti più forti della nazionale azzurra. Oggi è impegnato nel sociale e nella diffusione della legalità tra i giovani di Palermo, un'attività per la quale è stato insignito da un'onoreficenza dal Quirinale

PALERMO - La lotta alla mafia si può fare in un’aula di tribunale, nelle stanze di una procura, nelle caserme dei carabinieri o nei commissariati di polizia. Ma la mafia si può combattere anche in una pista di atletica leggera, in un campo di calcio, per strada organizzando una manifestazione sportiva.E’ questa l’idea che da sempre porta avanti Rachid Berradi,


uno dei mezzofondisti più forti che l’Italia abbia mai avuto. A lungo primatista della mezza maratona e finalista nel 10 mila alle Olimpiadi di Sydney, Berradi è nato 46 anni fa a Meknes in Marocco, ma dall’età di dieci anni vive a Palermo.E proprio nel capoluogo siciliano ha trovato terreno fertile la voglia d‘impegno sociale che da sempre lo accompagna. Un impegno del quale si è accorto anche il Quirinale che nel dicembre del 2020 lo ha insignito con una onorificenza al merito della Repubblica. Il presidente Sergio Mattarella ha nominato il suo concittadino Rachid Berradi Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica e, nella motivazione del riconoscimento, c’è tutta la passione sportiva e civile dell’ex azzurro. “Per la sua appassionata cultura per la legalità e per il contributo al contrasto all’emarginazione sociale”.Quando il telefono ha squillato e una voce annunciava di chiamare dal centralino del Quirinale, Rachid ha pensato a uno scherzo. Un attimo, giusto il tempo di capire che era tutto vero e che i suoi sforzi – quelli sociali prima ancora che quelli sportivi – erano stati riconosciuti e premiati. Berradi è appuntato scelto dei Carabinieri ed è in servizio al Comando provinciale di Palermo. Smesse la scarpette chiodate non ha interrotto – semmai lo ha intensificato – il suo impegno per la legalità.Fare l’elenco della manifestazioni alle quali Rachid ha partecipato in prima persona o nelle quali ha prestato il suo volto e il suo nome come testimonial sarebbe praticamente impossibile. Basti però sapere che queste gare, questi avvenimenti, queste corse non competitive hanno avuto sempre il filo conduttore della legalità, dell’inclusione, della voglia di riscatto.E allora è facile spiegare come Berradi sia stato l’ideatore dell’Atletico Zen, una società sportiva che nasce in uno dei quartieri più difficili di Palermo, che con Rachid in panchina ha partecipato al Memorial “Paolo Borsellino” di calcio a 5.ene" E ancora come Berradi sia stato l’anima di una staffetta in memoria di Filippo Raciti, il poliziotto ucciso prima di un derby tra Catania e Palermo. Una staffetta partita dallo stadio della Palme a Palermo, l’impianto di atletica leggera intitolato alla memoria di Vito Schifani, uno degli agenti della scorta di Giovanni Falcone ucciso nella strage di Capaci.Una vittima della mafia, Schifani, come vittime della mafia erano i personaggi effigiati nelle magliettine indossate dai ventiquattro ragazzi di Palermo e Lampedusa che grazie a una iniziativa di Berradi hanno partecipato all’edizione del 2013 del Golden Gala all’Olimpico. Una staffetta simbolica con i giovani atleti che si passavano il testimone ricavato da un pezzo di legno di una delle barche arrivate a Lampedusa cariche di migranti in cerca di un futuro migliore.Un futuro che Berradi sta cercando di dare anche ai tantissimi ragazzi con i quali ogni giorno lavora a Palermo. Ragazzi come quelli del 2013 che, al rientro da Roma, deposero due bandiere tricolori autografate dai big dell’atletica mondiale all’Albero Falcone dove il giudice abitava e in via D’Amelio dove invece Paolo Borsellino venne fatto saltare in aria da Cosa nostra insieme agli uomini della sua scorta.      Esempi di un impegno sociale, di legalità, di senso civico. Gli stessi esempi che Rachid Berradi trasmette oggi ai “suoi” ragazzi, insegnando loro cosa significhi essere oggi cittadini del nostro tempo anche in una città difficile come Palermo. Dimostrando, con i fatti, che antimafia può essere anche dare un calcio a un pallone insieme agli amici o fare una corsa dove, mai come in questo caso, l’importante è partecipare. L’importante è esserci

San Luca, il baciamano al boss della 'ndrangheta arrestato dopo 23 anni

Salutato con baciamano e abbracci da quanti lo attendevano all'uscita del palazzo dove i Carabinieri lo hanno scovato, nascosto in un bunker ricavato al di sopra del camino in cucina. Fanno scalpore le immagini trasmesse dal Tg1 e relative all'arresto di Giuseppe Giorgi, di 56 anni, catturato dai Carabinieri a San Luca nel palazzo dove risiede tutta la sua famiglia. Giuseppe Giorgi, detto "u capra", inserito nell'elenco dei 5 latitanti di massima pericolosità stilato dal ministero dell'Interno, era ricercato dall'agosto 1994 e deve scontare 28 anni e 9 mesi di reclusione per reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanza stupefacenti

                             Quel baciamano al boss latitante omaggiato come un sovrano


“Baciamo le mani”. Chi nel parlare di mafie, non ha mai usato quest’espressione? Sdoganata da film e racconti, è spesso strumento di racconti macchiettistici dei clan. Eppure è realtà. Quando dopo 23 anni di latitanza Giuseppe Giorgi "U capra", boss dei Romeo Staccu con 28 anni e 9 mesi da scontare per droga, è stato scovato nella sua San Luca c’è chi si precipitato ad omaggiarlo proprio così. Perché soprattutto nell’ala militare della ‘Ndrangheta segni e simboli, pesano più delle parole, consolidano un marchio, perpetuano un mito. E il boss, costretto a uscire dal cunicolo in cui si era nascosto calandosi giù come un topo, è stato portato via dai carabinieri mentre la folla lo omaggiava come un re.

Procuratrice Ancona, 'non tutti i casi di violenza sono uguali'

© Provided by ANSA (ANSA) - ANCONA, 04 DIC - "Questa storia lascia l'amaro in bocca, non si possono trattare tutti i casi di violen...