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12.10.23

come è bello naufragar liberi le storie di Alexander Selkirk, il naufrago che ha ispirato il personaggio di Robinson Crusoe e Catherine King, canadese, Vive da 30 anni su un'isola galleggiante costruita col marito: «Lui è morto, ma non ho intenzione di andarmene»

 https://www.geopop.it/ (  se  le  foto  dovessero  scomparire   come  spesso  mi siuccede       quado  le  copio   dalla   retre   le  trovate   qui  su: https://www.geopop.it/la-storia-di-alexander-selkirk-il-naufrago-che-ha-ispirato-il-personaggio-di-robinson-crusoe/   ) 21 Luglio 2023 15:30  da 

La storia di Alexander Selkirk, il naufrago che ha ispirato il personaggio di Robinson CrusoeTutti conosciamo Robinson Crusoe, il naufrago inglese creato dalla fantasia di Daniel Defoe. La sua storia è ispirata, almeno in parte, alla vicenda di un marinaio scozzese che visse per più di quattro anni su un’isola deserta: Alexander Selkirk.


                            A cura di Erminio Fonzo

Sopravvivere su un’isola deserta è un compito complicatissimo, ma nella storia non sono mancati uomini capaci di farlo. Uno di questi è Alexander Selkirk, che nel 1704 fu abbandonato in un’isoletta del Pacifico, all’epoca chiamata Más a Tierra e facente parte dell'arcipelago di Juan Fernández. Selkirk vi restò in completa solitudine per quattro anni e quattro mesi, dall'ottobre del 1704 al 2 febbraio 1709, nei quali riuscì a sopravvivere nutrendosi di verdure e capre selvatiche. Fu tratto in salvo nel 1709 da una nave inglese e, dopo un breve soggiorno nel Regno Unito, riprese il mare, trovando la morte nel 1723. La storia di Selkirk fu una delle fonti di ispirazione di Daniel Defoe per la creazione del personaggio di Robinson Crusoe. La notorietà di Selkirk, inoltre, non è mai venuta meno e negli anni ’60 il governo del Cile ha voluto persino dare il suo nome a un’isola.
Alexander Selkirk nacque in Scozia, nella località di Lower Largo, nel 1676 e sin da giovane mostrò un carattere ribelle e attaccabrighe. Nel 1703 iniziò la carriera di marinaio, imbarcandosi sulle navi corsare, cioè autorizzate dal governo a compiere atti di pirateria contro le imbarcazioni appartenenti a Paesi nemici (il corsaro più famoso fu Francis Drake). Più precisamente, Selkirk si unì alla spedizione comandata da William Dampier, un celebre esploratore, che guidava una flotta composta da due navi, la St George e la Cinque Ports. La spedizione salpò l’11 settembre 1703 dall’Irlanda e si diresse verso la costa americana del Pacifico, ma si rivelò poco fortunata e fu più volte respinta dalle navi nemiche che aveva attaccato.
L’abbandono sull’isola deserta
Le due navi si separarono e nell’ottobre del 1704 il Cinque Ports, sul quale era imbarcato Selkirk, fece una sosta a Más a Tierra, un’isola disabitata di circa 50 chilometri quadrati, facente parte dell’arcipelago di Juan Fernández, a 670 km dalle coste del Cile.

La nave era in pessime condizioni e Selkirk litigò con il comandante, Thomas Strading, perché pretendeva che prima di ripartire fossero effettuate delle riparazioni. Strading non volle saperne e Selkirk si lasciò scappare una frase che gli sarebbe risultata fatale: dichiarò che avrebbe preferito essere abbandonato sull’isola invece di reimbarcarsi su una nave in quelle condizioni. Il comandante, ben lieto di liberarsi di un attaccabrighe, lo prese in parola. L’abbandono in luoghi deserti, del resto, era una punizione frequente per chi si ammutinava sulle navi corsare e in genere equivaleva a una condanna a morte.
Prima di ripartire, Strading lasciò a Selkirk un fucile, alcuni utensili, dei vestiti e una Bibbia. Lo scozzese aveva calcolato bene il rischio che correva il Cinque Ports, che effettivamente affondò poco tempo dopo. Tuttavia, le possibilità di sopravvivere sull’isola erano molto scarse.
Selkirk nell’isola di Más a Tierra
Nei primi tempi Selkirk rimase sulla costa. Era in preda alla disperazione e guardava sempre il mare,
nella speranza di avvistare una nave che potesse trarlo in salvo. Sopravvisse cibandosi di crostacei e molluschi.
Quando una colonia di leoni marini si arenò sulla spiaggia per la stagione dell’accoppiamento, lo scozzese si spostò nell’interno. Fu una mossa fortunata: Selkirk trovò una grande quantità di capre selvatiche, dalle quali poteva ricavare carne e latte, insieme a rape, cavoli e altri vegetali. Si rivelò molto abile, inoltre, nell’usare gli utensili di cui disponeva e gli oggetti che trovava sull’isola. Costruì due piccole capanne, una per dormire e una per cucinare, e trascorreva il tempo leggendo la Bibbia ad alta voce, unico modo per non impazzire.
Selkirk non aveva alcun contatto umano, nonostante in due occasioni delle navi spagnole si fossero fermate sull’isola e i loro marinai fossero scesi a terra. Lo scozzese, essendo un corsaro nemico, sarebbe stato torturato e probabilmente messo a morte se fosse stato catturato e perciò dovette nascondersi.
Il salvataggio
La salvezza giunse il 2 febbraio 1709, quando a Más a Tierra arrivarono le navi britanniche Duke e Duchess, impegnate in azioni di pirateria contro gli spagnoli. Dal giorno in cui Selkirk era stato abbandonato sull’isola erano passati quattro anni e quattro mesi. Il marinaio manifestò una gioia immensa nel vedere i suoi compatrioti, tra i quali c’era il suo vecchio comandante William Dampier.
Quando le navi ripresero il largo, il comandante della spedizione, Woodes Rogers, lo nominò secondo ufficiale del Duke. Il marinaio partecipò così con un ruolo da protagonista alla “guerra di corsa” (cioè la pirateria autorizzata) della nave lungo la costa americana del Pacifico. Nel 1711 il Duke completò la circumnavigazione del globo e, passando a sud dell’Africa, fece ritorno in Gran Bretagna.


Il ritorno in Gran Bretagna e la morte
Selkirk rivide il suo Paese dopo otto anni dalla partenza. La sua storia divenne presto famosa, perché fu narrata in un resoconto di viaggio da un ufficiale della Duchess, Edward Cook, e dal più noto A Cruising Voyage Round the World, scritto da Woodes Rogers nel 1712. Selkirk restò alcuni anni sulla terraferma e in seguito si imbarcò come marinaio sulle navi militari che prestavano servizio presso la costa atlantica dell’Africa. Nel 1723, mentre era in navigazione, morì di febbre gialla.Selkirk e l'ispirazione per Robinson Crusoe
La storia di Selkirk è spesso associata a quella di Robinson Crusoe, il protagonista del celebre romanzo di Daniel Defoe pubblicato per la prima volta nel 1719. Molto probabilmente, la vicenda di Selkirk era
stata una, ma non l’unica, delle fonti di ispirazione di Defoe. Infatti, insieme con alcuni punti in comune, tra i due personaggi vi sono differenze significative: per esempio, l’isola sulla quale visse Selkirk era disabitata, mentre su quella di Robinson viveva una tribù indigena; Selkirk era completamente solo e Robinson trovò la compagnia dell’indigeno chiamato Venerdì. Gli studiosi dell’opera di Defoe sono concordi nel sostenere che lo scrittore aveva tratto ispirazione anche da altre storie di naufraghi, come quella di Robert Knox, che aveva vissuto per venti anni tra gli indigeni dello Sri Lanka. Tuttavia, in genere l’opinione pubblica considera Selkirk il vero Robinson Crusoe.
La fama di Selkirk
La vicenda di Selkirk non ha mai smesso di suscitare interesse. Nell’Ottocento a Lower Largo gli furono dedicate una targa commemorativa e una statua. Inoltre, nel 1966 il governo del Cile decise che una due isole maggiori dell’arcipelago Juan Fernandez avrebbe assunto il nome di Isola Alejandro Selkirk. Curiosamente, il nome fu dato all’isola Más Afuera e non a Más a Tierra, che invece fu ribattezzata Isola Robinson Crusoe.
Selkirk è menzionato anche in varie opere letterarie e nel 2012 gli è stato dedicato un film di animazione, Selkirk, el verdadero Robinson Crusoe, coproduzione cilena, argentina e uruguayana (in inglese distribuito con il titolo Seven Seas Pirates). Insomma, uno che è vissuto quattro anni su un’isola deserta non può non destare curiosità.


 da   https://www.msn.com/it-it/  fonte  ilmattino  del  11\10\2023 

Una donna vive da 30 anni su un'isola galleggiante costruita con il marito: «Lui è morto ma non ho intenzione di andarmene»
© Internet 
Non si può dire che la vita di Catherine King, canadese, sia stata un'esistenza comune, così come non lo è la sua casa, stanziata su un'isola galleggiante costruita insieme al marito Wayne Adams ormai 31 anni fa. Adams è morto l'anno scorso, ma Catherine non ha voluto abbandonare la vita immaginata e tirata su insieme, solo con le loro mani.Il sogno di vivere nella natura
Parlando con Insider, la donna ha raccontato del suo primo incontro con il marito e dell'idea dell'isola, maturata a poco a poco: «All'epoca, King - guaritore, artista e ballerino -, lavorava come massaggiatore a Toronto», dove Catherine è cresciuta. «In quelle prime conversazioni - ricorda - abbiamo parlato del sogno comune di vivere nella natura», ha detto King, 64 anni, aggiungendo che il desiderio derivava dalla loro infanzia».«Eravamo bambini unici - ha raccontato - eravamo entrambi piccoli. Ci prendevamo in giro molto e eravamo molto vittime di bullismo. Così abbiamo scoperto che la natura poteva curare. Avevamo questo in comune».Dopo il loro primo incontro, che Catherine descrive come «cosmico», la coppia andò rapidamente a vivere insieme e iniziò a cercare un posto dove costruire una vita insieme. Il posto giusto fu trovato in una piccola insenatura al largo della costa di Tofino, nella Colombia britannica, conosciuta come "Freedom Cove", la baia della libertà . Essere stata attratta dalla baia non solo perché era isolata e accessibile solo tramite un giro in barca di 10 miglia, ma perché c'era una sorta di "magia" in essa. «Non puoi nasconderti da te stesso qui. Devi essere sincero con te stesso», ha detto.
L'isola galleggiante è stata così costruita da lei e Adams vicino alla riva, in modo da poter far parte della natura «senza interferire con essa». Proprio la stessa estate in cui trovarono Freedom Cove, racconta Catherine, una tempesta soffiò sulla costa, lasciando sulla riva assi di legno. «Abbiamo pensato che fosse un buon segno, che l'universo fosse favorevole a ciò che avremmo fatto».
Come galleggia
I lavori della casa galleggiante furono ultimati nel febbraio del 1992, ma da allora la struttura è cambiata molto. Per far galleggiare la struttura la coppia utilizzò il polistirolo, legando insieme le assi usando una corda a formare una ragnatela. I due, però, ampliarono rapidamente la casa con nuovi edifici per soddisfare i loro hobby e bisogni.

Un esempio? Diverse serre, un pollaio e una grande cucina, oltre a un sistema di purificazione dell'acqua, ma anche una pista da ballo, fino a dar vista a una struttura ampia e diversificata, come si vede nel video girato e diffuso da "Great Big Story".Le sfide di vivere sull'isola «Ogni anno ci sono tempeste invernali che rischiano di distruggere tutto» ha detto Catherine. Puntualmente, le tempeste portavano via intere parti della loro casa e dovevano ricostruirle.
Un’altra sfida che hanno dovuto affrontare è stata il problema del mondo moderno di guadagnare abbastanza soldi per permettersi la manutenzione della propria casa. Sette anni dopo aver costruito l'isola, furono scoperti anche dal governo municipale e dovettero iniziare a pagare le tasse annuali. Nel 2013, hanno deciso di unirsi al resto del mondo online installando Internet sull'isola, che secondo King costa di più sull'isola che in città.
Catherine ha spiegato che, come artisti, si sono uniti per lavorare con un budget «ridotto», aggiungendi che «hanno lavorato per molti anni in cui tutto ciò che guadagnavamo era di $ 6.000 all'anno».
La morte del marito
Adams è morto lo scorso marzo otto anni la diagnosi di cancro al retto, ma da allora Catherine non ha voluto abbandonare l'isola. «È rimasto il più vitale possibile - ha detto parlando del marito - il più attivo possibile. Anche fino alle ultime due settimane, stava ancora lavorando su un'importante scultura, che finirò per lui».
Diventare l'unica proprietaria e la sola abitante dell'isola non è stato facile: ha dovuto farsi carico di tutti quei "lavoretti" che una volta spettavano ad Adams, come far funzionare i generatori, fare rifornimento e gestire le continue riparazioni domestiche.
«È stata una ripida curva di apprendimento» ha detto Catherine, che, però, non ha intenzione di abbandonare la loro casa. «Per fortuna - ha detto - ho ricevuto l'aiuto di amici e familiari, che si sono alternati per stare con me, quindi non sono mai sola».

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