No
Di notte il
dolore è gonfio
dolore è gonfio
di Matteo Tassinari
Alle due di notte fisso ancora il soffitto e ascolto i lamenti dei malati. Il mio amico di stanza dorme di un sonno stanco e gravoso da sopportare. Sono i principi attivi (cinque) che gli circolano nel sangue attraverso diverse sacche di flebo, da mattino a sera, che non l’aiutano e giustamente, si lamenta dal dolore.
La malattia è il business più grande nella nostra economia
Ma la notte abbonda la sua consistenza desolante con le sue freddezze e scheletriche immaginazioni. Tutto quel che ci circonda si dilata proprio quando un gemito si fa spazio fra i corridoi illuminati a neon spenti, gremendo spazi vuoti dove corrono le emergenze, perché è di notte che il tormento alza il volume dell'odissea. Non so quanto tempo passa che avverto l’amicizia del water. La prostata fa il suo lavoro, mentre impiego qualche minuto per arrivare ad espellere l’ultima goccia possibile d’urina dalla vescica.
Questi sono gli orgasmi rimasti in un periodo affannoso per quanto difficoltoso. Ma la notte in ospedale non scema affatto le sue mestizie, semmai le aggrava, le allarga fino ai ponti dell'acutizzazione di ogni singola particella corporea malata. Le rafforza, le ingrossa, le addiziona, le incrementa senza alcuna spiegazione se non futile o vacua. A volte penso: chissà come moriva la gente prima dell’invenzione di tante malattie. Mi accontento del pensiero di Louis Pasteur: "Noi beviamo, mangiamo o respiriamo il 90 per cento delle nostre malattie".
Sono le tre!
quando parte imperturbabile il prurito su tutto il tessuto corporeo dovuto ad una forma di Vasculite a causa della riattivazione del sangue. Prendo la spazzola comprata in ferramenta dalle setole coriacee, per assicurarmi un deciso quarto d’ora di pace pur sapendo che un quarto d’ora dopo il prurito alienante tornerà. Il sangue, come saprete, va dovunque. Gli piace così, girare a zonzo. Solo che grattarsi al centro della schiena, bisogna essere artisti autentici e io ci riesco perché ho le braccia lunghe e la schiena pure. La stamina viaggia dappertutto alla stessa velocità di una qualsiasi connessione Internet senza intoppi. È la vita. A volte credi che due occhi ti guardino e invece non ti vedono neanche. A volte credi d'aver trovato qualcuno che cercavi e invece non hai trovato nessuno. Succede. E se non succede, è un miracolo. Ma i miracoli non durano. L’uomo può essere il capitano del suo destino, ma anche vittima della sua glicemia.
Crema Nivea a volontà
Gratto. Gratto. Gratto, mi accorgo però che quel che gratto non è più prurito, ma è diventato bruciore. Basta. Appoggio la spazzola sul comodino, altrimenti va a finire che vedo il sangue. Con una spugna passo sul corpo acqua fisiologica cercando di lenire le parti più lese per poi darmi un poco di Nivea. Del resto, il rapporto che ho con le creme, da il senso di accedere alla solitudine mentre una malattia immaginaria trovo che sia peggiore di una vera malattia. Continuando nei meandri della mia mente arrivo a pensare che ci sia tanta salute nella malattia. Si, proprio così, com'è vero che non il medico, ma un altro malato capisce la sofferenza di un malato.
Gli antistaminici sono acqua
fresca. Solo il Cortisone metterebbe a tacer tutto, ma a causa di effetti collaterali talmente insopportabili che preferisco tenermi il prurito rinunciando al Cortisone e i suoi fuochi d’artificio. Passa il tempo. Non so quanto, intanto la scienza si consulta mentre il paziente può solo sopportare. Fu per questo che Sigmund Freud una volta disse: "Non si muore perché ci si ammala, ma ci si ammala perché fondamentalmente bisogna morire"? Nulla di originale...
Un po’ dormo, un po’ no,
nel mezzo mangio un’arancia. Sono le quattro di notte e penso a Bowie e capisco ancora più profondamente che una generazione, con lui, se n’è andata davvero. Penso a Gesù, l’unica risposta a tanta tribolazione. Pensieri anarchici, forse bakuniani, contestatori, ribelli e sovversivi, che sfiorano le meningi a 38 di febbre. Dormo un’oretta forse più.
La sapienza
dei malati
Sono le cinque e mi aspetto da un momento all’altro le luci del mattino e penso che tra un’ora, decisa, entrerà un’infermiera a prelevare un po’ di sangue da me e dal mio amico, per vedere a che punto stanno i cd4 e la Viremia, e penso che gran parte di quello che i medici sanno è insegnato loro dai malati, consapevole del fatto che il miglior medico è colui che con più abilità sa infondere la speranza. Diceva Jannacci, medico pure lui: "da medico ragiono esattamente così, la vita è sempre importante, non soltanto quando è attraente ed emozionante, ma anche se si presenta inerme e indifesa". Come ho sempre pensato che ogni medico dovrebbe essere ricco di conoscenze e non soltanto di quelle che sono contenute nei libri, ma i suoi pazienti dovrebbero essere i suoi libri. In buona sostanza, la malattia è un conflitto tra la personalità di entrambi e l’anima.
Mi metterà
la “Farfalla”
Mi metterà la “Farfalla” (un ago che s’infila nel braccio) per non forare troppe volte la pelle e avere una via d’accesso costantemente pronta per gli aghi da dove passa tutta la chimica. E’ un condotto che mi porto attaccato alla perfezione al braccio per quattro o cinque giorni, per poi cambiarlo affinché non infetti la vena in questione. Che invenzione fantastica la “Farfalla”. Se non ci fosse saremmo pieni di flebiti, noi uomini spaventati. E quasi l’alba e l’infermiera di turno sta per iniziare il suo pellegrinaggio lungo la corsia. Eccola. Prima di vederla, vedo la luce al neon dell’anticamera, affinché troppa illuminazione non ci crei fastidio per noi esseri dormienti e stanchi di mille tempeste dove si sono persi senza domande.
Buona notte a tutti
BUONGIORNO! E’ il caloroso saluto della nostra amica infermiera, la risposta è un po’ più sonnolenta. Si sente appena ed è assai impasticciata quanto mescolata a chissà quali sogni. E’ partita la giornata di un reparto per persone con malattie infettive e anche di più. La giornata passa, ritorna la notte, la storia e circa simile a quella precedente. Buona notte, ricomincia il calvario.