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4.10.22

Giovanni e Graziano si sposano nella struttura per malati terminali: "Insieme da trent'anni, anche l'hospice può essere un luogo d'amore"

repubblica 
 Si sono uniti con rito civile nell’Hospice San Bartolomeo di Martina Franca, una struttura per cure palliative: davanti alla sofferenza della malattia, i due uomini hanno deciso di coronare il loro sogno

                                       di Raffaella Capriglia  04 OTTOBRE 2022 ALLE 12:45

L’amore trova la sua strada sempre, anche nel dolore e nelle difficoltà. Come nella storia di Graziano, sessant’anni, e Giovanni, 73 anni: i due uomini si amano da tempo e hanno deciso, in questi giorni, di dare forma alla loro unione. Si sono uniti con rito civile nell’Hospice San Bartolomeo di Martina Franca, una struttura per cure palliative, in cui sono assistiti i malati con patologie che non si possono più guarire, come pazienti con neoplasie in stadio terminale, Sla e altre patologie cronico-degenerative.
In questa struttura è ricoverato Giovanni. I nomi scelti sono di fantasia, per tutelare la privacy dei protagonisti, ma è vera la loro storia, iniziata da oltre trent’anni. Giovanni è stato in passato sposato, Graziano è celibe. I due hanno scoperto di nutrire presto un sentimento reciproco. Fino a quando, pur in un’età più matura e davanti alla sofferenza della malattia, i due uomini hanno deciso di coronare il loro sogno. E così, nella struttura in cui è ricoverato Giovanni per i suoi problemi di salute, si sono giurati fedeltà e sostegno reciproco.
Il rito civile è stato officiato dall’ufficiale civile del Comune di Martina Franca Maria Rosaria Cicero, presente il segretario generale Eugenio De Carlo. L’amore è amore: un disegno con la scritta “Love is Love” ed un arcobaleno, palloncini bianchi ed un cuore hanno fatto da sfondo alla celebrazione. La giornata è stata anche un momento di gioia all’interno della struttura sanitaria, in cui Giovanni e Graziano hanno condiviso la loro felicità con gli altri pazienti ed il personale sanitario.
Questi momenti, legati alla dimensione personale e familiare degli assistiti, non sono rari e rappresentano delle tappe importanti sia per l’attenzione verso il malato che per un miglioramento generale della qualità della vita della persona assistita. Lo sottolineano i responsabili dell’Hospice San Bartolomeo, i dottori Monica Lovecchio e Giuseppe Russo e la direttrice dottoressa Silvana Ausiello.
“L’hospice è una realtà nata relativamente da poco, nel 2010, con la legge 38 - è stato spiegato - vogliamo dimostrare che anche nell’hospice ci sono le cose belle, come è accaduto in questo caso. Purtroppo viene solitamente pensato come un luogo di morte; è senz’altro un luogo di dolore, perché ci si occupa dell’assistenza ai malati terminali, che hanno delle patologie che non si possono più guarire, ma, con l’aiuto delle cure palliative e con la terapia del dolore, l’obiettivo è sempre migliorare la qualità di vita degli assistiti”.
La finalità è garantire la migliore qualità della vita possibile. Ecco perché, oltre alle cure mediche, sono importanti il benessere psicologico e sociale della persona. Il malato ha il diritto di fare la propria vita e gioire nei momenti belli e, sicuramente, poter mantenere il contatto con i familiari e gli amici, con le persone significative della sua esistenza, giova alla sua dimensione psicofisica. “Nell’hospice - si rimarca - si mantiene la dimensione familiare. Qui abbiamo festeggiato matrimoni, compleanni, nascite. Si cerca di mantenere inoltre il legame tra gli assistiti e i loro affetti. È una residenza non solo sanitaria, ma una vera “casa” per il malato, in cui accadono anche tante cose belle, come questa dell’unione di Graziano e Giovanni, a cui rinnoviamo i nostri auguri”

27.12.20

invece di metterci quelli pericolosi o con hanno depredato il paese ci mettono queli che fanno del bene o aiutano gli altri ., il caso di Carlo Gilardi

   di cosa  stiamo parlando 

https://www.iene.mediaset.it/2020/news/carlo-gilardi-garante-visita_966374.shtml


Un filantropo, un uomo colto, mite e gentile, che nonostante i grandi mezzi a disposizione ha sempre condotto una vita umile, in campagna, coi suoi amati animali. Un uomo privato della sua libertà perché troppo generoso col prossimo. Carlo Gilardi ha 90 anni ed è molto ricco. E, nel pieno delle sue facoltà mentali, ha scelto di vivere aiutando gli altri. È un benefattore della comunità di Airuno, vicino Lecco, dove viveva prima di essere dichiarato incapace e costretto a stare rinchiuso contro la sua volontà in una rsa.
Ha messo a disposizione le sue case a chi non poteva pagarsi un affitto, ha donato soldi e beni immobili, ha regalato al Comune un parcheggio e un parco per i bambini. Ha reso più bella la vita dei suoi compaesani. Ha liberamente deciso, lui che non ha eredi legittimi, di destinare ai bisognosi la sua fortuna. Ma da tre anni, con un atto di forza, vive in amministrazione controllata e non può disporre dei suoi beni. Dal 27 ottobre, poi, Carlo è costretto all’isolamento
dentro una rsa, dove è stato ricoverato con la forza dalla sua amministratrice di sostegno. Nessuno sapeva dove fosse, neanche il suo avvocato e i familiari, e nessuno a oggi ha potuto incontrarlo e fargli visita. Neanche al 41bis si riserva ai detenuti un trattamento simile.
Il caso di Carlo è finito sui giornali ed è stato trattato anche da Le Iene l’altra sera. Il filantropo non voleva essere rinchiuso: in una registrazione mandata in onda lo si sente urlare disperato “io voglio la mia libertà che mi avete sottratto”. Eppure la sua tutrice legale, che ne amministra il patrimonio, afferma che Gilardi lo abbia seguito volontariamente. Ma qualcosa non torna, come svelato dalla trasmissione, a cominciare dalla chiara volontà dell’uomo di non andare in rsa, per finire con una quanto mai sospetta sensibile diminuzione negli ultimi mesi dei suoi averi, a cui Carlo però non può accedere da tempo. Che fine hanno fatto i suoi soldi? Inutili le giustificazioni della tutrice e di altri personaggi che ruotano attorno alla vita del pover’uomo, “colpevole” solo di essere ricco e generoso: secondo loro Carlo andava protetto da se stesso, perché aiutava troppo il prossimo ed era vittima di approfittatori. Ma già prima di venire portato in rsa, il filantropo aveva scritto lettere in cui chiedeva aiuto alla stampa: temeva che lo volessero chiudere in un ospizio per gestire liberamente i suoi soldi. E si era spontaneamente sottoposto a luglio scorso a una perizia psichiatrica che ne aveva certificato l’integrità mentale e psichica. Eppure Carlo Gilardi da 50 giorni è come un prigioniero, strappato alla sua vita, privato della libertà e della facoltà di disporre del suo patrimonio. E come se lo avessero sepolto vivo. Non gli permettono di vedere i familiari e il suo avvocato. Peggio di un carcerato. Ma l’unico “reato” commesso da Carlo è quello di essere stato troppo generoso con chi era meno fortunato di lui. E adesso sta soffrendo per questo.





emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...