un articolo interessante dalle pagine culturali dell unione sarda del 31\3\2012
Oggi la Shoah è un tragico spartiacque nella storia dell'umanità, e la memoria del genocidio del popolo ebraico è considerata patrimonio culturale e storico dell'uomo. Il recente saggio Abusi di memoria. Negare, banalizzare e sacralizzare la Shoah di Valentina Pisanty, semiologa dell'Università di Bergamo, invita a riflettere su come proprio la memoria della Shoah non sia unica, né immutabile. Ma possa essere invece usata per scopi diversi e contrapposti e “abusata”.
La memoria collettiva è sempre funzionale agli interessi, alle sensibilità e ai progetti di chi la gestisce, e i filtri culturali che selezionano gli episodi ritenuti memorabili dipendono dalle preoccupazioni e dai “pensieri dominanti” delle società cui fanno capo. Un esempio è la Giornata della memoria: una celebrazione importante, che però giunge «non a ridosso degli eventi, quando gli italiani avrebbero potuto attingere ai ricordi vivi di uno sterminio appena perpetrato per interrogarsi sulle proprie responsabilità dirette, ma a distanza di decenni, quando la comunità commemorante cominciava a sentirsi sufficientemente estranea agli eventi in questione da poterli chiudere in una teca da museo». Fare memoria della Shoah non è quindi disgiunto da un'analisi di come viene gestita la memoria stessa.
Da questo assunto Valentina Pisanty muove con grande rigore e onestà intellettuale, fa pensare come il ricordo e la testimonianza possono diventare strumento menzognero nelle mani dei negazionisti, pseudostorici per i quali «la lobby ebraica tiene in scacco la comunità internazionale con il ricatto della Shoah». Oppure essere abusata dai banalizzatori che «adeguano la rappresentazione della Shoah a formati narrativi ipercollaudati per rendere la memoria più facilmente assimilabile e commercializzabile». O equiparano la Shoah alle altre tragedie del Novecento «secondo la logica per cui se tutti sono colpevoli allora nessuno lo è per davvero». Infine c'è chi fa della Shoah qualcosa di sacro, intoccabile, la cui memoria può essere usata e magari manipolata solo da chi ne ha più diritto di altri.
Abusi diversi che però raggiungono un unico risultato: spogliano la Shoah dei suoi contenuti storici per trasformarla in oggetto di devozione, collante ideologico, categoria di pensiero, prodotto di marketing e, all'occorrenza, strumento contundente contro l'avversario. Col risultato che la memoria vera - storica e oggettiva - si perde sempre di più nel marasma delle opinioni e delle interpretazioni, si “dimentica”.
Roberto Roveda
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