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"Sembri un maschio": la squalifica di Mili, piccolo talento del calcio
In Nebraska, un taglio troppo corto e un piccolo errore di battitura sono costati l'espulsione dal torneo dell'intera squadra di calcio femminile in cui gioca la bambina di 8 anni. Negli Usa, l'episodio ha suscitato ondate di indignazione e la solidarietà di alcune stelle dello sport
di VALENTINA BARRESI
Uno sguardo vivace condito da un taglio un po’ troppo sbarazzino: tanto basta a mettere alla porta una giovane calciatrice, squalificata da un torneo calcistico in Nebraska. Otto anni appena, Mili Hernandez, sognava invece di centrare quella porta avversaria, nel torneo dello Springfield Soccer Club, cui doveva prendere parte domenica scorsa. Ma le sue sembianze “troppo da maschio” e un errore di battitura nell’elenco delle partecipanti non le hanno consentito di essere protagonista di quell’appuntamento tanto importante, insieme alle compagne di squadra dell’Omaha Azzurri Chachorros.
A nulla sono valse le proteste dei genitori, che di fronte alla decisione degli organizzatori del torneo, hanno presentato i documenti che provavano il sesso di Mili. A fianco al nome, nella lista incriminata compariva una ‘M’, anziché una ‘F’: il risultato è stato l’eliminazione dalla gara dell’intero team.
I capelli corti di Milli? La normalità per lei, assicura il padre Gerardo, che fece la scelta per questioni di praticità quando la bambina era piccola. Un taglio che lei stessa ha voluto mantenere anche quando è cresciuta. "Solo perché sembro un maschio, non significa che lo sia. Non hanno motivo di squalificare l’intera squadra”, è stato il commento della piccola giocatrice.
Accade così che nell’America del politically correct il caso susciti un’ondata di indignazione sui social, catturando anche l’attenzione di due stelle del calcio statunitense. Abby Wambach, due volte medaglia d’oro olimpica, detentrice del record di gol a partita con la maglia della nazionale, ha affidato a Instagram un video-messaggio rivolto alla giovane calciatrice: “Mili, non lasciare mai che nessuno ti dica che non sei perfetta così come sei. Con i miei capelli corti ho vinto dei campionati”. Da Mia Hamm, invece, due volte vincitrice del FIFA World Player of the Year e una delle sole due donne incluse nella FIFA 100, la lista dei migliori calciatori di tutti i tempi, è arrivata un’offerta per la piccola Mili: quella di giocare nella Team First Soccer Academy da lei fondata.
I Cachorros, intanto, hanno presentato una denuncia alla Nebraska State Soccer Association, sostenenendo che la squalifica sia da ricondurre a una discriminazione di genere. Il mondo dello sport, anche tra gli adulti del resto, non è nuovo a episodi che hanno messo in ombra o compromesso il percorso di diversi campioni, ma che nulla hanno a che vedere con la loro professionalità o con le loro gesta in campo. Celebre il caso dell’atleta sudafricana Caster Semenya, la cui carriera subì un’importante battuta d’arresto a causa dei dubbi sul suo genere e sulle sue prestazioni "abnormi": nel 2009, mentre vinceva il suo primo oro ai Mondiali di atletica leggera di Berlino, venne sottoposta a una serie di test di verifica. All’epoca diciottenne, fu costretta a ritirarsi per un anno: i suoi tratti mascolini, venne poi provato, erano da “imputare” alla sua natura di ermafrodita, che però non è incompatibile con la sua eleggibilità come atleta nella categoria femminile. Più recente, invece, il caso riguardante la pallavolista Tifanny Pereira de Abreu, che lo scorso febbraio ha esordito nel campionato femminile italiano di serie A2 con il Golem Palmi, in un polverone di polemiche legato alla sua identità precedente: fino al 2016, infatti, era
Rodrigo, giocatore di una squadra maschile in Belgio. La 32enne, però, non ci sta a essere etichettata per un passato con il quale non vuole più essere identificata. Storie diverse, accomunate da pregiudizi legati a tratti distintivi che non dovrebbero fare la differenza.