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2.4.21

Una vita senza Big Tech, storie di chi cerca alternative ai giganti del web: "Non barattiamo i nostri dati per i loro servizi


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Gmail? No, Protonmail o Tutanota. Whatsapp? Meglio Signal. Instagram o Twitter? Assolutamente Mastodon. E così via, per ogni singola applicazione o servizio che siamo abituati a conoscere e utilizzare, loro hanno un'alternativa. "Loro" sono quelli che, per ragioni legate principalmente alla protezione della propria privacy, ricercano opzioni differenti alle Big Tech come Google, Facebook o Apple per lavorare e rimanere connessi. Non sono migliaia ma sono molto eterogenei. Dall'ingegnere e padre di famiglia che installa un server in casa per gestire i documenti in cloud, fino ai ragazzi di Fridays For Future Italia, che hanno migrato il loro sito in un data center alimentato ad energia solare perché, in fondo, anche Internet inquina. "È come decidere di non mettere più lo zucchero nel caffè - dice l'ex parlamentare e imprenditore
informatico Stefano Quintarelli - all'inizio ti sembra amaro, poi scopri che ha un sapore diverso". Ma è
realistico vivere totalmente senza le grandi sorelle della tecnologia? "Non è semplice e per qualcuno anche impossibile ma richiede un primo passo, un po' come smettere di fumare", racconta Filippo Della Bianca, tra i fondatori di Devol, gruppo di sviluppatori che al motto di "degooglizzare l'Italia" ha messo a disposizione degli utenti una suite di servizi (dai motori di ricerca agli applicativi di file sharing) liberi e privi di traccianti. Il sito LeAlternative pubblica contenuti e approfondimenti su tutto ciò che, spiega l'ideatore, "in maniera etica si pone come opzione ai colossi di Internet". Spesso, anche se non sempre, i servizi alternativi sono gratuiti solo nelle versioni base. "Anziché pagare con i miei dati pago con i miei euro, in questo caso pure pochi", spiega ancora Quintarelli. Per molti è anche una questione di libertà di impresa e tutela della concorrenza: l'organizzazione no-profit francese eFoundation ha sviluppato uno smartphone pro-privacy alternativo ad Android e Iphone. "Il nostro è un progetto open-source ed è pensato - dice il fondatore Gaël Duval - per tutti gli utenti, anche per i non esperti". E così, a colpi di ricerche sul motore DuckDuckGo e tutorial sulla piattaforma PeerTube, abbiamo raccolto le storie di ha deciso di vivere una vita senza Big Tech. Ma Google annuncia: in arrivo nuove norme sulla privacy di Andrea Lattanzi

4.1.16

«Non sono un hacker», un anno al giovane che violò il server della Nasa



«Non sono un hacker», un anno al giovane che violò il server della Nasa

da  www.unionesarda.it  del  4\1\2016  08:46

alessio arceri il giovane di bacu abis che viol il sito della nasa
                      Alessio Arceri, il giovane di Bacu Abis che violò il sito della Nasa

Per i giudici voleva carpire i segreti della Nasa e lo hanno condannato a un anno.
Secondo lui, l'ente spaziale americano era sotto l'attacco di potenze straniere avverse agli Usa e la sua curiosità di internauta «è rimasta incastrata in un complotto internazionale molto più grande delle mie capacità: non sono un hacker».
Alessio Arceri, il 26enne di Carbonia genio dell'informatica, si confessa dopo la notorietà piovutagli suo malgrado col processo che lo ha visto pochi giorni fa condannato per l'intrusione nel server della Nasa e assolto dall'accusa di averlo danneggiato.
Una seccatura non esente da risvolti positivi: proprio questa rogna giudiziaria gli ha permesso tempo fa di trovare lavoro in un'azienda del settore, in Toscana, ai cui titolari risultava gradita la sua intraprendenza online e la capacità (vero o falsa che fosse) di “bucare” il colossale e ultraprotetto sistema informatico della nazione più potente del mondo: «Poi l'azienda è fallita - racconta Arceri, a Carbonia per le festività - e sono andato a cercare fortuna a Londra dove ho continuato a studiare programmazione, ma ricordo con affetto che quando mi assunsero sapevano del processo e non la ritennero una nota di demerito».


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