Dei luoghi comuni, della loro formazione e del loro ruolo nel discorso, specialmente quello persuasivo o dilemmatico, ne avevo già parlato (1, 2). In estrema sintesi, per chi non volesse rileggere i link che ho proposto, i luoghi comuni sono quelle conoscenze universalmente condivise che usiamo nel discorso; il loro ruolo è particolare, perché in base alla cultura e alla sua omogeneità, possono essere presenti nella mente del parlante un luogo comune in grado di falsificarne un altro in base alla necessità discorsiva. Sinteticamente si possono considerare i luoghi comuni, come la conoscenza naif che Einstein avrebbe sul giardinaggio. Essi sono la base del relativismo culturale e al tempo stesso della produttività del discorso garantita dalla loro manipolazione e dall'assenza di staticità; Mosconi [1990] li considera magmatici, polimorfi, vaghi quanto una metafora. Una analisi dei luoghi comuni e della politica promette di restituire un ruolo centrale ai cittadini superando le svalutazione delle loro capacità critiche, operato da concetti come l'atteggiamento, opinione pubblica e rappresentazione sociale che presentano il pensiero e il discorso naif come qualcosa di necessariamente più semplice e affetto da biases, frutto di un sistema mediatico, entrato prepotentemente nella comunicazione politica che vuole il cittadino un imbuto passivo di informazioni. In questi termini il senso comune non può essere più confinato nell'ambito dei processi di base del pensiero, né considerato solo come il deposito delle idee universalmente condivise, esso infatti è caratterizzata dal "nucleo sano" del "buon senso" da intendersi non come una rassegnata accettazione di ciò che conviene o è evidente, ma come quella capacità razionale e critica indicata già da Voltaire e teorizzata da Gramsci nei Quadreni: la capacità ad esempio, di criticare le superstizioni religiose, "di non lasciarsi deviare da arzigogolature, e astruserie metafisiche, pseudo-profonde, pseudo-scientifiche ecc." La capacità, come dicevo prima, di non subire passivamente, e anzi di criticare, il flusso continuo di "informazioni" emesso dai mass media e dalla televisione in primo luogo. In questi termini, si rivaluta il senso comune nella sua natura contraddittoria, come qualcosa che non è frutto semplicemente dell'ideologia delle classi dominanti, ma è anche costruttore e protagonista della storia. E' nella politica poi, che il concetto di senso comune trova la sua migliore applicazione, perché, come abbiamo visto, esso assume un ruolo centrale nel contraddittorio fulcro nella politica, specialmente nelle sue forme democratiche, dal momento che i conflitti, le contraddizioni, e le argomentazioni centrali nel dibattito politico interessano il senso comune e si risolvono mediante esso. Spero di essere stato anche solo parzialmente esaustivo nell'introdurre il tema centrale di cui mi occuperò durante il tirocinio, tramite l'analisi mediante Textmining di una forma di comunicazione e dibattito politico sopravvissuta alla prepotenza della televisione: la radio. Questo mezzo di comunicazione affianco ad internet evidenzia come sia riduttivo, oltre che sorpassato, attribuire al tubo catodico una capacità persuasiva quasi ipnotizzante. Nonostante la sua forza, la comunicazione politica non è completamente assorbita da questa, la voglia di partecipare, di far sentire la propria voce, resiste, specialmente in questo periodo con il Grillismo che tramite Di Pietro ha trovato una possibile appendice in parlamento [ndr]. Tale voglia di partecipazione si manifesta, più che in televisione, la cui manipolazione può essere effettuata soltanto mediante la decisione di quale canale vedere, attraverso i mezzi sopra citati, i blog, le diverse modalità fornite da Internet, ma anche la tradizionale e più facilmente raggiungibile radio, innescando un flusso di comunicazione che da unidirezionale diventa bidirezionale.
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
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26.7.08
24.7.08
Internet, il conformismo, il Leviatano

E' facile scagliarsi in modo puerile contro i nuovi standard della moda o del costume in generale, rivendicando una identità propria e di rottura nei confronti della consuetudine, e per certi versi è anche giusto e desiderabile, per arrivare ad una identità propria, ma il troppo storpia in ogni caso, e quando si costruisce la propria identità come opposizione all'Altro per il piacere del diverso ad ogni costo si arriva a una regressione della propria personalità, che paradossalmente, nel suo desiderio di differenziarsi non riesce a trovare una concretezza propria e stabile, ma rimane un mutaforma che di volta in volta cambia sembianze pur di evitare il proprio riflesso nello specchio, nell'Altro. Questo accade per il rifiuto di essere anche noi persone, semplici e profonde allo stesso tempo, come chi ci circonda. E al tempo stesso riflette una sostanziale immaturità e cecità empatica, in quanto all'anticonformista, sfugge la visione della profondità emotiva dell'Altro, la dimensione del suo desiderio e delle sue possibilità, sfugge la consapevolezza dell'infinito che si cela ai nostri occhi quando osserviamo un altra persona.
Numerosi sono stati gli esperimenti di psicologia sociale, che hanno tentato di evidenziare come, pur di conformarsi al gruppo, le persone arrivino a negare le proprie convenzioni sociali e morali, e tal volta anche le evidenze percettive. Vorrei citare due curiosi esperimenti, uno di Allen funt, l'altro di Salomon Asch.
Il primo fece una sorta di Candid Camera, in cui un ignaro soggetto sperimentale, entrava in un ascensore in cui erano presenti alcuni complici dello sperimentatore. Tutti erano rivolti verso lo specchio, e in pochi secondi anche il soggetto si mise nella loro stessa posizione, la cosa a parer mio abbastanza incredibile fu quando in blocco i complici cambiarono posizione, e dopo pochi secondi anche la povera vittima dell'esperimento si adeguò al gruppo, la stessa situazione si verificò più volte, e nonostante la palese particolarità della situazione, il soggetto di volta in volta modifica la propria posizione per conformarsi all'Altro.
Ancora più particolare era l'esperimento di Solomon Asch, in cui un soggetto era chiamato a partecipare ad un esperimento sulla percezione visiva, il compito estremamente semplice, consisteva nel confrontare una riga A, con altre tre righe e trovare quella uguale alla prima. All'interno della stanza c'erano altre persone, tutte complici dello sperimentatore, che in blocco sceglievano la stessa riga, palesemente diversa dalla A, anche in questa situazione il soggetto sperimentale, conformandosi, sceglieva la stessa riga, arrivando a negare la propria percezione a favore del gruppo.
Internet apre nuove strade per lo studio di un gruppo che pur avendo caratteristiche particolari, come ad esempio la completa assenza del piano fisico e del feedaback emotivo delle nostre azioni, si comporta in modo per certi versi molto simile ai gruppi classici, per altri sostanzialmente diversi.
L'assenza di una relazione fisica, riduce notevolmente, anche se non scompare del tutto, la tendenza a conformarsi agli standard di gruppo, sopravvivendo in esperimenti simili a quelli sopra presentati, ma svolti tramite computer collegati in rete. Il fenomeno, rimane, e si sviluppa in modo sostanzialmente diverso. Il conformismo in internet, diventa una necessità per ridurre la confusione e definire delle regole comportamentali di utilizzo della rete. Queste regole, nacquero agli inizi della rete sotto la forma della nequiette, che a partire da Miss Manners, alias Virginia Schea, si diffusero rapidamente nei primi sistemi di comunicazione di massa, newsgroup, newsletters, MUD, e forum. Ritengo che oramai, queste regole, sintetizzabili in un unico assioma "Ricordate gli esseri umani", siano oramai diffuse nella cultura di gruppo della parte maggiormente produttiva e datata della rete, che si è poi sviluppata nei Blog, che per alcune caratteristiche particolari, meritano un posto a sé nella tassonomia di Internet. Mentre, si potrebbe ipotizzare, che i nuovi sistemi di comunicazione, in testa Youtube, impedendo la formazione del gruppo, eliminino la tendenza a conformarsi, e facilitino le esplosioni di comportamenti inappropriati, ingiuriosi e fortemente improduttivi. In generale, riprendendo in conclusione la definizione espressa nella primissima parte di questo scritto, la necessità di limitare la propria libertà, a favore di una necessaria semplificazione delle relazioni interpersonali, non si può fare a meno di notare come rifletta il concetto di Leviatano proposto da Thomas Hobbes, che lo descrive come "il dio mortale al quale dobbiamo obbedire dopo il Dio immortale, è la nostra pace, è la nostra difesa".
Numerosi sono stati gli esperimenti di psicologia sociale, che hanno tentato di evidenziare come, pur di conformarsi al gruppo, le persone arrivino a negare le proprie convenzioni sociali e morali, e tal volta anche le evidenze percettive. Vorrei citare due curiosi esperimenti, uno di Allen funt, l'altro di Salomon Asch.
Il primo fece una sorta di Candid Camera, in cui un ignaro soggetto sperimentale, entrava in un ascensore in cui erano presenti alcuni complici dello sperimentatore. Tutti erano rivolti verso lo specchio, e in pochi secondi anche il soggetto si mise nella loro stessa posizione, la cosa a parer mio abbastanza incredibile fu quando in blocco i complici cambiarono posizione, e dopo pochi secondi anche la povera vittima dell'esperimento si adeguò al gruppo, la stessa situazione si verificò più volte, e nonostante la palese particolarità della situazione, il soggetto di volta in volta modifica la propria posizione per conformarsi all'Altro.
Ancora più particolare era l'esperimento di Solomon Asch, in cui un soggetto era chiamato a partecipare ad un esperimento sulla percezione visiva, il compito estremamente semplice, consisteva nel confrontare una riga A, con altre tre righe e trovare quella uguale alla prima. All'interno della stanza c'erano altre persone, tutte complici dello sperimentatore, che in blocco sceglievano la stessa riga, palesemente diversa dalla A, anche in questa situazione il soggetto sperimentale, conformandosi, sceglieva la stessa riga, arrivando a negare la propria percezione a favore del gruppo.
Internet apre nuove strade per lo studio di un gruppo che pur avendo caratteristiche particolari, come ad esempio la completa assenza del piano fisico e del feedaback emotivo delle nostre azioni, si comporta in modo per certi versi molto simile ai gruppi classici, per altri sostanzialmente diversi.
L'assenza di una relazione fisica, riduce notevolmente, anche se non scompare del tutto, la tendenza a conformarsi agli standard di gruppo, sopravvivendo in esperimenti simili a quelli sopra presentati, ma svolti tramite computer collegati in rete. Il fenomeno, rimane, e si sviluppa in modo sostanzialmente diverso. Il conformismo in internet, diventa una necessità per ridurre la confusione e definire delle regole comportamentali di utilizzo della rete. Queste regole, nacquero agli inizi della rete sotto la forma della nequiette, che a partire da Miss Manners, alias Virginia Schea, si diffusero rapidamente nei primi sistemi di comunicazione di massa, newsgroup, newsletters, MUD, e forum. Ritengo che oramai, queste regole, sintetizzabili in un unico assioma "Ricordate gli esseri umani", siano oramai diffuse nella cultura di gruppo della parte maggiormente produttiva e datata della rete, che si è poi sviluppata nei Blog, che per alcune caratteristiche particolari, meritano un posto a sé nella tassonomia di Internet. Mentre, si potrebbe ipotizzare, che i nuovi sistemi di comunicazione, in testa Youtube, impedendo la formazione del gruppo, eliminino la tendenza a conformarsi, e facilitino le esplosioni di comportamenti inappropriati, ingiuriosi e fortemente improduttivi. In generale, riprendendo in conclusione la definizione espressa nella primissima parte di questo scritto, la necessità di limitare la propria libertà, a favore di una necessaria semplificazione delle relazioni interpersonali, non si può fare a meno di notare come rifletta il concetto di Leviatano proposto da Thomas Hobbes, che lo descrive come "il dio mortale al quale dobbiamo obbedire dopo il Dio immortale, è la nostra pace, è la nostra difesa".
continua...
Riccardo Preziosi
Il concetto da trattare è abbastanza lungo e complesso, voglia e tempo permettendo, vorrei approfondirlo, specialmente per gli aspetti promessi dal titolo, e per un successivo confronto fra le ricerche effettuate sul web 1, e web 2 riguardo ad alcuni temi come il conformismo appunto, l'identità di rete, lo scambio di informazioni, la percezione dell'Altro etc...
Vedremo nei prossimi giorni se riesco a scrivere qualcosa, intanto per i più interessati vorrei consigliare due libri:
Vedremo nei prossimi giorni se riesco a scrivere qualcosa, intanto per i più interessati vorrei consigliare due libri:
La psicologia di Internet, di Wallace P.
Web psychology di Pravettoni G.
13.7.08
Alla ricerca del libero arbitrio (perduto?)
Domani l'esame di Fisiologica, si è una nota da diario personale, ma dopo attento studio del materiale di anatomia psicologica, posso dire che non è mai comparsa la parola "libero arbitrio", anzi mi sembra che nonostante le poco meno di 10000 pagine che ho studiato dall'inizio della facoltà di psicologia, questa parola non sia mai comparsa sui libri di testo. Quanto più si avvicina alla nozione comune di libero arbitrio è la psicologia dei processi decisionali, ben lontani dalla romatica visione di un uomo autore delle proprie scelte. La coscienza sembra essere la consapevolezza dei nostri mutamenti interiori, frutto di un confronto inconscio fra la realtà fenomenica e la nostra elaborazione percettiva. Siamo spettatori delle nostre azioni, che vengono guidate da invisibili equilibrismi sinaptici. Nei processi di decisione, differenti azioni competono nel nostro incoscio per trovare sfogo, e le sensazioni che proviamo nell'immaginare la loro messa in opera ci guidano nella nostra scelta. E' in questo luogo che avvengono le aberrazioni della natura umana, quando questi marcatori somatici, frutto di esperienze passate, non attivano risposte angoscianti a rappresentazioni d'azioni tremende. L'idea di omicidio, quando è rappresentata nella nostra mente, attiva una risposta fisiologica sia spiacevole che piacevole, ma la prima dominia l'ultima, inibendo le nostre intenzioni. in certi individui questo sembra non avvenire, allo stimolo segue una risposta stereotipata, priva di qualsiasi controllo. In altri casi le aberrazioni del pensiero avvengono per la stereotipizzazione dell'Altro. Una mente estremamente puerile non comprende la profondità dei propri gesti, e le loro conseguenze sulle cose e la vita altrui. In questo stato differentemente dal primo, il marcatore somatico, esiste, ma l'azione non lo evoca, perchè non c'è coscienza di ciò che è stato fatto.
Mi vengono in mente i ragazzi che lanciavano i sassi dal cavalcavia, in questi individui non è possibile rintracciare malizia, ma semplice stupidità. Nel momento in cui il sasso infrangeva il vetro della macchina, loro non percepivano l'esistenza di un individuo all'interno di quella macchina, con i propri sogni e speranze, con una famiglia e dei figli che avrebbero perso il loro genitore. L'assenza di questa rappresentazione complessa, del processo decisionale, non porta all'attivazione dei marcatori somatici di angoscia, e quindi non inibisce l'azione in corso.
Mi vengono in mente i ragazzi che lanciavano i sassi dal cavalcavia, in questi individui non è possibile rintracciare malizia, ma semplice stupidità. Nel momento in cui il sasso infrangeva il vetro della macchina, loro non percepivano l'esistenza di un individuo all'interno di quella macchina, con i propri sogni e speranze, con una famiglia e dei figli che avrebbero perso il loro genitore. L'assenza di questa rappresentazione complessa, del processo decisionale, non porta all'attivazione dei marcatori somatici di angoscia, e quindi non inibisce l'azione in corso.
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