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10.11.21

stato assassino morale la storia di Adelina Sejdini si è suicidata: denunciò racket della prostituzione. Chiedeva la cittadinanza italiana: “Se torno in Albania mi ammazzano”

Eco come lo stato uccide Poiché non penso che la gente legga tutto l'articolo o ne abbia il tempo trova qui un riassunto della vicenda
 

Girando  tra  i follower   dei miei social   ho  trovato  questo 

18 h 
 
Adelina, donna albanese, vittima della tratta delle schiave, era arrivata in Italia come tante altre sue compagne di sventura su un gommone. Dopo essere stata rapita giovanissima dalla crudele mafia albanese, dopo essere stata stuprata dal branco, è stata avviata alla prostituzione coatta sul ricco mercato italiano, perché, diciamolo, in Italia il mercato del sesso sfruttato è una fonte importante di reddito per le mafie Adelina poi con le sue coraggiose rivelazioni ha fatto arrestare 40 persone mentre altre 80 vennero denunciate, di fatto sferrando un duro colpo all'organizzazione di suoi connazionali che avevano messo su un importante giro di sfruttamento della prostituzione in Italia. Adelina più volte poi ha chiesto la cittadinanza italiana perché, dopo aver denunciato i suoi sfruttatori, se fosse tornata in Albania sarebbe andata incontro a morte certa. Ripetutamente questa giovane donna ha protestato contro quel permesso di soggiorno concessole inizialmente in cui non risultava più apolide, ma cittadina albanese. A fine ottobre, venuta a Roma, sperando in un intervento del Presidente Mattarella, si è data fuoco davanti al Viminale, cioè davanti al Ministero dell'interno, che avrebbe dovuto proteggerla in virtù della sua collaborazione con la giustizia. Dopo essere stata soccorsa con ustioni su tutto il corpo, beffardamente le è arrivato anche un provvedimento di allontanamento dal Comune di Roma e il divieto di farvi ritorno per un anno ! Adelina, a Pavia dove risiedeva, non è più rientrata: sabato scorso si è gettata da un cavalcavia ferroviario a Roma. Vittima silenziosa di uno Stato distratto, miope, ignaro, o, forse, forte con i deboli e debole con i forti.

P.s.: come vedete dalla foto, questa disgraziata leonessa nel frattempo ha dovuto anche fronteggiare la triste esperienza di una malattia oncologica.

Quello che  fa  più rabbia  è  che 


 da  il  https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/11/08/

Più volte aveva chiesto di poter ottenere la cittadinanza italiana: era disperata dopo che nel suo permesso di soggiorno era stato tolto lo stato di apolide e indicata la cittadinanza albanese. Sabato scorso si è tolta la vita lanciandosi da un cavalcavia ferroviario: così è morta Adelina Sejdini, ex prostituta nata a Durazzo che ha avuto il coraggio di far arrestare i suoi sfruttatori. Grazie alle sue rivelazioni 40 persone furono arrestate e altre 80 denunciate, tutte appartenenti alla mafia albanese che controllava lo sfruttamento della prostituzione in tutta Italia. Il 3 novembre era stata ospite a L’aria che tira su La7 [ vedere  video  ]   doveva aveva raccontato: “Io se torno in Albania sono una donna morta, ho paura di essere ammazzata da quelli che ho fatto arrestare“. Sejdini, 46 anni, viveva a Pavia ed era malata di tumore con frequenti ricoveri in ospedale al San Matteo. Dopo essere fuggita dai suoi sfruttatori, aveva denunciato l’organizzazione e negli anni successivi si era anche impegnata al fianco dei City Angels per aiutare le giovani prostitute vittime del racket a liberarsi da quella schiavitù. Non aveva più voluto la cittadinanza albanese, il paese che aveva lasciato nel 1996 quando era arrivata in Italia a 22 anni. In occasione dell’ultimo rinnovo del suo permesso di soggiorno, però, non le era stato riconosciuto più lo stato di apolide. “Non solo, c’è scritto che lavoro. Di conseguenza non posso più avere i sussidi e la pensione d’invalidità che mi serve per vivere”, aveva racconto Sejdini. Una commissione medica, invece, l’aveva riconosciuta invalida al 100%.Nella sua nuova condizione avrebbe incontrato enormi difficoltà a vedersi assegnata una casa popolare. Per protestare contro la burocrazia, alla fine di ottobre aveva deciso di andare a Roma, nonostante le sue precarie condizioni di salute, sperando di poter incontrare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella o almeno alcuni funzionari del ministero dell’Interno. Poi il 28 ottobre si è data fuoco. Soccorsa e traportata all’ospedale Santo Spirito con gravi ustioni, la donna raccontava: “Ho presentato la domanda per avere una casa popolare, ma adesso me la sogno. I documenti non corrispondono più. E non posso accettare la cittadinanza albanese, dal momento in cui me l’hanno scritto ho gli incubi. Mi ammazzo piuttosto”. Su disposizione delle autorità, dopo il ricovero nella Capitele sarebbe dovuto rientrare a Pavia, dove era in cura ed era finita anche in terapia intensiva. Ma Adelina Sejdini da Roma non è mai tornata e sabato scorso si è lanciata da un cavalcavia ferroviario. Sulla tragedia sono in corso accertamenti da parte della Polizia Ferroviaria di Roma Termini

quanti suicidi o  invisibilità    dovranno ancora  succedere  prima  che   si faccia  un  legge  seria  e  no demagoga   e  malpancista   che  regoli  in maniera  umana   tali fenomeni ?

Io   penso  mai   in quanto  calcare le  nostre paure  ,  le nostre titubanze    serve non solo  a guadagnare  voti   e consenso  ma  a  nascondere    ed  usare  tali fatti  come foglia di  fico  per  nascondere   gli insuccessi e  la  mala  politica 

1.4.17

care donne italiane prende esempio da queste due donne marocchine che Umiliate , picchiate e vittime di continui maltrattamenti. si sono ribnellate e hanno denunciato il loro partner

Care  donne  italiane    
che non vi ribellate  e subite  in silenzio  prende   esempio da loro 

MANTOVA

Umiliate e picchiate. Ragazze coraggio si ribellano agli ex 

Entrambe marocchine e vittime di continui maltrattamenti. Alle connazionali: «Svegliatevi e denunciate, siamo in Italia»
MANTOVA. Ghis non smette di piangere mentre Madia le sfiora la testa con una carezza. « Dai basta, non fare così. Una soluzione la troveremo, altrimenti ce ne andiamo via da Mantova ».Trentatré e trentuno anni, entrambe marocchine, in Italia da 9 e con un lavoro stabile: colf e badanti.Da alcuni mesi, però, la loro vita è diventata un inferno, per colpa dei rispettivi ex compagni, amici tra loro, alleati nel tormentare le due ragazze che hanno voluto troncare un rapporto fatto di prepotenze, botte e insulti.Ma ad un certo punto hanno detto basta. Stop con un passato che vogliono dimenticare e che le sta mettendo in enorme difficoltà anche sul lavoro, nella vita privata, nelle amicizie e nei rapporti con i vicini di casa.La settimana scorsa Ghis è finita al pronto soccorso (10 giorni di prognosi per calci e pugni) dopo che il suo ex aveva sfondato la porta di casa e l’aveva aggredita. A Madia, invece, l’ex ragazzo ha scagliato la bicicletta addosso in pieno centro e continua a tempestarla di telefonate.Due episodi deprecabili, gli ultimi di una lunga serie. La classica goccia che ha provocato la reazione.Entrambe si sono rivolte alle forze dell’ordine e ora chiederanno aiuto anche a Telefono Rosa. Hanno due figli piccoli a testa e qualcuno va già a scuola. «Temiamo anche per loro, perché i nostri due ex vanno a dire in giro cose molto spiacevoli e umilianti nei nostri confronti. Ci sentiamo osservate e giudicate solo perché abbiamo deciso di ribellarci a questa condizione inaccettabile».Una ribellione che passa attraverso una denuncia pubblica: «Ci rivolgiamo anche a tutte le nostre connazionali che vivono una brutta realtà come la nostra e che non trovano il coraggio di denunciare chi le maltratta. A loro diciamo di svegliarsi, di combattere, di lottare, perché anche noi donne marocchine abbiamo dei diritti. Siamo in Italia da 9 anni e finalmente abbiamo capito come funziona».Ghis e Madia raccontano che ormai non riescono più a lavorare con serenità, perché quando escono di casa si sentono seguite, sorvegliate e pedinate. «Ci hanno anche minacciate, perché vogliono tornare insieme a noi. Ma noi gli abbiamo spiegato che non si torna più indietro, che abbiamo commesso un errore una volta a scegliere le persone sbagliate e non vogliamo sbagliare ancora. Gli abbiamo anche detto che siamo in Italia e che non ci possono trattare come certi uomini trattano le donne marocchine nel nostro paese d’origine».Quello delle due ragazze è un appello pubblico mosso dalla disperazione: sanno che il loro gesto potrebbe anche provocare reazioni contrarie, «ma peggio di così – dicono – non può andare». E sono talmente scosse da aver già progettato di scappare da Mantova, dove tuttora vivono i loro due ex, perché la città ormai è diventata troppo piccola.Ferite fisiche e mentali. Ghis porta ancora sul corpo i segni dell’ultima aggressione di una settimana fa, Madia continua a ripetere che la sua è più che altro una sofferenza mentale, psicologica che le fa dire addirittura che forse avrebbe preferito «due sberle ed è finita lì» rispetto ad una persecuzione che dura da mesi e che le è entrata «nella testa e nell’anima».Segnalazioni alle forze dell’ordine ne avevano già fatte in passato e tra pochi giorni andranno hanno in questura per formalizzare l’ammonimento nei confronti dei due ex compagni.«Non abbiamo paura di quello che ci potrà succedere – concludono – perché ormai questa non è più vita. Ci sembra di impazzire, non è giusto, non abbiamo fatto nulla di male. Così come non hanno fatto nulla di male tutte quelle donne maltrattate e picchiate da mariti e fidanzati. Svegliatevi  Svegliatevi ragazze e ribellatevi, siamo in Italia».

ragazze e ribellatevi, siamo in Italia».

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...