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19.7.08

il caso Eluana e la necessità di una legge sul testamento biologico

poichè due parole  sono troppe  e  una e poca  sul  caso eluana  e la necessità  di una legge sul testamento  biologico  concordo  con   questo bellissimo intervento   della cdv \  esterna  Maria Antonietta Pirrigheddu alias www.lunadivetro.it che  qui  ripubblico


Ancora un articolo che scandalizzerà i benpensanti. Probabilmente un’altra pia vecchietta scriverà un’accorata lettera di protesta a qualche giornale, come già è successo.
E’ facile scandalizzarsi delle idee degli altri… anche perché di solito non conosciamo affatto le nostre. Quelle che definiamo “opinioni personali” sono spesso idee altrui che ci sono state inoculate, magari fin da bambini, e che in realtà non abbiamo mai davvero analizzato. Le abbiamo accettate a occhi chiusi perché provenivano da una qualche forma di autorità: familiare, religiosa o più semplicemente popolare (sì, perché anche il “popolo” costituisce un’autorità, che però muta parere a seconda del vento).
Ben poche delle nostre convinzioni sono state maturate sulla base di esperienze o di attente valutazioni: perché pensare è faticoso, e si trova con facilità qualcuno che lo fa al nostro posto, naturalmente con il giusto tornaconto. Riuscire ad avere dei pensieri propri – che possono anche essere sbagliati, certo – significa essere liberi. Avere il coraggio di non nasconderli vuol dire impedire a chiunque di tenerci in suo potere.
Anche stavolta, dunque, darò scandalo cercando di riflettere su un argomento spinoso quanto attuale. Non chiamatelo “eutanasia”, per favore, perché mi riferisco a ben altro. C’è un nome diverso per la nostra ostinata opposizione alla morte naturale, ed è “accanimento terapeutico”.
Lo mascheriamo di perbenismo, sostenendo che solo Dio detiene il potere sulla vita e sulla morte, ma in realtà facciamo di tutto per toglierGli queste redini dalle mani. Non si tratta di stabilire quando e se sia giusto “staccare la spina”. Il ragionamento da fare è un altro: se un uomo è colpito da malattia irreversibile per la quale non vi sia alcuna cura, incamminato verso una morte certa, come possiamo permetterci di impedirgli di morire? Come pretendiamo di ostacolare il normale ritorno a Dio nel momento in cui è stato stabilito?
Temporeggiamo giocherellando con i tormenti altrui, indossando gli abiti di Grandi Sacerdoti che ne sanno più di Dio. E come ci sentiamo potenti in queste vesti, quanto ci sentiamo elevati! Siamo quasi onnipotenti: addirittura capaci di fermare la morte!
Per quanto tempo è giusto attendere il risveglio di un uomo in coma? Dieci anni? Venti? Forse possiamo porre la domanda in termini diversi: per quanto tempo riusciremo a mantenerlo – si fa per dire – in vita? Fin dove può arrivare la nostra perizia?
Certo, è più che legittimo tentare di tutto per riportalo indietro, attendere e sperare per un tempo ragionevole. Ma quando un uomo – o meglio la sua anima - si rifiuta di tornare, e sono solo le nostre macchine a dargli un respiro mentre il corpo si degrada e si accartoccia, qual è il limite tra speranza e ostinazione?
Nei rari casi in cui dopo molti anni di coma c’è stato un risveglio, questo ha significato per il soggetto il ritrovarsi forzatamente fuori dal mondo e dalla propria mente, nell’incapacità di essere davvero ancora vivo.
Un essere umano in stato di coma può comunicare - sebbene in modi impercettibili e a livello di sensazioni - con i propri cari. La famiglia conosce la forza fisica e interiore del proprio congiunto, e sa cosa lui desideri. Perciò, indipendentemente dal tempo trascorso, interrompere le cure contrastando il volere del paziente o dei suoi familiari significherebbe commettere un omicidio. Ma prolungare le cure a oltranza infischiandosene della volontà del paziente e dei suoi cari è un atto criminale, che non può essere giustificato da alcuna dottrina medica o religiosa.
Prendiamo ad esempio la storia di Eluana Englaro. Sedici anni in stato vegetativo permanente, mentre il povero padre chiede ormai da nove anni di porre fine all’accanimento terapeutico. Il monsignore che si è tanto scandalizzato della sentenza della Corte d’Appello - che finalmente ha preso una decisione - forse non crede nell’esistenza dell’anima. I casi sono due, infatti: o Eluana non ne possiede una, ed è solo un ammasso di carne in attesa della putrefazione, oppure abbiamo condannato la sua anima all’inferno per sedici anni. Un inferno che continuerà ancora per molto tempo, se qualche buona persona riuscirà ad impugnare la sentenza.
Ma con quale diritto teniamo un’anima prigioniera nel peggiore dei luoghi? Chi ci ha nominato suoi giudici? Siamo forse suoi padroni? E Dio chi è, allora?
Dio è sparito da molte coscienze, purtroppo. Siamo noi i nuovi dèi. Noi che tuoniamo dai pulpiti delle chiese contro i padri disperati che assistono al supplizio dei figli con le mani legate; noi che parliamo di diritto alla vita a chi vede i propri cari morire ogni giorno da anni. Noi che in nome di false ideologie abbiamo dimenticato cosa sia l’essere umano. Ma con quale coraggio pronunciamo la parola “carità”? Noi amiamo lo strazio e il tormento! Quelli altrui, naturalmente.
Anche quando abbiamo a che fare con malattie incurabili, grazie alle conoscenze mediche e tecnologiche siamo capaci di far sopravvivere un cadavere per anni, tra le sofferenze più atroci. Nella nostra superba moralità non ci toccano le umiliazioni e i dolori che infliggiamo ad un essere umano che non può difendersi. Purché respiri, lo obblighiamo ad essere un corpo che va in decomposizione prima di essere seppellito. Lo mortifichiamo costringendolo a farsi accudire in tutto e per tutto, violando la sua intimità fisica e psicologica. Alimentato forzatamente con liquidi artificiali, privato di quanto Madre Natura mette a disposizione dei vivi – il pane e l’acqua -, impossibilitato a muoversi e a parlare e allo stesso tempo preda di ogni tipo di spasmi, al punto da supplicare di essere ucciso, visto che la morte naturale gli viene negata. Verme, non uomo, senza più voce né dignità. Costretto dalla nostra bontà spietata a causare pene inenarrabili a coloro che più ama.
Abbiamo mai provato a stare accanto ad un nostro familiare in queste condizioni? Quando la morte sottratta passa da un corpo all’altro, da una psiche all’altra? Che diritto ha un medico, o un magistrato, o un rappresentante religioso, di condannare non soltanto un malato (la cui unica colpa è quella di aver esaurito la propria vita), ma anche le persone a lui care, altrettanto innocenti?
Ecco, è allora che tratteniamo nelle nostre mani il potere di vita e di morte, strappandolo a Dio. Così generiamo degli zombie, e di fatto impediamo ad un’anima di compiere il suo cammino. In nome di un distorto concetto di sacralità della vita, dimentichiamo la misericordia e commettiamo i peggiori soprusi.Forse è ora che cominciamo a riflettere sulla sacralità della morte.

11.7.08

La critica sferzante di "Noi Siamo Chiesa" sulla linea della gerarchia cattolica sul caso Englaro

NOI SIAMO CHIESA



Via N. Benino 3 00122 Roma
Via Bagutta 12 20121 Milano
Tel . 333 1309765 --+39-022664753
E-mail mailto:vi.bel@iol.it






COMUNICATO STAMPA


Solo astratti principi e passione ideologica nella “campagna” delle gerarchie della Chiesa contro la pretesa eutanasia nel caso Englaro. Si estende il dissenso nel mondo cattolico.

Da tutte le informazioni che da anni tutti hanno, nei confronti di Eluana Englaro si sta attuando un accanimento terapeutico oltre ogni limite ed in presenza di una esplicita, e a suo tempo manifestata, volontà della giovane di non essere tenuta in vita artificialmente in assenza di coscienza.

Quello che scandalizza è la “campagna” delle istituzioni ufficiali della Chiesa nel sostenere, nel caso specifico, l’esistenza di un intervento di eutanasia e di un attentato alla vita, qualora si interrompa l’assistenza che viene ora praticata.

Nelle parole del Presidente della Pontificia Accademia per la vita Mons. Rino Fisichella la crudeltà prevale sulla pietà, il furore ideologico sull’analisi della situazione concreta, la fedeltà a pretesi principi universali ed astratti sulla vera passione per la vita che è propria del messaggio del Vangelo di Gesù.

Nel mondo cattolico è diffuso lo sbigottimento per la linea oltranzista ora prevalente nella gerarchia della Chiesa su questa vicenda ed è ampio il consenso per la nota posizione del cattolico senatore Ignazio Marino. “Noi Siamo Chiesa” esprime solidarietà ed amicizia alla famiglia Englaro ed auspica che il Parlamento discuta ed approvi al più presto una legge sulle direttive anticipate di fine vita.

Roma 10 luglio 2008




“NOI SIAMO CHIESA”





(Per discutere, vedi anche questo link )





25.9.06

Senza titolo 1457

 visti  i soliti  pronbelemi che  si  hanno  per chi usa   linux  con la piattaforma  splinder   riporto qui modificato il  post   del  23/09/2006 14:50  che  a differenza   di  qui ha  ottenuto  sia  su blogfriends ( qui  l'url  con i commenti )   sia  benededettaj  ha  ottenuto  molti commenti 


Dopo aver ascoltato nella trasmissione Primo piano d'ieri 22\9\2006 ore 23.15 sull'unica " comunista " della rai ovvero rai tre  la video lettera al Presidente Napolitano di Piero Welby censurata in quanto nessuna delle reti nazionali pubbliche e private ( salvo l'eccezione di rai tre poi ripresa dagli altri ttelegiornali di oggi ) ha dato notizia della conferenza stampa in cui Piero Welby, co-presidentedell’associazione Luca Coscioni, rendeva pubblica la lettera aperta al Presidente della Repubblica in cui chiedeva di poter ottenere l’eutanasia». E’ la denuncia di Marco Cappato (segretario dell’associazione), Marco Pannella (consigliere generale) e Rocco Berardo (vicesegretario), che parlano di «censura inaudita del regime di Rai e Mediaset» sulla lettera di Welby, pubblicata ieri dal Corriere della Sera.
L''unico sito ( almeno secondo le ultime news che ho trovato su gooogle news dell 14.20 che pubblica la lettera integrale è http://passineldeserto.blogosfere.it Sul sito dell'Associazione Luca Coscioni  ( trovate  sotto   nella sezione doocumenti  trovare anche alcuni approfondimenti, nonchè il video messaggio pubblicato sul sito di Repubblica.it )  e alla voce eutanasia dell'enciclopedia free wikipedia.it .  InInoltre  riporto qui   comuinque  per  chi non avesse voglia    d'andarselo a cercare  nei siti elencati  il testo integrale ( scusate  se non ho fatto  rimandio   tlemnatici ma    era  tropo commovente  e struggente  per  riuscire  a  sintetizzartlo   della lettera indirizzata al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.


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Caro Presidente,
scrivo a Lei, e attraverso Lei mi rivolgo anche a quei cittadini che avranno la possibilità di ascoltare queste mie parole, questo mio grido, che non è di disperazione, ma carico di speranza umana e civile per questo nostro Paese.Fino a due mesi e mezzo fa la mia vita era sì segnata da difficoltà non indifferenti, ma almeno per qualche ora del giorno potevo, con l'ausilio del mio computer, scrivere, leggere, fare delle ricerche, incontrare gli amici su internet. Ora sono come sprofondato in un baratro da dove non trovo uscita.
La giornata inizia con l'allarme del ventilatore polmonare mentre viene cambiato il filtro umidificatore e il catheter mounth, trascorre con il sottofondo della radio, tra frequenti aspirazioni delle secrezioni tracheali, monitoraggio dei parametri ossimetrici, pulizie personali, medicazioni, bevute di pulmocare. Una volta mi alzavo al più tardi alle dieci e mi mettevo a scrivere sul pc. Ora la mia patologia, la distrofia muscolare, si è talmente aggravata da non consentirmi di compiere movimenti, il mio equilibrio fisico è diventato molto precario. A mezzogiorno con l'aiuto di mia moglie e di un assistente mi alzo, ma sempre più spesso riesco a malapena a star seduto senza aprire il computer perchè sento una stanchezza mortale. Mi costringo sulla sedia per assumere almeno per un'ora una posizione differente di quella supina a letto. Tornato a letto, a volte, mi assopisco, ma mi risveglio spaventato, sudato e più stanco di prima. Allora faccio accendere la radio ma la ascolto distrattamente. Non riesco a concentrarmi perché penso sempre a come mettere fine a questa vita. Verso le sei faccio un altro sforzo a mettermi seduto, con l'aiuto di mia moglie Mina e mio nipote Simone. Ogni giorno vado peggio, sempre più debole e stanco. Dopo circa un'ora mi accompagnano a letto. Guardo la tv, aspettando che arrivi l'ora della compressa del Tavor per addormentarmi e non sentire più nulla e nella speranza di non svegliarmi la mattina.
Io amo la vita, Presidente. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l'amico che ti delude. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso - morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita - è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio ... è lì, squadernato davanti a medici, assistenti, parenti. Montanelli mi capirebbe. Se fossi svizzero, belga o olandese potrei sottrarmi a questo oltraggio estremo ma sono italiano e qui non c'è pietà.Starà pensando, Presidente, che sto invocando per me una "morte dignitosa". No, non si tratta di questo. E non parlo solo della mia, di morte.La morte non può essere "dignitosa"; dignitosa, ovvero decorosa, dovrebbe essere la vita, in special modo quando si va affievolendo a causa della vecchiaia o delle malattie incurabili e inguaribili. La morte è altro. Definire la morte per eutanasia "dignitosa" è un modo di negare la tragicità del morire. È un continuare a muoversi nel solco dell'occultamento o del travisamento della morte che, scacciata dalle case, nascosta da un paravento negli ospedali, negletta nella solitudine dei gerontocomi, appare essere ciò che non è. Cos'è la morte? La morte è una condizione indispensabile per la vita. Ha scritto Eschilo: "Ostico, lottare. Sfacelo m'assale, gonfia fiumana. Oceano cieco, pozzo nero di pena m'accerchia senza spiragli. Non esiste approdo". L'approdo esiste, ma l'eutanasia non è "morte dignitosa", ma morte opportuna, nelle parole dell'uomo di fede Jacques Pohier. Opportuno è ciò che "spinge verso il porto"; per Plutarco, la morte dei giovani è un naufragio, quella dei vecchi un approdare al porto e Leopardi la definisce il solo "luogo" dove è possibile un riposo, non lieto, ma sicuro.
In Italia, l'eutanasia è reato, ma ciò non vuol dire che non "esista": vi sono richieste di eutanasia che non vengono accolte per il timore dei medici di essere sottoposti a giudizio penale e viceversa, possono venir praticati atti eutanasici senza il consenso informato di pazienti coscienti. Per esaudire la richiesta di eutanasia, alcuni paesi europei, Olanda, Belgio, hanno introdotto delle procedure che consentono al paziente "terminale" che ne faccia richiesta di programmare con il medico il percorso di "approdo" alla morte opportuna.
Una legge sull'eutanasia non è più la richiesta incomprensibile di pochi eccentrici. Anche in Italia, i disegni di legge depositati nella scorsa legislatura erano già quattro o cinque. L'associazione degli anestesisti, pur con molta cautela, ha chiesto una legge più chiara; il recente pronunciamento dello scaduto (e non ancora rinnovato) Comitato Nazionale per la bioetica sulle Direttive Anticipate di Trattamento ha messo in luce l'impossibilità di escludere ogni eventualità eutanasica nel caso in cui il medico si attenga alle disposizioni anticipate redatte dai pazienti. Anche nella diga opposta dalla Chiesa si stanno aprendo alcune falle che, pur restando nell'alveo della tradizione, permettono di intervenire pesantemente con le cure palliative e di non intervenire con terapie sproporzionate che non portino benefici concreti al paziente. L'opinione pubblica è sempre più cosciente dei rischi insiti nel lasciare al medico ogni decisione sulle terapie da praticare. Molti hanno assistito un famigliare, un amico o un congiunto durante una malattia incurabile e altamente invalidante ed hanno maturato la decisione di, se fosse capitato a loro, non percorrere fino in fondo la stessa strada. Altri hanno assistito alla tragedia di una persona in stato vegetativo persistente.
Quando affrontiamo le tematiche legate al termine della vita, non ci si trova in presenza di uno scontro tra chi è a favore della vita e chi è a favore della morte: tutti i malati vogliono guarire, non morire. Chi condivide, con amore, il percorso obbligato che la malattia impone alla persona amata, desidera la sua guarigione. I medici, resi impotenti da patologie finora inguaribili, sperano nel miracolo laico della ricerca scientifica. Tra desideri e speranze, il tempo scorre inesorabile e, con il passare del tempo, le speranze si affievoliscono e il desiderio di guarigione diventa desiderio di abbreviare un percorso di disperazione, prima che arrivi a quel termine naturale che le tecniche di rianimazione e i macchinari che supportano o simulano le funzioni vitali riescono a spostare sempre più in avanti nel tempo. Per il modo in cui le nostre possibilità tecniche ci mantengono in vita, verrà un giorno che dai centri di rianimazione usciranno schiere di morti-viventi che finiranno a vegetare per anni. Noi tutti probabilmente dobbiamo continuamente imparare che morire è anche un processo di apprendimento, e non è solo il cadere in uno stato di incoscienza.Sua Santità, Benedetto XVI, ha detto che "di fronte alla pretesa, che spesso affiora, di eliminare la sofferenza, ricorrendo perfino all'eutanasia, occorre ribadire la dignità inviolabile della vita umana, dal concepimento al suo termine naturale". Ma che cosa c'è di "naturale" in una sala di rianimazione? Che cosa c'è di naturale in un buco nella pancia e in una pompa che la riempie di grassi e proteine? Che cosa c'è di naturale in uno squarcio nella trachea e in una pompa che soffia l'aria nei polmoni? Che cosa c'è di naturale in un corpo tenuto biologicamente in funzione con l'ausilio di respiratori artificiali, alimentazione artificiale, idratazione artificiale, svuotamento intestinale artificiale, morte-artificialmente-rimandata? Io credo che si possa, per ragioni di fede o di potere, giocare con le parole, ma non credo che per le stesse ragioni si possa "giocare" con la vita e il dolore altrui.
Quando un malato terminale decide di rinunciare agli affetti, ai ricordi, alle amicizie, alla vita e chiede di mettere fine ad una sopravvivenza crudelmente ‘biologica' - io credo che questa sua volontà debba essere rispettata ed accolta con quella pietas che rappresenta la forza e la coerenza del pensiero laico.Sono consapevole, Signor Presidente, di averle parlato anche, attraverso il mio corpo malato, di politica, e di obiettivi necessariamente affidati al libero dibattito parlamentare e non certo a un Suo intervento o pronunciamento nel merito. Quello che però mi permetto di raccomandarle è la difesa del diritto di ciascuno e di tutti i cittadini di conoscere le proposte, le ragioni, le storie, le volontà e le vite che, come la mia, sono investite da questo confronto.Il sogno di Luca Coscioni era quello di liberare la ricerca e dar voce, in tutti i sensi, ai malati. Il suo sogno è stato interrotto e solo dopo che è stato interrotto è stato conosciuto. Ora siamo noi a dover sognare anche per lui.Il mio sogno, anche come co-Presidente dell'Associazione che porta il nome di Luca, la mia volontà, la mia richiesta, che voglio porre in ogni sede, a partire da quelle politiche e giudiziarie è oggi nella mia mente più chiaro e preciso che mai: poter ottenere l'eutanasia. Vorrei che anche ai cittadini italiani sia data la stessa opportunità che è concessa ai cittadini svizzeri, belgi, olandesi.


Piergiorgio Welby


>>


Ora da Laico credente ( cattolico di sinistra o  catto comunista per  chi volesse  etichettarmi  e  denigrarmi   ) sono contrario al suicidio assistito e all'utranasia ( anche se capisco benissimo e comprendo la loro scelta ) preferisco un testamernto biologico. Concordo con questa intervista \ xcommento rilasciata alla nuova sardegna del 23\9\2006 di Luigi Manconi sottosegretario alla Giustizia .<<Nell’appello di Welby c’è un passaggio fondamentale che non deve essere trascurato: lui dice “morire mi fa orrore”. Si tratta di una persona lucida e consapevole che si chiede se in queste condizioni, in cui “nulla è più naturale”, la sua vita meriti di essere vissuta. Trovo che questo interrogativo abbia un alto contenuto morale». Così Luigi Manconi, da sempre impegnato contro l’accanimento terapeutico, commenta il messaggio di Welby Nell’appello si fa anche riferimento al testamento biologico. Fu lei a presentarne quel primo disegno di legge: a che punto è la discussione e che differenza c’è con l’eutanasia ? «Nel giugno 2005 la commissione Sanità del Senato ha approvato un testo e questo è un passo avanti importante. Il testamento biologico è un documento giuridico attraverso il quale una persona lascia disposizioni scritte sui trattamenti sanitari a cui non vuole essere sottoposta, quando non sarà più in grado di intendere e di volere, e indica una persona di sua fiducia che potrà dare le disposizioni che la riguardano. E’ una battaglia contro l’accanimento terapeutico, contro le cure che non garantiscono alcun miglioramento delle condizioni di salute. Ricordo che l’Italia è il penultimo Paese in Europa per consumo terapeutico di morfina. L’eutanasia invece va oltre perchè prevede un intervento attivo del medico».
Secondo lei davanti a situazioni come queste quali principi dovrebbero essere seguiti ? «In primo luogo valorizzare al massimo l’autodeterminazione del soggetto, ovvero la sovranità su di sè e sul proprio corpo, il testamento biologico può essere poi un passo avanti notevolissimo, in particolare per i pazienti non più lucidi. Infine ritengo che in alcune situazioni si possa prendere in considerazione anche l’eutanasia, ma con la massima cautela, vincoli rigorosissimi e solo in condizioni estreme» E’ il caso di Welby ? «Credo che potrebbe esserlo, perchè si tratta di una persona così consapevole, lucida, informata e motivata. Ma soprattutto perchè dice che ha orrore della morte, quindi non banalizza il ricorso ad essa, ma la considera una soluzione estrema. Credo che nel suo chiedere l’eutanasia ci sia appunto un’istanza morale».
Fu sempre lei nel 2001 a sollevare il caso di Eluana... «Eluana Englaro è in stato vegetativo permanente da 14 anni, nel testo approvato in Senato questa condizione non viene esclusa, quindi può essere contemplata nelle direttive anticipate. Questo significa che con un testamento biologico io potrei chiedere che mi venga staccata la spina se dovessi trovarmi nelle condizioni di Eluana. Ma questo sarà certamente oggetto di un conflitto molto aspro». Crede che in Italia si arriverà mai a una legislazione sull’eutanasia sul modello olandese ? «No, ma con il testamento biologico faremo un grande passo avanti». (m.v.) >>
eccovi cosa dice il sito a buondiritto : << [....] Il testamento biologico o testamento di vita, come qualcuno preferisce chiamarlo, traducendo in modo maggiormente pedissequo l’espressione anglosassone living will, è un documento, redatto con ponderazione analoga a quella che è doveroso utilizzare per i testamenti “tradizionali”, e dotato (o almeno così si spera) di altrettanto analoga certezza legale, con il quale il testatore affida al medico indicazioni anticipate di trattamento, nel caso infausto in cui in futuro possa perdere la capacità di autodeterminazione, a causa di una malattia acuta o degenerativa assolutamente invalidante, soprattutto da un punto di vista mentale, o di un incidente eccezionalmente grave. In astratto, il testamento di vita potrebbe limitarsi contenere indicazioni, perché il medico massimizzi gli sforzi di salvaguardia della vita di chi lo ha sottoscritto; ma si tratterebbe evidentemente di indicazioni che non farebbero altro che confermare il dovere deontologico e giuridico del medico di operare sempre e comunque per la salvezza del paziente. Nella realtà concreta delle cose, la redazione di un testamento biologico è auspicato da e per coloro che, prefigurandosi ipotesi tragiche come quelle descritte, ritengono che in situazione patologiche estreme sia un bene per gli uomini morire anziché continuare a vivere e preferiscono quindi essere uccisi che essere curati.[...] >> Oppure cosi rispondo alle accuse   di faziosità e  di  essere  a senso unico    riportnado alcuni estratti  da   quest'altro sito
http://snipurl.com/x5s2 ) di cattolici di destra neoconservatori   o  Teocons   ( per  usare   un a rtrmine  ormai  di moda )
(in parte lo condivido e  in parte no )    di   questo discorso  di  Giovanni Paolo II, del 25 marzo 1995, al n. 66: "Anche se non motivata dal rifiuto egoistico di farsi carico dell’esistenza di chi soffre, l’eutanasia deve dirsi una falsa pietà, anzi una preoccupante "perversione" di essa: la vera "compassione", infatti, rende solidale col dolore altrui, non sopprime colui del quale non si può sopportare la sofferenza. [...] "La scelta dell’eutanasia diventa più grave quando si configura come un omicidio che gli altri praticano su una persona che non l’ha richiesta in nessun modo e che non ha mai dato ad essa alcun consenso. Si raggiunge poi il colmo dell’arbitrio e dell’ingiustizia quando alcuni, medici o legislatori, si arrogano il potere di decidere chi debba vivere e chi debba morire. [...] "Così la vita del più debole è messa nelle mani del più forte; nella società si perde il senso della giustizia ed è minata alla radice la fiducia reciproca, fondamento di ogni autentico rapporto tra le persone". >>
Quindi  conclu do dicendo  No anche all'accanimento terapeutico a tutti i costi e ala libertà di scegliere o meno come avviene in alcuni paesi Europeri




APPROFFONDIMENTI


Documnenti sul caso


- audiovideo di Piergiorgio Welby (streaming su repubblica.it)
- audiovideo di Piergiorgio Welby (versione real)
- audiovideo di Piergiorgio Welby (versione flash)
- le foto in alta risoluzione (file .zip) 


Film sull'eutanasia



Libri






Collegamenti esterni





emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...