ecco nuovo nunmero del diario di bordo . EWssorisente della sbornia olimpica che ancora riserva gli ultimi effetti vedi il caso del murales di egonu cancellato e deturpato, le polemiche sull'invito di mattarella oltre che ai medagliati anche ai quarti posti . E in a'attesa delle paraolimpiadi ecco il caso di Valentina Petrillo un nuovo caso poltico culturale come quello di Imane Khelif, e il tardivo tormentone estivo ed il caso della canzone malavita dei coma cose
anndiamo ad in cominciare il numero odierno
Sia che vi sia come credo o che non ci sia come credono in molri un intento razzista dietro. chi ha imbrattato il murales di Paola Egonu “colorando” la sua pelle di rosa è un emerito cretino. Punto. E lo amette anche chi a differenza di me vede nei commeti di tale gesto come una sorta dietrologie di sorta sul razzismo imperante tra gli italiani . Infatti ciò che accomuna i due schieramenti è in ogni classe sociale è presente una percentuale di imbecilli. L’autore( o gli autori ) di questo gesto rientra perfettamente nella categoria che non vede o non digerisce come l'italia sta cambiando e diventando sempre più multietnica e che la purezza etnica non esiste . ------
Quindi fatemi capire: per due settimane abbiamo parlato di Imane Khelif, della sua condizione di intersessualità presunta, dei suoi cromosomi e dei suoi ormoni; Giorgia Meloni ha consolato Angela Carini; il ministro Abodi ha protestato contro il Cio; Salvini s’è scagliato contro le follie
gender; Eugenia Roccella ha fatto altrettanto; e poi scopriamo che a portare il primo transessuale alle Olimpiadi sarà proprio l’Italia e stranamente tutti zitti ? Si chiama Valentina Petrillo, è un’atleta, ed è stata selezionata dal Comitato Italiano Paralimpico per le gare femminili dei 200 e 400 metri (categoria T12) dei Giochi paralimpici di Parigi che inizieranno il 28 agosto. È nata uomo, ha vinto 11 titoli nazionali quando era ancora un maschietto e adesso gareggerà con le italiche insegne contro le donne nonostante sia cresciuta in un corpo da maschio finché, a suon di ormoni, non è rientrata nei parametri disposti dal Comitato internazionale paralimpico e dalla World Para Athletics. A questo punto mi chiedo: a che titolo l'Italia ha protestato contro Khelif se lei stessa porterà un trans alle Olimpiadi? Scusate, ma qui qualcosa non torna.
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Non è poi così sorprendente che la canzone "Malavita" dei Coma-Cose dopo mesi dalla pubblicazione sia arrivata al primo posto dei brani più trasmessi in radio. Intanto è una canzone che si merita quel posto perché è un gran bel brano, vicino allo spirito di De André ma non nostalgico e, soprattutto, molto ben arrangiato e interpretato. E poi perché, a metà agosto nel pieno dell'estate, è la conferma che il 2024 passerà alla storia come uno dei rari anni senza un tormentone che diventi il simbolo della stagione. Non c'è una spiegazione precisa del fenomeno. Forse è una coincidenza. Forse è la reazione a un Festival che a febbraio grondava già aspiranti tormentoni (vedasi i The Kolors). Più probabilmente è uno dei sintomi della fase di stallo creativo che vive il pop. Ossessionato dai numeri (farlocchi) dei social o da quelli troppo settoriali e poco trasversali delle piattaforme, e anche produttori e artisti sono vagamente confusi e indecisi. Ci sta. È fisiologico. Resta il fatto che l'unico brano con i crismi del tormentone (Sesso e samba di Tony Effe con Gaia) è sceso al secondo posto e il brano che a settembre potrebbe vincere i Power Hits di Rtl 102.5 (ossia Storie brevi di Annalisa e Tananai) non ha le coordinate tipiche del cosiddetto tormentone. A seguire, in classifica Earone ci sono Coldplay, The Kolors, Elodie (foto), Anna eccetera. È agosto ma potrebbe essere novembre o marzo.
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L’ultimo dei vincitori o il primo degli sconfitti? Dopo i 25 quarti posti collezionati dall’Italia assieme alle 40 medaglie è arrivato un riconoscimento ufficiale da parte di Sergio Mattarella. Il Presidente della Repubblica ha deciso di invitare al Quirinale non solo chi ha vinto un oro, un argento o un bronzo ma anche i quarti classificati, una scelta quella di un capos di stato senza precedenti.
I media sono divisi sulla decisione di mattarella d'invitare al quirinale insieme ai medagliati anche chi è arrivato quarto . ecco cosa dice il giornale uno dei tanti organi di questa destra )
<< Nel giorno in cui si celebra l’Italvolley con fiumi di retorica inclusiva e un po’ femminista, c’è un’altra questione olimpica che fa andare il sangue al cervello. Quale? Allora. Nello sport esiste il “podio” dei tre migliori non perché realizzare quattro medaglie costerebbe troppo, ma perché nelle competizioni è giusto che uno solo vinca e tutti gli altri perdano. Può essere crudele, ma fa parte della vita. Qualche giorno fa facevamo notare che “partecipare” conta solo a livello amatoriale, ai Giochi della Gioventù, tra i bambini. I professionisti devono aspirare a vincere o, almeno, a migliorare il proprio personale. Non esiste “agonismo dolce” o “agonismo tossico”, solo la sana competizione in cui ognuno fa di tutto per battere l’altro e si dispiace in caso di sconfitta, senza disperarsi. In queste Olimpiadi di Parigi, visto l’elevato numero di fregature raccolte dai nostri atleti, i media si sono lanciati nell’elogio del quarto posto. Il mantra è sempre lo stesso: bisogna sapere accettare il fallimento, perdere può essere gratificante, l’importane è il percorso eccetera eccetera eccetera. Balle. Nello sport professionistico conta vincere. E vincere più possibile. Ecco perché è assurdo, populista e anche un tantino imbarazzante che il Quirinale - sempre attento ad accarezzare gli umori zuccherini del Belpaese - abbia deciso di invitare alla cerimonia dei medagliati olimpici anche chi la medaglia non l’ha ricevuta. La premiazione dei primi degli sconfitti farà piacere ai giornali, che tesseranno le lodi di Mattarella. Ma non è una bella immagine per lo sport e per la sana competizione. E poi che facciamo: tra quattro anni invitiamo anche i quinti classificati? Le olimpiadi sono per natura “esclusive”: uno vince, il secondo si accontenta dell’argento, il terzo del bronzo. Tutti gli altri restano fuori ed è giusto così. Perché “andarci vicino” conta solo a bocce. [....] La Stampa sostiene che “la novità” di queste olimpiadi sono i social che ci avrebbero reso tutti esperti di batteri e cromosomi. Balle. Intanto perché i social esistono da più di un decennio, dunque da almeno due edizioni dei Giochi. E poi perché siamo sempre stati un popolo di Ct e allenatori. Solo che adesso lo facciamo al cellulare, anziché al bar. [....] Non abbiamo avuto modo prima, e dunque lo facciamo ora, di elogiare la finale di salto in alto tra Kerr e McEwen. Non per la qualità del gesto sportivo, di cui siamo totalmente ignoranti. Ma per la scelta di non condividere l’oro come fecero Tamberi e Barshim. Quella decisione, molto celebrata in Italia e all’estero, venne elogiata come spirito sportivo, di amicizia, di condivisione. Ma fu un errore. Lo spirito olimpico incoraggia a competere, non a dividersi l’oro. Bene hanno fatto i due saltatori a urlare “we jump”, saltiamo, anche a costo di commettere errori grossolani in misure che avevano già superato. Se ogni competizione olimpica seguisse le regole del salto in alto, non avremmo più finali per l’oro. Immaginate l’Italvolley e la nazionale Usa che, anziché giocarsi la medaglia fino alla fine, con un set a testa decidessero di fermare lì la partita e accontentarsi entrambe dell’oro condiviso. Cosa diremmo? E se la finale di basket fosse finita in parità, perché giocare il supplementare e non far salire entrambe le squadre sul gradino più alto del podio? La verità è che la scelta di Tamberi e Barshim fu empatica, calda, mielosa, zuccherosa, ma con lo spirito sportivo non c'entrava un fico secco. Alle Olimpiadi conta la competizione. E quando si compete, uno vince e l’altro perde. Può apparire crudele, ma è la base di ogni sport. Altrimenti, che giochiamo a fare? >> gli invitati a chi ha chiuso al quarto posto ha fatto esultare il giornalista che, una volta appresa la notizia, ha scritto: “Giusto così” ma oltre ai media ad essere diviso è anche il popolo dei social s Tantissimi i commenti:“In questo Paese mancano riferimenti positivi tra i quali il Presidente è uno degli ultimi. Abbiamo imparato, anche grazie ai social, che offendere, sminuire, attaccare è l’unico modo per “vincere”. Cosa? Non si sa. L’importante è prevaricare l’altro. Grazie Presidente Mattarella” e poi: “Sono il lavoro, l’impegno, il sacrificio , la fatica, l’amarezza, le lacrime, di chi si classifica dal quarto fino all’ultimo posto, che regalano prestigio, orgoglio e quell’immensa gioia di indossare una medaglia olimpica. Per questo un grazie al nostro grande Presidente Sergio Mattarella” e anche: “Giusto così. Mi viene in mente Acerenza, che ha nuotato in quel letamaio per 10 km e ha dato anche l’anima, quarto per 6 centesimi.
”Io sono con mattarella perchè sono per un uno sport non soltanto agonistico anche se chi afferma che : << Per essere coerente la scelta del Presidente dovrebbe allora includere tutti i partecipanti, indipendentemente dal piazzamento in gara”.>> o le ultime righe de il giornale , non sono da scartare e da biasimare completamente , ma per una usciamo dal circuito della vittoria a tuti i costi e dello sport come agonismo . In quanto si può vincere anche senza l'ossessione della medaglia tanto i risultati arrivano lo stesso ed la medaglia d'oro vinto a questre olimpiadi da Velasco e delle bravissime giocatrici dell'italy volley femminile lo dimostrano . Ma soprattutto molti 4 posti ottenuti a questa olimpiade sono un sintomo una premessa di un eventuale successo per la prossima . Oltre un otima aspettativa di riscatto di certi atleti che vengono da situazioni morali ed psicologiche bruttissime vedere le storie che ho raccontato nella mia rassegna tampa olimpica .
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Elisa Di Francisca Poteva chiedere scusa, sarebbe stato apprezzabile. Poteva non dire più nullain modo da lasciare che il silenzio si portasse via la brutta figura, sarebbe stato almeno qualcosa.
Invece ha scelto evidentemente ha bisogno di far parlare di o per qualche libro o ospitata in tv la strada che seguono tutti quelli che in Italia dicono castronerie o esprimono pensieri o coincezioni medievali.
Contrattaccano,rivendicano. Si offendono. E offendono. “Mi dispiace, ma io appartengo alla generazione passata. Il buonismo imperante non è la mia filosofia”.
Questo ha detto.
Questa sua uscita l’ha trasformata in una guerra generazionale, sventolando la solita, trita, litania di un passato mitico e puro in cui tutto si poteva dire senza che nessuno si scandalizzasse Ha ragione, come dice anche Lorenzo Tosa , ed è proprio quel passato che i giovani come Benedetta Pilato (ma anche, glielo assicuro, più anziani della stessa Di Francisca) stanno provando a cancellare, indicando una strada in cui si può anche arrivare quarti a un’Olimpiade col sorriso sulle labbra, in cui smettere di chiamare una persona fro*** o non chiamare una donna “trans”, “uomo”, “mostro” non è buonismo. È saper stare al mondo. È diventare persone adulte e consapevoli, e non ha niente a che vedere con l’anagrafe. Benedetta Pilato non è né buona né tantomeno buonista. È un essere umano, con le sue emozioni, le sue fragilità che non ha paura di mostrare, la sua gioia anche nella sconfitta (o presunta tale). E qualche giorno fa ha insegnato a Di Francisca e a tutte le Di Francisca d’Italia - la maggioranza, ahinoi, di questo Paese - che cosa significhi maturità affettiva, emotiva e sportiva.Non c’è medaglia che valga, a 19 anni, un simile traguardo e una simile lezione.Ecco perchè ho elogiato più volte il quarto posto