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12.2.24

Diario di bordo n ° 34 ANNO II .Candidati alle Europee? Il padre di Giulia Cecchettin smentisce, la madre di Giogiò direbbe di sì a FdI ., l'ambasciatore israeliano sul festival di san remo 2024 ., DA GHALI A GEOLIER, POCHI (TELE)VOTI E IL VENTICELLO RAZZISTA TORNA A SOFFIARE ., il razzismo latente e la normalità.,

Inizialmente  volevo chiedere  a  FdI che vuole candidare la madre di Giovanbattista Cutolo detto Giogiò, ucciso a Napoli e al Pd che in risposta vuole fare altrettanto candidando Gino  Cecchetin il padre della povera Giulia ,  per pietà , cbe fermino questa macabra giostra .
Ma devo essere stato anticipato visto che Gino Cecchettin il padre di Giulia a differenza di . Daniela Di Maggio, madre di Giogiò, ha avuto un barlume di razionalità e buon senso visto che smentisce e minaccia azioni legali perché la notizia di una possibile candidatura col Pd nel Nord Est – pubblicata dal Fatto – “sta generando numerosi commenti diffamatori e inaccettabili”. Infatti << Il signor Gino Cecchettin, nostro tramite, rappresenta che le notizie secondo le quali lo stesso sarebbe in procinto di candidarsi o di essere candidato alle elezioni europee con il Partito democratico sono prive di fondamento e quindi false". Lo fanno sapere gli avvocati Nicodemo Gentile e Stefano Tigani.>>

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L'ambasciastore   di Israele   <<    vergognoso   usare  il festival  per  diffondere   odio >> in effetti  meglio  le  bombe  


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DA GHALI A GEOLIER, POCHI (TELE)VOTI E IL VENTICELLO RAZZISTA TORNA A SOFFIARE


Prima di Ghali, fu Geolier. Purtroppo sì, siamo messi così. Andiamo per ordine: un trentenne italiano figlio di genitori tunisini, ormai diventato uno dei cantanti più acclamati in Italia, è ancora alle prese con le difficoltà di spiegarci di essere veramente italiano, e non a caso come cover da portare sul palco ha scelto un medley nel quale ha messo in fila alcuni versi di una canzone in arabo, ‘Un italiano vero' di Toto Cutugno e la sua hit più nota e forse più politica ‘Cara Italia', Oh eh oh, quando mi dicon “Va' a casa/ Oh eh oh, rispondo “Sono già qua”/oh eh oh, io T.V.B. cara Italia/oh eh oh, sei la mia dolce metà. Insomma Ghali ha zelantemente fornito a tutti i suoi compaesani una specie di tutorial su come si è evoluta l'italianità. Mentre il dibattito cominciava ad accendersi su questo fronte, tra meticciato, ius soli, radici da proteggere, patria, nazione, metti il confine togli il confine, ecco che arriva l'elemento che spegne tutte le nostre velleità d'ingresso nella contemporaneità del terzo millennio e ci riporta dritti dritti al Novecento.

Geolier, giovanissimo rapper napoletano, adorato praticamente da tutti gli under venti, il suo album ‘Il coraggio dei bambini' è il più venduto e il più ascoltato su Spotify nel 2023, ha portato a Sanremo una canzone in dialetto napoletano, anche con l'idea di omaggiare la cultura partenopea. E in questa direzione ha deciso di farsi accompagnare da Gué, Luché e Gigi d'alessio nella serata delle cover, con i quali si è esibito in un medley di canzoni napoletane. La vittoria di Geolier proprio in una serata ricca di ospiti famosi e pezzi storici è bastata per riprecipitare l'italia in uno dei suoi vizi peggiori: quel malcelato, tanto negato quanto insuperabile, razzismo nei confronti di chi non solo viene dal Sud, ma ha anche la tracotanza di rivendicarlo. Innanzitutto la platea dell'ariston ha sgraziatamente fischiato un ventenne, per la prima volta a Sanremo, mentre ritirava il suo premio, e subito a seguire una valanga di commenti sprezzanti ha rimesso in scena il copione che abbiamo ascoltato in loop nei talkshow degli ultimi cinque anni: “I voti di Geolier comprati coi soldi della camorra”, “il televoto comprato coi soldi del reddito di cittadinanza”, “non canta in italiano, cosa ci fa qui?”.

È bastato un attimo e la macchina del tempo ci ha riportati dallo Ius soli alla questione meridionale: una manciata di televoti e la fotografia che ci torna indietro è quella di un'italia ancora ripiegata su vecchi tic e inossidabili pregiudizi, desiderosa di emanciparsi ma del tutto incapace di evolversi. 


infatti  





3.11.18

Non ho paura della cattiveria dei malvagi ma del silenzio degli onesti. Razzismo sulla Circumvesuviana, signora si ribella gli altri tacciono o girano video

questa  vicenda  vedere il video 




conferma     la  frase  citata  nel  titolo  di Martin luter  king  .  ecco  la  cosa vergognosa  non tanto per  il  razzismo in se   che èà  successo  ma  per il silenzio    che  ha  circondato il fatto



Un fermo immagine del video pubblicato su Facebook dall'utente Pasa Anta
Ancora offese razziste sul treno. Dopo l'aggressione avvenuta tre giorni fa sulla Roma-Lido, stavolta a finire nel mirino di un passeggero intollerante è un gruppo di pakistani in viaggio sulla Circumvesuviana di Napoli. A documentare l'episodio, un video pubblicato dall'utente Facebook Pasa Anta, che mostra la ribellione di una passeggera alle parole razziste indirizzate ai pakistani da parte di un uomo. L'episodio risalirebbe al pomeriggio di ieri, non è chiaro il motivo che lo ha scatenato. "Sul treno della Circumvesuviana di Napoli - scrive Pasa Anta - un ragazzo offende dei pakistani (tra l'altro molto pacifici) e a un certo punto una signora non ce la fa più e reagisce dicendogli anche 'preferisco che l'Italia diventi loro piuttosto che dei personaggi come te, fascista e razzista'".
La signora, come si vede nel video, è visibilmente arrabbiata: "E noi dobbiamo stare qua a sentire lei che insulta?", chiede all'uomo che, in piedi e a voce alta, apostrofa e indica i passeggeri stranieri come "pezzi di me...". "E invece sei tu che sei scemo, razzista e aggressivo", ribatte la signora che si sente rispondere "sì, sono razzista e l'Italia è nostra". La risposta della donna? "Allora no, tu non sei razzista, sei stronzo". Il filmato, come spiega Pasa Anta nella didascalia, è interrotto mentre i due ancora litigano. Lite che, stando alle parole dell'utente Facebook, si sarebbe protratta a lungo e aggravata: "Non c'è il resto del filmato, ma la signora, davvero coraggiosa - racconta -, al crescendo di aggressività del tipo in questione, che la minaccia di essere in procinto di sferrargli un pugno, gli dice: 'come ti vedo alzare le mani ti scasso l'ombrellone in testa'. Il ragazzo si alza e se ne va imprecando malamente ma si ferma davanti alla porta di uscita, come in attesa".
E quando la signora "tre fermate dopo, fa per alzarsi, per niente intimorita e con un sorriso sereno - nient'affatto beffardo - non si fa nessun problema a prendere l'uscita verso la porta dove sta sostando il tipo. A questo punto - aggiunge Pasa Anta - un altro ragazzo, un manovale stanco di fatica e sporco di calce, chiaramente uno straniero dell'est Europa, si alza e la segue alla porta. Quando il treno si ferma, la signora scende, il tipo che inveiva e che l’aveva guardata con rabbia all’approssimarsi della fermata rimane sull’uscio e l’ucraino (?), una volta chiusasi la porta, torna a sedersi. Aveva seguito la signora per assicurarsi che non fosse aggreditavigliaccamente mentre scendeva".
Nel post dell'utente c'è poi spazio per un'ultima, amara, considerazione: a ribellarsi al razzismo del passeggero è stata una sola donna mentre gli astanti rimanevano indifferenti o filmavano l'accaduto. "La realtà vera in questo video - scrive Pasa Anta concludendo il post - è la maggioranza silenziosa che caratterizza lo spirito di una società e di un periodo storico, cioè tutti i presenti, indifferenti e silenti".


26.1.17

io non mi sento italiano dopo i casi di Mantova ( pestata a colpi di sedia: «Nessun cliente del bar mi ha difesa» ) e il caso di venezia dove un extracomunitario affoga e oltre ad insultarlo e filmarlo nessuno lo salva o choama soccorsi

Mantova, pestata a colpi di sedia: «Nessun cliente del bar mi ha difesa»

Parla la donna ferita in un locale di Borgochiesanuova dal compagno dell’ex amica. «Continuava a picchiarmi anche a terra, ma i dieci presenti non hanno fatto nulla»

MANTOVA. Oltre alle botte, tante botte, a farle ancora male è l’indifferenza degli uomini che hanno assistito al pestaggio senza muovere un dito per fermare la furia dell’aggressore, o anche solo per chiamare i soccorsi. «Lo scriva, mi raccomando, l’omertà dei dieci clienti che erano nel bar e anche del titolare. Sì, fa tanto male...». Giulia (nome di fantasia a tutela della donna) è stata aggredita sabato mattina, in un bar del quartiere Borgochiesanuova.
«Ero con un’amica, siamo entrate per comprare le sigarette – racconta Giulia, trentadue anni – seduta a un tavolino abbiamo visto un’amica comune, insieme al suo compagno. Un uomo violento che ci ha allontanato da lei facendoci perdere l’amicizia. Ecco, io mi sono avvicinata per chiederle di uscire qualche minuto fuori, giusto il tempo di parlare un po’, di chiarirci. Ma lui è scattato come una furia, in un lampo, le ha impedito di alzarsi e mi è saltato addosso».
A questo punto il racconto della donna accelera per sgranarsi come il fotogramma di un incubo. «Mi ha preso a sediate, sedie di ferro. Con la prima sedia mi ha buttato a terra, colpendomi alle braccia, alla schiena, al collo – ricorda Giulia con voce spezzata – cadendo ho sbattuto contro il bancone e lui ha continuato a colpirmi anche quando ero a terra, con un’altra sedia. La terza sediata l’ho ricevuta quando mi sono rimessa in piedi, poi, non contento, ha rotto un bicchiere e con i cocci mi ha ferito all’inguine. E intanto nessuno è intervenuto».
Il referto del pronto soccorso parla di una prognosi di guarigione di ventitré giorni, sufficienti per innescare l’indagine d’iniziativa da parte delle forze dell’ordine, senza che sia necessaria la querela della donna. Ma Giulia l’avrebbe denunciato di sua iniziativa, anche per un pugno scarso di giorni.
E poi, a bruciare, ci sono anche le altre ferite. L’indifferenza di chi non è intervenuto a difenderla, l’omertà degli stessi – della serie «un’aggressione? noi non abbiamo visto niente» – e poi la reazione dell’amica, ormai ex.
«Quando mi sono trascinata fuori, insieme alla mia amica, quella vera, per chiamare i carabinieri e il 118, lui e lei mi hanno seguito urlandomi addosso delle minacce irripetibili. Sì, anche lei. E poi c’è un’altra cosa che non mi va giù». Quale? «Io continuo a passarci davanti a quel bar, e lui è sempre dentro, tranquillo, come se non fosse successo nulla. Meno male che le telecamere del locale hanno registrato tutto, le immagini non mentono».
Ora il film dell’aggressione è compresso nella chiavetta usb dei carabinieri.
 Sta nel palmo di una mano, ma per Giulia pesa più di un macigno. (ig.cip)

la  seconda     successa a Venezia  qui  maggiori  news    che si può riassumer e cosi 
L'immagine può contenere: sMS

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...