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12.2.25

Pisa, il gesto di Zack dopo il pestaggio: trova un portafogli e lo restituisce ,.tabaccaio riporta i giornali nel centro storico., tempio pausania chiude una edicola dopo 70 anni d'attività


lo so  che  tale evento  è prassi normale   come   il  cane    che  si  morde la  coda   , e  quindi   non c'è ninte  di  nuovo  . Maa  se  lo trova un richiedente  asilo   o un immigrato com 'è successo   nella  storia      che  leggete  sotto    allora   ci sono  dei commenti idioti    e tendenti al razzismo  ed  alla  exenofoibia    come   questo  trovato   sul msn.it \  bing   da    cui  ho  preso la  notizia  : 

Gianfranco Torgani
Questa naturalmente è una messa in scena creata dalla sinistra  per difendere quei poveri immigrati così maltrattati ! Ma non fatemi ridere !


 PISA.
«Questa è la più bella risposta a chi, lo scorso novembre, lo ha aggredito senza un motivo. Questo dimostra che c’è ancora speranza, che ci sono giovani che un domani saranno uomini sui quali fare affidamento. E “Zack” ne è un esempio».

Una stretta di mano ha messo il lieto fine su una vicenda che per Mauro Rocchi, 74enne pensionato pisano, sarebbe potuta trasformarsi in un’odissea. Ma non solo. Perché per Zackaria “Zack” Oubamou, quella stretta di mano ha significato anche una rinnovata fiducia nella città che lo ha sostenuto dopo essere rimasto vittima di un brutale pestaggio in piazza Dante. Lui, studente-lavoratore di 18 anni, che ha trasformato in senso civico lo spirito di vendetta, anche questa volta non si è girato dall’altra parte. Quando ha visto un portafogli abbandonato nel bagno del bar di Borgo Stretto dove lavora, il “Casino dei nobili”, non ci ha pensato due volte: è andato dai carabinieri per consegnarlo ed, eventualmente, metterlo a disposizione di chi lo aveva perso. Quel portafogli, ormai “privo” dei pochi contanti che conteneva, era il “bottino” di un furto consumato pochi minuti prima a poche decine di metri dal locale in cui Oubamou lavora.
«Ero seduto su una panchina in Borgo Stretto quando mi sono reso conto che mi avevano rubato il portafogli – racconta Rocchi –. Arrabbiatissimo vado in questura per sporgere denuncia, non tanto per i soldi (solo trenta euro) ma per i documenti». Carte e tesserini che avrebbero costretto il 74enne ad una lunga trafila burocratica per riottenerli. «Niente di nuovo – aggiunge Rocchi –, episodi che capitano quotidianamente». Questa volta, però, con un finale diverso. «Due giorni dopo il furto, sono stato contattato dai carabinieri per avvertirmi che il mio portafogli era stato consegnato in caserma da un ragazzo. Ho chiesto di far aspettare la persona che lo aveva portato perché volevo ringraziarlo in qualche modo». In caserma il primo incontro, al bar di Borgo Stretto la stretta di mano. «L’ho ringraziato e offerto anche una piccola ricompensa che ha però rifiutato – continua il 74enne –: ennesimo gesto semplice, ma di grande valore, di un giovane che fa dell’educazione e della coscienza pilastri di una vita che qualcuno ha provato, senza motivo, a scalfire». Dopo il furto, il malvivente si era nascosto nel bagno del bar a caccia dei contanti conservati nel portafogli, poi abbandonato nel locale. «L’ho visto e non ci ho pensato due volte, l’ho consegnato alle forze dell’ordine – commenta il diciottenne –. Penso tutti avrebbero fatto lo stesso: l’ho fatto con il cuore perché mi sono messo nei panni dell’altro, pensando ad effetti personali che sarebbero andati persi per sempre e a un dispiacere che il furto di un portafogli può provocare».
Senso civico che Rocchi evidenzia «perché non scontato, soprattutto in un’epoca in cui si sente parlare dei giovani quasi sempre in maniera negativa». «La maggioranza dei giovani è invece come “Zack” – conclude il 74enne –: ragazzi che un domani saranno uomini sui quali fare affidamento».


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dopo  il post   della  ragazza  19 anni che    riapre  un edicola in  un  picclo  borgo  dell'appenino    ecco un altra storia     di  chi  ancora  vende    nnostante  la crisi i  giornali   cartacei  , e  chi  s'arrende  dopo 20 anni   d'attivita  .

La  prima   storia  viene  da  Sassari   da  la  nuovasardegna  del  11\2\2025


Sassari «Mi sono bastate due settimane per capire  che la gente ha ancora piacere a comprare un quotidiano, un settimanale un cruciverba». Originario di.una famiglia di commercianti, î nonni vendevano dolci e cioccolato al Corso, Marco Ginanneschi, sassarese di 37 anni, gestisce da dieci annila piccola tabaccheria di via Margherita di Castelvì,la stradina che parte da via Duomo e si affaccia su piazza Mazzotti, nel centro storico. Una quindicina di giorni fa, ha deciso di offrire un nuovo servizio ai suoi clienti: la vendita dei quotidiani.la tabaccheria di via Margherita di Castelvì, la stradina che parte da via Duomo e si affaccia su piazza Mazzotti, nel centro storico.

Un servizio fondamenta-le,inuna zona dove negli ultimi tempi troppe serrandesi sono abbassate: già da qualche anno ha chiuso l'eicola di piazza Colonna Mariana, e di recente è cessata l'attività anche in quel le di piazza Azuni.e porta Sant'Antonio, Così il commerciante,che dopo un periodo di lavoro da MeBDonald's a 27 anni aveva scommesso sulla.tabaccheria del centro, ora hadeciso di vendere anche quotidianie riviste.

«La scelta è stata fortunata-spiega Marco-in pochi  giorni in tanti si  stanno avvicinando alla tabaccheria per comprare La Nuova  Sardegna».Grande tifoso. del Napoli per via di una passione giovanile per. Maradona, il 37enne, padre di due bambini, ha sistemato quotidiani, periodici e qualche cruciverba proprio all'ingresso dell'antica tabaccheria le cui mura e le antiche volte ad arco sono fatte di tufo.Dovunque, alle pareti, ricmami alla squadra del Cuore: sci azzurre, foto e il volto del Pibede Oro.«L'insegna che c'è fuori,con la seritta “Giornali” —spiega con soddisfazione —me l’ha regalata un cliente». La novità nel quartiere antico della città è stata ac-colta positivamente,, e .il commerciante ha deciso.Anche di offrire qualcosa in più ai suoi clienti. «Ho voluto aggiungere anche il servizio di consegna dei quotidiani
— spiega Marco Ginanneschi — per le attività commerciali della zona, ma anche ora gli anziani che non riescono ad  arrivare da me. Devo alzarmi dal letto un po' prima  lamattina, ma ne vale la pena. Il rapporto quotidiano con i clienti — prosegue -, poter commentare la prima pagina della Nuova Sardegna e i fatti principali è  una bella novità a cui non  ero abituato». inanne: Ginanneschi   ha  pochi dubbi: « la carta, leggere il  quotidiano  e toccarlo con le mani è tutta un'  altra  cosa rispetto a farlo  con il  telefono o computer». La  sua  nuova  avventura    ha  anche   un valore sociale   . «Sono innamorato del centro storico—conclude il neo edicolante - spero nel mio piccolo, con questo servizio, a dare una mano al mio Quartiere. Serve però un impegno anche da parte dei sassaresi per non lasciare morire questa zona della  città»

la  seconda      dalla mia    cittadina    dala    nuova  sardegna  e  da  web  
dopo quasi 70 anni di cui 20 dalla gestione di Raffaele ( foto nell'articolo sotto ) ha chiuso un edicola storica del mio paese




Da qualche giorno l’edicola del Corso ha cessato la sua attività. Non solo non vende più riviste e giornali, cosa che ha fatto per più di 70 anni, ma non esiste proprio più. Cessata l’attività e dismessa dal vecchio titolare, è stata fisicamente rimossa. A notarne la mancanza sono tanti tempiesi, ai quali quella rimozione di un tassello del loro recente passato non poteva, certo, passare inosservato. 


Tanto più che, con la chiusura della storica edicola di corso Matteotti, scompare uno dei punti di ritrovo tra i più simbolici per più generazioni di tempiesi. Ma non solo: di edicole, oggi, ce n’è solo una – quella di piazza Gallura – oltre a due punti di rivendita che assolvono la stessa funzione commerciale. In pochi anni si è ridotto drasticamente il numero di esercizi in cui poter acquistare riviste, fumetti e quotidiani.
In passato, la città ne ha avuto quattro, più altri locali adibiti alla rivendita di
materiale editoriale. Ora il loro numero, in pochi anni, si è più che dimezzato. Le ragioni e la portata del fenomeno sono note e riguardano l’intero Paese.
In un comunicato di Unioncamere del gennaio 2024 si legge, ad esempio, che negli ultimi quattro anni, sono state ben 2.700 le edicole che hanno chiuso i battenti. I numeri si fanno più impressionanti se si considera che, a partire dal 2003, i punti vendita si sono ridotti a meno di un terzo, passando da 36 a 11mila.
A Tempio però l’edicola del corso non è stata solo un esercizio commerciale. Lo si capisce dai tanti post con i quali nei social si è voluta commentare la notizia. Le opinioni sono le più varie, ma tutte hanno un elemento comune: la nostalgia per qualcosa che non potrà più esserci. E così c’è chi ricorda che, negli anni ‘60, l’edicola del corso riforniva di fogli protocollo tutti gli studenti attesi da un compito in classe. Molti hanno ancora presente la figura del primo titolare, Ziu Gino e della   moglie   , recentemente  scomparsi e poi el figlio  Marco   ,  nel quale quel luogo di ritrovo veniva identificato. «C’idimu i ledicola di Ziu Gino», è stato il motto di generazioni di tempiesi che si davano appuntamento lì per poi passeggiare al corso o in piazza don Minzoni ed   lo  stato  anche   sotto    Raffaele  .
I commenti
C'è anche chi crede che la chiusura di una delle ultime edicole della città sîa attribuibile alla crisi che investe, come   tutti  i piccoli paesi  della   Sardegna  e  del  sud  d'italia, Tempio, attribuendonela responsabilità a chi gli amministratori, nella fattispecie non saprebbero guardare con lungimiranza a ciò che accade in
città.La considerazione di gran lunga più apprezzata, è però quella di chi fa notare che se tutti ì commentatori avessero comprato unquotidiano al giorno, anziché condividere gli articoli sui social come facebook, “a scrocco” e spesso in viola-
zione dei diritti delle testate, la serrata delle edicole avrebbe sicuramente regi-
strato numeri meno catastrofici.  Mi alleo   a    


Ripropongo questa foto, perchè la chiusura e la scomparsa dell'edicola ha emozionato tutti gli abituali frequentatori di uno spazio familiare, dove un sorriso ed una chiacchiera, scambiati con simpatia, offrivano momenti di allegria e serenità. Grazie Raffaele e auguri per la nuova scelta di vita.

Un È un altro pezzo di epoca chiude, Voglio ringraziare Raffaele per la gentilezza e la disponibilità, l'ironia  e   e le  risate  ,  mai sentito dire una parola male ,grande Raffaele una brava persona.



19.8.19

anche gli sfigati - ilellati e gli anonimi vi fecero la storia e ed ebbero un ruolo importante nel festival di WOODSTOCK da chi affitto il terreno a cantanti doimenticati ma che diedero un contributo importante come i Canned Heat: il gruppo di Los Angeles tenne una delle esibizioni più memorabili sul palco


colonna  sonora
Woodstock/Woodstock 2, duration 03:46:01 recorded August 15-18, 1969 on an 8-track recording console. Originally released as a triple album on Atlantic Records' Cotillion label on May 11th, 1970. It was re-release as a two-CD set in 1994 by Crosby, Stills and Nash. Veteran producer, Eddie Kramer was the sound engineer during the three day event.




Ho scelto di riportate in attesa di una risposta ( sempre che v'interessi ancora  )     a tale mio quesito espresso nel post : << woodstock rivoluzione o fine d'un epoca ? secondo me entrambe . secondo voi invece ?  >>   i  cui   commento tale  articolo /..  ehm  ...  storia    su   woodstoock   de https://www.huffingtonpost.it .  Non solo   per   snob  (  come lo chiamano i miei  detrattori  )    o  come  sono  solito fare  contro  gli anniversari  imposti ed  obbligatori  o le  cannibalizzazioni    \  celebrazioni usa  e getta  , ma  per  motivi di  salute (  ora  in via  di  risoluzione   , vi risparmia o    i dettagli sull'odissea  che  ho dovuto  affrontare  per trovare  un   dentista  aperto in agosto   , un lancinante mal  di denti  , dovuto ad  un dente  rotto  non estratto  subito ,    sia perchè  certe  notizie    già a  margini degli articoli " revail   mitizzanti  o   apologetici   "  al 90  %  o pieni di d'ideologie  .
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Ma ora bado alle ciance ed ecco lì'articolo in questione de il fatto quotidiano

                               di Francesco Oggiano | 14 AGOSTO 2019


Woodstock 50 anni dopo, tutti gli “iellati” del festival: dal contadino che affittò il terreno ai cantanti dimenticati
Woodstock 50 anni dopo, tutti gli “iellati” del festival: dal contadino che affittò il terreno ai cantanti dimenticati


Prendete i Canned Heat: il gruppo di Los Angeles tenne una delle esibizioni più memorabili sul palco eppure venne escluso dall’editing finale della pellicola dedicata a Woodstock, quella da Premio Oscar che di fatto ebbe la forza di lanciare molti altri gruppi inclusi nel montaggio



Max Yasgur era un contadino di origini russe di Bethel, paesino di 4 mila abitanti nello stato di New York. Un giorno del luglio 1969 gli presentarono tale Michael Lang, un ragazzino che stava organizzando un festival musicale: era alla ricerca disperata di un terreno dove tenere la manifestazione, visto che quello previsto era saltato all’ultimo momento. Max Yasgur accettò di affittare il suo per 75 mila dollari. Fu così che si tenne il Festival di Woodstock e che la vita di Max Yasgur peggiorò notevolmente. Dopo quei tre giorni storici di cinquant’anni fa (15-17 agosto), Max venne ostracizzato da quasi tutti i compaesani di Bethel, che lo maledirono per i danni causati dai 400 mila partecipanti al festival e fu addirittura citato in giudizio dai suoi confinanti di terreno. Quando un anno dopo qualcuno bussò alla sua porta per chiedergli di fare un revival del festival, disse che non se ne parlava: “Per quel che mi riguarda, torno a fare il contadino”. Poco dopo vendette la sua terra e se ne andò in Florida, dove morì nel 1973 per infarto, appena quattro anni dopo Woodstock.
Era uno degli “iellati” di Woodstock: quelle persone che parteciparono al festival più famoso della storia ma che non ebbero la fortuna sperata, o videro la loro vita peggiorare negli anni successivi. Prendete i Canned Heat: il gruppo di Los Angeles tenne una delle esibizioni più memorabili sul palco eppure venne escluso dall’editing finale della pellicola dedicata a Woodstock, quella da Premio Oscar che di fatto ebbe la forza di lanciare molti altri gruppi inclusi nel montaggio. Peccato che la loro Going Up The Country fu la canzone tema del festival, e venne usata sui titoli di testa del documentario. “Ma di noi nel film non c’è traccia e non abbiamo mai visto un centesimo di royalty”, disse il batterista della band.
Ci furono gli assenti causa traffico. Gli Iron Butterfly (autori di In a Gadda Da Vida) arrivarono all’aeroporto New York, ma si ritrovarono l’unica strada per il festival bloccata da migliaia di auto. Addio esibizione. Joni Mitchell dovette scegliere tra Woodstock e la partecipazione al popolarissimo talk show di Dick Cavett. Causa traffico, non poteva farli entrambi e optò per il secondo. Ne seguirono un pentimento cinquantennale e una canzone bellissima (Woodstock, appunto).
Ci furono quelli fuori posto. Come The Incredible String Band. Un quartetto inglese più simile ai ricchi e poveri che a Jim Hendrix, la cui esibizione era prevista il venerdì, giornata dedicata alle performance acustiche. Vista la pioggia, la band si rifiutò di suonare e chiese di essere spostata al giorno dopo. Perciò eccoli accontentati a suonare il sabato, in mezzo ai giganti rumorosissimi del rock elettrico come The Who, Grateful Dead e Creedence Clearwater. La loro esibizione non fu proprio amatissima dalla folla.
Fuori posto fu anche Tom Hardin. Cantautore venerato da colleghi come Bob Dylan, Neil Young e Robert Plant, era sconosciuto al grande pubblico complice una dipendenza dall’eroina e una timidezza che non gli hanno mai permesso di dominare il palco. La sua performance a Woodstock, piano e chitarra, fu una tra le più toccanti, ma non cambiò la sua carriera. Nel 1980 l’uomo morì per overdose.
Infine, ci sono i “fortunati” per qualche minuto. John B. Sebastian, ex cantante dei The Lovin’ Spoonful, si aggirava attorno all’area musicisti solo in qualità di fan. Quando la pioggia rese impossibile sistemare la strumentazione elettronica prevista per Santana, gli organizzatori alla ricerca di un performer acustico si precipitarono da lui, chiedendoli di riempire quell’ora vuota. Sebastian salì sul palco per sua stessa ammissione fatto di acidi, e cantò cinque canzoni. Fu un momento bellissimo, ma la sua carriera da solista non prese mai il volo. Melanie Safka, invece, fu l’artista più sconosciuta di Woodstock. Era talmente sconosciuta che per anni è girata la leggenda che fosse una donna del pubblico invitata da Joan Baez a esibirsi sul palco. Eseguì sette canzoni con la chitarra acustica: praticamente quasi tutto il suo repertorio. Un brevissimo successo lo fece con una metacanzone pubblicata un anno dopo Woodstock che parlava… della sua partecipazione a Woodstock.
Ci sarebbe da chiederglielo, a tutti gli “sfortunati” di Woodstock se tornando indietro rifarebbero ogni scelta o cambierebbero qualche sfumatura di quei giorni. L’unico a rispondere indirettamente fu il contadino Max Yasgur. Quello che affittò la terra; quello che la seconda giornata parlò addirittura sul palco davanti a 400 mila persone, con la sua camicia bianca e gli occhiali neri dalla montatura spessa; quello che preso dall'entusiasmo, lui, conservatore e favorevole alla guerra in Vietnam,fece il segno della pace e lasciò alla storia le parole più memorabili di quell’evento: “Avete dimostrato al mondo che quasi mezzo milione di persone si possono riunire per tre giorni di musica e divertimento, senza che nient’altro accada”. Ecco quel Max Yasgur, che quando morì ricevette addirittura un necrologio su Rolling Stone, lo disse: “Non mi sono mai pentito di niente”.


  e proprio mentre  m'accingevo  a  chiudere     tale post  ,   ho scoperto navigando in rete   nella stanza  d'aspetto  del dentista   e  poi condiviso  sui miei social   questa  storia    presa  dal corriere  della sera  




USA

La stessa foto 50 anni dopo. La coppia di Woodstock conquista la rete
Judy e Jerry Griffin si incontrarono mezzo secolo fa al celebre concerto e non si sono più lasciati. Per celebrare l’evento sono stati immortalati sul magazine People
di Francesco Tortora




Si sono conosciuti il 15 agosto di 50 anni fa a Woodstock e da allora non si sono più lasciati. Fino a pochi giorni fa Judy e Jerry Griffin avevano raccontato il loro primo incontro a tutte le persone più care, ma non avevano nessuna immagine che testimoniasse l’evento. Recentemente guardando il documentario “Woodstock: Three Days that Defined a Generation” è apparso nel filmato una loro immagine durante il celebre concerto. A distanza di mezzo secolo la coppia ha accettato di apparire su People nella stessa posa e immediatamente le due immagini, uno accanto all’altra, hanno fatto il giro della Rete.In entrambe le foto i due guardano dritto nell’obiettivo e si coprono la testa con una coperta verde kaki per proteggersi dalla pioggia. Intervistato dal settimanale amerciano, Jerry ha raccontato che in realtà il loro primo incontro è stato un vero colpo di fortuna. Judy stava andando al mega-concerto con la sua macchina, ma a circa 120 km da Woodstock la vettura è andata in panne. La ragazza non si dà per vinta e fa l’autostop: «E così ho fatto salire sulla mia macchina questa ragazza carina - scherza Jerry -. Non aveva una tenda, ma ce l’avevo io».Cinque decenni dopo Judy e Jerry sono ancora sposati, hanno due figli e sono nonni di cinque nipoti: «Per 50 anni abbiamo cercato una nostra foto a Woodstock e di punto in bianco compare nel documentario - racconta Judy -. Quando è stata scattata, ci conoscevamo da meno di 48 ore. Scendemmo dall’auto e montammo la tenda. Restammo insieme per tutto il concerto e poi non ci siamo più separati»



qui purtroppo in inglese o peggio in anglo americano ulteriori dettagli della loro storia






 concludo  per  rimanere  in tema che afferma quanto detto nel post ivi citato  nelle  prime righe  concludo il  postr  sulle  note   di 




10.8.19

si può tifare anche con il cuore .Il tifoso sassarese, 67 anni, ha perso del tutto la vista quando ne aveva otto. «Da 15 anni non salto un match in casa. Mia moglie è la mia audioguida vivente»

Generalmente     quando si parla    di sport   per  disabili    viene  dato  spazio  agli atleti   e  alle  competizioni  e  viene  ignorato  o relegato  solo  a mero  fatto di cronaca     che  esistono  anche  i tifosi   con   handicap  . Ecco questa   storia  (  magari chissà  quante   ce   saranno, che  finiscono  ai margini  )  tratta  dalla  nuova  sardegna  del 9\8\2019


Gianfranco e la Dinamo: la partita la vedo col cuore


Il tifoso sassarese, 67 anni, ha perso del tutto la vista quando ne aveva otto. «Da 15 anni non salto un match in casa. Mia moglie è la mia audioguida vivente»

SASSARI.
«Una premessa». Prego. «La cecità non mi ha impedito di condurre una vita piena e felice. Ho lavorato per 32 anni in un istituto bancario, mi sono sposato, ho un figlio che adoro». E poi? «Poi sono uno dei tifosi più accaniti della Dinamo. Da 15 anni non mi perdo una partita in casa. Anche quest’anno ho rinnovato l’abbonamento per me e per mia moglie, sono sicuro che il Poz ci riserverà delle belle sorprese».Gianfranco Cau, sassarese, ha perso completamente la vista da quando aveva otto anni, a causa di un glaucoma. Oggi, a 67, a dispetto della sua cecità, è sempre sulle gradinate del palazzetto a gioire – o disperarsi – per la sua squadra del cuore. Al Pala Serradimigni il suo posto è sempre lo stesso, da 15 anni: numero 366, quinta fila, in tribuna centrale. Accanto a lui, al 367, siede la moglie Maria Rita, anche lei tifosissima («forse più di me») che gli racconta la partita («È la mia audioguida vivente»). «Il nostro è un matrimonio che funziona sotto tutti i punti di vista – scherza Gianfranco – Rita è la mia coach, forse è anche meglio di Pozzecco».
L'immagine può contenere: 2 persone, persone che sorridono, persone in piedi, scarpe, albero e spazio all'aperto

Ma come fa Gianfranco a seguire la partita? «Me lo chiedono in tanti, ma anche se non ci vedo continuo a cantare, gridare, festeggiare le vittorie della Dinamo. È una sensazione indescrivibile quella che ti regala il palazzetto, solo al pensiero mi vengono i brividi. Seguire la partita da casa? Ma quando mai...con chi mi abbraccio quando Spissu fa canestro?


 Per questo vado al palazzetto, per immergermi nell’atmosfera e ascoltare i commenti di mia moglie o di chiunque altro anche cinque fila più in là. Anzi, quando il giocatore fallisce un canestro dico anche le parolacce. Non si dovrebbe, lo so, ma non resisto». Al suo fianco c’è Maria Rita, la sua speaker personale, che gli descrive le azioni sul campo cercando di sovrastare il baccano circostante. «Ma è sempre più difficile. Il più delle volte non riesco a sentire quello che Maria Rita mi racconta all’orecchio, vista la bolgia che c’è nel palazzetto. Per fortuna negli ultimi anni alcune radio locali trasmettono la radiocronaca in diretta e io posso seguire la partita in tempo reale con le cuffiette e festeggiare nei tempi giusti. Purtroppo dall’anno scorso le radio trasmettono in streaming con un ritardo nella trasmissione e io capisco solo dal boato del palazzetto quel che è accaduto, ma non come, né per mano di chi. È frustrante. Maria Rita cerca di raccontarmi l’azione, di dirmi chi ha segnato, mi strattona per il braccio, ma io non capisco, c’è troppo baccano. E così non mi godo la partita. Mi auguro che quest’anno il club metta a disposizione un servizio di radiocronaca all’interno del palazzetto anche perché non sono l’unico tifoso che ne ha bisogno, ci sono moltissimi ipovedenti con i miei stessi problemi». Nonostante le difficoltà Gianfranco non ha nessuna intenzione di restare a casa. «Non mi perderei il prossimo campionato per nulla al mondo. Per la verità l’anno scorso, prima che arrivasse Pozzecco, ci ho pensato: mi stavo annoiando. Poi è arrivato lui ed è cambiato tutto: al palazzetto si respira un’energia incredibile». Il momento più bello vissuto al PalaSerradimigni? «Quando ho incontrato Pozzecco. Ci siamo incrociati, lui mi ha riconosciuto e ci siamo abbracciati forte. È lui il segreto della riscossa della Dinamo, l’ho capito da quell’abbraccio. Lui la Dinamo la “vede” col cuore proprio come me».

14.4.19

oltre alle barriere architettoniche gli invalidi hanno contro la burocrazia .la storia di Sara Achenza di Santa Teresa di Gallura che non riesce a prendere la patente perchè manca l'auto su cui fare le prove pratiche

la protagonista di questa storia ,  Sara Achenza  ,    è  fra quei pochi , invalidi che non si piangono addosso e ci scherzano su come ( ne ho già parlato su queste pagine , vedere archivio ) Angela Gambirasio

ed  usa  il sarcasmo ed  l'auto ironia    come  arma  
Oggi volevo raccontarvi quanto è semplice per un invalido civile di Santa Teresa prendere la patente.
Prima di tutto bisogna fare una visita con la commissione medica che deve dirti che patente puoi prendere e si trova solo a Sassari. Non è possibile prenotare la visita su internet o telefonicamente e riceve solo due volte alla settimana la mattina presto quindi conviene dormire la notte lì fuori per sperare di poter prendere un numero e spararti 4 o 5 ore di attesa. Non rispondono al telefono e non rispondono alle email.
Io ho prenotato la mia visita a Gennaio 2018 e l'ho avuta per fine Giugno 2018. Sarebbe divertente parlare anche di quante volte e perché sono dovuta tornarci ma vi risparmio questa barzelletta. La morale della favola è che la questione commissione medica si è conclusa a Novembre 2018.
Mi è stata assegnata una PATENTE SPECIALE CON GUIDA CON CAMBIO AUTOMATICO. Una semplicissima auto con cambio automatico...
"Facile!" Penso io...ero proprio contenta...e invece no! Perché sembra che in Gallura nessuna autoscuola abbia a disposizione un auto con cambio automatico per le esercitazioni.
Così cercando cercando la soluzione giusta i mesi passano e supero la teoria a inizio Marzo 2019. Ho anche saputo che non è possibile fare le esercitazioni fuori dalla provincia in cui si è superata la teoria.
Ora sono passati quasi due mesi, me ne rimangono quattro per poter fare la guida ma io sono ancora alla ricerca di un'autoscuola. Perché proprio non riesco ad accettare che una persona (che non è invalido per scelta) debba essere costretta ad andare fino a Sassari a fare tutte le esercitazioni, magari anche solo per venti o trenta minuti di guida.
Perché poi come ci vai a Sassari? Con i trasporti pubblici? 🤦
Perché non è mica scontato che tutti abbiano un accompagnatore!
E niente mi sa che la storia per il momento è finita, però il problema in Italia sono gli immigrati e gli omosessuali, mi raccomando!
P.S. sono in attesa di risposta da Autoscuole Riunite di Olbia per sapere se la loro auto va bene.

ma  purtroppo    in tempi di  fake  news    false    notizie  e   bufale  anche  il  sarcasmo  \  l'ironia  può essere  frainteso  .  Tantp che  sara   è  costretta  a precisarlo  anche se  non ce  ne fosse  bisogno  

Rita Monti Immigrati e omosessuali....ora dico io ...potevi risparmiare la puntualizzazione.
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  • Pinuccia Sechi Rita Monti appunto! Puntualizzando voleva proprio far notare ironicamente che ci sono ben altri problemi di cui purtroppo/invece non ci si occupa.
  • Sara Achenza Rita Monti ho scritto e cancellato diverse volte la risposta perché non trovo il modo giusto di rispondere. Chi mi conoscere sa benissimo che dietro quella frase non può che esserci un solo significato ma a quanto pare è meglio specificare. La frase era ovviamente ironica e volevo solo dire che intorno vedo molte persone che pensano che tutti i nostri problemi siano causati dagli immigrati o che si prendono la briga di gridare solo per togliere diritti a qualcuno piuttosto che combattere per dare qualcosa in più agli altri. Mi pare perfino stupido doverlo specificare ma capisco che chi non mi conosce possa pensare di tutto. Quindi aggiungo che tengo particolarmente alla puntualizzazione che ho fatto perché sono tematiche a cui tengo molto e che mi fanno ultimamente spesso arrabbiare quanto il fatto che non riesca a prendere la patente e anche di più.
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Peccato  che    il quotidiano  la  nuova sardegna   (  di cui  riporto  sotto  la  foto dell'articolo del  14\4\2019  edizione  Olbia -Gallura   )  non    ha  attuato  come  promesso   in  pompa magna   nelle  sue  pagine nel lontano 2018 ,quel cambiamento  tanto  promesso  . 
L'immagine può contenere: 1 persona

 Infatti  continua rimanere arroccata e non cambi veramente se non di facciata e quindi tali news siano poco  conosciute al resto dei sardi   se  non si prende   una  delle   varie   versioni locali  ,  l'edizione gallurese in questo  caso  




emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...