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19.11.22

una scuola senza voti è possibile ? sembra di si. nuovo tipo di didattica una scuola senza voti o quasi ilcaso del liceo Morganti di roma

da https://notizie.tiscali.it/cronaca

 Gianluca Petrassi studia Economia e management alla Bocconi di Milano. "L'unico vero shock e' stato passare da Roma al clima milanese", racconta con un sorriso. Non sa ancora cosa vuole fare da grande: ha sempre saputo pero' che avrebbe scelto questa facolta'. "E il liceo, in questo, mi ha molto aiutato". Gianluca ha frequentato lo scientifico Morgagni, a Monteverde, a pochi passi da Trastevere a Roma. Il liceo e' balzato agli onori delle cronache perche' - ormai da sette anni - porta avanti una sperimentazione innovativa: interrogazioni senza voti, pochi compiti a casa, tanto lavoro in gruppo e autovalutazione.

 "Siamo stati la prima classe in assoluto", racconta Sofia Schiavone, 21 anni. Oggi e' una brillante studentessa di Economia e gestione dei servizi alla Cattolica di Roma. "Secondo noi con questo metodo ragazzi e ragazze sono molto piu' sereni", spiega Enzo Arte, professore di matematica e fisica e tra i docenti che hanno voluto proporre la sperimentazione sette anni fa.

16.11.22

stranezze antropologiche e mediatiche . differenza tra i casi di Chiara Carluccio di Senise che si laurea a 23 in la laurea in medicina e chirurgia e Carlotta Rossignoli anche essa in medicina con un anno d'anticipo

Discutendo   su  facebook   di come L'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano ha chiarito che il percorso di studi della giovane veronese non presenta alcuna irregolarità, ma emergono ora nuovi dettagli che lasciano pensare che l'ateneo sconsigli questo iter e, addirittura, starebbe pensando di abolirlo come  riferisce il ilgazzettino.it edizione nordest/verona  in : <<   Carlotta Rossignoli, l'Università ammette: «Ha seguito lezioni registrate». Ma sconsiglia il percorso e vuole abolirlo>> 

. Mi  è stato  fatto notare   giustamente  di come 
più  che  aizzare   mi sembrava  , vista  la  scarsa  collaborazione   e  il rifiuto      se  non tardivo    di  smentire  e provare con   documenti alla mano   il contrario  da parte  dei protagonisti   della  vicenda ,,  mettere  in  dubbio la legalità   della  procedura  . 
Comunque  ha  ragiuone il commento  sopra    si sono  fatti figli e  figliastri  perchè  la laurea   della
Rossignoli    ha  creato   un  clamore  mediatico   haters  compresi  ,  mentre  quello  della Carluccio   nessuno  - 
Un pessimo  Giornalismo  quello  della  Lucarelli perchè va bene    avere  dei dubbi  e dei sospetti    ed  chiedere  chiarezza   ma  se  nell'università  ne  la protagonista   ( foto  a  destra  )    non ti  aiutano ndaga  ancora    ed  saresti arrivata     allestesse  conclusioni    de ilgazzettino  .  Invece   qui  si  è  solo  lanciato il sasso   ma   si  p  nascosta  la mano  .  Ma  soprattutto  un sistema  universitario   ingessato    che    importa  se  uno\a studente   riesce  perchè  s'impegna   mette il culo  sullla sedia  nello studio  e  dagli esami  prima degli altri   ?  non si parla  tanto  di merito ?  L'importante  è  che  lo si faccia  " in regola  "

7.11.22

se i fumetti sono per bambini come mi dicono i miei perchè li si usa come propaganda ed strumentale della storia ? il fiumetto vergognoso sul Milite Ignoto che il Ministero della Difesa si prepara a distribuire nelle scuole

canzone  consigliata  
 Dio  è morto  -  di Francesco  Guccini 
in particolare  questo  verso : Mi han detto  \che questa mia generazione ormai non crede\
in ciò che spesso han mascherato con la fede\ nei miti eterni della patria o dell'eroe



I fumetti rappresentano, nella storia dei media, l’ultima espressione che può coerentemente essere inscritta nell’universo iconografico delle stampe popolari (…). Il fumetto non nasce come prodotto rivolto ad un pubblico di bambini e ragazzi, anche se saranno loro a determinarne il successo e forse non a caso i suoi primi personaggi celebri sono dei veri e propri enfants terribles: caricature di bambini in eterna lotta con gli adulti. ” [Roberto Farnè, 2002, pp.224-225] dall'articolo "Eccetto Topolino". Il fumetto in Italia durante il regime fascista di Novecento.org E le dittature ed i regimi lo usano come propaganda e di recente per trasmettere un uso ideologico \ srumentale della storia vedere i fumetto su Norma Cossetto "Foiba rossa".

Infatti è  di qualche  giorno fa questa notizia 

Il 4 Novembre e l’incredibile fumetto bellicista della Difesa
Il governo esalta nelle scuole la vittima di un’inutile strage come “sacra salma” che “trionfalmente” giunge “al suo luogo d’eterno riposo”. Stretti dalle professioni di ortodossia (ultraliberista in economia, ultra-atlantista in politica estera) che hanno dovuto sottoscrivere per entrare a Palazzo, gli attuali eredi del fascismo […]

(DI TOMASO MONTANARI – Il Fatto Quotidiano) – Stretti dalle professioni di ortodossia (ultraliberista in economia, ultra-atlantista in politica estera) che hanno dovuto sottoscrivere per entrare a Palazzo, gli attuali eredi del fascismo si accaniscono sulle nostre comuni libertà e sull’immaginario repubblicano. Così, in occasione della giornata delle Forze Armate, il Ministero della Difesa ha rilanciato con evidenza un fumetto dedicato alla storia del Milite Ignoto della Prima guerra mondiale, che – hanno denunciato Antonio Mazzeo e Giulio Cavalli – viene ora anche distribuito in molte scuole del Regno (come direbbe Ignazio Benito). Il fumetto in questione, realizzato nel 2018, è un’incredibile orgia di retorica militarista e nazionalista che si conclude con la solenne affermazione per cui l’Altare della Patria sarebbe “il luogo più sacro per gli italiani: una struttura imponente in cui sono riportati i simboli più sacri della nostra Nazione”.Ora, il vero modo per onorare lo sconosciuto soldato (che sento vicino: se non altro perché potrebbe essere il mio bisnonno Roberto, disperso sul Carso…) che giace in quell’imbarazzante catafalco, sarebbe spiegare alle ragazze e ai ragazzi di oggi l’insensatezza di quella guerra mostruosa e oscena, che papa Benedetto XV definì un’“inutile strage”. Bisognerebbe fare ascoltare in classe i discorsi interventisti del re, dei generali, di D’Annunzio, e poi leggere la pagina in cui George Orwell dice che non riesce a sentire quella retorica “senza sentire sullo sfondo il coro di pernacchie dei milioni di persone normali su cui questi alti sentimenti non esercitano alcuna presa”. E invece il fumetto della Difesa si apre con una tavola a tutta pagina in cui il generale Giulio Dohuet scandisce: “nel giorno in cui la sacra salma trionfalmente giungerà al suo luogo d’eterno riposo, in quel giorni tutta l’Italia deve vibrare all’unisono, in una concorde armonia d’affetti … tutti i cittadini debbono far ala alla via trionfale, unendosi in un unanime senso di elevazione idea nel comune atto di reverenza, verso il figlio e il fratello di tutti, spentosi nella difesa della madre comune”. Un intollerabile pippone di fronte al quale una diciassettenne o un quattordicenne sani di mente non potrebbero che reagire con una salva di scongiuri e, appunto, pernacchie.Il generale Dohuet era un acceso fautore della “straordinaria efficacia dei bombardamenti aerei con esplosivi e gas, capaci di stroncare ogni possibilità di resistenza nemica, materiale e morale”, e fu autore di una “dottrina della guerra aerea che ebbe successo … fino a essere considerata una delle componenti fondamentali dei grandi bombardamenti alleati sulla Germania nazista … e poi della strategia attualissima della guerra atomica” (così il Dizionario Biografico degli Italiani): forse è questa la celebrazione nelle scuole degli “italiani illustri” promessa dal programma elettorale di Fratelli d’Italia. D’altra parte, nella seconda tavola si affaccia l’altro eroe del fumetto, Cesare Maria de Vecchi di Val Cismon: quadrumviro della Marcia su Roma, ignobile ministro dell’Educazione nazionale di Mussolini, efferato governatore della Somalia italiana, dove “portò i metodi terroristici dello squadrismo fascista” (L. Goglia). Naturalmente il fumetto non racconta tutto questo, si limita ad esaltare il clima di esasperato nazionalismo in cui, poco dopo, si affermò il fascismo: e lo fa senza un solo accenno al baratro che si aprì per responsabilità anche dei protagonisti di quelle tavole. Del resto, l’Ente Editoriale dell’Esercito Italiano ha appena pubblicato un altro fumetto dello stesso autore – Marco Trecalli – che celebra l’ottantesimo anniversario della Battaglia di El Alamein con un titolo terrificante: “Mancò la fortuna, non il valore”. Ricordiamo che quella battaglia – nella quale gli italiani fascisti e i tedeschi nazisti furono sconfitti dagli Alleati – segna le sorti della Seconda guerra mondiale in Africa: e nelle scuole italiane non dovremmo certo celebrare il valore speso a fianco delle truppe di Hitler!
Antonio Mazzeo segnala il clima che accompagna la diffusione scolastica di questa roba: “Da nord a sud si moltiplicano le parate studenti-militari all’ombra dei pennoni con il tricolore per celebrare l’avvio dell’anno scolastico 2022-23: iniziative [compreso il ripetersi dell’alzabandiera] che per modalità, forme e narrazioni sembrano riproporre sempre più i modelli pedagogico-bellicisti del Ventennio fascista”. Nel 1935 una circolare impose l’alzabandiera in tutte le scuole, precisando che “l’alunno incaricato di alzare la bandiera, il migliore in studio e in condotta (…) innalzata la bandiera, … si volgerà verso i camerati sull’attenti e, ad alta voce, col braccio destro nella posizione del saluto romano, darà il comando: ‘Saluto al Re’, al quale i camerati risponderanno ‘Viva il Re’; e quindi ‘Saluto al Duce’, al quale i camerati risponderanno ‘A Noi’”.Merito, alzabandiera, nazionalismo, guerra: bentornati nell’incubo.

Ora  molti voi   si  chiederano  ma  come    _: ti commuovi  davanti  alla   storia     della vicenda del milite  ignoto .

   tanto da     scrivere  bellissime  recensioni  dei  film  :  


e ti  ricordi tuo prozio materno ragazzo   del 1898\99   che  mori  nelle   la guerra delle mine   più precisamente in quella di Monte Cimone se non ricordo male
Ed opra sputi nel piatto dove mangi  


Vero sono cresciuto con il mito della Brigata Sassari e la mia città è stata sede della fondazione del 152 Ma soprattuto perchè fu oltre ad una grande carneficina il primo processo di sprovincializzazione e
d'identità nazionale oltre a completare l'unità d'italia intrapesa con il Risorgimento . No differenzio Patriotismo e Nazionalismo identificandomi con il Primo . Infatti La differenza tra patriottismo e nazionalismo può sembrare a prima vista sottile. In realtà scava un solco profondo tra l'amore verso il proprio territorio e l'odio per tutto ciò che è straniero. Lo spiegano  benissimo e magistralmente  : il politologo Maurizio Viroli in ( foto a destra ) Nazionalisti e patrioti : il  fumetto  La  cura   testo di Francesco  Artibani e   disegni  di Ivo Milazzo   contenuta    in 150° Storie d'Italia. Vol. 1: lungo cammino. Dalla Roma antica alla prima guerra mondiale  che consiglio vivamente .  E  poi se  si  guarda  il  film   La scelta  di maria   nelle  note  finali   ci si rende  conto  che coloro  che   alcuni di coloro    che   curano  l'istituzione   dell'evento il milite  ignoto   furono antifascisti   e  paerteciparono ad    alla resistenza \  guerra  di liberazione       che porto  alla nostra   costituzione  
E  quindi tale patrimonio  di storie  ,  di scelte ,  di morti mandati  a morire vedi i film citati nelle   righe   precedenti  se i nazionalista  ( ma  anche no )  oppure  se sei a 360 gradi e    senza preconcetti   c'è   il  film Uomini contro del 1970 diretto da Francesco Rosi, liberamente ispirato al romanzo di Emilio Lussu Un anno sull'Altipiano,  non dev'essere dimenticato perchè la storia del nostro paese fu fatta anche da loro .
Quindi ben vengano tutte le opere artistiche, i fumetti, in questo caso , istituzionali o non, che ricordano tali eventi /storie fondanti della nostra storia nazionale su cui ancora ad un secolo e più di un distanza non abbiamo ed non riusciamo /vogliamo fare i conti ed andare avanti ed ancora alcune sono ancora aperte per il silenzio ed l'oblio imposto dalla guerra fredda ( Le foibe e l'esodo delle ex terre irredenti \ confine orientale ) oltre per forti contrapposizioni ideologiche ( gli anni di Piombo ed tangentopoli , il berlusconismo ) . Ma purché essi non siano usati strumentalmente ideologicamente per raccontare ed esaltare solo una versione di comodo . Siano   quindi  , raccontati a tutto tondo come per  esempio   il secondo film citato nelle righe precedenti che dice alla fine cosa fecero i protagonisti della commissione del milite ignoto ed il loro rapporto con i successivi eventi storici Cosa che è mancata in questo fumetto promosso dal ministero della difesa

30.10.22

La "muratorina" negata per il latino è diventata professoressa degli ultimi altro che logiche meritocratiche

 a  confermare   l'articolo  sopra  riportato   c'è  questa  botta  e risposta    pubblicata   https://www.avvenire.it/opinioni/  sempre  del  29.10.2022

Da Palermo arriva una lettera emozionante contro le logiche meritocratiche ed escludenti. Con un grazie a Bruni e una storia che mi ricorda quella di mia madre e dice ciò che può fare la scuola e che dentro la scuola fanno donne e uomini di valore, che sanno “vedere” tutti i talenti e li aiutano a sbocciare


Gentile direttore,
vorrei rivolgermi al professor Bruni, e mi sembra strano chiamarlo così, perché sono professoressa anch’io e inoltre sono più anziana di lui. Ma la lettura di alcuni suoi articoli pubblicati su “Avvenire” è stata per me così illuminante (alcuni li ho utilizzati per scopi didattici) che non posso che chiamarlo così. Detto questo, oggi scrivo col cuore, dopo avere letto l’articolo dedicato al libro “Cuore” e concentrato sul concetto di “merito”, proprio quello aggiunto al Ministero dell’Istruzione (“Avvenire”, 23 ottobre 2022). Anch’io ho avuto una reazione di fastidio non appena l’ho sentito per la prima volta. Vede io sono la “muratorina” del suo articolo. Mio padre odorava, ed era sporco, di calce. E a 5 anni ho subito quella che lei magistralmente, chiama «profanazione del cuore». Infatti, la mia maestra, una suora, nel tentativo di fare un complimento a mia madre, disse che “non sembravo figlia di un muratore, ma sembravo nata sui tappeti”.
Così capii la divisione in classi e soprattutto che essere figlia di muratore non era una cosa buona. Sono cresciuta con uno strano dono rispetto all’ambiente che mi circondava: amavo i libri e la scuola. Sicuramente era un dono che ho avvertito prestissimo. La scuola era tutto per me. Ed è stata proprio la scuola della mia Repubblica che mi ha mandato avanti fino alla laurea, ma non senza difficoltà. Già alle scuole elementari avevo capito che volevo laurearmi e fare l’insegnante (allora dicevo «la maestra») ma per i miei genitori era già tanto farmi arrivare al diploma. Io, invece, a 13 anni ho deciso che avrei frequentato il liceo scientifico, imbrogliando mia madre che voleva mandarmi all’istituto tecnico per geometri. Non so perché mi sentivo attratta da materie, come latino e filosofia, pur non avendo idea di che cosa avrei incontrato. E proprio l’insegnante di latino fu il primo scoglio. Non mi sopportava, mi diceva che dovevo cambiare scuola e frequentare un istituto professionale perché ero «negata per il latino» (la maggioranza dei miei compagni aveva un insegnante privato oppure genitori diplomati che li aiutavano, i miei solo la seconda elementare).
Sono negata per il latino! È vero: ho preso lezioni private da adulta e non sono riuscita a compensare il vuoto, perché rivedo sempre quella lavagna e me, tredicenne (ero un anno avanti), muta che ascolto le sue parole: «È inutile che stai lì, tanto non lo capisci». Invece, io, la lotta di classe e in classe la capivo benissimo. Sono testardamente rimasta al liceo (avevo altri insegnanti che mi sostenevano), mi sono laureata in filosofia e ho vinto un concorso a cattedra per insegnare italiano nelle scuole superiori. Così sono professoressa da 32 anni e per 20 ho insegnato in un istituto professionale di Palermo collocato vicino al quartiere Zen (non so se il professor Bruni lo conosce).
Ho avuto alunni a cui ho insegnato l’ortografia di base, ho fatto educazione antimafia, ho onorato la memoria dei nostri morti e dei sindacalisti uccisi dalla mafia; soprattutto ho sperato che tutti loro facessero un salto di classe come era successo a me. Ma per tanti non è stato così. In ogni
caso, mai a nessuno ho detto: sei negato. Mai! A volte, quando leggo gli articoli di cronaca della mia città, e noto che non ci sono miei ex alunni tra i malfattori, mi piace pensare che forse ho contribuito a trasmettere anche l’amore per l’onestà e il senso civico.                    Sono stata la professoressa degli ultimi e, realmente, alunni con il dono dell’amore per la scuola ne ho incontrati pochissimi. A tutti ho dovuto trasmetterlo io nei modi più disparati e, a volte, disperati, con metodi da inventare volta per volta (tra cui una raccolta punti che funziona perfettamente), con i pochissimi strumenti che ci fornisce l’istituzione scuola.
Mi sono sempre trovata senza proiettori, né aule lettura, né aule calde e accoglienti, né cartine geografiche. Aule che sembrano celle, in cui ho insegnato e insegno portandomi dietro un proiettore comprato con i miei soldi (neanche il bonus docente lo riconosce come strumento didattico). Complessivamente, credo di avere fatto solo il mio dovere, rispecchiando il senso del lavoro che mi ha insegnato mio padre. Perché le ho scritto, perché mi rivolgo a Bruni? Per conforto, perché ho colto nel suo articolo un sentimento simile al mio e cioè che la scuola è e deve essere per tutti ed è la presenza tangibile di quella Repubblica delle stesse opportunità in cui credo fermamente. Grazie professore. Grazie da parte mia e dai miei studenti che ancora non sanno quello che diventeranno.


Piera Verace, professoressa Palermo




Il suo racconto, gentile e cara amica, mi ha emozionato. E condivido il suo ringraziamento a Luigino Bruni, che domenica scorsa – all’interno delle bellissime riflessioni che sta sviluppando tra grande letteratura ed economia (oggi continuano con il “Pinocchio” di Carlo Collodi) – ha dato un “la” potente alle nostre nuove messe a punto sul tema del merito e della meritocrazia, questione riaccesa dal cambiamento di nome del Ministero dell’Istruzione con l’aggiunta “e del Merito” e alla quale ieri abbiamo dedicato tre densi commenti.
Nodo che affrontiamo criticamente col nostro lavoro di cronaca e di analisi da molti anni, cercando di smontare luoghi comuni e di contrastare passi indietro nella scuola e nella società. Per questo ho deciso di lasciare a lei e alla sua voce limpida e forte gran parte di questo spazio di dialogo domenicale con i nostri lettori e le nostre lettrici. La sua storia e la sua vita di donna di scuola è diversa e uguale a quelle di tante e di tanti che hanno fatto fruttare i propri talenti pur partendo da condizioni svantaggiate e dovendo sovvertire le logiche meritocratiche e classiste che hanno a lungo dominato nel mondo dell’istruzione. La sua è una storia che mi tocca fortemente, per la bellezza in sé e perché ha punti di contatto con quella di mia madre, Graziella, che era figlia di artigiani (mio nonno materno falegname, mia nonna sarta) e che – nell’Italia degli anni Quaranta del Novecento – perciò era stata inesorabilmente instradata all’avviamento professionale, una volta il “secondo tempo” della scuola dei meno abbienti e vicolo cieco che precludeva ogni ulteriore possibilità di studiare. Era brillante e tenace come lei, quella ragazzina di Assisi, e spinta da alcuni insegnanti che s’incaricarono di motivare a dovere anche i genitori in pochi mesi pareggiò i conti con chi aveva frequentato le scuole medie, imparò pure il latino, e venne ammessa all’istituto magistrale, diventando poi maestra a neanche 18 anni.
Solo la morte prematura del padre, e il dovere di mantenere la madre divenuta disabile, le impedirono di laurearsi e di studiare anche il pianoforte che amava tanto. Ha insegnato tutta la vita, mia madre, seminando tanto e bene proprio come lei, gentile professoressa Verace. E io ne so qualcosa perché, ancora oggi, a distanza di anni, raccolgo frutti di stima e gratitudine da chi ha goduto del suo doppio magistero, che ha formato persone e cittadini. Questo è ciò che può fare la scuola e che dentro la scuola realizzano donne e uomini di valore, che sanno “vedere” tutti talenti e i accompagnano a sbocciare, senza rinchiuderli in gabbie o annientarli di pregiudizi. Grazie ancora, professoressa. E ancora buon lavoro.

2.7.12

Ho 29 anni e sono docente all’Università storia di Valentina Cattivelli


Questa  foto  a  sopra   di un manifesto pubblicitario  , da me scattata  con il telefonino  , mentre   attendevo in lavanderia   di ritirare  una maglione   di mia madre  , sembra  confermare  la storia  che  riporto sotto tratta  dal corriere  della sera   online .
Questo dimostra  che   finalmente  c'è gente  che  sta smettendo di piangersi addosso  e  di parlare od imprecare  solo e  che  ora  di  


Ed  è questo  è il caso di questa storia   che vado a riportare  presa qualche  giorno fa  dal corriere della sera  online  


No, non è facile trovare lavoro in Italia. Lo abbiamo detto e ripetuto su questo blog. Così accade che qualcuno vada all’estero oppure accontoni un sogno o una passione per cercare un impiego. Ma tra migliaia di giovani (e meno giovani) in cerca di un futuro, c’è chi  con impegno ci è riuscita. Valentina Cattivelli, 29 anni, racconta la sua esperienza come docente all’Università di Parma e Verona.Sono una ragazza fortunata. In tanti modi. Ho 29 anni e sono docente universitaria da 3. A contratto, si intende, ma pur sempre docente, con la responsabilità di un corso o di una relazione di tesi.
valentina Cattivelli
Immagino che molti lettori potranno pensare che io sia la solita raccomandata, con un cognome importante a spianarle la strada. Non è così. La mia famiglia ed io siamo quelli che il Manzoni definirebbe “genti meccaniche di piccolo affare”. Mi sono impegnata molto presto. Dopo il diploma di ragioneria, mi sono iscritta ad Economia. Ne sono seguite una laurea specialistica, un master in marketing territoriale ed un dottorato di ricerca in economia regionale e rurale (Agrisystem) presso l’Università Cattolica di Piacenza. Durante gli anni di studio, ho sempre lavorato come impiegata presso la Provincia di Cremona. In questo modo mi sono pagata gli studi che, altrimenti, avrei dovuto abbandonare. Per orgoglio, per necessità, non ho mai voluto pesare sui miei genitori che già mi hanno dato tanto. Sono stati loro a trasmettermi la passione per lo studio e per il sapere e ad infondermi lo spirito di sacrificio e la voglia di fare. Sono stati loro i miei prof più importanti e dei loro insegnamenti faccio continuamente tesoro. Per questo, per la pazienza e l’affetto che ogni giorno mi riservano io sarò loro eternamente grata.L’esperienza che ti cambia la vita l’ho avuta nel 2008, come regalo per il mio 26esimo compleanno.L’università di Ferrara mi ha conferito un incarico di docente a contratto presso la facoltà di Architettura per il corso di Economia applicata avanzata: 100 ore di didattica frontale, oltre sei ore di treno ogni volta per recarmi in università. Una scelta di coraggio non da poco quella di affidare un corso così importante ad una ragazza di 26 anni. E’ stata l’esperienza lavorativa più intensa della mia vita. Il primo giorno poi è stato il più divertente: lo stupore dei miei studenti si leggeva nei loro volti, per alcuni di loro poi ero più vecchia di soli due anni, per altri addirittura una coetanea. I loro commenti, alla fine, sono stati positivi, gratificanti. Molti di loro mi rimproverano “di essere troppo buona”, altri di “metterci troppa passione”.Da qui la volontà di non “accontentarmi” di un lavoro pubblico, sicuro, nei termini e nelle mansioni, ma di tentare la più complicata strada accademica. Sempre con la valigia in mano, alla ricerca di un incarico. Certo il rapporto è di uno a quaranta (un incarico affidato, quaranta domande presentate), non ho “sponsor”, ma solo il mio cv a presentarmi. Certo, il lavoro in Provincia mi dà quella sicurezza economica che altrimenti non mi consentirebbe di rincorrere il sogno di diventare prof universitaria a tutti gli effetti. Ora sono docente presso le Università di Parma e di Verona. In ottobre sarò relatrice della “mia” prima tesi.Questo lavoro mi appassiona, è la cura migliore alla mia fame di sapere. Mi piace il rapporto con gli studenti: mi arricchisce, mi stimola a fare meglio. Cerco di dare loro un aiuto concreto alla costruzione della loro formazione e della loro futura carriera con consigli, incoraggiamenti, suggerimenti, oltre che con modelli o teorie economiche. Aver finito da poco gli studi è un grande vantaggio: li capisco, capisco le loro incertezze o esigenze e cerco di aiutarli.Oggi penso che sia stato il “sogno” il mio punto di forza, l’energia e la luce con le quali lo descrivevo durante i colloqui.Perché, in fondo, hanno ragione Antonacci: “la passione è la forza che lega le teste e a quei corpi noiosi dà spirito e luce” o un altro mio giovane collega prof D’Avenia “I sogni veri si costruiscono con gli ostacoli, altrimenti non si trasformano in progetti, ma restano sogni. La differenza fra un sogno e un progetto è proprio questa”. Il mio sogno è diventato progetto, spero che un giorno diventi quotidianità.

25.5.12

Patacche e distintivi . ritorniamo alla scuola dei vecchi tempi

ci manca  solo che vengano reintrodotte  le  punizioni corporali , il divieto di portare minigonne  o  jeans  e  siamo posto  . ma siamo pazzi ? lo stalinismo e il fascismo facevano cose del genere . ci manca solo che diano premi in denaro a chi fa più figli o aumento delle tasse sui celibi e sugli scapoli . 


Riporto  l'articolo di http://www.catepol.net  condividendone  in pieno  la sostanza  tranne   l'ultima parte  come avreste notato  nel mio commento  delle righe  precedenti  

Apprendo con orrore e raccapriccio di una proposta di progetto per le scuole che prevede la distribuzione di medaglie e patacche agli studenti di elementari e medie (ops primaria e secondaria di primo grado, chiamiamole come si deve). Medaglie al valore da attaccare sui grembiuli per premiare e incentivare e motivare allo studio. Che poi li usano ancora i grembiuli?
Mimerito si chiama.Si merita che io dica il mio pensiero in merito. Vi basta un bah?
Obiettivi:
Gratificare i ragazzi che si impegnano a scuola attraverso un distintivo che possa essere indossato sul grembiule (scuola elementare), o appuntato sul diario (scuola media).
Magari su una divisa Balilla no? Starebbero benissimo. Ma per favore.Sai dove te le lanciano le medagliette gli alunni?Sicuramente per raggiungere l’obiettivo “pedagogico” di premiare i migliori, i più studiosi, fa più effetto offrire loro caffè e cornetto per ogni interrogazione o compito andato bene. Apprezzerebbero nell’immediato, almeno.Oppure un sistema alla Grande Fratello “Sei stato nominato/rimani nella casa” o a questo punto una gara con giuria alla Amici/XFactor. Otterrebbe più partecipazione attiva dagli studenti.Le medagliette? Ma per favore! Complimenti all’associazione e all’azienda che produce medagliette (forse non sa più a chi venderle) per l’idea. Nel 2012 ne avevamo sicuramente bisogno.Magari immaginare incentivo migliore. Che ne so? Giochi per la PlayStation, per il Nintendo, iPod (badate bene che siano touch però, non quelli più obsoleti), App per gli smarthphone e i tablet, anzi proprio direttamente smartphone e tablet…Almeno questi non li tirerebbero dietro agli insegnanti che li premiano.Ovviamente il tutto a spese dell’insegnante o della scuola che ordina i kit premio coi set di medagliette. Considerando anche eventuali agevolazioni economiche per grossi ordinativi.Certo, come no? Non fatemi dire altro, per favore.Anzi no, un’ultima cosa…
A me…

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...