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25.1.21

anche chi era fascista fini nei lager . la storia dell'insegnante Zaira Coen Righi

Qualche  anno fa leggendo  che la protagonista  della storia  d'oggi era   fascista    avrei scritto  frasi del  tipo :  <<  peggio per  lei   che  era  fascista >>. Oggi   con  il senno di poi  e  con un maturazione interiore  oltre  che  ulteriore  approfondimento del periodo   del fascismo e della seconda  guerra mondiale  e quindi un nuovo  modo  di concepire    l'antifascismo   non lo farei  . 
Infatti  lo shoah e  l'olocausto    ha colpito   come la storia  che riporto sotto   anche persone   che avevano un ruolo nel regime fascista    sia   che lo fossero  perchè  ci credevano  ed  ne  condividevano
da http://digital-library.cdec.it

il pensiero \  ideologia    ma  anche   s'erano obbligati  perchè  dopo il 1927   dovevi per  forza   avere la tessera  del fascio   ed  era  obbligatorio    essere  iscritti alle   associazioni   del regime   ,  ecc. altrimenti finivi emarginato e  facevi la  fame  .
 La storia  che  mi accingono a  narrare   è  quella di Zaira Coen in  Righi  la professoressa del liceo Azuni deportata ad Auschwitz.

  


dalla  nuova   Sardegna   27 GENNAIO 2014

DI ELISABETTA FRANCIONI E GABRIELLA NOCENTINI
 


Nel cimitero di Sassari, entrando da via San Paolo, c’è una lapide che ricorda una donna le cui spoglie non hanno mai avuto sepoltura. “La tua Zaira Auschwitz. IV. 1943”, recita la scritta sulla piccola lastra di marmo sovrapposta a una tomba preesistente. Se fosse morta di vecchiaia o di malattia Zaira Coen sarebbe stata sepolta qui, accanto al marito Italo Righi. La sua vita, invece, finì il 23 maggio del 1944 (la data sulla tomba è palesemente sbagliata) molto lontano da casa, nel forno crematorio di un campo di sterminio della Polonia. La deportazione razziale in Sardegna colpì solo tre donne ebree: Elisa Fargion di Cagliari morta a Birkenau, Vittorina Mariani di Porto Torres sopravvissuta al lager di Bergen Belsen e lei, Zaira Coen, che sarda non era ma viveva a Sassari. Oggi è possibile ricostruirne più a fondo la vicenda, alla luce di nuovi documenti rinvenuti in archivi storici e di due testi: Il Libro della

             


memoria di Liliana Picciotto Fargion e il saggio Sardi nella deportazione di Aldo Borghesi.
Studi a Bologna. Vittoria Zaira Coen era nata a Mantova da Ernesto Coen ed Erminia Rimini il 4 ottobre 1879, primogenita di una famiglia numerosa la quale, nel 1897, si era trasferita a Bologna. Qui, nel 1905, Zaira aveva preso la laurea in scienze, poi l’abilitazione all’insegnamento e nel 1919 aveva sposato il medico Italo Giuseppe Righi, otto anni più di lei, della famiglia sassarese titolare del noto negozio di mobili e antichità. “Persona elegante, di aggraziata e squisita femminilità” – ha scritto di lei il pronipote Paolo Pinna Parpaglia -, giunta a Sassari insegnò scienze per 8 anni alla Scuola normale femminile, poi all’Istituto tecnico Lamarmora e infine, dal 1935, al Liceo Ginnasio Azuni. Come si legge in una nota inviata al Partito nazionale fascista dal professore Francesco Pilo Spada, la professoressa Coen Righi era «di buona condotta morale e politica». Iscritta al partito e all’Associazione fascista della scuola, ricopriva incarichi nelle organizzazioni femminili e partecipava alle attività del Fascio sassarese.
Insegnanti nel mirino. Non le mancava, inoltre, la stima del corpo insegnante per i suoi meriti professionali e un’autentica devozione da parte degli allievi. Ma a nulla servirono queste sue credenziali quando, in virtù del decreto “Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista” emanato nel 1938, fu dapprima sospesa e due mesi dopo dispensata dal servizio, sorte che in Italia toccherà a circa 280 tra insegnanti e presidi e ad oltre 400 tra docenti e assistenti delle università. A Sassari – ha scritto Manlio Brigaglia – furono rimossi due soli ebrei: la Coen e Michelangelo Ottolenghi, docente nell’Ateneo turritano, anche lui di origine non sarda. «Emarginata nel piccolo ambiente cittadino e persino oggetto di scherno – scrive Borghesi – Zaira Coen si ritrova senza lavoro e sola, perché nel 1938 muore il marito. Con l’entrata in guerra dell’Italia e soprattutto dopo l’8 settembre 1943 il destino degli ebrei diventa ancora più tragico: la nascita della Repubblica sociale segna infatti il passaggio dalla persecuzione dei diritti alla persecuzione delle vite. E’ il momento di nascondersi, di rifugiarsi da qualche parte. I parenti Righi vogliono cercarle un posto sicuro in una piccola località del Logudoro, ma a nulla valgono le loro insistenze: Zaira decide di raggiungere la sorella Ione, anche lei vedova, a Firenze. Intanto nel novembre del ’43 Norina Coen, la sorella più giovane che viveva a Genova, era stata arrestata insieme al marito e alla figlia durante la prima grande retata degli ebrei liguri: partita per Auschwitz, sarà censita come «morta in data e località sconosciute» (forse di fame e sete, in un vagone abbandonato dopo un’incursione aerea alleata, come riportano le memorie familiari).
Fuga a Firenze. A Firenze Zaira e Ione furono vittime di una denuncia del portiere dello stabile in cui vivevano: oltre a riscuotere il premio stabilito per i delatori, sembra che l’uomo fosse interessato agli oggetti preziosi custoditi nella casa. In realtà, è quasi certo che furono tedeschi e membri dell’Ufficio affari ebraici a saccheggiare beni e gioielli. Arrestate, pare, da agenti di polizia e rinchiuse nel carcere fiorentino di Santa Verdiana, saranno tradotte al campo di concentramento e di transito di Fossoli (Carpi, Modena) il 23 aprile 1944. Da qui partiranno il 16 maggio su un convoglio piombato che, secondo gli studi di Italo Tibaldi, superstite di Mauthausen, venne diviso in due sezioni alla stazione di Innsbruck: una parte si diresse al lager tedesco di Bergen Belsen, l’altra ad Auschwitz, con 581 persone tra cui molti fiorentini e le due Coen. Nedo Fiano, 19 anni all’epoca, uno dei 60 sopravvissuti, ha raccontato nel suo libro A 5405: il coraggio di vivere il viaggio su un vagone di quel convoglio che, di tutta la deportazione italiana, impiegò più tempo per arrivare: 7 giorni. «A notte fonda il convoglio entrò dentro il lager di Birkenau. Alle prime luci dell’alba… i vagoni vennero aperti. Dove eravamo? Cosa ci avrebbero fatto?». La selezione dei prigionieri, divisi tra uomini e donne, fu fatta com’era prassi alla discesa dai treni, subito dopo l’appello. Scrive un’altra sopravvissuta dello stesso treno, Frida Misul: «Dopo la selezione, rimanemmo 65 ragazze, tutte robuste».
Subito alle “docce”. Le Coen, troppo anziane per essere ritenute abili al lavoro (avevano 65 e 61 anni), furono avviate subito alle “docce”, le camere a gas. «Morte all’arrivo» è scritto di loro nel Libro della memoria e tale circostanza fu confermata anni dopo da altri reduci di quel treno.

I nomi di Zaira e Ione Coen  --  sempre  secondo  la nuova  Sardegna --    compaiono su due grandi targhe che Firenze ha dedicato alla deportazione: una nel giardino della sinagoga, in ricordo dei 248 fiorentini morti nei lager e un’altra inaugurata il 27 gennaio 2012 in Palazzo Medici Riccardi, sede della Provincia, con i nomi di tutti i deportati della Toscana (857 ebrei e 964 politici). Alla professoressa Coen il Liceo Azuni ha intitolato nel 2001 il proprio archivio storico, dopo il riordino effettuato da un gruppo di insegnanti e studenti. E’ stato lo scrupoloso lavoro condotto su queste carte, per tanti anni dimenticate, che ha permesso di ritrovare il fascicolo personale dell’insegnante, la cui vicenda era stata rimossa dalla memoria collettiva della città. Basti ricordare che in settant’anni non si è mai pensato di dedicare una strada ad una donna che, in vita e in morte, è stata parte della storia di Sassari.
Ecco  quindi  che     Raccontare oggi di lei ( ma    anche  di    altri  )  , alla luce di questi nuovi documenti, contribuisce a dare il giusto riconoscimento alla sua figura e ci indica il senso di un percorso della Memoria: conoscere, interrogarsi, e possibilmente  non dimenticare.

24.1.19

Storia Del Caravaggio Che Riuscì A Raggirare Le Leggi Razziali Del Fascismo e Eden Donitza ed l'antisemitismo a scuola non tutti i prof mi aiutano

E grazie a sovrintendente EEttore Modigliani (Roma, 20 dicembre 1873 – Milano, 22 giugno 1947) direttore della Pinacoteca di Brera dal 1908 al 1934  reo di essere d’origine ebrea.   che  nonostante    le  leggi razziali  del  1938    fece  avere    all'Italia  un opera  importantissima  di  Caravaggio

  da https://corrierequotidiano.it/cultura/  del  22\1\2019    grazie  all'aggregatore   per  android   di  noizie   newsrepublic

Storia del Caravaggio che riuscì a raggirare le leggi razziali del fascismo 
‘Cena in Emmaus’ di Caravaggio
È una delle opera più ammirate della Pinacoteca di Brera ma ha una storia sconosciuta ai più. Si tratta della ‘Cena in Emmaus’ di Caravaggio, dipinto realizzato nel 1606 e che raffigura un episodio raccontato nel Vangelo di Luca.Per arrivare nel museo milanese nel 1939, dovette scontrarsi con le leggi razziali fasciste che avevano portato all’allontanamento dall’istituzione meneghina del sovrintendente Ettore Modigliani, reo di essere d’origine ebrea. Ma fu proprio lui, dal suo nascondiglio da esiliato a ideare, trattare e portare a termine l’operazione che portò alla Pinacoteca il primo e tutt’oggi unico, capolavoro di Michelangelo Merisi.A sostenerlo l’allora ‘giovane’ Associazione Amici di Brera, che, mettendo a disposizione il proprio fondo di 9 mila lire, consentì di dar vita a un’operazione che raggirò l’ostracismo fascista. La storia è raccontata oggi, con molti altri aneddoti, in un libro realizzato per celebrare i 90 anni dell’associazione, ‘Una meraviglia chiamata Brera’. All’epoca invece l’arrivo del dipinto passò quasi sotto silenzio, annunciato solo in un breve articolo scritto da un allora sconosciuto collaboratore del Corriere della Sera, Guido Piovene.Era stato proprio Modigliani, costretto prima, nel 1935, a lasciare Brera per essere spedito all’Aquila e poi, nel novembre del 1938 rimosso dalla pubblica amministrazione, a venire a sapere che la ‘Cena’, proveniente dalle raccolte del Marchese Patrizi, era disponibile sul mercato. Un’occasione unica.Da privato cittadino quindi il 27 aprile del 1939 scrisse una ‘lettera confidenziale’ al ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai, col quale aveva mantenuto un rapporto di stima maturato negli anni precedenti. Nella missiva lo informava che sul conto del “Comitato Britannico” della Banca Commerciale erano disponibili le 9 mila lire degli ‘Amici di Brera’ la cui associazione, presieduta dal senatore Ettore Conti, aveva intenzione di acquistare il Caravaggio.Il ministro non rispose personalmente ma attese la richiesta formale di Ettore Conti e autorizzò quindi il prelievo del denaro e l’acquisto del quadro informando solo a posteriori il sovrintendente in carica, Gino Chierici, suscitandone le ire. Il dipinto in realtà costò 500 mila lire messe a disposizione da tre mecenati che non vollero apparire.Come spiega un breve saggio di Chiara Bonalumi pubblicato in occasione di una mostra nel 2016, si trattava di Mario e Aldo Crespi, zio e padre di Giulia Maria Crespi, attuale presidente onorario del Fai e del conte Paolo Gerli di Villagaeta. L’arrivo della ‘Cena ad Emmaus’ a Brera avrebbe dovuto essere celebrato in pompa magna con un programma di festeggiamenti e una mostra. Ma l’inaugurazione che avrebbe dovuto celebrare la ‘generosita’ degli ‘Amici di Brera’ alla fine non ebbe luogo per la contrarietà del regime. E anzi, alla fine del 1939, anche l’associazione venne soppressa dal governo fascista. Rinascerà solo nel dopoguerra.



"Mi è capitato di essere esclusa perché ebrea". Eden racconta, ricci neri e lo sguardo di chi non si rassegna e sa quello che dice. Ma non è vissuta ottanta anni fa. La sua non è una storia che arriva dal passato. E' una giovane studentessa pisana di quinta superiore.I compagni in questi anni le hanno rinfacciato le sue origini. E sono volate, dice, anche parole pesanti. Qualcuno di loro ha rimpianto che non si fosse ai tempi della Seconda Guerra Mondiale e non ci fossero più i campi di sterminio.  Cattiverie scappate di senno, ma che fanno davvero male.Eden non è solo ebrea. La sua famiglia negli anni Quaranta del secolo scorso ha patito la deportazione. "Molti sono stati portati nei campi, tanti purtroppo sono morti ma qualcuno fortunatamente è anche sopravvissuto".  In fila davanti al museo  di Auschwitz, dieci gradi sotto zero e il sole che poco prima delle nove fa breccia in un cielo lattiginoso, aspetta di entrare con gli altri cinquecento e passa studenti del treno della memoria toscano, il giorno dopo aver visitato Birkenau. 
   L'immagine può contenere: 1 persona                             la  sua  vicenda  raccontata     dal corriere  della  sera   del 23\1\2019
"E' tutta la vita – dice -che in fondo mi preparo a questa esperienza". L'ha fatto a scuola, ma anche e soprattutto con il racconto dei genitori e dei nonni, cercando e trovando video sulla rete.   "Non è facile ascoltare ma non si può neppure tenere dentro – si sofferma -, anche se doloroso. E' importante essere testimoni". E' importante per combattere anche quell'antisemitismo che lei in più occasioni ha patito dalle elementari fino al liceo, per cui cerca quasi di non arrabbiarsi più.  "A scuola a volte si prova a reagire – prosegue - A volte si preferisce però il silenzio, per non far sapere. Per far finta che tutto vada bene ed invece è tutto il contrario".
Infatti  sempre  secondo  questo articolo   di  
http://www.toscana-notizie.it/speciali/
l'olocausto e << Il razzismo riguarda anche rom e sinti, deportati nei campi di sterminio. Nancy, che vuole andare all'università, vive in un campo nomadi ma a scuola lo sa solo una persona. Non se ne vergogna, ma sa che a dirlo l'atteggiamento delle persone è quasi certo che cambierebbe. "Il razzismo non è mai finito – dice - e c'è ancora oggi. Quando le persone mi vedono non pensano che sia sinta. Ma se viene fuori non sono più Nancy e si allontanano, intimoriti da tutti gli stereotipi e pregiudizi che ci sono su di noi". "Per questo – spiega - mi è difficile dirlo per prima, perché ti mette tanti muri davanti. Ma in questi giorni ho visto tante cose brutte, ho capito che è importante dire chi siamo e penso di cambiare questo mio atteggiamento".
Il razzismo riguarda a Prato anche i cinesi. "Certo che c'è ancora oggi" interviene Luisa, ultimo anno al Dagomari e il prossimo forse alla Bocconi di Milano, la ragazza cinese che voleva venire ad Auschwitz e per questo la comunità buddista le ha pagato il viaggio. "Vedo che il razzismo c'è – dice - andando in giro con miei amici: si sentono ragazzini pieni di pregiudizi. Io allora intervengo, la mamma me lo dice sempre: difenditi, sai parlare italiano. Questa reazione li coglie impreparati e si zittiscono".
"Il pregiudizio sopravvive anche se come società cerchiamo di nasconderlo" dicono le due ragazze, che frequentano la stessa classe. Una è nata in Italia, l'altra arrivata a tre anni dal Marocco. "Se c'è una chance davvero per stare tutti insieme questa è la scuola" dice la professoressa che le accompagna. Ma non è facile. "C'è discriminazione" riprendono le due diciottenni. "Ma a chi urla preferisco rispondere col silenzio – dice una delle due – perché altrimenti mi metterei sul suo stesso piano".
Reagire però è importante, come far conoscere e sfatare i falsi luoghi comuni. Non c'è futuro senza passato. Non c'è neppure presente. "E un viaggio come questo, che ti fa riflettere – dice come tanti altri Lavinia, anche lei quarto anno all'istituto tecnico Redi di Montepulciano – dovrebbe essere fatto una volta nella vita: soprattutto gli scettici (o chi vive di pregiudizi) dovrebbe farlo". "Perché ti può trasformare – le fa eco di nuovo Giulia -. Ho visto le facce di tanti di noi: venire qua ti può davvero far cambiare idea".

26.1.17

altro olcausto puntata extra donne e bambini nei lager

 “La verità è tanto più difficile da sentire quanto più a lungo si è taciuta” (Anna Frank).
 fonti dell'articolo
aggiunta  mia
Ringrazio l'amica  e  utente  daniela tuscano per  aver messso sulla nostra pagina facebook   questo articolo  8nnon si  finisce mai  d'imparare  e d'apprendere dalla  storia e  dalle storie  ) questo articolo   di  https://donneviola.wordpress.com/


Milioni di donne furono perseguitate e uccise durante l’ Olocausto.



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Non furono prese di mira solo le donne ebree ma anche le donne Rom e tutte coloro che avevano difetti fisici o mentali.Il più grande campo di concentramento femminile fu quello di Ravensbrük.
In questo campo tra il 1938 e il 1945 furono incarcerate 100.000 donne.10.000 donne vennero uccise con il gas: donne ritenute pazze, donne malate e anziane.Il campo di Ravensbrük fu conosciuto come “l’inferno delle donne“. In questo inferno morirono 92.000 persone.Nel 1942 venne costituito un campo femminile ad Auschwitz.Le donne in stato di gravidanza e le madri dei bambini piccoli venivano catalogate come inabili al lavoro e venivano mandate a morire subito nelle camere a gas.
Ad Auschwitz i nazisti effettuarono stermini di massa di donne rom. Nell’ operazione denominata Eutanasia uccisero donne disabili.E tra il 1943 e il 1944 la loro furia omicidia si abbattè in villaggi dell’ Unione Sovietica nei confronti di donne che facevano parte di unità partigiane.I medici e i ricercatori nazisti usarono spesso donne ebree e Rom per esperimenti sulla sterilizzazione e per effettuare altri tipi di ricerca.La prima serie di esperimenti riguardò farmaci per la cura delle infezioni dei soldati al fronte.Le donne internate nei campi venivano ferite e infettate.Nelle ferite venivano spesso introdotti pezzi di legno o di vetro per arrivare alla cancrena.A questo punto venivano curate con i farmaci e in questo modo se ne testava l’ efficacia.Altre donne subirono amputazioni per ricerche sulla possibilità di trapiantare ossa e nervi.Ad altre, sempre per questo tipo di esperimenti, venivano spezzati gli arti.
Le sterilizzazioni vennero effettuate su donne zingare per testare nuovi metodi basati sulla chirurgia e i raggi x.
Ad Auschwitz il professor Clauberg inventò un nuovo metodo per sterilizzare le donne che consisteva nel praticare una spruzzatina di un liquido sterilizzante sul collo dell’utero.
Questo metodo provocava dolori intensissimi ed emorragie diffuse ai genitali. Lo scopo finale di questi esperimenti disumani era la sterilizzazione di milioni di persone considerate indesiderabili per il nuovo ordine mondiale prospettato da queste menti malate.Spesso sia nei campi che nei ghetti le donne venivano stuprate.
Per non essere costrette ad abortire le donne cercavano in tutti i modi di nascondere lo stato di gravidanza. Altrettanto spesso le donne venivano forzate a prestazioni sessuali in cambio di cibo.
In queste situazioni disumane nacquero gruppi di mutua assistenza.
Le donne incarcerate si scambiavano informazioni, cibo e indumenti e questo permetteva a volte la sopravvivenza.
Molte di queste donne secondo le testimonianze si strinsero insieme attraversate da un forte sentimento di solidarietà e questo fu un input importantissimo che aiutò molte a non lasciarsi andare.
Altre donne si salvarono perchè furono destinate nei reparti di sartoria, nelle cucine o nelle lavanderie.
Riportiamo uno stralcio della testimonianza di Ida Desandrè riguardo a quanto avveniva nel campo di Ravensbrück
“Nel campo di Ravensbrück eravamo tutte donne: giovani, vecchie… Insomma, c’era un po’ di tutto, ma solo donne.
In questo campo sono stati fatti anche degli esperimenti sulle prigioniere. Esperimenti anche molto terribili. Quello che è stato fatto a me, come a tante altre – c’è qualcuno che lo ricorda con più precisione, c’è qualcun altro che lo ricorda un po’ meno – comunque ci veniva tolto il ciclo mestruale, e allora… A chi mettevano qualcosa nel mangiare… A qualcuna qualcosa nel mangiare… Invece a tante altre veniva… Ti mettevano su un tavolo e ti veniva iniettato, direttamente… Un liquido molto irritante: questo liquido ci ha tolto le mestruazioni. Da quel momento sino a quando non sono tornata a casa, anzi un periodo di tempo dopo che sono rientrata a casa, non ho più avuto le mestruazioni.
Togliendoci, appunto, il ciclo mestruale – questo era un problema molto grave per la donna – ma i nazisti sapevano benissimo le conseguenze di tutto questo perché loro dicevano che noi eravamo come degli schiavi, e che gli schiavi si riproducono troppo in fretta, come i topi, perciò certamente anche in questo senso cercavano in un modo di eliminare il più possibile le persone. Anche nei nostri riguardi, che non avremmo potuto magari più procreare, più avere figli.
Questo penso che sia stato lo scopo di questo esperimento, e anche soprattutto, per vedere l’effetto sulla donna, togliendo il ciclo mestruale… L’effetto che poteva fare. L’effetto è stato quello che poi i nostri corpi si sono riempiti anche di grossi foruncoli: foruncoli sempre pieni di pus… E poi anche i pidocchi… I pidocchi si accompagnavano benissimo coi foruncoli.
Oltre agli esperimenti, poi, le selezioni… Ci sceglievano per portarci fuori del campo di Ravensbrück. Perché il campo aveva i campi satelliti, diciamo i campi di lavoro, sono intervenuti degli industriali tedeschi e ci hanno scelte.”  È stato emotivamente difficile raccogliere queste informazioni.
E crediamo sia stato difficile anche per voi arrivare alla fine di questo post.Ma come sempre tra sapere e non sapere vogliamo sapere.Anche se tutto questo ci lacera dentro.Nella speranza che attraverso la conoscenza e la memoria storica il mondo non debba più rivivere queste atrocità.

DonneViola

8.1.17

il 27 gennaio si celebra la Shoah od Olocausto ? basta non ricordare a senso unico e a 360 gradi , non solo quello di un gruppo etnico religioso

in  sotttondo  

Risultati immagini per 27 gennaio 1945 giornata della memoria



Sono passati più  di 70  anni  ed  ancora  ci sono polemiche  ..  Infatti



Balletto sull'Olocausto in tv, bufera sulla moglie del portavoce di Putin
Si chiama Tatiana Navka, è un'ex pattinatrice professionista e moglie dell'attuale portavoce del presidente russo Vladimir Putin. Navka è tra i partecipanti al talent show di celebrities russe "L'Era glaciale". La sua ultima performance è al centro di una bufera di polemiche: la coreografia era infatti ispirata al film "La vita è bella". Navka e il suo partner si sono esibiti vestiti come gli ebrei nei campi di concentramento, con la stella di David cucita sul petto. Una scelta decisamente di dubbio gusto che però la pattinatrice ha difeso dal suo account Instagram: "Guardatelo! E' uno dei miei numeri preferiti!"

E'  vero  che <<   Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre. Per questo, meditare su quanto è avvenuto è un dovere di tutti (  Primo Levi 31  luglio 1919 –  11 aprile 1987   )  >> e  viene ripetuto  anche  in questo commento su   ( non ricordo il post preciso ma la pagina merita  una  visita  ) https://www.facebook.com/Il-Giorno-della-Memoria-27-gennaio-1945-Mai-Piu
'di 

Germana Visocchi Mio padre era in campo di concentramento a Friedrichshafen (non ne sono rimaste tracce), in sua memoria ho visitato Dachau, Buchenwald, Bergen Belsen e il campo di sterminio di Mauthausen. Invece di negare, le persone dovrebbero andare a vedere e dico solo "vedere" perchè "capire" è impossibile!
Ma questa sacralità del politically correct sta cominciando a puzzare, che non si possa toccare alcun argomento, nemmeno in modo artistico o differente dalle celebrazioni sofferenti e piene di pathos dovrebbe cominciare ad essere superata. Cerchiamo di elaborare le ferite dell'umanità, in modo intelligente ma facciamolo, su via. Altrimenti rimene un tabù monolitico pesante che non serve a nessuno.Evitiamo di celebrare la giornata solo come brutalità verso gli ebrei ed il popolo ebraico e troviamo ( come fa la pagina facebook sopra citata ) di scrivere , parlare , condividere , che la shoah e l'olocausto non è solo gli ebrei ma anche zingari , testimoni di geova , ed ed omosessuali ed altre minoranze etniche religiose e di ..... se vieni etichettato come antisemita o un odiatore di ebrei e d'Israele. Insomma  genera  equivoci  . Infatti riporto qui un interessante discussione avuta in privato con un associazione del giorno della memoria 



IO magari fosse cosi come dite voi Il Giorno della Memoria :27 gennaio 1945 -Mai Più!!!!!!!!! si onorano tutte le vittime dell'ingiustizia e dell'odio etnico e religioso . si celebra purtroppo solo gli ebrei e quando dici che la shoah e l'olocausto non è solo gli ebrei ma anche zingari ed omosessuali ed altre minoranze etniche religiose vieni etichettato come antisemita o un odiatore di ebrei e d'Israele

LORO  La pagina fu in un primo tempo dedicata alla Shoah che non è solo di patrimonio di un solo popolo ,ma di tutta l'umanità,sia perchè essa fu in part ,quando ne fu cosciente con antichi pregiudizi . convivente e complice di tale orrore. Poi anche ragionando tra noi del gruppo ,dall istanze che provenivano da molti iscritti della pagina decidemmo che questa pagina non doveva solo celebrare un solo giorno o periodo questa immane tragedia,ma doveva essere presa come evento emblematico di tutte le Shoah che sono avvenute anche prima di quella degli ebrei (come quella degli Armeni ) e comunque come testimonianza continua in un mondo che tende a dimenticare in fretta e che queste cose non devono essere relativizzate ne negate : se accaddero noi siamo qua a far da testimonianza e non una sterile celebrazione. Infatti se lei ha letto la pagina anno per anno ,non ci siamo firmati il 27 di gennaio ,abbiamo continuato nella nostra "mission " di parlare non solo di ebrei ,ma anche di tante altre etnie o gruppi sociali discriminati per sesso,religione,scelte filosofiche o politiche . Rammento a chi dice che la Shoah è di solo appannaggio degli Ebrei che le prime prove che i nazisti fecero prima di organizzare la Soluzione finale , fu fatta in base alle leggi dell'eugenetica che erano presenti anche in molti paese democratici tra cui gli Stati Uniti e i paesi scandinavi fino a qualche decennio fa.
Concludendo tutti quelli che non erano conformi al credo di quelle politiche totalitarie erano sterminati e questo è successo ,in Unione Sovietica, in Indocina Cina , Africa , durante la guerra dei Balcani e tanto altro. Noi diciamo a tutti di stare in guardia a chi propugna certe cose con il pensiero unico il conformarsi ad esso. Nessuno ci può assicurare che quello che è accaduto non accada ancora ,ma con una coscienza attiva e non complice e educata sarebbe molto più difficile. La ringraziamo per il suo intervento e spero ne faccia altri anche in Home con foto, link video
IO avete frainteso . non ho detto che è appannaggio del popolo ebraico e degli ebrei . ho solo detto che sui media si parla solo di quella degli ebrei e non degli altri popoli  e minoranze  .Comunque   accetto  volentieri il vostro  invito  i

LORO  Non l'abbiamo frainteso come scritto più volte abbiamo detto ai nostri iscritti ciò che li dice . Nella nostra risposta sta proprio questo concetto ,forse una petizione alla rai,mediaset al presidente della repubblica e alle comunità Ebraiche sarebbe auspicabile. Ci permetta che nei discorsi sia di intellettuali che dei vari presidenti che di Papi la cosa fu messa in evidenza . La shoah come simbolo di tutti.,ma oggi con l'astio che molti provano verso rom,stranieri  grazie anche a certe campagne mediatiche politiche i mass media cercano di evitare per non irritare nessuno.
quindi ricordiamo sempre  non solo  il 27 gennaio  ma  soprattutto  lontano  dal chiacchiericci che  si fa  in tale  data    . e  per  distinguermi da  tale cosa  ho messo come colonna sonora  all'inizio del post    , musica   che metto sempre  davanti  a  tali tragedie  perchè  non ci sono parole per descriverle  
concludo   con 


 alla  prossima  



12.1.16

Il Labirinto del Silenzio, la ricerca della verità nella Germania che voleva dimenticare Auschwitz


Più informazioni su: 
Auschwitz
Giornata della Memoria
Oscar
Processo di Norimberga

Il Labirinto del Silenzio, la ricerca della verità nella Germania che voleva dimenticare Auschwitz
da http://www.ilfattoquotidiano.it/ del 7\1\2016   di Aureliano Verità 7 gennaio 2016







Con l’avvicinarsi della Giornata della Memoria la parola d’ordine anche al cinema diventa “ricordare” e, come ogni anno, in sala arriveranno diverse pellicole che accompagnano lo spettatore attraverso un percorso non facile, quello di riportare alla mente l’orrore che è stato. La settima arte si conferma uno tra gli strumenti più congeniali per la Memoria e rende vivide e indelebili le immagini di un passato da non dimenticare, raccontando storie note e altre poco conosciute, come quella de Il Labirinto Del Silenzio.
Ambientato nella Germania degli anni ’50, a più di dieci anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, il film diretto e co-scritto daGiulio Ricciarelli, mette in scena la storia di un giovane pubblico ministero che decide di battersi in favore della verità, combattendo il negazionismo, contro ogni ostacolo immaginabile, in un sistema dove era più facile dimenticare che ricordare. Sullo sfondo di eventi realmente accaduti, quest’opera prima, in corsa per gli Oscar 2016, affronta con uno sguardo diverso gli anni del “boom economico”, nell’epoca dell’ottimismo sfrenato, in cui le persone volevano solo dimenticare il passato e guardare avanti. Un capitolo poco noto della storia della Germania, che cambiò radicalmente il modo in cui i tedeschi guardano al proprio passato.









Johann Radmann, interpretato daAlexander Fehling è stato recentemente nominato pm e come tutti i novizi, inizialmente dovrà occuparsi di casi minori, di scarso interesse. Fino al giorno in cui il giornalista Thomas Gnielka (André Szymanski) porterà alla sua attenzione un caso diverso, secondo il quale un suo amico avrebbe riconosciuto un’ex guardia diAuschwitz, ora insegnante. Nessuno avrà la voglia perseguire legalmente quest’uomo, tranne Radmann che, contro il volere del suo diretto superiore, inizia a esaminare il caso facendo luce su una rete di repressione e negazione fino a quel momento celata. Erano gli anni in cui la parola “Auschwitz” alcune persone non l’avevano nemmeno sentita nominare, altre invece volevano dimenticarla il più in fretta possibile. Radmann incontra solo ostacoli sul suo cammino, fatta eccezione per il pm generale, Fritz Bauer, a cui presta il volto Gert Voss, che appoggia la ricerca del suo giovane collega, con l’intento comune di riportare all’attenzione pubblica i crimini commessi nel campo di concentramento.
Durante il processo di Norimberga tenutosi solo cinque anni prima degli eventi raccontati nel film, erano stati processati 24 tra i maggiori capi nazisti: “Diversamente dai processi di Norimberga, i processi di Auschwitz sono ancora oggi ignoti alla maggioranza delle persone e in un certo senso, consideriamo il nostro lungometraggio come un mezzo per evitare che restino sconosciuti” ha raccontato il produttore Jakob Claussen. Una storia certamente complicata da raccontare, per la quale Ricciarelli, italiano di nascita naturalizzato tedesco, ha scelto toni a metà tra il film storico e il thriller e un cast d’eccezione in primis Fehling e Szymanski, a cui si affiancano giovani attori come Friederike Becht, Johannes Krisch e Johann von Bülow. Il Labirinto Del Silenzioarriverà in Italia il prossimo 14 gennaio distribuito dalla Good Films e ilFatto.it ve ne propone una clip in esclusiva.


un film  che sta   , ancora  non è arrivato nelle  sale  italiane   è già crea ,   trovate  sotto alcuni come  dall'articolo de ilfatto ,  buon segno     discussioni  alcune   condivisibili altre no  ,l'importante  è che   non cali  iilenzio o  peggio il negazionismo \ revisionismo estremo su tali   orrori   della storia







Antitanti • 6 ore fa


Non se ne parla mai abbastanza, così come di altri genocidi.
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xeawzd@grandmasmail.com • 7 ore fa
genere fantasy
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FTW • 8 ore fa
a hollywood dovrebbero fare una statua di ringraziamento ai tedeschi
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agricolo • 9 ore fa


Forse è ancora presto per dibattere pubblicamente su questi argomenti. Troppe incrostazioni propagandistiche o difensive permangono dallo immediato dopoguerra. Certi discorsi di pura logica neanche si possono citare senza essere etichettati come postnazisti. Ognuno dovrebbe, se crede, studiare gli argomenti per suo conto. Sapendo che molte verità ufficiali vanno per lo meno sottoposte a oggettiva verifica. 
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roberto • 21 ore fa


Per nascondere le verità della seconda guerra mondiale,le hanno enfatizzate oppure denigrate. Giunto è il tempo dimostrare i fatti come sono accaduti realmente.

27.1.15

solo con la memoria ed il ricordo di quel che è stato a 360° si evitano simili cose e che tali idiozie già condannate dalla storia ancora resistano emettano radic sempre più profonde



A pescidere dalla data d'oggi 27 gennaio  voglio non tanto ricordare gli avvenimenti dellla shoah e dei vari olocausti lo ho già fatto nei post precedenti ,  e  di  cui   non so   che  dire   se  non


 ma vorrei  invitare specie    le  nuove  generazioni   ad una riflessione .perchè il male ,  l'odio e  l'ignoranza  si  tali ev enti si nascondono dietro i più  èiccoli gesti  . Infatti  come si diceva nel titolo è a causa di anche a causa di un uso scriteriato ed imbecille , ecc della cultura che tali orrori si ripetono e ancora si mantengono in vita .
Riprendo la discussione ( in quanto ormai con i nuovi sistemi di massa blog e siti stanno diventando tutt''uno con i social network ) avvenuta   quyalche  giorno fa   fa sulla mia bacheca di facebook più precisamente https://www.facebook.com/redbeppeulisse1/posts/10206222977643324 e   nata  dal ricordo riemerso  improvviso   dai miei ricordi  ,     rivedendo   mentre   cercavo  materiale  in rete  sula  giornarta  della memoria    ditasle  scena del  film  Jona che visse nella balena  << un film del 1992 di Roberto Faenza, tratto dal romanzo autobiografico dello scrittore Jona Oberski intitolato Anni d'infanzia. Un bambino nei lager.  >> (  da  Wikipedia )
Ora     credo che sia più  colpevole  chi  come  disse    Tullia Zevi (1919-2011)   in quiesto  articolo  del  corriere della sera del 19\10\1994 presidente dell' Unione delle comunita' ebraiche italiane .   << trovo che sia di pessimo gusto manipolare testi musicali, travisando spirito e significato >>  .  Infatti   io  trovo  ,   addirittura  mi lascia indifferente   chi    fa  tali  "deturpamenti "  ( ovviamente  è un mio parere  personale  verso  tale  genere  musicale  )    per  giunta     poco originale   perchè  se  gli ascoltate  in seguenza    lo  si nota    ripresa  e rieleaborata   dalla versione di Morricone  
Infatti un conto   è  una  rielaborazione  musicale pessima o bella che sia  il gusto  è soggettivo  
( a  voi  ogni  giudizio i merito     alle  due   versioni  . La  prima   tratta  dal film    Jona che visse  nella bocca dela balena    ., la seconda   dalla versione dance      sotto riportate    ) 




 
   un altro  è  l'utilizzo  (  non so   se  viene ancora  nelle  curve   in quanto  ho  smesso  d'interessarmi a qual mondo    dall'età   22\23  anni  )  come supporto  ad ideologia malte   e  condannate  dalla  storia  . 

20.1.15

Birkenau. Porrajmos, lo sterminio Rom e Sinti. Una parola da imparare. Come Shoah e Metz Yeghern







di Roberto Olla 30 luglio 2014

Il 2 agosto i rappresentanti di tutte le comunità Rom e Sinti si ritrovano ad Auschwitz per parlare agli altri europei. Un giorno dedicato al presente e al futuro









Porrajmos, la devastazione, il grande divoramento. Lo sterminio nazista dei Rom e dei Sinti. Una parola da imparare. Come Shoah, la tempesta che tutto distrugge, lo sterminio degli ebrei. Come Metz Yeghern, il grande male, lo sterminio degli armeni. Macchie nere sugli abiti lindi dei contemporanei. Genocidi prima che venisse coniato il termine stesso di genocidio (dal giurista ebreo polacco Raphael Lemkin nel 1944). Grandi numeri: 500.000 persone dei popoli nomadi europei assassinate dal cosiddetto Terzo Reich. Forse 800.000 secondo altri storici, ma non è questione di numeri. Non solo. Genocidio è la volontà, il progetto di far scomparire un intero popolo, la sua gente, la sua cultura, la sua lingua. Tutto cancellato, devastato, divorato.
Rom e Sinti sono le minoranze etniche d'Europa più a rischio
C'è una data simbolica: il 2 agosto del 1944. Settanta anni fa Piero Terracina era là, a Birkenau, dietro il filo spinato che divideva gli ebrei dallo Zigeunerlager, la sezione del campo dove erano stati deportati gli zingari. Le sue parole bruciano ancora quando racconta come in una notte sola avvenne ande divoramento.

Le sue parole bruciano ancora quando racconta come in una notte sola avvenne il grande divoramento. A proposito di date, una deve essere subito evidenziata: Italia, 11 settembre 1940 disposizioni per l'internamento degli zingari. Il nostro paese è purtroppo in prima fila nella persecuzione dei Rom e dei Sinti, rinchiusi nei campi di Agnone, di Perdasdefogu, delle Tremiti. Poi ci sono altre date: 17 ottobre 1939, i nazisti rinchiudono nei lager i nomadi tedeschi, 27 aprile 1940 la deportazione dei nomadi polacchi, 26 febbraio 1943 gli zingari vengono scaricati a Birkenau. Prima del numero gli tatuano sul braccio una "Z". Sempre molto precise le Ss. Il medico nazista Robert Ritter ( medico ?! ) aveva dichiarato: sono geneticamente criminali. Un decreto del 14 dicembre 1937 aveva trasformato le sue idee in legge. Mengele aveva  pensato ad una soluzione pratica avviando la sterilizzazione di Rom e Sinti a Birkenau. Il lager di Ravensbruck aveva subito seguito l'esempio.
Storia e Memoria
Quanti sono settanta anni? Pochi, evidentemente. Perché ancora oggi Rom e Sinti sono le minoranze etniche d'Europa più a rischio. Basta fare un piccolo esperimento linguistico con le parole più usate dai nazisti in riferimento agli zingari: indegni, degenerati, asociali, ladri, non recuperabili, non integrabili, genericamente criminali. Ebbene, quante di queste parole corrispondono a pensieri ancora oggi ampiamente diffusi tra i moderni, democratici, liberi e illuminati cittadini europei ? Quanti li vedono come (virgolette obbligatorie) non "recuperabili", non "integrabili"? Quanti pensano che siano criminali dalla nascita (geneticamente)? Quanti, per dirla tutta, vorrebbero chiudere gli occhi e scoprire che sono magicamente spariti nel momento in cui gli riaprono ? I rappresentanti dei Rom e dei Sinti erano al Quirinale per il Memory Day del 27 gennaio ed hanno parlato di fronte al Presidente della Repubblica. Ragazzi che si sono preparati il discorso con cura, come gli altri studenti loro compagni di scuola. I Rom e i Sinti hanno i loro laureati, gli storici, gli specialisti, gli artisti ... come gli altri popoli d'Europa, anche se con molte più difficoltà degli altri popoli d'Europa. Ma questo nessuno, o quasi, lo vede. Passato il Memory Day, se ne riparla l'anno dopo.
Il 2 agosto ad Auschwitz. Un giorno dedicato a presente e futuro
Per questo il 2 agosto i rappresentanti di tutte le comunità Rom e Sinti si ritrovano ad Auschwitz. Per parlare agli altri europei. Un giorno dedicato al presente e al futuro, usando gli strumenti della storia e della memoria. No, i Rom e i Sinti non spariranno mentre noi teniamo gli occhi chiusi. Sono popoli liberi e hanno nella loro cultura, nel loro Dna dei geni che li portano a rifiutare le frontiere, ad attraversarle tutte senza vincoli. Un'Europa senza frontiere, il grande sogno a cui gli altri europei sono arrivati dopo essersi massacrati per secoli, è stata la visione del continente che Rom e Sinti hanno sempre avuto. Allora la domanda è: siamo davvero un'Europa senza più frontiere? E se lo siamo perché rifiutiamo chi quelle frontiere non le ha mai apprezzate e mai neppure rispettate? Prendiamolo come un sogno, ma in un'Europa del futuro potrebbe essere bello, viaggiando senza frontiere, incontrare popoli viaggiatori, comprare il loro artigianato, mangiare alla loro cucina, ballare alla loro musica. Un sogno, perché per ora dobbiamo "accontentarci" di far sapere (anche e soprattutto al popolo dei vacanzieri) cos'è avvenuto il 2 agosto 1944 e cosa vuol dire Porrajmos

27.1.13

LE .. DI BERLUSCONI "L'Italia non ha le stesse colpe della Germania; all'inizio adesione inconsapevole a politiche nazismo"



Evidentemente non conosce completamente la storia italiana di quel periodo . Eccoli    lo  so che  è come lavare la testa  all'asino con il sapone  o dare le perle ai porci   ma  è per  gli ignoranti  ,  strumentalizzatori  ( indipendentemente dall'ideologia  ) ,   ecc  che  scrivo .  Prima o poi qualcosa  arriverà ed  immagini come  questa  saranno solo un brutto ricordo


http://it.wikipedia.org/wiki/Lista_dei_luoghi_dell'Olocausto_in_Italia
http://it.wikipedia.org/wiki/Crimini_di_guerra_italiani#Campi_di_concentramento
http://it.wikipedia.org/wiki/Crimini_di_guerra_italiani( già iniziati in epoca pre fascista )



Le  cose  sono   o che  Berlusconi è  ignorante  o   che  ignora per  convenienza  politica  siamo  sotto  le elzioni  e  rischia  grosso  e  quindo ha  bisogno di voti  utili in  particolari neonazistri (  forza  nuova  e casa pound  e affini ) o  di tutti quegli italiani   che ancora  credono nel mito italiani brava gente 



Tutt'altro spessore anche se altalenante  purtroppo i recenti fatti contraddicono queste dichiarazioni.
Ottobre 2012 "La Procura di Stoccarda archivia l'inchiesta: mancano le prove delle responsabilità dei singoli soldati delle SS. Il 12 agosto 1944, nella località toscana, furono uccise 560 persone, ma almeno non nega la colpa e le responsabilità storiche del suo popolo , è il discorso dela Merkel








oltre all'Italia che offri protezione e aiuto agli ebrei vedere link che trovate sotto ci fu anche un italia complice

  fonte   settimanale   l'espresso   21\1\2010
Anniversari Quell'Italia complice dell'Olocausto di Gianluca Di Feo

Migliaia di ebrei catturati dalla polizia e consegnati ai tedeschi, senza pietà per donne, vecchi e bambini. Una macchina di morte voluta da Mussolini. Ora un libro ricostruisce le responsabilità nel genocidio. A partire dal campo di Fossoli (21 gennaio 2010)
Sulle torrette del campo dove venivano rinchiusi gli ebrei c'erano agenti di pubblica sicurezza. A scortare il treno per Auschwitz c'erano carabinieri. Ed è stato un italianissimo commissario ad arrestare una bambina di sei anni, individuata a Venezia nella famiglia dove i genitori l'avevano nascosta, e ad accompagnarla fino a quel recinto di filo spinato alle porte di Carpi: il primo passo di un cammino che si sarebbe concluso nella camera a gas. Così come erano italiani i loro colleghi delle forze dell'ordine che dal novembre 1943 alla fine della guerra hanno dato la caccia agli ebrei in tutte le città del Nord. Retate ricostruite nel dettaglio in un volume che spazza via i luoghi comuni sulle responsabilità della Repubblica di Salò nell'Olocausto e ci costringe a guardare un capitolo della nostra storia che da 65 anni nessuno vuole approfondire. In "L'alba ci colse come un tradimento" Liliana Picciotto, la più importante studiosa italiana della Shoah, sintetizza anni di ricerche. Nelle 312 pagine pubblicate da Mondadori non fa mai ipotesi: elenca fatti, si limita ai documenti. Calcola le presenze nelle anticamere padane dei lager in base alle razioni di pane fornite, confronta diari e testimonianze, atti di processi nascosti nel dopoguerra in nome della ragione di Stato. Non usa un solo aggettivo.


Non servono, perché il risultato del suo lavoro è agghiacciante: la ricostruzione della vita e della morte di migliaia di ebrei, arrestati da italiani nei territori della Repubblica sociale, spediti nel campo modenese di Fossoli e poi deportati nei lager. Chi prese parte a questa colossale caccia all'uomo poteva ignorare la "soluzione finale"? Poteva ignorare la strage a cui stava collaborando? Era difficile credere che ultrasettantenni e bambini venissero trasferiti nel Reich per lavorare e contribuire alla macchina bellica tedesca. Quando anche i vecchietti dell'ospizio israelita di Firenze vengono caricati sui treni, nessuno a Fossoli si fa più illusioni. Ma ancora altri ebrei vengono rastrellati dai funzionari della polizia e dei residui carabinieri rimasti in servizio al Nord (la maggioranza dell'Arma si schierò con la monarchia e venne perseguitata dai nazisti), fino a pochi giorni prima della Liberazione: uomini che spesso hanno continuato a indossare la stessa uniforme nella Repubblica del dopoguerra. Il giorno della Memoria celebrato il 27 gennaio anche nel nostro Paese non dovrebbe ricordare solo le colpe altrui: ci sono grandi responsabilità italiane, di istituzioni e di singoli. La scorsa domenica Benedetto XVI nella storica visita alla sinagoga di Roma ha ancora una volta condannato l'antisemitismo e rievocato il primo grande rastrellamento, «una tragedia di fronte alla quale molti rimasero indifferenti». Ma molti altri italiani ebbero un ruolo attivo nel genocidio.
Il 14 novembre 1943 il Partito nazionale fascista aveva dichiarato: «Tutti gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri, durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica». Due settimane dopo il ministro dell'Interno ne ordinò l'arresto e l'internamento.
Al momento dell'armistizio nel territorio della Repubblica sociale erano rimasti intrappolati 32-33 mila ebrei: poco meno di un terzo venne ucciso dai nazisti. Le vittime identificate della Shoah sono 8948, ma c'è la certezza che altre centinaia di persone siano sparite nei forni crematori. Dopo l'8 settembre 1943 i nazisti portarono avanti i primi rastrellamenti da soli: il più drammatico quello del Ghetto di Roma, con 1.020 persone catturate di cui 824 assassinate poche ore dopo l'arrivo ad Auschwitz-Birkenau. Ma già dal 3 novembre 1943 i reparti speciali delle Ss vennero affiancati dagli agenti delle questure: insieme agirono a Firenze, Genova, Bologna, Siena, Montecatini. Da dicembre tutte le operazioni passarono nelle mani dei poliziotti italiani, che per non essere inferiori all'alleato, "ripulirono" subito il ghetto di Venezia e quello di Mantova. Per gran parte del 1944 furono solo le forze dell'ordine italiane ad alimentare la macchina dello sterminio, eliminando le comunità ebraiche dell'Italia centro-settentrionale. Vennero creati 29 campi provinciali, con una struttura centrale, l'anticamera fascista dell'Olocausto: Fossoli, una serie di baracche e recinti a pochi chilometri da Carpi costruiti per custodire i prigionieri di guerra inglesi. Fossoli è rimasto totalmente sotto controllo italiano fino al febbraio 1944: non c'erano crudeltà, né fame, né malattie. Gli internati non erano obbligati al lavoro e potevano scambiare posta con l'esterno. Insomma, nulla a che vedere con le condizioni dei lager nazisti. Ma la sorte finale era la stessa. Si saliva sui treni per Auschwitz e all'arrivo chi non era giudicato utile per il lavoro veniva assassinato. «Gli italiani riempivano Fossoli, i tedeschi lo svuotavano».
E questo meccanismo è proseguito anche dopo l'insediamento a Fossoli delle Ss, che lasciarono agli agenti della questura solo la sorveglianza delle recinzioni esterne, rendendo più dure le condizioni di vita. Il primo convoglio partì il 22 febbraio 1944 con circa 640 persone: 153 furono selezionate per le fabbriche, il resto finì direttamente nelle camere a gas. Tra loro Leo Mariani, un bambino di pochi mesi: la madre venne arrestata dalla polizia nell'ospedale di Firenze dove era ricoverata in attesa del parto. Venivano da 22 città diverse - da Como a Vicenza, da Pavia a Cuneo - ed erano stati tutti arrestati da agenti e carabinieri. Da Fossoli in nove mesi sono partiti 12 treni. Quello del 5 aprile 1944, per esempio, trasportò 609 persone: solo 50 sono sopravvissute al lager. Tra quelli che non sono tornati c'erano 41 ultrasettantenni e 33 bambini: Roberto Gattegno aveva solo dieci mesi. Le liste delle persone spedite verso i forni erano scelte spesso casualmente. Ricorda Nina Neufeld Crovetti, ebrea figlia di un matrimonio misto e obbligata a fare la segretaria nel campo emiliano: «Il vicecomandante Hans Haage veniva in ufficio e diceva: "Su avanti ragazza! Si comincia di nuovo, ci sbarazziamo di un bel gruppo!". Se ne rallegrava ogni volta».
Da Fossoli partirono in 2.844, solo un decimo è sopravvissuto: tra i pochi, Primo Levi. In Italia c'erano altri due campi - quello di Bolzano e quello di San Sabba, usato anche per assassinare partigiani e oppositori politici - nelle province che erano state annesse al Reich: il Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, parte del Veneto e l'Istria. Solo da Bolzano presero la via dei lager altre 4.500 persone, altre migliaia dalla Risiera di San Sabba. Il tutto sempre con la collaborazione di italiani. I vertici di Salò trattarono la questione con la stessa freddezza burocratica dei gerarchi nazisti. Il libro si chiude con l'esposto che i familiari ariani dei deportati scrivono a Benito Mussolini: «Eccellenza, ci sono casi pietosi. Madri con bambini (fra le quali la Uggeri con una piccola di 4 anni)... donne anziane, vecchie con salute malferma... I sottoscritti vivono ore pietose, essendo privi da oltre due mesi di notizie e temono per la vita dei loro cari. Sono mariti, mogli, figli che piangono senza avere nessuna colpa». La supplica viene girata dalla segreteria particolare del Duce all'Ispettorato per la razza. La risposta del 1° marzo 1945 è raccapricciante: «Questo Ispettorato, trattandosi di misure di polizia rispetto alle quali esso ha competenza nella determinazione delle direttive di massima in collaborazione con altri dicasteri chiamati a decidere, non può avocare a sé una decisione sull'istanza degli interessati». E Liliana Picciotto conclude: «Come a dire che la macchina della persecuzione antiebraica, avviata nel 1938 dal regime fascista e radicalizzata nel 1943, non era da tempo più governabile.
Questo fatto non attenua in nulla la responsabilità che i governanti, le istituzioni, l'amministrazione, la burocrazia italiani portano pesantemente per le le sofferenze inflitte e per le migliaia di lutti provocati». In appendice al volume c'è una raccolta di testimonianze dirette. Tra tutte, la deposizione di una SS, Eugen Keller, che in un processo berlinese ha descritto il viaggio da Fossoli ad Auschwitz del 16 maggio 1944: «Cosa volesse dire Auschwitz lo seppi durante il viaggio da uno degli ebrei. Disse che Auschwitz era un campo di annientamento nel quale sarebbero stati uccisi. Dapprima non gli credetti...». Eugen Keller racconta che nel vagone sigillato una donna aveva partorito. Carolina Lombroso Calò, moglie di un eroe della resistenza, «non era fuggita dalla sua casa rifugio a Cascia di Reggello in provincia di Firenze perché non pensava che una mamma incinta con tre bambini (Elena di 6 anni, Renzo di 4, Albertino di meno di 2 anni) potesse essere arrestata. Invece i carabinieri avevano obbedito agli ordini e fermato il gruppetto». La donna e i suoi quattro bambini, incluso il neonato, furono tutti uccisi poche ore dopo l'arrivo nel lager. «Abbiamo obbedito agli ordini» è la giustificazione di tutte le Ss chiamate in causa per l'Olocausto. Ma in Germania da sessant'anni ci si interroga e ci si chiede come sia stato possibile che un popolo intero abbia partecipato al massacro. In Italia delle migliaia di ebrei consegnate nelle mani dei carnefici non si parla. Nonostante quegli ordini fossero stati emanati da Benito Mussolini, ancora oggi c'è chi ripete in modo assolutorio che «il Duce non uccise gli ebrei». Vero: si limitò a consegnarne migliaia al boia. E nel libro di Liliana Picciotto ci sono tutte le prove: un'opera definitiva, senza attenuanti

1.4.12

Facce della ShoahMemoria spesso strumentalizzata








  un articolo interessante  dalle pagine culturali dell unione  sarda del  31\3\2012


Oggi la Shoah è un tragico spartiacque nella storia dell'umanità, e la memoria del genocidio del popolo ebraico è considerata patrimonio culturale e storico dell'uomo. Il recente saggio Abusi di memoria. Negare, banalizzare e sacralizzare la Shoah di Valentina Pisanty, semiologa dell'Università di Bergamo, invita a riflettere su come proprio la memoria della Shoah non sia unica, né immutabile. Ma possa essere invece usata per scopi diversi e contrapposti e “abusata”. 
La memoria collettiva è sempre funzionale agli interessi, alle sensibilità e ai progetti di chi la gestisce, e i filtri culturali che selezionano gli episodi ritenuti memorabili dipendono dalle preoccupazioni e dai “pensieri dominanti” delle società cui fanno capo. Un esempio è la Giornata della memoria: una celebrazione importante, che però giunge «non a ridosso degli eventi, quando gli italiani avrebbero potuto attingere ai ricordi vivi di uno sterminio appena perpetrato per interrogarsi sulle proprie responsabilità dirette, ma a distanza di decenni, quando la comunità commemorante cominciava a sentirsi sufficientemente estranea agli eventi in questione da poterli chiudere in una teca da museo». Fare memoria della Shoah non è quindi disgiunto da un'analisi di come viene gestita la memoria stessa. 
Da questo assunto Valentina Pisanty muove con grande rigore e onestà intellettuale, fa pensare come il ricordo e la testimonianza possono diventare strumento menzognero nelle mani dei negazionisti, pseudostorici per i quali «la lobby ebraica tiene in scacco la comunità internazionale con il ricatto della Shoah». Oppure essere abusata dai banalizzatori che «adeguano la rappresentazione della Shoah a formati narrativi ipercollaudati per rendere la memoria più facilmente assimilabile e commercializzabile». O equiparano la Shoah alle altre tragedie del Novecento «secondo la logica per cui se tutti sono colpevoli allora nessuno lo è per davvero». Infine c'è chi fa della Shoah qualcosa di sacro, intoccabile, la cui memoria può essere usata e magari manipolata solo da chi ne ha più diritto di altri. 
Abusi diversi che però raggiungono un unico risultato: spogliano la Shoah dei suoi contenuti storici per trasformarla in oggetto di devozione, collante ideologico, categoria di pensiero, prodotto di marketing e, all'occorrenza, strumento contundente contro l'avversario. Col risultato che la memoria vera - storica e oggettiva - si perde sempre di più nel marasma delle opinioni e delle interpretazioni, si “dimentica”. 

Roberto Roveda

4.2.12

perchè ricordo il 10 febbraio

Apro il post  d'oggi   con una frase adatta  a descrivere   tragedie   e barbarie  come  queste   , eccetto quella  fra  parentesi  , non mia  e di cui   non ricordo  la  fonte  , ricordo  che  era  una didascalia   di una  foto  all'interno di una mostra  fotografica  del museo Man  a  Nuoro )  :


l'eventualità più verosimile è quella del giudizio storico che ci chiederà conto per aver permesso una civilissima e democratica barbarie per aver [  dimenticato ] guardato altrove  




Alcuni  dei miei  utenti  di fb  leggendo  questo mio post  dell'anno scorso sul perchè  è necessario ricordare  il 10  febbraio   mi hanno accusato   di non voler  riconoscere   i crimini   di tito  e del comunismo  e di fare da scaricabarile  sui fascisti  .
Accusa   che   io smentisco   come potete  vedere  dai link ( oltre  quello del post incriminato ) sotto riportati e  da questa  testimonianza     di  << Ora non sarà più consentito alla Storia di smarrire l’altra metà della Memoria. I nostri deportati, infoibati, fucilati, annegati o lasciati morire di stenti e malattie nei campi di concentramento jugoslavi, non sono più morti di serie B >> Annamaria Muiesan  ( foto  a sinistra    tratta dallo speciale del portale di arcipelagoadriatico.it   che  celebra  il  giorno del ricordo  del 2006  in cui il presidente Carlo  Azeglio ha  consegnato  familiari delle vittime le medaglie    )  figlia  di  una vittima  





Ora  io  voglio solo che  tali crimini dettati  dall'odio ,del nazionalismo  esasperato , dall'ideologia   non si debbano ripetere  mai più perché è >>  tristezza,tristezza infinita per quello che ci siamo fatti a vicenda. siamo vicini,vicini di confine,vicini di casa,vicini di tutto,e siamo stati delle bestie... fascisti comunisti. ma che importa ormai , siamo i nipoti , i pronipoti abbiamo il dovere di non far capitare mai più atrocità simili >> ( da  un commento ad  un video  che trova te  sotto )  ma soprattutto  non siano  : ne è strumentalizzati  e  usati  a  loro uso  e consumo  sminuendone  alcune aspetti e  concentrarsi  solo  altri   da  una  determinata parte politica  culturale  (  vedere    chi ha  facebook   o  cercando nei motori  di ricerca  alla voce  10 febbraio     )   dove  tale  evento o meglio tali eventi  del confine orientale    vengono    rielaborati propagandisticamente   e  volgarmente  sintetizzati  facendone  diventare  una  favoletta   che si chiama  foibe : <<  Con l'espressione massacri delle foibe, o spesso solo foibe, si intendono gli eccidi, perpetrati per motivi etnici e/o politici, ai danni della popolazione italiana della Venezia Giulia e della Dalmazia, occorsi durante la seconda guerra mondiale e negli anni immediatamente seguenti. Il nome deriva dai grandi inghiottitoi carsici dove furono gettati i corpi di centinaia di vittime, che nella Venezia Giulia sono chiamati, appunto, "foibe".>>. Quando in realtà    sempre  secondo la voce  foibe  di wikipedia  << (....) Per estensione i termini "foibe" ed il neologismo "infoibare" sono in seguito diventati sinonimi degli eccidi, che in realtà furono, in massima parte, perpetrati in modo diverso: la maggioranza delle vittime fu uccisa nei campi di prigionia jugoslavi o durante la deportazione verso di essi. Nonostante la ricerca storica \ scientifica abbia, fin dagli anni novanta, sufficientemente chiarito gli avvenimenti, la conoscenza dei fatti nella pubblica opinione permane distorta ed oggetto di confuse polemiche politiche, che ingigantiscono o sminuiscono i fatti a seconda della convenienza ideologica. >>., Nè perché indigesta  o per  motivi  politici  come  è stato fatto durante  la  guerra  fredda dalla Dc  e  soprattutto   dal Pci (salvo pochi iscritti che  furono  espulsi o emarginati  come la  storia  di Andrea  Scano  citato da  Pansa  nel libro foto a destra  prigionieri del silenzio ) .  
Per chi volesse approfondire  ulteriormente  , oltre  agli url  citati  nell'articolo   trova  qui  sotto   altro materiale  . Esso è diviso   per  "categorie (  in maniera da  facilitare    la contestualizzazione degli eventi    specialmente  a chi non conosce  tali eventi  ) " :  Prima delle  foibe   che  descrive :


 l  ) situazione prima  del fascismo  cioè il conflitto e tensioni  fra  i  due  popoli ed etnie   , e  poi   l'italianizzazione  delle  popolazioni slave da parte  dei fascisti  durante  il regime     e  i  campi  di  prigionia   durante  la  guerra  nei  Balcani   fra il  1940-1943  


 2)  le  foibe  prima di Tito e durante  Tito  da  "La storia siamo noi" di Giovanni Minoli


3)  documenti misti  (  vedi   anche   2  e  3    )  dove  si trovano notizie   prima  delle foibe  e   sulle  foibe  )  e   sulle  conseguenze  delle  foibe e delle  violenze  di tito   e  sull'esodo  di un popolo   cioè  gli Istriani  e sulle  cause  dell'oblio e\  strumentalizzazione  

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...