L'epifania tutte le feste si porta via" è senza dubbio una delle filastrocche più recitate dai e ai bambini italiani di ogni tempo alla vigilia del 6 gennaio; ma sono tante le rime, strofe e poesie che celebrano contemporaneamente la notte dell'arrivo dei Magi a Betlemme e del volo a cavallo di una scopa della Befana. In un intrico sacro-profano di tradizioni nordiche e mediterranee, cristiane, pagane o ortodosse, il colpo di coda delle festività natalizie è un interessante serbatoio di poesia popolare e riti ancestrali. Che in Sardegna, ovviamente, resistono: non c'è villaggio diventato paese e paese diventato città che ancora non conservi le sue celebrazioni per sos tre res, alias i re magi. Dalla Barbagia al Campidano sono tanti e simili gli eventi che si ripetono, tra il focolare e il centro abitato. Un rito che ancora si conserva nel Logudoro è S'essida a sos tres res, tradizione molto somigliante a quella di "Su mortu mortu" di Ognissanti. C’è una relazione? Pare di sì e Claudia e Luigi Manciocco, studiosi autori del volume L’incanto e l’arcano.
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Da http://www.sardegna24.net/cultura/ online del 5\1\2012 |
Per una antropologia della befana (Armando Editore), spiegano perché: «La funzione principale che la Befana svolge da secoli - argomentano gli autori - è quella di mediatrice culturale tra il mondo dei vivi e l’aldilà, tra la nostra vita quotidiana ed il “tempo fuori dal tempo” degli antenati. La vecchietta col sorriso benevolo e sereno ci distoglie da quell’ansia di apparire, dalla frenesia del fitness e del benessere fisico, in una dimensione familiare e universale al tempo stesso, oltre l’insensatezza di tanta vuota contemporaneità». Non per sconfinare indebitamente nel sacro, ma