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12.8.21

la musica ha sostituito la letteratura o diventa una nuova forma letteraria Generazione Z. Il romanzo di formazione ora è la musica

  di cosa  stiamo parlando


oppure  per  chi  volesse  approfondire  
 Ma  adessoveniamo  all'articolo  in questione 

Generazione Z. Il romanzo di formazione ora è la musica
I nuovi cantautori, ventenni o giù di lì, usano le canzoni per raccontarsi. Cantano per scrivere. In questa nuova serie, "Giovani Favolosi", analizzeremo i nuovi testi

di Simonetta Sciandivasci  repubblica  11 AGOSTO 2021 





Un lustro fa ratificavamo la rinascita della musica italiana. Registravamo l’avvenuto ricambio generazionale, il passaggio dai cantautori di sempre a quelli che emergevano dall’underground e, stufi di marginalità e precariato, diventavano popolari. Manuel Agnelli accusava quasi tutti di “conformismo dell’anticonformismo”, mentre diventava giudice di X Factor, incarnando la transizione dalla musica indipendente al mainstream e la possibilità di trasformare l’antinomia tra le due cose in sinergia. Nella nicchia avveniva uno strappo, nelle classifiche una cucitura. Ora, Calcutta, Tommaso Paradiso, la generazione di trentenni che sembravano destinati a capitanare classifiche e ricerca, sono stati sorpassati da adolescenti o poco più che con loro condividono poco, anzi nulla.
La nuova musica italiana è invecchiata, ha ceduto il posto a un’altra che non contempla bel canto, né blu, né melodia e della quale quasi tutti diffidano. Si diffida dell’obbedienza all’algoritmo, dell’accondiscendenza al mercato e si decreta che entrambe le cose inibiscono la creazione di una musica libera ed emozionante. Cosa resterà di questo rap e questa trap, della loro verbosità ripetitiva e violenta? Madame e molti altri che sono troppi e troppo bravi, sono meteore o stelle comete? Che chance ci sono, fuori dal recinto rap e trap, per la canzone d’autore che temiamo estinta?
Francesco Guccini ha detto a questo giornale che le canzoni che passano in radio gli sembrano inutili e gli fanno pensare con nostalgia a quelle vecchissime, dove c’erano «storie, parole messe bene insieme». E anche: «La realtà pullula di giovani cantautori, ma non arrivano a nessuno». Umberto Tozzi ha detto a Rolling Stone: «La musica di oggi è ridicola: non fa rumore, è rumore». Anche al rock veniva rimproverato d’essere rumore: mezzo secolo dopo, a tirarlo fuori dalle teche museali ci pensano i Måneskin, quattro ventenni che hanno cominciato a suonare per strada e poi hanno vinto X Factor, Sanremo, l’Eurovision, e sono arrivati al primo posto della classifica mondiale di Spotify con una cover di Beggin dei Four Seasons, un pezzo del 1967. Fedez e Achille Lauro duettano con Orietta Berti e i Måneskin con Iggy Pop. Il rapper e il trapper, trentenni, si mescolano con l’icona della musica leggera italiana; i rocker, ventenni, con l’icona del rock mondiale.
Giovani Favolosi: Ariete

Questa intersezione dà la misura del talento imprenditoriale dei nuovi artisti: lo stupore che sono capaci di suscitare non è l’esito di un tentativo, ma di un progetto. A maggio è nata la fondazione Italia Music Lab, voluta dalla Siae per «supportare i giovani che vogliono diventare professionisti dell’industria musicale sulle piattaforme online»: una delle prime lezioni s’intitola “Come guadagnare con la musica”.
Prima delle piattaforme, il discografico metteva sotto contratto chi aveva un talento promettente, ora chi ha numeri promettenti, quindi chi sa già “come guadagnare con la musica”, almeno nell’immediato.
Eppure, dentro e fuori da queste griglie, i nuovi musicisti sono anguillari e fluidi come ogni ragazzo della Generazione Z, e non solo perché laddove ci aspettiamo la musica, ci danno le parole, e laddove ci aspettiamo le parole ci danno il flow (la ritmica). Mutano a una velocità che ha un unico parametro: la viralità. E infatti il loro strumento è quello della viralità: le parole. Le usano con precisione e furbizia, ne conoscono l’agilità, sanno che sono convenzioni e che quindi il loro valore e i loro significati sono elastici, riformulabili. Sono la generazione dell’intransigenza lessicale e, insieme, dell’invenzione del linguaggio. Le canzoni sono i loro romanzi di formazione, in formazione. A volte non sanno suonare, però sanno scrivere. Sanno scrivere anche quando sono analfabeti (sì, ci sono adolescenti analfabeti: nelle carceri minorili se ne incontrano tanti), e allora dettano, rappano.
I testi sono l’opera e il valore musicale di quest’opera è, prima di tutto, letterario. Edmondo Berselli ha scritto che quando una canzone ufficializza una trasformazione, ne diventa anche il manifesto e il canone. Agli Z, che i canoni li contestano, tuttavia creandone altri, manca un manifesto, una canzone che li descriva e li legittimi. Per questo sembra che non raccontino storie. Il punto è che a loro non importa. Il punto è che loro, come tutti i mutanti, sono indescrivibili.
La primavera scorsa, la ragazza dei record era Anna Pepe: era l’opposto dei Måneskin o di Sangiovanni, altro recordista dell’estate, uno che canta «ho una proposta sexy da farti, cresciamo insieme», forse la più congrua descrizione delle ambizioni di chi s’affaccia al mondo nel 2021. Anna Pepe, sedici anni, con Bando, un pezzo registrato in casa su un beat trovato su YouTube, in poche settimane era diventata la più giovane artista italiana su un podio e s’era guadagnata un disco d’oro e un contratto con la Virgin. Ora non è che una eco. L’ha sciupata lo streaming, oppure c’è anche molta fuffa in questa mole di proposte, tutte uguali perché solo la perpetrazione dell’identico consentono i mezzi che con cui vengono realizzate (come i type beat, basi che riprendono brani di grandi artisti)?Giovani Favolosi: Lucio Corsi

E cos’è il talento, dopo quindici anni di talent show? Genio e regolatezza? E cos’è la musica? Un sottofondo, un volano? Si suona di meno e si parla di più, l’hip hop è colonna sonora di requisitorie, richieste, preghiere: la facilità di esecuzione che lo contraddistingue lo ha reso strumento di emancipazione e contaminazione, specie nelle carceri minorili. L’hip hop si replica e muta, tra i suoi nuovi scenari, che a volte di hip hop hanno nulla, offre il seminario della gioventù del presente. Ci stupiamo della risposta entusiasta degli adolescenti alla campagna vaccinale perché li immaginiamo riottosi e solitari, mentre nella loro musica è chiaro che sono impermeabili alle società chiuse puntellate dal sovranismo ed è chiaro che l’ecologismo è il modo che hanno per opporsi alla vita ritirata dalle comunità. Ammettono che il valore artistico è un fatto sociale purché si allarghino i confini del bacino sociale – com’è la vita e il cuore di un giovane italiano di seconda generazione, dopotutto, ce l’ha raccontato Ghali, rapper.
Abbiamo individuato cinque artisti che raccontano tutto questo, che sono in transito tra invenzioni e ripetizioni, che sono cantautori che arrivano a molti, che nella musica hanno trovato un inizio, indirizzano il mercato quanto lo subiscono, al pari dei cantautori degli anni Sessanta, che arrivarono quando la musica leggera era diventata insostenibile, per elevarla e rispondere a una domanda più differenziata, poiché i figli non ascoltavano più i dischi dei genitori e, per la prima volta, il pubblico si stratificava. Oggi, la domanda è meno stratificata dell’offerta, ciascun musicista ha i propri seguaci, la fan base abituata a ibridarsi con quelle d’altri per allargare il successo.
Nessuno di loro è bigger than life: la vita è cambiata e le stanno prendendo le misure. Per questo, cantano per scrivere.


19.7.15

La storia di Maria Antonia Guiso, maestra più giovane d'Italia rivive grazie a Francesco Guccini. Il cantautore, ospite del festival letterario di Gavoi, ne ha tratteggiato con nostalgia la figura,


La storia di Maria Antonia Guiso,
maestra più giovane d'Italia

Oggi alle 09:27 | di Manuela Arca

maria antonia guiso foto dalla collezione cecchini guiso
                           Maria Antonia Guiso - foto dalla collezione Cecchini-Guiso
La storia della «severa maestra di Pàvana» rivive grazie a Francesco Guccini. Il cantautore, ospite del festival letterario di Gavoi, ne ha tratteggiato con nostalgia la figura, intrecciandone le vicende con quelle dei montanari dell’Appennino e dei nonni mugnai.
L'incontro tra Francesco Guccini e Laura Cecchini, figlia di Maria Antonia Guiso, sul palco di Lodine
L'incontro tra Francesco Guccini e Laura Cecchini, figlia di Maria Antonia Guiso, sul palco di Lodine
Maria Antonia Guiso, nata a Nuoro nel 1908 e morta a Bologna nel 1988, proclamata nel 1924 maestra più giovane d'Italia, merita di essere ricordata non soltanto perché il caso ha voluto che il suo mondo s’incrociasse con quello di uno dei professori della canzone italiana, bambino al tempo dell’incontro.Il suo ritratto in bianco e nero è il riflesso della storia della Sardegna dei primi quarant’anni del ’900. È la sintesi - scritta all’ombra dei castagni, inspirando l’acre odore di carbone e pecorino - di vicende di sfruttamento e povertà, emigrazione e fatica, guerra e pace, emancipazione (il vezzo della pelliccia è una concessione alla civetteria degli anni Trenta) e rinascita.Laura Cecchini, 80 anni, figlia della maestra dei ricordi di Guccini, tesse le trame del racconto con la stessa perizia con cui sua madre ricamava scene di caccia sugli arazzi della tradizione.
Laura Cecchini davanti alle Magistrali di Nuoro
Laura Cecchini davanti alle Magistrali di Nuoro
Tutti i dettagli sulla storia della maestra più giovane d'Italia e le foto storiche che la ritraggono (tratte dalla collezione Cecchini-Guiso) sull'Unione Sarda oggi in edicola.

19.5.14

«Insegniamo ai giovani la passione per la libertà»

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Molti mi diranno   guarda  che il  25  aprile   era  il mese  scorso  , ma  io ne  infischio  e le riporto lo stesso , perchè   non perda il ricordo degli eventi  .Ma  soprattutto  perchè  : 1)  la  guerra  di liberazione  \    la resistenza ne bene  e   nel  male  è l'ossatura del nostro paese    ed  è collegata  al  2  giugno  ovvero alla nascita  della  repubblica  ., 2)  perchè non si ripeta mai  più ,  la  vicenda  narrata  nel film l'onda  dimostra  come sia possibile  , un altra  dittatura  .  
 ti potrebbe intreressare  
http://it.wikipedia.org/wiki/Lidia_Menapace


da la   nuova  sardegna   online  del 19\5\2014


di Anna Sanna

All’Università di Sassari la presentazione del libro “Io partigiana”. «Inclusione e pacifismo le linee guida per costruire la democrazia del futuro».


Lidia Menapace
SASSARI. Staffetta partigiana, classe 1924, nome di battaglia “Bruna”. Impegnata nell’associazionismo cattolico e fondatrice del Manifesto. E poi senatrice della Repubblica, pacifista e femminista militante. Lidia Menapace arriva a Sassari per presentare il suo ultimo libro “Io, partigiana. La mia Resistenza”. L’appuntamento è domani alle 17.30 nell’Aula magna dell’Università di Sassari: l’incontro è organizzato dall’Anpi (l’Associazione nazionale partigiani d'Italia), Comitato provinciale di Sassari. In “Io, partigiana”, Lidia Menapace racconta la sua Resistenza, i tanti episodi di eroismo personale e collettivo. Il suo impegno continua ancora oggi nel Comitato nazionale dell’Anpi e nelle lotte che ogni giorno porta avanti, perché «nuove forme di assolutismo e di oppressione sono possibili, per cui è sempre attuale una nuova Resistenza».

C’è stato un momento determinante in cui ha capito che doveva fare qualcosa contro il fascismo e il nazismo ?
«Il fatto che mio padre, che era stato richiamato in servizio nell'estate del 1943, sia stato deportato come Imi (internati militari italiani n.d.r.) nei campi di concentramento in Germania, mi impose moralmente di fare qualcosa di pratico e non solo di pensare e parlare contro il nazifascismo. Considero il rifiuto di aderire alla Repubblica sociale italiana da parte di circa 800mila militari italiani deportati in Germania, forse la maggiore espressione della Resistenza da parte del popolo italiano. Essi resistettero pur essendo sottoposti a continue richieste di aderire alla Repubblica di Salò, per poter tornare a casa: rifiutarono, con gravissimi rischi, se si pensa che circa 80mila di loro morirono in prigionia».

un gruppo di partigiani nella  Val d'Odossola


Il suo libro è rivolto alle ragazze e ai ragazzi. Le testimonianze della Resistenza come possono aiutarli a orientarsi nel mondo di oggi?
«Conoscere è la prima e più importante premessa del capire e avere elementi per decidere. Se le generazioni che seguirono quella resistenziale nulla sapessero di quegli anni, non potrebbero nemmeno accorgersi se nuovi pericoli di autoritarismo e involuzione del livello di libertà politica dovessero affacciarsi nel nostro paese enel mondo. Sull'ignoranza non si costruisce nulla di degno».

Il contributo delle donne alla lotta di liberazione è stato fondamentale.
«La presenza delle donne fu effettivamente essenziale, ma avvenne in forma di emancipazione. Il movimento di emancipazione fu bloccato dal fascismo e l'Italia rimase indietro rispetto ad altri paesi europei, così si dovette ricominciare: il cammino fu lungo e aspro e non è terminato. Comunque l'esperienza resistenziale fu una grande scuola di emancipazione, avvenuta in circostanze dure e difficili».

Nel libro l’immagine della Resistenza è ben poco militare. Lei per scelta non trasportava armi, e gli atti eroici che racconta sono quelli della gente comune.
«Pensare di narrare la Resistenza come l'ultima guerra del Risorgimento è sbagliato, credere di poter narrare la "memoria condivisa" di un evento che non fu condiviso è addirittura un falso storico e una strumentalizzazione. Se si interrogano coloro che fecero la Resistenza si avranno narrazioni di pericoli, sacrifici, fame, freddo, torture, stragi, non di campi di battaglia separati dalle città e dalle campagne: la guerra arrivò dentro casa, e costrinse tutte e tutti a fare i conti con ciò che avveniva e con la propria responsabilità. Su tutte queste esperienze si formò una coscienza collettiva che si diffondeva clandestinamente e continuamente».

Il suo impegno non si è fermato a quegli anni e continua ancora. Cosa significa costruire la libertà e la democrazia oggi ?
«La democrazia è sempre in costruzione, dato che l'orizzonte dei diritti e delle libertà si espande e rinnova. In primo luogo credo sia necessario usare un linguaggio inclusivo, dato che il linguaggio è lo strumento più significativo dell'appartenenza alla specie umana: bisogna sempre dire donne e uomini, ragazze e ragazzi, bambine e bambini. Inoltre, se si vuole respingere la nota affermazione di von Clausewitz, secondo la quale "la guerra è la politica continuata con altri mezzi", bisogna mettere tra politica e guerra uno stop assoluto, dire che ripudiamo la guerra perché vogliamo un mondo nel quale le relazioni tra persone vengano regolate dal diritto, non dalla guerra. Inoltre, poiché il modo capitalistico di produrre nuoce al pianeta, bisogna costruire una alternativa di sistema fondata su relazioni ricche, belle, nonviolente. I tre problemi fondamentali sono dunque l’enorme diseguaglianza tra i generi nel mondo, il pericolo di guerra e la salvaguardia della natura».

Cosa pensa delle recenti proposte di riforma del Senato e della legge elettorale? Secondo lei sono in linea con gli intenti delle madri e dei padri Costituenti ?
«Sono contraria alla proposta di controriforma del Senato, che accresce l'area di chi esercita un potere senza essere eletto/a. Se l'assetto costituzionale appare farraginoso perché ripetitivo, si può modificare la distribuzione delle competenze tra Camera e Senato, o ridurre il numero e i compensi degli elett/e. Sia la questione del Senato sia la legge elettorale, che offre premi a chi non raggiunge nemmeno lontanamente la maggioranza dei voti, sono opposti allo spirito con il quale lavorarono i padri e le poche madri costituenti. Se comunque un articolo deve essere modificato o meglio cancellato, è l'articolo 7 che costituzionalizza il Concordato e conserva privilegi inammissibili per la chiesa cattolica. Sono molti i paesi cattolici che non hanno concordato e i paesi democratici di solito non lo hanno, dato che la libertà religiosa è ormai considerata una delle fondamentali».

25 Aprile, Alfredo, Angelo e Mariano: le storie dei finanzieri che liberarono l'Italia

La Guardia di Finanza ha deciso di festeggiare il 25 aprile con le testimonianze dei familiari di ufficiali e sottoufficiali che collaborarono alla liberazione dell'Italia. Tra le storie raccontate, quella del brigadiere Mariano Buratti, che formò una cellula di partigiani nella Capitale; o il tenente Angelo Gracci, tra i primi a entrare a Firenze il giorno della sua liberazione; e, ancora, il generale Pasquale Debidda, che murò una bandiera tricolore nei sotterranei della scuola Allievi della Guardia di Finanza di Roma per sottrarla alla furia nazista


Prodotto dal Comando Generale della Guardia di Finanza. Direzione editoriale Vito Augelli. Scritto e diretto da Piergiuseppe Cananzi


emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...