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22.12.13

Cancro come Hiroshima . da http://mattax-mattax.blogspot.it/


Pensare ilcancro

di Matteo Tassinari

Pensare il cancroCome ogni grande e mortale malattia della terra e dell'uomo, il cancro è prima di tutto un "oggetto" da pensare per volgere ad un possibile miglioramento. Un corpo estraneo, vivace, sconosciuto prima, neoplasia (néos “nuovo”, plásis, “formazione”) o tumore (dal latino tumor, “rigonfiamento”), indica una massa anormale di tessuti che crescono in eccesso ed in modo scoordinato rispetto ai tessuti normali e che persiste in questo stato quando va bene, quando va male degenera fino all’approdo di buona speranza, all’epilogo della partita si spera giocata bene, come le poesie Marco di Van Basten o Michel Platinì nel rettangolo verde dove il vento scombina i capelli, mai le idee.
L'uomo nel sacco

 Ripensando alle bufere





L'argomentare dell'oncologo e della letteratura medica, non è sufficiente, come non fornisce neppure un modo di pensarlo, un modo non dico di discuterci, ma di viverlo come parte di me, non chiamandolo più "corpo estraneo" come spesso i dottori dicono. Mi rimane indigesto, mi fa paura,  percepire il tumore come evento generico, incorporeo, elusivoimprecisato, astrattofumosoapprossimativosommario. Come le collezioni di dati, bioritmi, scopie, tomografie assiale computerizzate, geometria proiettiva, rotazione del tubo radiogeno, liquidi di contrasto e su quei dati un nugolo di mosche che discutono, confronti, idee terapeutiche, ricerche, novità, speranze, sudore, pianto. Tutto questo non arriva a formare un pensiero. La religione ripete macchinalmente le sue formule, perché è necessaria una lunga vita di tormento morale per sentire la volontà di Dio come qualcosa di reale e di presente provvidenza e misericordia che non corrispondono a quanto umanamente s'intende con queste parole. La filosofia scantona, non ce la fa nonostante le sue spalle grosse. Dai guadagni stratosferici di Big Pharma International sul cancro non si direbbe l'indotto economico che arreca il tumore come fonte a cui attingere. Il pensiero ha indugiato l’affronto di più sulle grandi pandemie. La peste nera e quella bubbonica, il vaiolo, il colera, la sifilide, oggetto di storici, filosofi, pensatori, romanzieri, cronisti dei tempi in cerca di esplicazioni razionali per cercare di non abbandonarsi troppo all’insondabile mistero della vita. La forza del male obbliga tutti alla sottomissione per quanto energica la nostra risposta di fronte a ciò che fugge per vite intere. Tocca a chi tocca.














Dai al cancro la giustizia che invoca

Si entra in una killing zone, battuta, illimitata, dall'artiglieria atomica e antica, senza la minima speranza. Un chemioterapico sa bene che la cura spesso è peggio del male, nell’atroce prolungamento del dolore con l’aggiunta di altro vomito e tempo da vivere con pruriti insopportabili o escoriazioni nate dal nulla sulle gambe  e ventre. Voler pensare, il cancro, per cercare di spiegarlo. Ma spiegare cosa? Che i linfonodi hanno bisogno di una piallata a base di sedute di radioscopiche? Ripensare il cancro è anche ricordare gli amici colpiti, senza illusioni per me stesso, imbarcato da più di 30anni su questa comune barca da naufragio sicuro, morti di aids o tumori causati dalle difese immunitarie basse o cd4 vicino allo zero quando dovrebbero essere 1200 copie. Pensarlo, sbagliando, sia pure. Se si rifiuta il rischio di errore si è già rinunciato a qualsiasi pensiero sul cancro e la bestia ha già vinto. Questo mai! Quel che conta è uscire dalla nefanda e sinistra passività del silenzio metafisico, dare al tumore la giustizia che invoca, famelico, la giustizia della definizione astratta, il diritto di cittadinanza in un perimetro sacro, in cui l'odore d'ospedale non sia accolto insieme all'eterna verità. Trattarlo con riguardo perché è un enigma che la sfinge cosmica propone ai crocicchi, quando meni una vita non normale (secondo gli altri) perché farselo nemico è la fine prematurata. Non è servilismo, ma chi conosce personalmente Hiv e Cancro sono aspetti importanti, se non altro per il tempo che dedicano a te. Non ti lasciano mai solo, aspettano il momento migliore, per loro, per te il peggiore.
Cellule in stato iniziale di decomposizione tumorale ai polmoni
















“La diffusione 

mondiale del cancro”

La terra contiene la vita, può contenerla e generarla senza essere vivente, perché separiamo natura organica da natura inorganica? L’inorganico io lo penso come qualcosa di puramente immateriale. Sento la musica rock come una proiezione dell'inorganico, come leggo un romanzo di Baricco per saggiarne l’inconsistenza assoluta. Anche le città invase dalle macchine subiscono un'invasione dell'inorganico. Dal mondo non vivente a quello pulsante, sono fatte di metalli e di plastica e hanno bisogno di energia inorganica. La terra è tutta organica, tutta vivente, interamente pulsante. Anche nel pavimento che costò il rogo a Michel Serve (teologo, umanista e medico spagnolo, oltre che dedito allo studio della Bibbia) si interessò a scienze astronomiche, meteorologia, giurisprudenza, anatomia e matematica. Fu rogato nell’ottobre del 1953 dai calvinisti. Tutta vivente, la terra, come la vide Bruno, non come lo vedono i tecnocrati dello sfruttamento e della distruzione. E come essere vivente parlo di vita come cicli, assoggettamento alla morte, morte periodica e morte definitiva. La terra è un essere mortale, è la scoperta che ci spetterà a seguire questo on the road.


Tomografia compiuterizzata assiale
Linfoma biosfera

Il sole agonizza
e agonizzerà ancora per molti decenni. I raggi cosmici, sfilacciandosi, i gas di schermo della biosfera bombardano cancro sui tessuti viventi, sui deserti, gli oceani, i ghiacciai silenziosi come i veri predatori della natura, quando sferrano l’attacco è il caos, il nulla, perché ormai è già tardi. Solo chi è stato azzannato alla gamba da un coccodrillo guatemalteco può capire, gli altri stiano zitti. Spesso ho pensato alla morte per cancro della terra, anche se non l'abitassero che i bei sauri di cui ammiriamo i meravigliosi scheletri, appare sempre meno contestabile che il suo cancro primario abbia nome uomo. La terra è piena di metastasi, molte sono già esplose come Hiroshima.













Non esiste
cancro soggettivo

Ora, penso che sarebbe stato più semplice per me e per voi che leggete questo trattato di medicina empirica, mi era più semplice romanzare le ore vissute con Valerio colpito da aids e tumore, chi si piace si prende e ancora per molti mesi agli infettivi. Ma deprecavo l’idea di fare retorica, o quasi, su un argomento così serio da farti piangere alle 4 di notte in bagno, perché intuisci dove ti sei cacciato, o meglio, dove la vita t’ha cacciato. Non mi pareva il caso a giocare al Balzac su questo argomento e allora ho scelto più un taglio metafisico, alla Ceronetti, dove capisci solo dietro ad una vasta concentrazione sul testo, ma è un capire profondo, non un comprendere teorico, serve sensorialità, tanta. Tutte le epidemie si presentano velate. Chi riesce a strappare il velo e dice, senza inorridire, la faccia che ha visto, non è creduto. La prima volta che mi arrivò una voce sul cancro come evento epidemico mondiale fu negli anni ‘70, leggendo qualcosa. Si trattava dell'opinione di un cancerologo francese che commentava l’atomica di Hiroshima più o meno cosi: “E’ cominciata la diffusione mondiale del cancro”. Ce l'ho dentro ancora quella voce, quelle parole, quella infallibile profezia. Ed ero bambino. Ma è già, subito, un difficile lavoro per il pensiero operare l’allacciamento, in termini speculativi, tra lo bomba di Hiroshima e il cancro mondiale.
Era il 4 dicembre 1993, venti anni fa. Frank Zappa morì a Los Angeles per un cancro alla prostata. Negli ultimi tempi della sua vita, non rinunciò alla sua vena polemica annunciando di volersi candidare alla presidenza degli Stati Uniti in totale dissenso con la politica dell’ex presidente Reagan e con quella di George Bush. Il suo biglietto da visita o slogan era: "Potrei mai far peggio di Ronald Reagan?". Geniaccio!

Il cancro in guerra

Siamo ad un caso si direbbe di pestilenza che segue il carro della guerra, ma con due differenze importanti: nell'area atomizzata siamo già fuori della guerra, siamo nella passività assoluta. e già nel cuore di tenebra della peste e nell'epidemia di cancro abbiamo ormai oltrepassato ogni limite storico di tempo. Dunque, se il cancro epidemico è figlio di Hiroshima, non lo è per cause materiali. Può esserlo per cause metafisiche e se oggi dicessi che lo è lo direi da filosofo quale non sono, non da medico certo. Cinquant'anni dopo, il velo non si è ancora alzato sull'enigmatica faccia, nessuno parla ragionevolmente, di epidemia mondiale di cancro, ma soltanto, eufemisticamente, di pericolo di una diffusione sempre maggiore del carcinoma. Sarebbe troppo rischioso dire che il tumore e pandemico. Alzando senza paura il velo, la faccia, è là. Siamo noi, viviamo, ci muoviamo, parliamo, leggiamo, scriviamo, cerchiamo di superarci senza riuscirvi, con mille possibilità di morire in altro modo perché la Moira permane come realtà generatrice d'infinite cose, in un universo battuto da un’epidemia di tumori maligni. Un vaso di Pandora ancora da scoperchiare, chi lo alzerà quel coperchio? L'uomo cancerifica la terra con la sua presenza in eccesso e la sua attività di delirio consumistico, coi suoi pensieri criminali e con la sua impossibilità di amare al di là di quel che più strettamente gli somiglia. Solo tre o quattro poeti fra tutti hanno sperimentato l'amore infinito, gli altri hanno amato donne, uomini, vino, oppio, qualche gatto e la terra gli salda il conto, d'accordo col cielo e il sole, inondando di cancro l'uomo. “La misura della vita è dunque la differenza che esiste tra lo sforzo delle potenze esterne e quello della resistenza interna. L'eccesso di quelle annuncia la sua debolezza; il predominare di questa è l'indice della sua forza
L'angelo sterminatore
Il deserto si allarga

Mentre l'angelo sterminatore tende a far morire tutto quel che è vivente, gas, petrolio, inquinamenti titanici, elefantiasi della globalizzazione, minacciosi quanto spaventosi inquina le falde terrene per entrare per nostra volontà nel corpo delle generazioni future. Il vile atto di chi ha il senso innato del diabolico. Guardate il lavoro dell'intelligenza, il travaglio della ragione: salvo qualche apparenza e poche eccezioni, è ormai rotto lavoro e travaglio per far crescere e accelerare la morte. Il deserto si allarga e l'allargarsi del deserto è uno stretto luogo dove l'uomo sempre più incapace di pensare la vita, si nasconde per darsi la morte. Guardate le stesse ricerche sul cancro. Non sono anticancro che per chi non vuole pensare, e per chi accetta la spennellata di morte che insita nei luoghi comuni dei “come stai”? Quando sai che hai un cancro e altro di debolezze? Non c’è nulla in quegli immensi apparati tecnologici ed elettronici, in quelle colossali statistiche, in quelle schedature frenetiche, in quelle sperimentazioni su sventurati animali, nulla dico che abbia la faccia della vita. Sono sforzi di beccamorti che s'ignorano. C'è una predestinazione quando si prendono vie errate e qualcosa impedisce che s’imbocchi la giusta, una predestinazione alla bancarotta del vivente. Questa bancarotta non è muta, anzi assume in tutto la forma di un grido, di un'immagine Geschrei dell'onda sonora ben più vasta e prolungata di quella sonnambulicamente trascritto da Edvard  Munch, che se fosse percepito ci sarebbe insopportabile e ci costringerebbe a"fare qualcosa" per placarlo.












Le stelle inacessibili
Senza percepirlo arrivo a conoscerlo, come gli astrofisici arrivano alla conoscenza esatta di presenze stellari inaccessibili per mezzo del calcolo e posso assicurare che non ci sono limiti al suo strazio, più forte di un milione di Ecube e di Racheli, ma mi è impossibile rendermi credibile dal momento che parlo dalla riva di un sistema di pensiero assassinato. Credo di poter dire che lo stato della terra sia attualmente molto peggiore di quello che viene descritto dalla scienza dominante più pessimistica, perché il grido, l'incessante lamento di Munch che non può essere percepito delle forme viventi visibili e non visibili, non è oggetto misurabile, perché interiore e senza canali di comunicazione nervosa esterna, come succede che di certi esseri che ci passano accanto non udiamo nulla, neppure un sospiro, eppure gridano a volte con la forza di mille agonie. 













Enigma cancro

È un sos come il mondo dei segnali a distanza, non ne ha mai conosciuti. Se un Dio all'improvviso ci bucasse gli orecchi, cesseremmo di occuparci d'altro, di nazionalismi o di Etruschi, di carriere dei figli o di mafia, di scacchi e Carmelo Bene e anche di cancro. Solo allora avremmo la percezione di realtà e di forze, di sofferenze e di sciagure, di rimedi dell'irrimediabile e di dicibilità dell'indicibile in cui ci sarebbe una nicchia illuminata, e in questa nicchia, in una luce pallida, lo spirito del cancro riscatterebbe, con qualche parola sommessa ma udibile, tanta cieca solitudine, tanta disperazione davanti agli enigmi da lui piantati all'interno dei corpi, in figura di cellule irriducibili e di degenerazioni organiche interne la cui origine vera è altrove, neppure spazialmente altrove, ma nell'esterno dell'interno là dove i limiti fisici del corpo si perdono nell'illimitatezza cosmica della mente. Alla malattia infettiva e contagiosa per impiantarsi è sufficiente la debolezza fisica a causa di una fragilità immunodepressa, il cancro invece è attratto soprattutto dal sovraccarico di attività psichica, dal dinamismo mentale dissennato, dagli sconvolgimenti dell'anima all'esasperazione mentale.
















Ldolce agonia

E’ questa la cifra totale della sofferenza che ognuno di noi porta in grembo, alcuni riescono a gestirla, altri no. Qui entrano in azione le cliniche della "dolce morte" (mai come in questo caso la parola dolce è stata usata a sproposito) pronte a venirti in aiuto ammazzandoti. Infilare una flebo con cobalto 12 e plutonio concentrato nelle vene di una persona disperata non ci vuole molto, sai quanta gente trovi che lo farebbe, perché è questo il terribile fatto, quanta gente farebbe il serial killer dal camice bianco. Ormai alle follie dell'uomo e della donna sono abituato, c'ho fatto quasi il callo, meno alle sue consistenze. Voglio dire che l'inquietudine sta più nella quantità di persone dedite a devianze mostruose, non tanto le devianze mostruose, per quanto orribili, ma il livello espansionale.













Il pane nella goccia

Pensare al cancro. Appropriarselo come pensiero per respingerlo come paura. Chi pensa opera, non stramazza di passività. Ma un pensiero schiavo dei dati e depurato di qualsiasi relazione col mistero, che mai ci sarà rivelato, del mondo, è un pensiero inoperante, un pensiero morto e che fa morire. Uno straordinario amico Veneto e che il cancro mi sottrasse giusto un paio di un paio d’anni fa, del quale incessantemente rimpiango la lucidità tranquilla anche a malattia inoltrata, la grande cortesia e sollecitudine fino all’estremo anelito mentale, avrebbe immediatamente compreso e condiviso questo mio ragionare del cancro universale che per molti, i più, non sarà così, c’è altro a cui pensare, ora. Sia dunque dedicato a tutti. Sia dedicato anche a tanti volti cari che là, nelle penombre, nelle stanze visitate, non raggiungibili da altri conforti, patiscono e tremano per sé e per altri. Getto il tuo pane sull’acqua e dopo molti giorni lo ritroverai per sfamarti. Acqua e pane. La vita. "Come una goccia di splendore", di Alvaro Mutis, poeta colombiano morto pochi mesi fa che consiglio.

Ma che fatica scrivere 'sto post!

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