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7.9.21

che fine ha fatto il processo dei fratelli bianchi che hanno ammazato Willy ., berrretini applaude il suo avversario sconfitto ., aprire una libreria o presentare un libro sono diventati atti di resistenza il caso della libraia che ha rifiutato di vendere il libro dela meloni ,




Dopo tanto rumore (anche troppo per certi versi ), da una parte e dall'altra sulla vicenda del povero Willy e sul processo è calato un silenzio tombale, al punto molti si chiedono che fine abbiano fatto i Bianchi.
Insomma, da una esagerazione all’altra, come spesso capita in Italia. Invece è fondamentale,più che mai in questo caso, sapere e documentare come andrà a finire perché da questo processo passa anche un pezzo enorme della credibilità ( se a ncora ha un senso questa parola visto che ogn setenza si conclude con assoluzione o prescrizioni ) della giustizia nel nostro Paese, che troppo spesso manca e che porta in tanti a imboccare la scorciatoia dello sfogo, della pancia, delle viscere e dei referendum populisti  . Non ce lo possiamo permettere.più che mai in questo caso, sapere e documentare come andrà a finire perché da questo processo passa anche un pezzo enorme della credibilità ( se a ncora ha un senso questa parola visto che ogn setenza si conclude con assoluzione o prescrizioni ) della giustizia nel nostro Paese, che troppo spesso manca e che porta in tanti a imboccare la scorciatoia dello sfogo, della pancia, delle viscere e dei referendum populisti . Non ce lo possiamo permettere.


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 Chi è rimasto in piedi fino a tardi ha potuto assistere a uno di quei (rari) momenti in cui lo sport trascende il mero agonismo e sfocia in bellezza pura.
Sul 2-2 del quarto set, col match ancora in bilico, Oscar Otte, numero 144 del mondo e onorevolissimo avversario di Matteo Berrettini agli ottavi degli Us Open, cade male durante uno smash e si infortuna alla mano.Il dolore è tanto, la partita compromessa. Otte avrebbe potuto ritirarsi e chiuderla lì, e invece decide di restare in campo, resistere al dolore, fino all’ultimo punto, per rispetto dell’avversario e del pubblico. Alla fine Matteo Berrettini, al momento della stretta di mano, lo ha omaggiato invitando il pubblico di New York a dedicargli una standing ovation.Otte eroico, Berrettini un signore (come sempre), momenti di grande tennis. E ora tutti a tifare Matteo ai quarti con Djokovic, nella rivincita di Wimbledon.Abbiamo un grande campione. Non solo con la racchetta.


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A maggio vi avevo raccontato la storia di Alessandra Laterza, la libraia di Tor Bella Monaca che ha rifiutato di vendere il libro di Giorgia Meloni.
Quello che in pochi sanno è quello che è accaduto dopo: minacce, insulti, intimidazioni via via sempre più pesanti. C’è chi ha giurato di bruciarle la libreria, chi le ha mimato il gesto della pistola. Al punto da costringere la Digos a mettere lei, una libraia di Tor Bella Monaca, sotto vigilanza circostanziata.

Due giorni fa, quando ha annunciato che avrei presentato il mio libro  ì, hanno deciso di intensificare la scorta durante l’evento perchél - che ci crediate o meno - io e lei insieme (e un semplice libro) rappresentiamo un pericolo, un possibile bersaglio dei fascisti, nel 2021, in Italia.
Anche per questo venerdì sera ha senso andare, esserci, per presidiare insieme quel metro quadrato di democrazia, diritti e cultura che Alessandra ha strappato al degrado in una periferia bella e difficile come Tor Bella Monaca.
Vi aspetto in tantissimi, venerdí 10 settembre (alle ore 18.30) al Booklet Le Torri di Tor Bella Monaca (via Aspertini 410, Roma), insieme all’avvocata Andrea Catizone e ovviamente ad Alessandra, per parlare del libro, di attualità, di nuovi e vecchi fascismi, dei tempi buissimi in cui viviamo e delle storie di chi resiste.

Ha ragione Lorenzo Tosa qui siamo Siamo al totale rovesciamento della realtà davanti. Italia, 2021. Siamo al punto che, in quelle zone, aprire una libreria o presentare un libro sono diventati atti di resistenza. E francamente credo che Alessandra n ed lo stesso Tosa ne farebbero volentieri a meno.






13.6.21

[perchè racconto storie di donne ] Addio a Paola Pigni insegnò alle ragazze ad andare di corsa La pioniera dell’atletica italiana è morta d’infarto a 75 anni

ho dovuto modificare il post in questione prima di pubblicarlo  perchè ho ricevuto un email ( una delle tante che generalmente finivano direttamente nella pattumiera ) : << Ma solo di donne sai parlare , perchè non parlai mai di nazi femministe ? >> ma stavolta voglio rispondere
Uno degli scopi per la realizzazione della parità , non si significa eliminazione delle diversità tra i sessi ma che sia garantito un trattamento senza nessuna discriminazione tra
uomo e donna , è dovrebbe essere quello di rimuovere e lottare per esso ) tutti i residui pregiudiziali nei confronti delle donne e viceversa stimolando e favorendo un cambia mento nel modo di pensare , di agire e di esprimersi.
Ora poiché le leggi non bastano ( vedere le grida di manzoniana memoria ) per modifica re la società, quando « abiti» culturali e atteggiamenti continuano a ribadire sfiducia per le

donne ( non solo da noi uomini ) che non rientrano nei ruoli imposti dalla cultura maschile o da una determinata cultura maschile .Infatti


Perché il rapporto di potere tra i se si cambia in senso veramente paritario si deve anzitutto acquistare consapevolezza delle varie forme in cu i la disparità viene mantenuta

è per questo che riporto storie di donne .

P.s a chi mi fa domande del genere , ok ha delle storie , in merito che smenticano quello che dico , benissimo mandamele sarò lieto di pubblicare e confrontarle con le mie



repubblica 12\6\2021

Addio a Paola Pigni insegnò alle ragazze ad andare di corsa
La pioniera dell’atletica italiana è morta d’infarto a 75 anni



di Emanuela Audisio

Era Madre Coraggio, Paola Pigni. Perché si sacrificava, senza paura. Rubava chilometri alla vita e ai pregiudizi. La prendevano per matta quando correva per Milano a fine anni Sessanta. Il jogging a Central Park non era ancora una moda. Non c’entrava il femminismo, ma la voglia di libertà: «Mi dicevo che nessuno doveva impedirmi niente». Pensava di avere abbastanza fiato e volontà per correre le lunghe distanze. Anche se era una donna, anche se sul mezzofondo femminile in tanti avevano dubbi: non idoneo. Cara, riposati: a lei nessuno poteva permettersi di dirlo. Se n’è andata a 75 anni, all’improvviso, per un infarto. Non a letto, perché Paola era difficile stesse ferma, ma mentre partecipava alla festa dell’Educazione alimentare nella residenza presidenziale di Castel Porziano alla presenza di Mattarella.
Paola anche da mamma e da nonna correva e accorreva, lontana da ogni pigrizia, ovunque ci fosse la voglia di fare attività e un’idea di futuro. Diceva: «Esistono solo l’essere umano e le opportunità».
 in gara: stabilì il primato italiano in 4’02”85 
 chiuse a un secondo e 5 centesimi dalla russa Bragina,
 oro col record del mondo
Lo sport femminile italiano le deve moltissimo, senza Paola Pigni oggi le donne non correrebbero né in pista, né sulle strade e nei parchi. Stabilì due record mondiali: nei 1.500 nel ’69 e nel miglio nel ’73. Quando arrivò terza nei 1500 ai Giochi di Monaco nel ’72, migliorando il suo record italiano tre volte nel giro di cinque giorni, dietro a due atlete dell’Est («Un furto, chi era davanti a me era drogato, doping di Stato»), fece la sua rivoluzione, dimostrando che le ragazze italiane non erano fragili, né timorose davanti allo sforzo e alle responsabilità. Le mamme allora non facevano fare sport alle figlie, altrimenti nessuno le avrebbe sposate: troppi muscoli nel corpo e nella mente. Ma Paola era magra da far paura. «A dieta non ci sono mai stata, non ne avevo bisogno, ero uno scricciolo di 55 chili, anzi ricordo la trasgressione di andare a comprare un etto di salame e di nasconderlo sotto il letto durante un ritiro ». Portava i capelli cortissimi come Mariangela Melato, Carla Gravina, Jean Seberg, attrici anticonvenzionali, fuori dagli schemi. Era nata nel ’45, figlia di due cantanti lirici della Scala, padre tenore, madre soprano (di Barcellona), a Milano frequentando la scuola tedesca e abitando davanti all’Arena sentiva dall’altoparlante dello stadio annunciare le gare. Così iniziò a correre davanti a casa, senza fermarsi più. «Per le strade la gente mi prendeva in giro, ma io mi facevo anche 45 chilometri, con la nebbia e con un freddo pazzeschi. O da sola o con gli uomini. Non ho avuto una vita facile, mio padre è morto quando avevo 23 anni, per aiutare mia madre ho iniziato a lavorare, mi alzavo alle cinque, andavo in azienda, non mangiavo, la sera tornavo ad allenarmi. Diventavo sempre più forte e ho trovato chi credeva in me, Bruno Cacchi, che poi è diventato anche mio marito. Sono stata la prima a correre le lunghe distanze, anche la maratona, anche le campestri, mi piaceva il terreno fangoso, quella fatica era un inferno, non era da donne dicevano, a me invece garbava. Ho aperto una strada e questo non me lo toglierà mai nessuno». Vero, pioniera Pigni. Lo riconoscono tutte (e anche tutti). Sara Simeoni, saltatrice in alto: «Quando sono arrivata in Nazionale per me era un mostro sacro. Ha vissuto per lo sport, la sua passione rende il percorso meno difficile alle atlete di oggi». Novella Calligaris, nuotatrice: «È stata
un’apripista, ha mostrato in anni difficili che noi atlete azzurre ci mettevamo impegno e potevamo tenere testa al mondo».
Adesso la scienza dice che si può, ma Paola a diciotto giorni dalla maternità di Chiara tornò in pista. Con le gare aveva smesso nel ’74 dopo 13 operazioni al piede e ancora le dispiaceva. Si teneva in forma, si allenava: «Non penso che anziano significhi inutile. Abbiamo un importante ruolo in questa società, prima di tutto quello storico e di testimonianza, perché senza un passato non ci può essere un futuro».
Ogni sera una camminata sul tapis roulant, addominali e ginnastica. Di correre Paola non ha smesso, lo ha fatto solo il suo cuore, che le aveva mandato segnali. Ma lei era testarda e credeva che davanti alla fatica non bisognasse mai abbassarela testa.
Rubava chilometri ai pregiudizi, in città la prendevano in giro Fu bronzo olimpico sui 1500 a Monaco Sara Simeoni: “Per me era un mostro sacro” Novella Calligaris: “È stata un’apripista per le atlete azzurre” Bronzo a Monaco ’72 
 Paola Pigni con la medaglia sui 1500

7.5.21

anche accettare i propri limiti è segno di grandezza . IL caso della salita su cui Girardengo disse: io mi fermo qui

Riascoltando in radio la canzone il bandito ed il campione mi sono messo a cercare news su Girardengo che non fossero solo quelle , ormai fissate dalla famosa ballata ( chi fosse interessato ne trova una sintesi qui,   meno male   che    c'è  in aiuto ,  su  https://web.archive.org/web perchè il sito  originale http://www.storiedisport.it/ sembra  che  l'abbia  rimosso    visto che in archivio  non l'ho   ritrovato tale  url  )  che lo vedono legato a Sante pollastri o Pollastro come si firmava ed ho trovato questa curiosità che riguarda il giro d'Italia del 1921 . In quell'edizione Costante Girardengo stava dominando dopo aver vinto le prime quattro tappe . Ma alla quinta tappa da Chieti a Napoli, prevede l’attraversamento dell’Appennino e alcune salite terribili. Costante rimane vittima di una caduta e si ferisce piuttosto seriamente. Sul Macerone, tre chilometri devastanti con pendenze sino al 14%, il Campionissimo inizia a soffrire. A poco a poco, sulla Vandra e sulla salita di Roccaraso, per lui diventa un dramma. Inizia l’ascesa da Rionero Sannitico al Piano delle Cinque Miglia e Costante proprio non ne ha più. Le tremende rampe si trasformano in muri quasi invalicabili, che tenta di oltrepassare facendo appello alle sue forze residue. Ed infine, la vetta: Gira ce l’ha fatta anche questa volta. Mentre la gente lo osserva stupita, Costante scende di bicicletta e traccia una croce nella polvere dello sterrato. “Girardengo si ferma qui!”, sussurra con la voce stravolta dallo sforzo, prima di abbandonare la corsa. Ora qualcuno dirà ma sono storie di cent'anni fa che senso ha raccontarle ora . Ma  :

  1. ci sono storie che non hanno età  e  che  a prescindere  al tempo rimangono impresse   e  si trasmettono alle  generazioni successive   rimanendo  nella  storia e  nella memoria generazionale   e  collettiva   almeno  fin che      ci  sarà qualcuno     che la  ricorderà  o    riuscirà   con  l'arte (  vedere  video   sotto  )  a  bloccarla    ed  evitarne l'oblio 
  2. c'è  dolore  e    dolore   

     
quindi mi trova  d'accordo   quanto   si racconta    qui sotto 

 non ho nient' altro  d'aggiungere  . allla prossima 

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...