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17.11.12

Carmela Frassanito suicida a 13 anni dopo uno stupro ancora nessuna giustizia



Carmela Frassanito aveva solo 13 anni domenica 15 aprile 2007, quando si suicidò gettandosi dal balcone al settimo piano di un palazzone a Taranto. Un suicidio per la disperazione, perché non poteva più sopportare quello che le era successo. Una morte per lo stupro, a 13 anni, perché nessuno ti crede, perché c’è chi preferisce imbottirti di farmaci piuttosto che aiutarti. A cinque anni di distanza il padre, Alfonso Frassanito, ha deciso di rompere il muro del silenzio, di raccontare l’agonia della figlia, il dolore della famiglia e la lotta per la giustizia che, ancora oggi, vede i mostri responsabili di quello stupro in attesa del primo grado di giudizio in tribunale.A differenza di tante storie di violenza nei confronti di anime innocenti che hanno trovato gli “onori” della cronaca, quella di Carmela Frassinato è caduta nell’oblio. Diventa difficile capire come una storia come quella della piccola Carmela, stuprata dal branco, a soli 13 anni, possa essere dimenticata.Invece è quello che è avvenuto: non solo il processo a carico degli stupratori è ancora in corso e, dopo cinque anni, non è neanche arrivato al primo grado di giudizio, ma i genitori non hanno visto il sostegno dello Stato, quello Stato che ha strappato loro la figlia perché venisse curata e che invece l’ha lasciata sola, a morire di disperazione.Il padre Alfonso ha scritto una lettera aperta per raccontare il dolore e la rabbia per questi anni di silenzio e ha voluto fare di più: ha fondato un’associazione in onore della figlia, IosòCarmela. Un luogo virtuale dove far sentire la propria voce e dal quale lanciare una campagna per chiedere una nuova “etica” della giustizia”.Un nuovo disegno di legge per l’inasprimento sostanziale e la certezza della pena per i reati di violenza sessuale e pedofilia, perché quello che è successo a Carmela non succeda più e altre famiglie non debbano provare la frustrazione e il male che stanno vivendo.La tredicenne di Taranto diventa l’emblema di una situazione che in Italia vede le donne e i minori vittime silenziose della violenza, e non solo quella dei mostri che violentano ma anche da parte delle istituzioni che dovrebbero aiutare.
La storia di Carmela Frassinato
La storia di Carmela è costellata di episodi dolorosi: rimasta orfana di padre a solo un anno, trova nel secondo marito della madre, Alfonso Frassanito, quel padre amorevole e dolce che serve a ogni bambino. La sua vita cambia drasticamente a cavallo del 2006 e del 2007 quando la piccola racconta le violenze subite da un giovane sottufficiale della Marina in servizio a Taranto.
Scatta la denuncia alla Polizia ma non ci sono elementi per avviare un procedimento penale nei confronti dell’uomo che pur aveva ammesso di averla incontrata, per poi ritrattare negli interrogatori.Eppure lo vedevamo davanti alla scuola media Frascolla, sempre accanto a ragazzini. Continuava a passare sotto casa nostra, per noi era una provocazione. In città era conosciuto come ‘il pedofilo di San Vito‘”, racconta il padre.Si innesca così un percorso che vede Carmela diventare la “ragazzina che si inventa le cose” quella che ci sta, una poco di buono, fino alla tremenda violenza di gruppo. Il 9 novembre Carmela esce di casa dopo aver ricevuto un rimprovero da parte dei genitori: una situazione che dovrebbe risolversi con una ramanzina e magari un “castigo”, ma per lei cambia tutto.In quei momenti incontra i suoi aguzzini. Viene drogata con anfetamine e violentata più volte, in diversi luoghi, dal branco: ad abusare di lei, come dirà al pm Enzo Petrocelli, sono in otto, 5 all’epoca minorenni e 3 appena maggiorenni. La piccola vaga per quattro giorni per Taranto, dal centro città fino ai sobborghi: sono i genitori, disperati, a ritrovarla, in condizioni orribili.Di nuovo la denuncia e questa volta i responsabili dello stupro vengono identificati e indagati per violenza sessuale, ma l’iter della giustizia è lento, lentissimo.Carmela da quel giorno non si è più ripresa: dopo le violenze intervengono i servizi sociali per aiutare la ragazzina vittima di una violenza assurda.Si fanno i colloqui con i genitori e con lei e la famiglia viene convinta a fidarsi delle istituzioni: Carmela sarebbe stata seguita da medici e psicologici che l’avrebbero supportata in quella terribile fase. Viene così deciso il trasferimento di Carmela al Centro “Aurora” di Lecce che si occupa di minori vittime di abusi e violenze in famiglia.Alfonso e la moglie però non possono incontrare liberamente la figlia, solo una volta al mese, con incontri videoregistrati: anche così Carmela appare sempre più distrutta, lontana dal mondo, chiusa nel dolore e spesso intontita. Lei non vuole stare lontano dai suoi genitori, ha bisogno di loro, ma i medici rassicurano che è tutto sotto controllo.Solo dopo avremmo scoperto che in realtà la bambina era stata sottoposta a una cura di psicofarmaci. Che da quel posto era scappata due volte“, dice Alfonso.Tre mesi dopo arriva il trasferimento in un altro centro per minori, “Il Sipario” di Gravina di Puglia: le cose sembrano migliorare e i medici confermano che la piccola è stata sottoposta a una cura di psicofarmaci per cui è necessario diminuire le dosi col tempo.Nel fine settimana Carmela torna a casa dove i genitori la accudiscono, dandole anche i farmaci. Fino a quella maledetta domenica: va in bagno per quello che sembra un gesto normale e invece si getta dal balcone, dal settimo piano.
Il processo agli stupratori
Oggi i suoi aguzzini sono ancora in attesa del primo grado di giudizio e nessuno di loro ha scontato un solo giorno di carcere. Il padre però chiede anche giustizia nei confronti di quelle istituzioni che hanno permesso agli stupratori di essere ancora a piede libero, con un’udienza fissata ogni sei mesi per i maggiorenni.Per i minorenni rei confessi, il giudice del tribunale dei minorenni di Taranto Laura Picaro stabilì nelle prime fasi del processo che fossero meritevoli della “messa in prova”. Per 18 mesi sono messi sotto osservazione: seguiranno un programma di rieducazione e offriranno assistenza agli anziani. Se faranno i bravi il dibattimento verrà cancellato.Nel corso del processo un avvocato difensore arrivò anche a definire Carmela “quella che ci stava”, come a voler giustificare lo scempio del suo assistito.Per questo Alfonso Frassanito ha deciso di rompere il muro del silenzio. “Perché anche Carmela é stata una figlia. Non solo Sarah“, scrive, riferendosi alla vicenda di Sarah Scazzi, la 15enne uccisa ad Avetrana per il cui processo nello stesso tribunale a Taranto ci sono le luci di tutti i media. “Tutti i bambini hanno diritto alla loro vita, ad avere giustizia, sempre e comunque, non solo quando la città si trasforma in una piccola Hollywood per via del circo mediatico, ma soprattutto macabro, che si attiva solo quando si possono sfruttare gli aspetti morbosi di vicende a sfondo sessuale o da thriller“. Anche Carmela merita giustizia. Come tutte le vittime.

29.10.09

Il serpente antico

 



L'ultima ingiuria, adesso, sarebbe definirla "donna con le palle". L'ultimo, estremo affronto del paganesimo sessista a Roberta Serdoz e, con lei, a tutto il genere femminile.
Negarne l'alterità, quindi la ragion d'essere. "Donna con le palle": cioè coraggiosa, nobile, forte, determinata, razionale. Cioè, maschio. Una donna che dimostra le qualità elencate, secondo la vulgata pagano-sessista, non può appartenere a sé e al suo sesso. Sesso viene da "secare", dividere, e il sesso femminile, per il paganesimo sessista, è di per sé divisione, mancanza. Peggio: nullità.
Il paganesimo sessista procede per sottrazione, poiché teorizza l'esistenza d'un solo vero sesso, quello maschile. Il quale però, contrariamente all'etimologia del vocabolo, è esaltato a paradigma assoluto, parabola suprema, e divinizzata, dell'intera umanità. Relativo che diventa totalità.
Per il paganesimo sessista nessuna donna possiede pertanto qualità positive, né i suoi comportamenti possono essere presi a modello. Se ciò avviene, è perché essa ha rinunciato alla sua femminilità-inesistenza per riempirsi e significarsi (travestirsi?) del divino maschile. "Donna con le palle", quindi: fatta uomo.

Roberta sta reagendo con una dignità che sfiora l'eroismo allo scandalo che ha travolto il marito. Il marito? Lei stessa, in realtà, e, ancor prima di lei, le figlie dei due, in particolare la più piccola, che a otto anni ha visto infrangersi contro il turpe muro d'un'umanità brutta, dentro e fuori, l'idolo paterno destinato a diventare, soltanto e naturalmente, l'uomo più amato.
Roberta reagisce restando al suo posto, continuando a lavorare, intenzionata a non abbandonare il consorte. Il più debole è lui, s'è detto da più parti, il più bisognoso d'aiuto, ed ecco accalcarsi attorno al pover'uomo schiere di psicologi, monaci, amici, politici, anime pie, tuttologi e professionisti della lotta alle discriminazioni. Militanti gay hanno espresso la loro vicinanza all'ex-governatore del Lazio e denunciato l'"imperante clima di transfobia e omofobia"; ma per Roberta e le bambine nemmeno una parola.                                                                     Tanto, è una "donna con le palle"! E' tenace, resisterà.                              Più probabilmente, di lei non s'è curato nessuno.
Nessuno si domanda quanto dolore,quale ale immane catastrofe psicologica si nascondano dietro il volto deciso,il sorriso franco e commovente di Roberta.                       Al paganesimo sessista importa solo l'apparenza, la lacrima esibita, la parodia della sofferenza. In una parola: la sceneggiata. Viviamo o no, nel gran teatro del mondo ?


Soprattutto Roberta e le figlie, in questo momento, necessitano dell'aiuto maggiore. Ne hanno bisogno, anzi, diritto, proprio perché non lo invocano. Perché sono le più umiliate, le più negate. E, si badi bene: l'intenzione di chi scrive non è nemmeno quella di demolire Marrazzo e le sue personali miserie. Che, come dice la parola stessa, in senso stretto meritano soltanto commiserazione. Piero Marrazzo non è più colpevole d'un Cosimo Mele che va a mignotte e coca dopo aver sfilato al Family Day, né d'un Sircana che s'intrattiene - anche lui - con una trans sul marciapiede della capitale, né, naturalmente, di "utilizzatori finali" (elencare tutti i link a questo proposito sarebbe impossibile...) che non solo gozzovigliano con prostitute e minorenni (parola di moglie), ma se ne vantano pure, non sognandosi di dimettersi, bensì elevando a valore il loro degradato stile di vita.


L'uomo Marrazzo risponde soltanto alla sua coscienza (del presidente Marrazzo ci occuperemo più avanti). La donna Roberta Serdoz rappresenta tutte noi.

Tra i tanti commenti che hanno riempito le pagine dei quotidiani in questi giorni, ne ho trovati tre degni di nota, firmati rispettivamente da Giulia Bongiorno e Marina Terragni ("Corriere della Sera").
"Di fronte a un tradimento, qualunque tradimento, si tende a ritenere che una donna abbia una sola alternativa: tutelare la propria dignità chiudendo il rapporto, oppure custodire l'unità familiare e la sua immagine", annota Bongiorno. Ma quest'ultimo caso - la salvaguardia delle apparenze e il dovere coniugale - è la tipica scelta coatta delle donne sottomesse e tradizionaliste; non certo di Roberta Serdoz che invece, libera ed emancipata, svolge anche una solida professione di giornalista e conduce una vita sua. Nulla di più logico, quindi, dell'abbandono del tetto coniugale. Ma non accade: "Perché lei ha deciso, in piena libertà, che in questo frangente la priorità non è lei stessa. E così ha compiuto una vera scelta di emancipazione: si è emancipata persino dal bisogno di dimostrare la propria dignità. Ci ha rinunciato, sapendo di non esserci costretta", conclude la presidente della commissione Giustizia.
Ci troviamo di fronte a un passaggio fondamentale. Da sempre, e anche in questa particolare situazione, i sacerdoti del paganesimo sessista agitano lo spettro della femmina diabolica, il cui sesso è contemporaneamente nullificato e tenebroso, la cui natura è inesistente ma pericolosa, imperfetta ma temibile. Ancora qualche giorno fa, il cardinale Antonelli ha tuonato contro il femminismo che, assieme a gay, neomarxisti e addirittura "ambientalisti estremi" ( ?!? ) , insidierebbero la sacertà della Famiglia Tradizionale (E anche il suo Papa, spalancando scandalosamente le porte agli anglicani più retrivi e intolleranti - gesto empio reputato, da osservatori accecati e storditi,"Corriere" in primis, addirittura ecumenico... -, si muove nella stessa direzione.)
Secondo Antonelli, Ratzinger e gli alfieri del paganesimo sessista, unico compito della donna, per la sua natura incompiuta e peccaminosa, è stare asservita all'uomo, subire le sue prepotenze senza lagnarsi mai, partorire con dolore, ché questo è lo scotto da pagare per averlo strappato all'Eden. Poiché la donna non si può eliminare, come pure sarebbe desiderabile secondo tale visione, la si deve tenere a bada, negarle una propria e individuale personalità, la quale, se affermata, costituirebbe necessariamente un contro-valore rispetto all'Ordine Costituito, maschile. In questa prospettiva il femminismo, che al contrario esalta la diversità-ricchezza delle donne e si batte per la loro affermazione indipendentemente da chiunque, non può che risultare eretico e perverso, foriero di sovvertimenti e di divisioni.
 La vicenda di Roberta Serdoz smaschera, ancora una volta, la menzogna di queste tesi. Roberta resta accanto al marito non perché deve farlo, ma perché lo vuole; e lo vuole seguendo una sua libera scelta, ascoltando il suo cuore, valutandolo, rispettandolo. E' vero: le donne amano vivere in relazione. Ma non perché non abbiano valore in sé; bensì perché valorizzano gli altri e loro stesse attraverso una spontanea auto-donazione. Gli uomini sono manichei; le donne in tale ottica, forzando il concetto, più "naturalmente" cristiane.
E, sempre in tale ottica, il femminismo aiuta la famiglia (certo, anche quella tradizionale mitizzata dal card. Antonelli), e non la insidia affatto. Tantomeno la distrugge.
 Gli uomini non l'hanno ancora compreso, né sono stati in grado di fornire una risposta altrettanto valida al femminismo. L'hanno dapprima combattuto, poi irriso, infine subìto, ma mai sfruttato come occasione di crescita anche per loro.
Pertanto l'esortazione a "pensarci un po' su", che si legge nel contributo di Marina Terragni, può e deve essere accolta soprattutto dagli uomini; viceversa, frasi come "Dispensatrici di bellezza e di gioia, le donne hanno rinunciato per sempre a questa prerogativa divina... Valgono questo prezzo, i loro strepitosi guadagni?", rischiano di suonare terribilmente ambigue e fuorvianti. Come se l'attuale distorsione maschile sia imputabile, ancora una volta, al femminismo aggressivo ed emancipatore. Terragni continua così: "Mi scrive, straordinariamente sincero, un lettore sul blog: 'Il vero unico desiderio è vivere momenti di bel cameratismo con altri maschi... Anche il travestito, ama esclusivamente il mondo maschile e ritiene che la sua missione sia dare amore ad altri maschi, di cui comprende le sofferenze profonde che nessuna donna potrebbe lenire' [...]. Molti maschi regrediscono a un consolatorio 'tra uomini'. Un mondo a cui le donne non hanno accesso; solo maschere di donne, come sulle scene del teatro medievale; solo pseudo-donne, a misura di un immaginario semplificato e un po' autistico. Un'omosessualità spirituale e culturale che può contemplare anche un passaggio strettamente sessuale". Qui emerge un'altra e, se possibile, più complessa questione, che le analisi attuali, sia per effettiva mancanza di basi culturali, sia per timore d'infrangere il "politically correct", non affrontano mai del tutto. Ci ha provato Umberto Galimberti, che non a caso è stato in malafede accusato, di omofobia, transfobia ecc. ecc.
Poniamoci, innanzi tutto, una domanda. La regressione menzionata da Terragni e Galimberti, e che quest'ultima sembra attribuire all'autonomia e alla libertà femminili, è realmente una malattia contemporanea? In parte, senza dubbio, sì.
Abbiamo accennato all'uomo Marrazzo. Ma il governatore Marrazzo è altra cosa. L'ozio d'un potere molle e sfatto arriva a sfigurare i luoghi più evocativi, sacri e (perché no?) nobilmente "paterni" in cui si riconosce la comunità (Marrazzo consumava i suoi piaceri in via Gradoli, memoria storica del rapimento Moro, B. riceveva la sue cortigiane a palazzo Grazioli; e i carabinieri corrotti e ricattatori, privi di volto e d'anima, hanno persino abdicato alla loro storica ragion d'essere). La mercificazione del corpo; la (in)cultura del qui e ora; l'impotenza da Basso Impero o, meglio da Impero (del) Basso, anatomicamente inteso; il ripiegamento su sé stessi; la serra riscaldata della compagnia d'un proprio simile, anziché la sfida ma anche l'entusiasmo di mettersi in gioco con qualcuno opposto a te; tutto quanto è tipico del nostro tempo. Quanto all'"omosessualità culturale e spirituale" denunciata da Terragni, e che ha ben poco da spartire con l'effettiva condizione vissuta da alcuni uomini e donne, sarebbe più appropriato definirla, con Luce Irigaray, "uomosessualità". Conta relativamente poco, infatti, il sesso dell'altro, perché conta poco l'altro. Conta la sessualità dell'uno, o il suo degrado, la sua insaziabilità e, al tempo stesso, la folle ricerca di piaceri tanto più proibiti quanto più facilmente "degradabili". La donna è accettata solo come prostituta, poiché merce in vendita, sottomessa per contratto. Ma la trans va oltre, donando all'uomosessuale l'illusione d'un potere assoluto, che nemmeno la prostituta donna, per quanto assoggettata, ormai accetta più. Lo scambio non è mai alla pari e non si crea nessuna vera relazione, ma una masturbazione a due (o a più), un moltiplicarsi di specchi che riproducono un'unica immagine.
E' contro questa cultura che si scagliarono san Paolo e Dante. I quali, non per nulla, additavano il vizio in personaggi di alto livello sociale, politico e culturale; nei potenti dell'epoca. E il potere è prevaricazione.
Eccoci tornati, quindi, al punto di partenza. Il disfacimento è senz'altro un "segno dei tempi"; diciamolo senza tema, un rifiuto dell'altro che è anche un rifiuto del totalmente altro: Dio. Una forma di idolatria che però, contrariamente a quanto afferma Galimberti, non è ancora la più grave delle regressioni. Già se ne profila una peggiore, dopo il mercimonio di entrambi i sessi e il prevalere dell'uno sull'altro: la pedofilia. La soglia d'attenzione rispetto all'abuso del minore si sta pericolosamente abbassando. Personaggi noti, spettacoli, giornali e persino annunci pubblicitari veicolano messaggi sempre più espliciti, a cui ci si sta quasi abituando. E niente più della pedofilia dà sfogo al delirio d'onnipotenza e di sottomissione, una "prova di forza" ottenibile senza alcuno sforzo ai danni di un individuo per sua natura debole e non formato. La pedofilia, dunque, è il punto d'arrivo e costituisce un arretramento verso la bestialità.
E' un segno dei tempi. Ma è anche un segno senza tempo; un serpente antico. La tentazione primordiale. Perché fin qui non si è parlato di sesso, ma di violenza, blasfemia, dominio, superbia. Violenza e superbia che, nel corso della storia, si sono manifestate in diverse forme, ma che hanno un'unica origine.
Questi sono i frutti del paganesimo sessista; questo è il risultato del rifiuto del dialogo, della sottomissione forzata d'una metà del genere umano, spesso benedetta persino da rappresentanti della religione (non a caso, uomini). E' fenomeno recente? E' colpa delle femministe? Degli omosessuali? Dei marxisti? Degli ambientalisti? O non è, piuttosto, colpa di tutti noi, quando puttaneggiamo, in misura maggiore o minore, con l'ingiustizia, la soverchieria e il potere?

Daniela Tuscano

7.5.09

Uccidere i giovani


Ieri, 5 maggio, ricorreva la Giornata mondiale contro la pedofilia e la pedopornografia. E' indubbiamente vero che, se non seguite da azioni concrete, queste iniziative si riducono a inutili e vuoti proclami. Ma da qui a non accennarvi nemmeno, si converrà, ce ne corre. Eppure è successo. Tra le frasi di circostanza e un assordante silenzio non so quale sia il male peggiore. I motivi? Uno solo: le nostre società (del Nord e del Sud del mondo) odiano i giovani e da tempo ne hanno calcolato scientificamente, razionalmente, freddamente, lo sterminio.







...Sì, ancora lui: ma è stato l'unico artista italiano (e, forse, mondiale) ad affrontare un tema così spinoso coi toni "giusti". Un brano scritto nel '69, inciso nel '74: non occorre aggiungere altro.



Quest'ultimo si attua con mezzi diversi, ma perseguendo un unico scopo. Un mondo di laidi padroni, di mefitici bancarottieri, di mercivendoli d'armi, di vinti e vincitori, un mondo verticale e barbaro è governato, popolato, assediato da vecchi. Il giovane, con la sua forza dirompente e innovativa, con la fresca baldanza della sua irrazionalità, è per loro un pericolo e una minaccia. Il mondo caduco esibisce pettinature posticce, maschera col cerone la carne rotta e cadente: esalta, insomma, il giovanilismo, che è la caricatura della gioventù.


Più perde vigoria, sanità, forza e slancio, più il mondo caduco cerca, si nutre e sugge la carne implume, cedevole, inerme e intatta: la sua è una bramosia vampiresca, decadente e sfibrata. Il sesso come droga, come affermazione d'una malata volontà di potenza.


Il mondo caduco uccide i suoi giovani (a maggior ragione se donne) anche in altro modo: più diretto, più spiccio. Ultimativo. Delara Darabi è stata impiccata in Iran due giorni fa. Oggi si deciderà la sorte di altri due minorenni. Non è la prima, non sarà l'ultima, temiamo. L'Iran è un Paese dove l'età media della popolazione arriva a 25 anni. Troppi, per i barbuti. Due anni fa si consumò la tragedia di Makwan, preceduta da quella di altri due ragazzi: degli omosessuali, figurarsi. Nessuno che si sia commosso per loro, anzi, non dubitiamo che qualche anima pia, dalle nostre parti, abbia pure applaudito (in segreto: per noi "civili" la forma è tutto!). Ora ci domandiamo come si concluderà la vicenda di Roxana Saberi. Ma simili notizie circolano più che altro sul web. In Italia, siamo in tutt'altre faccende affaccendati.


Il mondo caduco ha pianto lacrime di coccodrillo per l'Abruzzo, dove il terremoto ha sepolto, fra l'altro, la Casa dello Studente con relativi ospiti. Ma adesso, tutto si sta ricomponendo. Nel senso che se ne parla sempre meno. Non dappertutto, sia chiaro: segnalo con piacere l'iniziativa di Re per una notte, che a Roma sta organizzando una serata di beneficenza (stasera, ore 21) con interventi del mondo del cabaret e dello spettacolo (per maggiori informazioni, locale: 06 6550169 - Enzo: 347 5451812). Anche la Chiesa di Milano e quelle bressesi (Comunità San Carlo, piazza De Gasperi 1) proseguono la raccolta a favore dei terremotati. Ma simili notizie circolano più che altro sul web. In Italia, siamo in tutt'altre faccende affaccendati.


Il mondo caduco ne ha pensata un'altra: i présidi-spia, poi rocambolescamente archiviati dalla stessa maggioranza che li aveva proposti. "Ma che c'entrano questi codardi con noi?" , trasecola Carlo Olivieri. Me lo domanderei io pure, ma il condizionale è d'obbligo. Temo di star decadendo anch'io, se comincio a rassegnarmi passivamente all'omicidio di giovani che si perpetra sistematicamente sotto i miei occhi. Del resto, non pare che alla maggioranza degli italiani simili iniziative procurino chissà quale sussulto d'indignazione, o anche solo di pietà. Bensì di pirandelliana indifferenza, per non parlare di saturo cinismo. Siamo in tutt'altre faccende affaccendati, noi.


Trent'anni fa un altro giovane cadeva stroncato dal caduco e primordiale liquame mafioso: Peppino Impastato. L'associazione Mondo Senza Guerre organizza per l'8 maggio a Milano (ore 19.00, via Mazzali 5, infoline emiliano@pressenza.org) una serata per ricordarne la nobile figura. Pace, Disarmo e Nonviolenza sono anche i tre punti cardine del programma elettorale di Giorgio Schultze, candidato umanista indipendente per l'Italia dei Valori alle europee 2009, che interverrà durante la serata per esporre come intende portare questi principi in tutta Europa. In seguito verrà proiettato il film I cento passi.




...E poi sì, 'azzo, sì, devo occuparmi anche di 'sta roba. Di 'sta robetta. Di 'sta robaccia. Ma noi italiani siamo molto affaccendati in questa faccenda. Mica solo faccenda di corna, veh. A quella crede solo il confessore del Capo, secondo cui, come da allucinante intervista a "Repubblica", tutti i grandi qualche vizietto nascosto ce l'hanno, perché non perdonare proprio quelli dell'Uomo provvidenziale? Solo un po' più di sobrietà, lo ammonisce paternamente il giornale dei vescovi, quegli stessi vescovi che scomunicano dodicenni incinte, rifiutano i funerali religiosi ai poveri cristi come Welby e vietano l'aborto anche in caso di violenza (se la donna non è facoltosa, però: perché, in quei casi, si può sempre troncare, sopire... padre molto reverendo...). I lussuriosi verginoni in gonnella di raso che aborrono l'omosessualità altrui come specchio delle loro intime perversioni, i fustiganti Torquemada inflessibili coi deboli e carezzevoli coi forti hanno consacrato la loro decrepita, sterile vecchiezza sull'altare di lustrini del loro piccolo dio e relative lepidezze da Basso Impero. Con contorno di smutandati fiori in boccio e già recisi. Tanto le donne, specie se giovani, non sono che esuli figlie d'Eva.

Ma i vecchi sono destinati a morire presto. E nessuno li piangerà.


Daniela Tuscano



10.7.08

Carfagna: oltre il lato B

Carfagna inadatta al Ministero, come si blatera in questi giorni? Fate vobis. Io scrissi il seguente articolo l’8 maggio. Senza falsa modestia, non si potrà dire che non sia stata preveggente.


 


“Sarà quer che sarà, armanco è bello”: questo l’immediato commento del popolo romano all’elezione di Pio IX (1846). E vorrei fermarmi qui. In fondo l’ironia su Mara Carfagna, neo-Ministro delle Pari Opportunità (niente “popò” dimenoché…) del Berlusconi IV, riesce fin troppo facile e anche fastidiosa. I blog rigurgitano di sue foto nude - tentazione alla quale anch’io cederò - con toni che oscillano dal finto-scandalizzato voyeuristico, allo sconsolato, all’indignato, e chi più ne ha più ne metta. La Carfagna come simbolo della decadenza del Paese.
In verità, verrebbe da domandare se scandalizza di più una ex-soubrettina scosciata - protagonista lo scorso anno d’un memorabile scontro con Luxuria - o le facce biscottate dei vestitissimi (e rigorosamente maschi) . 1) Sandro Bondi ai Beni Culturali  (!?), 2) Angelino Alfano alla Giustizia (!!!), 3) Gianfranco Rotondi all’Attuazione del programma perché col suo contributo da prefisso telefonico meritava pure uno scranno in Parlamento.
Calderoli alla Semplificazione, poi, non necessita di nessuna chiosa. Basta quel nome e quel ministero nuovo di zecca. Sarà quer che sarà Carfagna, armanco è bella



Perché gli uomini, coi panni indosso, risultano sempre seri. Quand’anche si chiamassero Previti, l’abito grigio, evanescente e rigido segno d’una neutralità, impone la loro supremazia sessuale nel momento stesso in cui pare negarla. Quasi un’aporia visiva. L’ironia nei loro confronti è di segno del tutto diverso, e non tocca mai la corporeità.
Le donne invece, l’avevamo già scritto, sono percepite sempre - solo - come corpo, e per esso giudicate. A meno di non rinnegarlo, di “farsi maschi”. “Il Tempo” di oggi annota che le quattro neo-ministre hanno giurato in tailleur e pantaloni per nascondere al massimo la loro femminilità; ma non ha mancato di rimarcare che da quelli della Carfagna - sempre lei, ovviamente - spuntava il piede nudo. 

Nudo il piede, vuoto il cervello, che i maschi al contrario possiedono sempre, persino nelle macchinazioni curiali dello svaporato Mastella.Se dunque l’etica politica italiota si misura con simili parametri, sorry, ma non ci sto. Troppo comodo pigliarsela con la prediletta del Cavaliere, come lo fu con Cicciolina, anch’essa parlamentare italiana nel fatidico 1987. Troppo banale scagliarsi sul “mestiere”. Di starlette e pornodive in incognito la politica abbonda, queste almeno c’hanno messo la faccia. L’iniziale paragone con l’episodio papalino non vi suoni pertanto irriverente: sarà quer che sarà Carfagna, armanco è bella.

Ma allora - mi chiederete - la condanni o la difendi?Né l’una né l’altra cosa, ed entrambe. Ecco la mia risposta.

Naturalmente considero la Carfagna del tutto incapace di ricoprire il ruolo affidatole. Ma dietro di lei si intravede il ghigno tiepido del settantenne arzillo, e solo una fantasia perversa poteva concepirla lì, dove ora posa il suo niente “popò” dimenoché. La Carfagna è insomma un prodotto maschile, non l’emblema della stupidità femminile. Faremmo bene a non dimenticarlo, quando sorrideremo - o, forse, piangeremo - per le prevedibili cappellate che prenderà nell’addentrarsi in un mondo a lei sconosciuto. Ma, probabilmente, la prima da proteggere in nome delle Pari opportunità è proprio la nuova “ministra”. E perché, un domani, non potrebbe crescere? Imparare a essere donna, e non solo corpo? “Premiata” per la sua compiacenza al sultanato maschile, perché negarle la possibilità di usare un cervello che pure possiede? Nel corso della storia le donne sono sempre partite svantaggiate, ma ce l’hanno fatta lo stesso. E se avvenisse il miracolo persino con la Carfagna, significherebbe una volta di più che siamo davvero forti.

 

 

Daniela Tuscano



 

9.6.07

Senza titolo 1880












All'ombra de' cipressi e dentro l'urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro? Ove piú il Sole
per me alla terra non fecondi questa
bella d'erbe famiglia e d'animali,     
e quando vaghe di lusinghe innanzi
a me non danzeran l'ore future,
né da te, dolce amico, udrò piú il verso
e la mesta armonia che lo governa,
né piú nel cor mi parlerà lo spirto      
delle vergini Muse e dell'amore,
unico spirto a mia vita raminga,
qual fia ristoro a' dí perduti un sasso
che distingua le mie dalle infinite
ossa che in terra e in mar semina morte?      
Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
ultima Dea, fugge i sepolcri: e involve
tutte cose l'obblío nella sua notte;
e una forza operosa le affatica
di moto in moto; e l'uomo e le sue tombe      
e l'estreme sembianze e le reliquie
della terra e del ciel traveste il tempo.

 (...)

Da  " Dei Sepolcri " (v 1--20  qui il resto del  testo ) di Ugo Foscolo  (1778-1827)



«Bush come Moro», sfregio a Roma Profanata in via Fani la lapide dell'ex leader Dc ucciso dalle Br. Sdegno nel mondo politico. La reazione di Napolitano: «Atto vile»











30.5.07

Senza titolo 1863

 Un mio amico , mi ha visto acquistando l'ultimolibro di Gian antonio Stella  e   mi ha detto  : <<  anche tu compri  un libro che scopre l'acqua calda  >> . Allora  gli ho risposto  con questa stessa   domanda ----- << Ma perché mai il ministro Pisanu, volendo aiutare la squadra della Torres, ha chiesto aiuto proprio a Moggi, dirigente privato di una società di calcio privata ?  ---   che si  fatto  Carlo Federico Grosso, su  la Stampa 17 maggio ----  Nasce un fastidioso sospetto: che il ministro, forse, sapesse qualche cosa. Significherebbe che la politica, o una parte di essa, ai suoi massimi livelli conosceva andazzi e malcostumi del calcio >> e  da quanto dice  Papale, papale il New York Times, 21 maggio «Moggi era alle prese ogni giorno con telefonate di politici, magistrati o giudici che desideravano consultarsi per nomine, scambiare pettegolezzi, chiedere favori. Ricordava tutto e controllava ogni cosa. Il suo potere era maggiore di quello dei ministri che lo chiamavano e solo di poco inferiore a quello del Papa»
E lui  : << Adesso non esagerare    fatalista    >> Ma  appena  gli dico   sia quello che ha  riferito Angelo Peruzzi, secondo portiere azzurro  sia quando ha detto Gherardo Colombo,al quotidiano  la Repubblica 23 maggio  « Moggi era il pastore, le pecore eravamo un po´ tutti noi: calciatori, arbitri, dirigenti, giornalisti. Al mattino lui portava il suo gregge al pascolo, indicava a ciascuno l´erba da mangiare, lì era più alta, là più verde. Noi non ci preoccupavamo di sapere se era buona o cattiva. La sera tornavamo all´ovile sazi e contenti e Moggi ci mungeva»  e «Dopo Tangentopoli non si è voltata pagina. Abbiamo preso le zebre più lente, sono rimaste quelle più veloci. Anzi, potremmo dire di avere migliorato la specie dei predatori, sono rimasti i più forti. E se fossero batteri potremmo dire di avere creato una specie resistente agli antibiotici. Oggi è peggio che nel ’92. La corruzione è in espansione geometrica» .  E lui << colpito  e affondato >>



emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...