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20.9.18

Tempio Pausania, «Non ho saputo da nessuno che mio padre fosse morto», la storia incredibile di un 51enne campano






in sottofondo  Giacomo Spano - Eremo
Questa che trovate sotto storia raccontata da Antonio Masoni di www.galluranews.org Mi a portato a riascoltarmi questa canzone di De andre ed accorgemi che alcuni versi in particolare questi


quando la morte mi chiederà 
di restituirle la libertà 
forse una lacrima forse una sola 
sulla mia tomba si spenderà 
forse un sorriso forse uno solo 
dal mio ricordo germoglierà 

se dalla carne mia già corrosa 
dove il mio cuore ha battuto un tempo 
dovesse nascere un giorno una rosa 
la do alla donna che mi offrì il suo pianto 

quando la morte mi chiamerà 
nessuno al mondo si accorgerà 
che un uomo è morto senza parlare 
senza sapere la verità 
che un uomo è morto senza pregare 
fuggendo il peso della pietà


Una storia  d'altri  tempi   da telenovele  \  soap opere   latino  americane  \  spagnole   come il segreto  o  fiction tipo  un posto al sole  per  rimanere  in ambito italiano  




Tempio Pausania, «Non ho saputo da nessuno che mio padre fosse morto», la storia incredibile di un 51enne campano.





foto galluranews

Tempio Pausania, 17 set. 2018-
“Buongiorno signor Antonio, potrei chiederle una informazione?”, tutto nasce da una richiesta via Messenger di un signore di Torre del Greco, nativo di Portici, che sul suo profilo si chiama Gianni “Napoli”. Di solito, la prima cosa che fai quando ti arrivano messaggi da chi non conosci è accettare la richiesta e poi andare a sbirciare sul suo profilo facebook per capire con chi hai a che fare. Normalmente accetto anche quando arrivano richieste strane, bizzarre-erotiche o magari legate alla partecipazione a qualche concorso fotografico dove ti si chiede di votare qualcuno o qualcosa. Eppoi, “Napoli”, che cognome sarebbe in un campano? Sicuramente è legato al tifo per la squadra del Napoli, si sa che moltissimi lo usano per identificarsi ancor di più con il calcio per il quale, spesso, si trascende, Capita ovunque e per qualsiasi squadra. Gianni “Napoli”, mi chiede una informazione relativa ad un certo Giorgio Galdi che, sul momento non collego a nessuno di mia conoscenza, non penso di aver mai sentito quel nome e così rispondo:
“No guardi non lo conosco e non ho mai sentito il suo nome – rispondo sospettoso – perché lo sta cercando attraverso me?”
” Mi è stato detto che vive in via Istria, n. 15, e lessi un articolo vostro che parlava di alcune case pericolanti in via Istria”.
E’ vero, tempo fa scrissi delle case popolari più a valle del n. 15, quelle rosse per intenderci che erano pericolanti e i residenti lo volevano segnalare. Inoltre, effettivamente abito nello stesso quartiere a poco più di 200 metri da Via Istria.
Il giorno dopo Gianni mi riscrive chiedendomi se era venuta fuori qualcosa.
Mi perdoni, ho chiesto a qualcuno del quartiere, ma nessuno sa chi sia”. Insomma, se non vado a cercare in via Istria 15 col cavolo che riesco a dare notizie a questo Gianni “Napoli” che a dire il vero si mostra educatissimo e assolutamente non fastidioso, anzi gentile e grato perché mi sto interessando a dargli questa notizia.
Sabato faccio un salto in via Istria, sulla strada davanti all’ingresso dello stabile con quel numero, il 15, un signore che conosco e che abita proprio nello stesso condominio.
“Scusa, lo conosci un certo Giorgio Galdi?”
” Certo, il signor Giorgio, abitava qui, è morto 4 o 5 anni fa – risponde – lavorava in banca a Tempio. Guarda che era quel signore magro, napoletano, che era sempre gentile ed educato con tutti. Un brav’uomo”
Un flash, quella sommaria descrizione mi fa collegare immediatamente ad un signore che andava giù e su su via Istria quando passavo in macchina su quelle vie che portano a casa, lo vedevo sempre con una busta della spesa, d’inverno con un loden verde e nelle giornate fredde con un borsalino in tinta. Come non ricordarlo? Certo, lavorava in banca a Tempio perché era capitato di vederlo quando ancora era in servizio.
Nel frattempo io e Gianni “Napoli” ci eravamo scambiati il numero di telefono. Lo chiamo e gli do la notizia.
“Senta Gianni, ho appena saputo che Giorgio Galdi è morto 4 o 5 anni fa. Ma lei che rapporti aveva con lui, per curiosità intendo, visto che lo sta cercando?”
“Giorgio Galdi era mio padre”,  mi risponde. Resto muto, ghiacciato col sole caldo che picchia sugli occhi. Piango, in risposta al pianto a dirotto che sento al telefono dall’altra parte. Un silenzio irreale spegne le parole di entrambi. Non potevo credere che un figlio non sapesse del padre morto anni prima. Com’era possibile?. Gianni, a fatica, mi ringrazia del tempo che ho dedicato a questa breve ricerca. Sono io ora che sento di aver sbagliato.
“Non potevo immaginarlo Gianni, se solo lei me lo avesse detto prima!”
“Ha ragione, signor Antonio, voi (?) avete fatto anche troppo. E pensate (sempre il voi) che io mio padre non lo vedo da quando avevo 7 anni. Andò via di casa,-  prosegue tra le lacrime – non andava d’accordo con mia madre e se ne andava spesso di casa anche quando era nata mia sorella, più grande di me di 6 anni. Quando nacqui io sembrava tornato tutto in armonia ma il rapporto con mia madre era sempre pessimo e alla fine andò via definitivamente. Mi è rimasta una sua foto con me in braccio a 6 anni, dopo che fui operato alle tonsille. Dopo un anno se ne andò via e non ho più saputo nulla di lui. Mia madre non ci permetteva di parlarne, anche per lei era morto, dopo che ci aveva abbandonato così piccoli”Tento di interromperlo ma se lo facessi cadrei nell’errore di troncare un suo legittimo sfogo, un misto di lacrime e rabbia. Aspetto che si calmi un po’ e chiedo ancora scusa per essere stato un messaggero di una così dolorosa notizia.“E come potevate saperlo che si trattava di mio padre? No, voi non avete colpe. Sono io che ho sbagliato a non dirlo subito. Vi chiedo una cortesia. Sapreste trovarmi una sua foto o magari dirmi dove riposa, se con la donna che sapevo viveva con lui avesse avuto figli, quando è morto. Sono 44 ani che voglio saperlo ma per rispetto di mia madre non l’ho fatto. Ora lei, mia madre, vive a Roma, non è più in se con la testa. A Roma ci vive anche mia sorella. Potete farmi questa cortesia di darmi notizie?”Mestizia, il sentimento che prevale, sento il dovere di sapere tutto di Giorgio Galdi, quanto mi sarà possibile. Parto dal cimitero di Tempio, non prima di chiamare al telefono il mio amico Tino che ci lavora. E’ domenica e lui è in ferie, però mi indica dove si trova la tomba di quell’uomo perché lui ricorda tutti o quasi e sa perfettamente dove sono sepolti i morti senza controllare il relativo registro. La ricerca ha esito positivo immediato. Ecco la tomba di Giorgio Galdi, deceduto in data 30/10 2011, quindi quasi 7 anni fa. Una semplice croce senza la data di nascita che ho saputo essere il 23 o 30 marzo del 1933. Un abitante del palazzo, mi dice che lui era per le cose semplici. Una croce basta e avanza, qualche pianta resistente messa a dimora, qualche altra, nessun fiore, delle erbacce e una foto che il tempo aveva staccata dal precario incollaggio col biadesivo.E questo era Giorgio Galdi, bancario che è stato a Tempio tantissimi anni e che riguardandola in tanti risaliranno a lui.Ecco cosa ci ha raccontato il figlio di Giorgio Galdi, Gianni. Il suo è un ritratto di puro sentimento, intriso dall’amarezza di non avere vissuto accanto al padre. Gianni traccia il suo profilo, come se ci fosse stato allora, che ci sia ancora oggi e sempre resterà ora che non c’è più. Ora parlano le sue lacrime, i suoi emozionanti pensieri a lui, a quell’uomo che non rispondeva alle sue telefonate, che gli rispondeva seccato, che aveva voluto restare lontano dai suoi figli, che non li ha visti crescere, diventare adulti, avere dei figli, lasciandoli anche a macerare  un rancore inevitabile per un’assenza immotivata. Ogni altra parola è superflua, così come appare superfluo, ed anche ingiusto, scrivere della compagna di vita di Giorgio che ho accompagnato in tutti questi anni a Tempio, per quasi 30 anni.



                                      foto di Vittorio Ruggero (Grazie Vittorio!)

La madre di Gianni oggi vive a Roma, così come la sorella. La compagna di vita di Giorgio, della quale manteniamo la doverosa privacy, a Calangianus. Lei, prima di conoscere Giorgio, ha avuto un marito di cui era vedova e ben 9 figli. Gianni ha un desiderio, venire a Tempio a vedere la tomba del padre, sente di doverlo fare e lo farà, forse entro quest’anno. Mi ha promesso così ed io gli farò vedere la città, lo accompagnerò per le vie e per tutti i posti dove suo padre ha vissuto. Non servirà certo a fargli riavere il tempo che non c’è stato, quello con Giorgio,  ma potrà riceverne serenità e pace. Giorgio è sepolto qui, a Tempio, dove ha vissuto una nuova vita. Nessuno provi a giudicare quanto male possa aver fatto. A Tempio, tutti lo ricordano come un uomo rispettoso, gentile, educato, cordiale. E questo basta. Il resto è nostalgia, rimpianti e tenerezza di un figlio che non ha vissuto suo padre. Un grazie a Gianni ed un abbraccio da questa comunità a lui, ed alla sua famiglia.
Gianni Galdi e sua moglie Nunzia.
« Mi chiamo Gianni Galdi e sono Figlio del signor Giorgio Galdi,
Vorrei dire un pensiero su questa mia storia, che ha inizio nel 1960 quando si unirono in matrimonio mio Madre e mio Padre, un matrimonio portato, così si dice dalle mie parti, nel senso che mia madre era innamorata di un altro. Ricordo infatti ancora oggi una foto di mia madre con mio padre che si avviano verso l’altare con  una faccia da funerale, comunque   dopo un anno nasce mia sorella, e subito i rapporti tra i miei iniziano a rovinarsi, con fughe da parte di mia madre, che si allontanava per non subire. Nel 1966 c’è una pausa, perché mio padre e mia madre cercano di ricominciare con la mia nascita nel 1967. Dopo alcuni mesi, però, si ricomincia, delle volte penso che la mia nascita sia un segno del destino, si continua con alti e bassi, stavolta è mio padre che si allontana da casa anche per delle settimane, e queste cose me le racconta mia madre. Io, però, riesco già  a ricordarle e per me sono i primi dolori della mia fanciullezza. A 6 anni vengo ricoverato ed operato alle tonsille e ricordo che lui mi teneva in braccio. Questa è la mia ultima immagine, la sola istantanee che ho. Un anno dopo, a 7 anni, in seguito all’ennesimo litigio con mia madre, era il 1974, un pomeriggio di Aprile, chiamò mio padre dal lavoro. Gli chiesi un modellino di un auto piccola, volevo la Fiat 126, mi ricordo anche il colore che doveva essere verde, ma quella macchinetta non è mai arrivata perché da allora mio padre è andato via è non l’ho visto mai più. Nonostante mi avesse abbandonato, io non mi sono perso d’animo, ho iniziato a prendere informazioni, e sono riuscito a chiamarlo erano gli inizi degli anni ’90. Lui fu freddo con me, senza chiedermi se mi fossi sposato o avessi avuto dei figli. Rammento bene la chiamata che durò una decina di minuti appena, perché lui subito mi liquidò. Piansi amaramente, passarono altri anni ed io non mi  arresi mai anche se lui non mi aveva cercato. Avevo ancora il suo numero e lo richiamai nel 2006, lo sentii un po’ stanco, ma anche in quella occasione fu freddo nei miei confronti, senza chiedermi di mia sorella o dei miei figli o che facessi nella vita. A quel punto mi arrabbiai un po’, e lui mandandomi a quel paese mi chiuse il telefono in faccia. Piansi tre volte tanto rispetto alla prima volta, non  potevo pensare perché fosse così duro nei miei confronti. La mia domanda era sempre la stessa : MA CHE GLI HO FATTO ? Dalla rabbia buttai via il suo numero, e non lo chiamai più. Da allora non ho avuto più notizie, fino a sabato scorso quando ho saputo che non c’era più, e pensai : Mio Padre e morto due volte ... .L’ho visto adesso sulla foto che mi ha inviato, Antonio, Una persona Gentile, cortese, cordiale, diciamo un Angelo che ho incontrato, che non finirò mai di ringraziare per quello che ha fatto per me.Papà io io ti ho perdonato, perché non ci dovrà più essere né odio, né rabbia…., e sono sicuro che anche Dio ti ha perdonato.E lo stesso Dio credo che ti permetterà di ascoltare queste mie parole :
PAPA’ TI VOGLIO UN MONDO DI BENE.
Ciao Papà mio, tuo figlio Gianni».


Non sempre   quindi  è necessario andare  a  chi lo ha  visto  o simili  . Basta  fare  (come si faceva un tempo ) una semplice, con il rete è un po' più facile , una  telefonata  ad un cronista locale : Oppure    ed  qui mi hano fatto ritornare  alla mente   un vecchio episodio più precisamente il n 42  di questo mio cartone animato  della mia  infanzia   oppure andarlo a cercare  o  " lanciare  un  message in a bottle parafrando una famosa canzone dei police "


«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

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