Montana, l' ultima guerra... degli indiani Piedi Neri contro le major del petrolio


a gli altri capi tribù    ascoltate  la  voce  di ancora resiste parafrasi del ritonello di questa  canzone





proprio  leggo l'articolo  di    repubblica  del 17\08\2012  che  trovate  sotto  oltre  a questa  foto che avevo come sfondo   in un vecchio desktop


mi  è  ritornata  in mente  questa  canzone




Ma  ora basta  girare  la  frittata  ed  andiamo all'articolo


Il Glacier National Park, ai confini tra il Montana e il Canada, era la terra dei «Blackfoot», gli indiani Piedi Neri, una delle più famose tribù di native americans. Regione di montagne scoscese, dozzine di laghi, centinaia di animali diversi e mille piante, dove gli eredi di quelli che erano considerati «i più grandi cavallerizzi dell' intera prateria» vivono ancora oggi, sfruttando come possono una delle più belle riserve indiane d' America. Una natura spettacolare, meta degli amanti del trekking che prenotano con mesi di anticipo gli chalet del primo Novecento.
 Terra di grande bellezza e ricco sottosuolo in cui, a mille e passa metri di profondità, si nascondono vene di petrolio. I leader della tribù hanno deciso che è il momento di sfruttare quella ricchezza, dando il via libera alle prime trivellazioni. Una decisione sofferta che ha spaccato i «Piedi Neri» in due fazioni opposte: i pragmatici, che vedono nel nuovo business un modo per assicurare un futuro più decente alle proprie famiglie, gli idealisti, scandalizzati da quei macchinari prontia violare una terra sacra dove vivono gli spiriti di guerrieri indomabili. Una piccola guerra scoppiata lo scorso aprile, quando un gruppo di membri della tribù diedero vita a un evento chiamato «la nostra terra, il nostro futuro», in cui Jack Gladstone, il più famoso cantautore dei Blackfoot lanciò «Fossil Fuel Sinner» (combustibile peccatore), diventato ben presto l' inno della protesta. Diatriba che il New York Times ha rilanciato come news nazionale. Due punti di vista opposti, ognuno con le proprie ragioni. Un boom del petrolio sarebbe una manna finanziaria per una tribù che, come tutti gli indiani d' America, soffre una secolare povertà ed è sempre alla disperata ricerca di NATIVI A destra, un indiano dei Piedi Neri. A sinistra, trivellazioni in Montana nuovi lavori. Gli oppositori, oltre alla violazione della terra sacra, sostengono invece che le trivellazioni rischiano di rovinare l' habitat, con gravi conseguenze sul turismo locale (fonte di guadagni per i membri della tribù). La terra dei piedi neri un tempo era grande come l' intero Montana (l' equivalente della Germania) ed oggi è ridotta a 6mila chilometri quadrati. Ci vivono in 10mila, eredi di quelli che un tempo erano cacciatori, predatori e guerrieri. Chi si oppone alle trivellazioni sottolinea come i Blackfoot siano, tra gli indiani d' America, una delle tribù che meglio si è adattata ai moderni Stati Uniti e che può continuare a vivere tranquillamente senza petrolio. Chi le vuole rinfaccia agli idealisti mancanza di coraggio e di senso della realtà: «per noi il petrolio può essere quello che per altri indiani sono stati i casinò». Sulle case da gioco è in atto un' altra battaglia intertribale, centinaia di miglia più a sud, nelle colline della Sierra Nevada in California. Lì gli indiani Maidu hanno finalmente ottenuto dal governo federale la possibilità di aprire un casinò fuori dalla riserva, ma la potente United Auburn Indian Community, (diverse tribù, compresi altri Maidu), proprietaria del resort «Thunder Valley» - hotel da 300 stanze, anfiteatro e campo da golf, decine di tavoli e 2700 slot machine - e un guadagno annuale di 30mila dollari per ogni membro della comunità si sta opponendo con tutte le forze. E il governatore della California, per ora, ha congelato il progetto.


                         ALBERTO FLORES D' ARCAIS NEW YORK.


      per chi volesse   sotto  trova  degli      approfondimenti    sui tale popolazione 

I Piedi Neri

A cura di Sergio Mura
Tra i moltissimi libri che vi proponiamo qui su Farwest.it, questo è uno di quelli imperdibili. Il suo valore supera largamente il ristretto ambito – i Piedi Neri – a cui è dedicato. In esso, infatti, nel descrivere in maniera impagabile la vita e la storia dei Black Feet, l’autore finisce per regalarci dettagli che valgono per quasi tutti i popoli delle grandi pianure del Nord America e di cui, in Italiano, è difficile trovare notizie parimenti preziose.
Il libro, dicevo, è dedicato ai Piedi Neri, un’autentica potenza militare delle pianure del nord-ovest americano ai tempi storici del bisonte e della sua cultura. Questo libro si rivela una vera e propria miniera di informazioni sulle grandi battaglie tribali tra i Piedi Neri e i loro vicini-nemici, gli Shoshoni, i Flathead e i Kutenai.
Attraverso una grande ricchezza di dettagli ed una prosa semplice (un grande merito va riconosciuto ai traduttori) riusciamo a conoscere moltissimo dei Piegan, dei Blood e dei Siksika, ossia le componenti della nazione dei Piedi Neri. Leggi il resto



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