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17.4.16

Di fronte al vecchio Cristo di © Daniela Tuscano

Non erano miserabili le lacrime della ragazzina che ieri, nel campo profughi di Lesbo, s'è gettata ai piedi del Pontefice. Non era miserabile la giovane donna che lo lavava col suo pianto e lo asciugava coi capelli. Era però familiare; prendeva vita, cioè, dai Vangeli, rendendo le narrazioni del catechismo potentemente vere. Quella ragazzina era la peccatrice pentita della casa del fariseo; una peccatrice, ecco, senza peccato, quindi intatta nel suo devastato dolore; senza ritegno; nulla aveva da ritenere.
Ma l'innocenza disperata non è mai miserabile. Non lo è davanti al vecchio Cristo venuto dalla fine del mondo (lui pure, figlio d'immigrati). E la casa del fariseo, oggi, è quell'evocativa isola mediterranea. Terra di dei, di poeti, d'amori lesbici. Terra di frontiera divenuta sede del mondo, dove passa il Dio patriarca, ebraico, musulmano, cingalese. Terra d'Europa, di vera Europa, che non ha sede a Bruxelles, ma è nata principessa fenicia, rapita da Zeus, allevata alla democrazia, grembo dell'umanesimo. Serviva un Papa argentino per ricordarlo, per scuotere i farisei nascosti in noi, il cinismo di governanti che hanno schiacciato a terra le mille ragazzine di ieri e domani.
Lui, il vecchio Cristo, non sa ma capisce. Non ha altri compiti che questo, immane. Non sa, ma capisce le paure di noi vecchi farisei. Non può giustificare i muri, le cortine di ferro, i respingimenti. Ma capisce, capisce l'esasperazione, lo smarrimento, l'impotenza anche di chi vive di qua dal muro. Noi. E mentre li e ci capisce, invita a superarli. Non sa perché non è un politico: è molto, tragicamente di più. È il cristianesimo. Non il cristianesimo "crociato" dell'infingarda, criminale propaganda di Is/Daesh. Ma il cristianesimo autentico, senza aggettivi. La forza disarmata in grado di smascherare le menzogne di fanatici e affaristi. Ecco cosa risponde ai giornalisti: "Guerra e fame sono effetto dello sfruttamento. Io inviterei i trafficanti di armi, quelli che le procurano ai gruppi in Siria per esempio, a passare un giornata nel campo profughi che ho appena visitato a Lesbo. Credo che per loro sarebbe salutare".
Ingenuità gesuita. Quindi ossimoro. Il vecchio Cristo, questo, lo sa benissimo. I "trafficanti d'armi" sono innanzi tutto i governi occidentali e mediorientali ed egli sa, pur se tenuto a sperare il contrario, che visitare il campo profughi non toccherebbe minimamente il loro cuore. Ma può toccare il nostro.
È a noi, al nostro torpore che il vecchio Cristo parla. Vuol spingerci alla ribellione? Forse! Il cristianesimo è anche e soprattutto questo: ribellione. Mai accomodante. Quando accarezza, schiaffeggia. Assesta un salutare ceffone ai nostri muri interiori. E se preleva tre famiglie siriane di fede islamica, per portarle in Vaticano, sa e capisce. Scandalizza, divide. Sa e capisce che quelle famiglie sono prima di tutto donne, uomini e bambini. Sa e capisce che l'Islam non va temuto, e ospitando Osama, Wafa, Omar e Masa dimostra la blasfemia di Is/Daesh più di mille perorazioni. Lo fa assieme a due fratelli dal nome biblico, gli ortodossi Bartolomeo e Ieronimous. Volesse il cielo che crolli definitivamente anche l'altro muro, quello coi cristiani d'Oriente...
I riflettori adesso sono spenti. È tornato il sabato del silenzio. I muri e i pianti e le ginocchia piagate sono ancora lì. Ma chissà che qualche Maddalena, in noi, non smetta di pungolarci. E ci faccia correre ai sepolcri del mare, delle guerre, della speculazione assassina. Forse, un domani, ci sconterà un po' di mesi di purgatorio.

                                               © Daniela Tuscano


10.7.15

.Vino vecchio, otri logori di © Daniela Tuscano

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I media e la blogosfera sembrano essersi accorti soltanto ieri del viaggio papale in America Latina. E solo a causa di “quella” foto, il crocifisso incastonato, tutt’uno con un martello in cui s’intreccia una pesante falce, dono del presidente boliviano Morales. Un crocifisso “comunista”, come ha titolato la quasi totalità della stampa e l’ha presentato l’astuto Evo, pronto a sfruttare propagandisticamente il colpo. All’aggettivo, che molti volevano confinare fra le anticaglie della storia, lo scandalizzatissimo Socci ha aggiunto nei suoi editoriali di fuoco altri vocaboli: vergogna e coca. Mancano all’appello sesso & rock’n’roll, ma non mancheranno i pretesti e con essi l’ennesima scomunica socciana.
Eppure Francesco è lì da settimana scorsa. Ha visitato l’Ecuador, si trova in Bolivia, andrà in Paraguay. Eppure i suoi appelli, la sua voce, avrebbero dovuto destar l’attenzione non solo dei cattolici, ma anche di chi, non credente, si è però sempre proclamato a fianco dei popoli terzi, delle
periferie del mondo, ha invocato giustizia e diritto, lamentato la collusione della Chiesa coi poteri forti e le multinazionali.
Invece. I devoti, gli zelanti, i pii, i lettori assidui delle testate religiose, sono perlopiù costernati. Tralasciamo pure il summenzionato Socci, ormai collocato su posizioni lefebvriane (a proposito, nessuno sconcerto da parte sua quando il da lui rimpianto papa Ratzinger riammise senza pentimento nel seno del cattolicesimo questa setta scismatica, antisemita e filonazista). Se restiamo dalle parti del cattolico medio, ecco un florilegio di mugugni a mezza bocca, sospiri, cachinni che talvolta sfocia in aperta ribellione: “Quanto sono lontani i viaggi di Wojtyla!”, “Benedetto dove sei?”, “Con tutto il rispetto, Santità, quel dono empio avrebbe dovuto rifiutarlo...”. Quel dono empio, diciamolo subito, era la riproduzione del crocifisso di Luis Esquivel, il Romero argentino, gesuita, poeta, giornalista, cineasta torturato e ucciso dai sicari del dittatore fascista Meza per aver difeso i diritti dei minatori. Pochi l’hanno rilevato, ovviamente gli zelanti e i pii lo ignoravano totalmente e una di loro, dai social network ha così commentato: “Poeta, regista ecc., a tempo perso faceva il gesuita”.
Dal lato opposto, quello dei cosiddetti progressisti, identica distrazione/fastidio. Ne esce snudato il terzomondismo da salotto. I loro strali contro le gerarchie ecclesiastiche complici del potere non erano pertanto frutto di solidarietà ma del qualunquismo dell’occidentale sazio, che inganna il tempo a digitare bolse frasi su una tastiera. 
Lo prova il silenzio presto calato sull’enciclica “Laudato si’”, dura denuncia della finanza speculativa subito degradata a documento ecologista o manuale per vegani. 
In realtà, sia i reazionari sia i nichilisti non hanno altro interesse che per i falsi temi; in particolare il sesso, in tutte le sue varianti e variabili.
Nella (in)civiltà delle immagini, non sappiamo più discernere i messaggi. I simboli. Siamo, insomma, divenuti analfabeti anche della vista. Riteniamo blasfemo il crocifisso marxista e non la Madonna del Manganello, le benedizioni delle armi, i cappellani militari e Wojtyla al balcone con Pinochet (pur se Francesco sarebbe ferito da queste contrapposizioni, che riterrebbe speciose; ne siamo consapevoli, ma corriamo il rischio). Perché i secondi ce li aspettiamo, ci sembrano ovvi e normali. Sia per osannarla, sia per maledirla, siamo convinti che il posto naturale della Chiesa sia a fianco dell’imperatore, dimentichi che il Fondatore ci aveva ordinato l’esatto contrario. Obliosi del fatto che la prima, vera Chiesa, non è la gerarchia, non è nemmeno il tempio, ma la nostra casa; l’assemblea; noi.
Bergoglio “comunista” è l’ultima idiozia della memoria smemorata. Avendo cancellato la vicenda umana e religiosa di Murri, Mazzolari, don Milani, ma anche – perché no? – Simone Weil e Madeleine Delbrêl, per tacere di Matteo Ricci, non comprendiamo che la preoccupazione dell’attuale Pontefice, per natura un centrista – come lo definisce Massimo Faggioli – non è politica ma pastorale; evangelica, totalmente e semplicemente evangelica. Sempre che si conferisca all’avverbio il suo reale senso, quello cioè di bastante a sé stesso, risolto, totale. 
Francesco non è un teologo della liberazione. È un teologo del pueblo; proviene da lì, ne è la fisicità. È un uomo di 79 anni, conservatore e ottimista, parroco del mondo. Non europeo. Dagli occhi meridionali, asiatici. Volutamente decentrato.
Uomo di ricostruzione e macerie, scomodo ai vertici ecclesiastici costretti però a seguirlo, consapevoli della gravità del momento, fra miseria, inequità, sfruttamento, terrorismo. Dove spesso i cristiani si sono ritrovati, come alle origini, dalla parte dei perseguitati e non dei persecutori. 
Tutto quanto è incomprensibile sia ai farisei da sagrestia, sia agli odifreddini in salsa rosa. Il loro è il classico vino vecchio in otri logori. Il dio dell’indifferenza e della sazietà è morto, ma essi ancora non lo sanno. 

© Daniela Tuscano

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...