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30.11.14

21 NOVEMBRE 1864 ORA I BAMBINI DORMONO SUL FONDO DEL SAND CREEK

dall' amico   \  compagno di  viaggio 

 http://leonardopisani.blogspot.it/2014/11/21-novembre-1864-ora-i-bambini-dormono.html 

Si sono presi i nostri cuori sotto una coperta scura
sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura
fu un generale di vent'anni
occhi turchini e giacca uguale
fu un generale di vent'anni
figlio di un temporale

ora i bambini dormono sul fondo del Sand Creek
 
 
 
Così cantava il grande Fabrizio De Andrè nella stupenda e commovente Fiume Sand Creek scritta con Massimo Bubola ricordando uno dei più ignobili massacri perpetrati dalle giacche blu dell’esercito degli Stati Uniti di America, successo all’alba del 29 novembre 1864. Un massacro inutile ordinato dal Il colonnello John Chivington. Ad una soldataglia reclutata pochi mesi prima con l’intento di uccidere quanti più indiani possibili.
 

Capo Cheyenne
 Le cifre del massacro furono subito ridimensionate, parlando di poche decine di morti, quasi tutti guerrieri; in realtà non si conoscono ma sono centinaia e per la maggior parte donne, anziani e bambini. All’accampamento del Sand Creek vi erano tribù che volevano la pace con “i Lunghi Coltelli”  ovvero  Cheyenne  Pentola Nera, Antilope Bianca e Copricapo di Guerra  e gli Arapaho di Mano Sinistra. Nessuna sentinella nel campo, una bandiera americana innalzata in segno di pace. Ma all’alba del 29 novembre 1864 “la colonna dei soldati giunse al campo Cheyenne e Arapaho sul Sand Creek, ottenendo una completa sorpresa: a parte i guardiani del recinto dei cavalli, i nativi non avevano messo nessuna sentinella a protezione del campo, tanto erano fiduciosi sul fatto di non avere nulla da temere  L'accampamento era situato in un'ansa a ferro di cavallo del Sand Creek, a nord di un piccolo torrente in quel momento in secca: la tribù di Pentola Nera era accampata al centro, con a ovest i Cheyenne dei capi Antilope Bianca e Copricapo di Guerra e a est, un poco più discosti, gli Arapaho di Mano Sinistra. La maggior parte dei maschi adulti era lontano più a est, a caccia delle mandrie di bisonti nella zona dello Smoky Hill, e circa i due terzi dei 600 nativi presenti nel campo erano donne o bambini; Robert Bent stimò che i guerrieri fossero circa 35, cui sommare un'altra trentina di uomini anziani ativi furono svegliati dal rumore dei cavalli della massa dei soldati che galoppava verso il campo; la confusione si sparse rapidamente per l'accampamento mentre donne e bambini uscivano urlando dalle tende e i pochi guerrieri disponibili correvano a prendere le armi. Edmund Guerrier fu svegliato dalle urla delle donne: uscì dalla tenda e si diresse verso l'alloggio del mercante John Smith, anche lui accampato con i Cheyenne insieme a sua moglie nativa, a suo figlio meticcio Jack e al soldato David Louderback. Quest'ultimo propose di andare incontro ai soldati avanzanti, ma non appena il piccolo gruppo uscì dalla tenda di Smith i cavalleggeri aprirono il fuoco con carabine e pistole: il gruppo fece dietro front e corse a riparasi dietro la tenda, dove furono raggiunti anche da Charlie Bent.
pentola nera
Pentola Nera aveva fatto innalzare accanto al suo tipi un alto palo di legno a cui aveva fissato una grossa bandiera degli Stati Uniti d'America, un dono di quando aveva firmato il trattato di Fort Wise: non appena i soldati si avvicinarono al campo, il vecchio capo urlò alla sua gente di radunarsi sotto alla bandiera e in poco tempo svariate centinaia di donne e bambini si ammassarono intorno al palo,mentre tutt'intorno i soldati facevano fuoco indiscriminatamente
disegno del massacro fatto da un sopravvissuto
Ai primi spari il capo Antilope Bianca, un vecchio di 75 anni, si mosse a passo svelto verso i soldati; James Beckwourth, che cavalcava a fianco di Chivington, testimoniò che il capo, disarmato e con le mani in alto, si avvicinò urlando «Fermi! Fermi!» in inglese perfettamente udibile, finché non fu abbattuto a colpi di fucile da parte dei soldati. Il corpo rimase abbandonato sul letto asciutto del torrente: come riferì poi Robert Bent, alcuni soldati vi si avvicinarono e lo mutilarono con i loro coltelli, tagliandogli il naso, le orecchie e i testicoli per farne dei trofei Risalendo il letto asciutto del torrente, anche gli Arapaho del campo vicino corsero a rifugiarsi sotto la bandiera di Pentola Nera; il capo Mano Sinistra si fermò di fronte ai soldati con le braccia incrociate, dicendo che non avrebbe combattuto contro di loro perché erano amici: fu colpito da una pallottola di fucile, ma riuscì poi a mettersi in salvo. 
il Colonnello Chivington
Robert Bent descrisse lo scontro come «una carneficina indiscriminata di uomini, donne e bambini»Bent vide un gruppo di trenta o quaranta donne rifugiarsi in un anfratto: una bambina di circa sei anni fu mandata fuori con una bandiera bianca, ma questa fu subito colpita e uccisa dal fuoco dei soldati; tutte le donne ammassate nell'anfratto furono poi passate per le armi senza che potessero opporre resistenza . Tutti i corpi dei nativi uccisi che Robert Bent vide erano stati scalpati e molti mutilati dai soldati una circostanza confermata anche dalla testimonianza del tenente James Connor: i soldati tagliarono le dita delle mani dei morti per impossessarsi di anelli e altri gioielli, oppure asportarono nasi, orecchie e organi sessuali di uomini e donne per farne dei trofei da esporre sui cappelli o sulle selle dei cavalli; nei giorni successivi al massacro molti soldati furono poi visti mettere in mostra questi loro trofei nei saloon della zona di Denver.
Non venne dato nessun quartiere ai nativi feriti, né ai bambini. Robert Bent vide un soldato avvicinarsi a una donna stesa a terra, colpita a una gamba, e spezzarle entrambe le braccia a colpi di spada, lasciandola poi lì a morire dissanguata; sempre Bent riferì di una bambina di cinque anni che, nascosta in un banco di sabbia, fu scoperta da due soldati: questi le spararono a distanza ravvicinata con le loro pistole e poi ne trascinarono il corpo fuori dalla sabbia prendendolo per un bracci. Sia Bent che il capitano Soule videro il corpo di una donna incinta, lasciato sventrato e con il feto abbandonato accanto; Bent riferì di aver visto i corpi di numerosi neonati uccisi con le loro madri, mentre il tenente Connor seppe di un bambino di pochi mesi gettato nella cassetta del fieno di un carro e poi abbandonato a morire sulla strada durante il rientro della colonna al forte.
L'attacco non fu molto coordinato poiché molti soldati erano scarsamente disciplinati e ubriachi dopo le bevute fatte durante la marcia di avvicinamento; parecchi nativi riuscirono quindi a fuggire dal luogo del massacro: quando divenne chiaro che la bandiera alzata da Pentola Nera non era un rifugio sicuro, vari gruppi di nativi fuggirono attraverso il basso corso del Sand Creek cercando rifugio sulla sponda opposta, dirigendo poi a est verso i campi degli Cheyenne andati a caccia sullo Smoky Hill; diversi di loro furono uccisi dal fuoco degli obici da montagna dei soldati che sparavano dalla riva sud del fiume Pentola Nera si salvò nascondendosi in un burrone, anche se sua moglie fu gravemente ferita; numerosi nativi si nascosero scavando buche e trincee nella riva sabbiosa del torrente in secca, resistendo poi fino a notte: tra questi vi fu George Bent, rimasto separato dal fratello Charlie fin dalle prime fasi dello scontro e ferito al fianco da una pallottola di fucile.
Conclusasi la sparatoria la colonna di Chivington fece rapidamente rientro a Fort Lyon; prima di lasciare l'area i soldati presero i cavalli dei nativi e incendiarono le tende del campo. I soldati portarono con sé sette prigionieri: la moglie Cheyenne del commerciante John Smith, la moglie nativa di un colono che risiedeva a Fort Lyon con i suoi tre bambini e i due meticci Jack Smith e Charlie Bent. Beckwourth riuscì a salvare la vita a Charlie nascondendolo su un carro insieme a un ufficiale rimasto ferito e facendolo poi rilasciare, ma Jack fu ucciso da un soldato che infilò la canna della sua pistola in un buco della tenda dove il prigioniero era detenuto.
guerrieri Arapaho
Il numero esatto delle vittime del massacro di Sand Creek non è chiaro. Nel suo rapporto reso alla commissione d'inchiesta dopo i fatti, il colonnello Chivington indicò la cifra di 500 o 600 nativi morti, sostenendo che la quasi totalità delle vittime erano guerrieri e che il numero di donne e bambini rimasti uccisi era molto basso . Le cifre date da Chivington furono largamente sottodimensionate da altri testimoni oculari degli eventi: il commerciante John Smith parlò di 70 od 80 morti tra gli indiani, di cui solo 20 o 30 erano guerrieri; George Bent, in una lettera al giornalista e attivista per i diritti dei nativi dell'America del Nord Samuel F. Tappan del 15 marzo 1889, parlò di un totale di 137 vittime, di cui 28 uomini e 109 donne e bambini il maggiore Scott Anthony parlò di «non più di» 125 vittime tra i nativi, mentre il tenente Joseph Cramer stimò tra le 125 e le 175 vittime totali. Diversi autori riportano per i nativi la cifra di 133 morti: 28 uomini e 105 tra donne e bambini.
La tribù di Pentola Nera, i Wutapai, soffrì le perdite più pesanti; perì quasi metà della tribù degli Hevhaitaniu, compresi i suoi capi Lupo Giallo e Grande Uomo, e cifre simili riportarono gli Oivimana del capo Copricapo di Guerra (rimasto ucciso) e gli Hisiometanio di Antilope Bianca. Tra le vittime vi era anche il capo Occhio Solo, perito insieme a gran parte della sua tribù, mentre i clan degli Heviqxnipahis e dei Suhtai ebbero pochi morti; delle dieci tende del campo Arapaho di Mano Sinistra (circa 50 o 60 persone), solo una manciata sfuggì indenne all'attacco dei soldati. Nessun membro dei Soldati Cane Cheyenne era presente al campo sul Sand Creek.
l'anglo-cheyenne Edmond Guerrier, testimone oculare del massacro 
La reazione dei seppur pochi guerrieri presenti nel campo provocò vittime anche tra i soldati attaccanti: John Smith parlò di 10 soldati uccisi e altri 38 feriti, mentre il rapporto ufficiale di Chivington indicò 9 morti e 38 feriti. Le stime sul numero dei caduti tra i soldati arrivarono poi a un totale di 24 morti e 52 feriti: il 1st Colorado Cavalry ebbe 4 morti e 21 feriti, il 3rd Colorado Cavalry 20 tra morti in azione e per le ferite riportate e 31 altri feriti. Alcune fonti attribuiscono molte delle vittime tra i soldati al fuoco amico, a causa della scarsa disciplina dei loro compagni e della caotica conduzione dell'assalto, circostanza però non confermata da altri autori. (fonte wiki) 
donna Arapaho
Il massacro fu oggetto di due diverse indagini,  nel gennaio 1865 gli eventi di Sand Creek arrivarono quindi all'attenzione dello United States Congress Joint Committee on the Conduct of the War, un comitato investigativo del Congresso degli Stati Uniti d'America  che diede questo giudizio:
« Per quanto riguarda il Colonnello Chivington, questo comitato può difficilmente trovare dei termini adeguati che descrivano la sua condotta. Indossando l'uniforme degli Stati Uniti, che dovrebbe rappresentare un emblema di giustizia e di umanità; occupando l'importante posizione di comandante di un distretto militare, che gli ha concesso l'onore di governare tutto ciò che rientra nei suoi poteri, ha deliberatamente organizzato ed eseguito un folle e vile massacro in cui numerose sono state le vittime della sua crudeltà. Egli conoscendo chiaramente la cordialità del loro carattere, avendo egli stesso in un certo senso tentato di porre le vittime in una condizione di fittizia sicurezza, ha sfruttato l'assenza di alcun tipo di difesa e la loro convinzione di sentirsi sicuri per potere gratificare la peggiore passione che abbia mai attraversato il cuore di un uomo.

Qualunque peso tutto questo abbia avuto sul Colonnello Chivington, la verità è che ha sorpreso e assassinato, a sangue freddo, inaspettatamente uomini, donne e bambini, i quali avevano tutte le ragioni per credere di essere sotto la protezione delle autorità statunitensi, e poi ritornando a Denver si è vantato dell'azione coraggiosa che lui e gli uomini sotto il suo comando hanno eseguito.
accampamento Arapaho
In conclusione questo comitato è dell'opinione che al fine di vendicare la causa di giustizia e mantenere l'onore della nazione, pronte e rigorose misure debbano essere adottate per rimuovere chiunque avesse così vilipeso il governo presso cui sono impiegati, e di punire, adeguatamente al crimine commesso, coloro che sono colpevoli di questi atti brutali e codardi. » Ma non vi furono conseguenze, tutti colpevoli, tutti innocenti….

Si sono presi il nostro cuore sotto una coperta scura
sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura
fu un generale di vent'anni
occhi turchini e giacca uguale
fu un generale di vent'anni
figlio di un temporale

c'è un dollaro d'argento sul fondo del Sand Creek

I nostri guerrieri troppo lontani sulla pista del bisonte
e quella musica distante diventò sempre più forte
chiusi gli occhi per tre volte
mi ritrovai ancora lì
chiesi a mio nonno è solo un sogno
mio nonno disse sì

a volte i pesci cantano sul fondo del Sand Creek

Sognai talmente forte che mi uscì il sangue dal naso
il lampo in un orecchio e nell'altro il paradiso
le lacrime più piccole
le lacrime più grosse
quando l'albero della neve
fiorì di stelle rosse

ora i bambini dormono sul fondo del Sand Creek

Quando il sole alzò la testa oltre le spalle della notte
c'eran solo cani e fumo e tende capovolte
tirai una freccia in cielo
per farlo respirare
tirai una freccia al vento
per farlo sanguinare

la terza freccia cercala sul fondo del Sand Creek

Si sono presi i nostri cuori sotto una coperta scura
sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura
fu un generale di vent'anni
occhi turchini e giacca uguale
fu un generale di vent'anni
figlio di un temporale

ora i bambini dormono sul fondo del Sand Creek

18.8.12

Montana, l' ultima guerra... degli indiani Piedi Neri contro le major del petrolio


a gli altri capi tribù    ascoltate  la  voce  di ancora resiste parafrasi del ritonello di questa  canzone





proprio  leggo l'articolo  di    repubblica  del 17\08\2012  che  trovate  sotto  oltre  a questa  foto che avevo come sfondo   in un vecchio desktop


mi  è  ritornata  in mente  questa  canzone




Ma  ora basta  girare  la  frittata  ed  andiamo all'articolo


Il Glacier National Park, ai confini tra il Montana e il Canada, era la terra dei «Blackfoot», gli indiani Piedi Neri, una delle più famose tribù di native americans. Regione di montagne scoscese, dozzine di laghi, centinaia di animali diversi e mille piante, dove gli eredi di quelli che erano considerati «i più grandi cavallerizzi dell' intera prateria» vivono ancora oggi, sfruttando come possono una delle più belle riserve indiane d' America. Una natura spettacolare, meta degli amanti del trekking che prenotano con mesi di anticipo gli chalet del primo Novecento.
 Terra di grande bellezza e ricco sottosuolo in cui, a mille e passa metri di profondità, si nascondono vene di petrolio. I leader della tribù hanno deciso che è il momento di sfruttare quella ricchezza, dando il via libera alle prime trivellazioni. Una decisione sofferta che ha spaccato i «Piedi Neri» in due fazioni opposte: i pragmatici, che vedono nel nuovo business un modo per assicurare un futuro più decente alle proprie famiglie, gli idealisti, scandalizzati da quei macchinari prontia violare una terra sacra dove vivono gli spiriti di guerrieri indomabili. Una piccola guerra scoppiata lo scorso aprile, quando un gruppo di membri della tribù diedero vita a un evento chiamato «la nostra terra, il nostro futuro», in cui Jack Gladstone, il più famoso cantautore dei Blackfoot lanciò «Fossil Fuel Sinner» (combustibile peccatore), diventato ben presto l' inno della protesta. Diatriba che il New York Times ha rilanciato come news nazionale. Due punti di vista opposti, ognuno con le proprie ragioni. Un boom del petrolio sarebbe una manna finanziaria per una tribù che, come tutti gli indiani d' America, soffre una secolare povertà ed è sempre alla disperata ricerca di NATIVI A destra, un indiano dei Piedi Neri. A sinistra, trivellazioni in Montana nuovi lavori. Gli oppositori, oltre alla violazione della terra sacra, sostengono invece che le trivellazioni rischiano di rovinare l' habitat, con gravi conseguenze sul turismo locale (fonte di guadagni per i membri della tribù). La terra dei piedi neri un tempo era grande come l' intero Montana (l' equivalente della Germania) ed oggi è ridotta a 6mila chilometri quadrati. Ci vivono in 10mila, eredi di quelli che un tempo erano cacciatori, predatori e guerrieri. Chi si oppone alle trivellazioni sottolinea come i Blackfoot siano, tra gli indiani d' America, una delle tribù che meglio si è adattata ai moderni Stati Uniti e che può continuare a vivere tranquillamente senza petrolio. Chi le vuole rinfaccia agli idealisti mancanza di coraggio e di senso della realtà: «per noi il petrolio può essere quello che per altri indiani sono stati i casinò». Sulle case da gioco è in atto un' altra battaglia intertribale, centinaia di miglia più a sud, nelle colline della Sierra Nevada in California. Lì gli indiani Maidu hanno finalmente ottenuto dal governo federale la possibilità di aprire un casinò fuori dalla riserva, ma la potente United Auburn Indian Community, (diverse tribù, compresi altri Maidu), proprietaria del resort «Thunder Valley» - hotel da 300 stanze, anfiteatro e campo da golf, decine di tavoli e 2700 slot machine - e un guadagno annuale di 30mila dollari per ogni membro della comunità si sta opponendo con tutte le forze. E il governatore della California, per ora, ha congelato il progetto.


                         ALBERTO FLORES D' ARCAIS NEW YORK.


      per chi volesse   sotto  trova  degli      approfondimenti    sui tale popolazione 

I Piedi Neri

A cura di Sergio Mura
Tra i moltissimi libri che vi proponiamo qui su Farwest.it, questo è uno di quelli imperdibili. Il suo valore supera largamente il ristretto ambito – i Piedi Neri – a cui è dedicato. In esso, infatti, nel descrivere in maniera impagabile la vita e la storia dei Black Feet, l’autore finisce per regalarci dettagli che valgono per quasi tutti i popoli delle grandi pianure del Nord America e di cui, in Italiano, è difficile trovare notizie parimenti preziose.
Il libro, dicevo, è dedicato ai Piedi Neri, un’autentica potenza militare delle pianure del nord-ovest americano ai tempi storici del bisonte e della sua cultura. Questo libro si rivela una vera e propria miniera di informazioni sulle grandi battaglie tribali tra i Piedi Neri e i loro vicini-nemici, gli Shoshoni, i Flathead e i Kutenai.
Attraverso una grande ricchezza di dettagli ed una prosa semplice (un grande merito va riconosciuto ai traduttori) riusciamo a conoscere moltissimo dei Piegan, dei Blood e dei Siksika, ossia le componenti della nazione dei Piedi Neri. Leggi il resto



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