Questa storia è la risposta a tutti i malpancisti che si bevono la propaganda dei gruppi exenofobi e dei falsi catttolici , dei celerico fascisti e cattolici reazionari che
“Siamo tutti cristiani”, questo è il titolo di una campagna lanciata dalla giornalista irachena Dalia Al Aqidi, di religione islamica, per esprimere la propria contrarietà alla tragedia vissuta dai cristiani di Mosul.
Infatti, per la prima volta da quasi 2000 anni, non ci sono quasi più cristiani nell'antica città di Mosul,
da http://www.milanopost.info/ |
nel nord dell'Iraq, uno dei primi luoghi di insediamento del cristianesimo, che ospitava una comunità che riuniva dai 5000 ai 25000 cristiani.
Intervistata dal giornale libanese Annahar la giornalista aveva spiegato così la sua decisione di indossare la croce durante il telegiornale: “Il pluralismo religioso è ciò che ha reso l’Iraq la culla della civiltà, delle scienze e della cultura”.
Al Aqidi si chiede: “Che benefici potrebbero trarne la storia e la civiltà dal tornare indietro all’oscurantismo? I cristiani sono il popolo di questa terra, e non possiamo andare avanti senza di loro o in assenza di qualsiasi componente dell'Iraq”.
Poi ha rivolto le sue parole a “chi accusa gli altri d’infedeltà”: “siete voi i non credenti, gli apostati, i politeisti, voi tagliatori di teste. Io sono un semplice essere umano che difende i diritti dei figli del proprio Paese a prescindere dalla loro identità”.
“La nostra è una religione della tolleranza – ha concluso la giornalista musulmana –, ed è il fascismo islamista politico ad aver indotto i musulmani moderati come me a vergognarsi della loro religione. La
paura ha portato tanti al silenzio, ma io non starò zitta di fronte a questa ingiustizia”.
Incurante delle possibili conseguenze del suo gesto clamoroso, la giornalista Dalia AlAqidi (nella foto a sinistra), dipendente dell’emittente irachena Sumaria, si è messa una croce al collo e si è scagliata dalla tv contro il «fascismo politico islamista», unendosi alla schiera di quei musulmani iracheni che a proprio rischio e pericolo hanno deciso di difendere i cristiani dalla persecuzione dello Stato islamico. Perché «colui che tace sulla giustizia è un diavolo muto», ha detto la donna.
«UNA PERDITA PER TUTTI». AlAqidi ha deciso di presentarsi in tv con la croce al collo non solo perché dalla città di Mosul, da giugno nelle mani dei terroristi islamici guidati dal “califfo” Al Baghdadi, èscomparsa una comunità cristiana che contava migliaia di fedeli, ma anche per «il bene dell’intero paese». Interpellata dal quotidiano libanese Al Nahar, la giornalista ha invitato i suoi connazionali e l’Occidente a chiedersi: «Quali benefici potrebbero trarre la storia e la civiltà da un ritorno al passato oscurantista?». Secondo la donna, infatti, l’esodo dei cristiani è grave per tutti. «I cristiani fanno parte della popolazione indigena di questa terra e non possiamo andare avanti senza di loro, né senza qualche altra componente dell’Iraq».
CHI SONO GLI INFEDELI. Agli estremisti che le hanno affibbiato il marchio di “infedele”, AlAqidi replica che la croce al collo se l’è messa proprio per difendere «il pluralismo religioso che ha fatto dell’Iraq la culla della civiltà». La giornalista è fermamente convinta che l’islam sia «una religione della tolleranza», perciò «i non credenti siete voi». «Siete voi gli apostati, i proseliti, voi i tagliatori di teste», ha detto, mentre «io sono un semplice essere umano che difende i diritti dei figli del proprio paese, qualunque sia la loro identità». Secondo AlAqidi il «fascismo politico islamista» ha «indotto i musulmani moderati come me a vergognarsi della loro religione». Ma se è vero che «la paura ha ridotto molti al silenzio», ha aggiunto coraggiosamente, «io non starò zitta davanti a questa ingiustizia». La donna ha poi invitando tutti a seguire la sua iniziativa, che «non è solo religiosa, ma rivolta a tutti, contro chiunque tenti di cancellare la civiltà».
LA “N” DEI CRISTIANI. Le parole della giornalista irachena forti hanno immediatamente colpito la collega Dima Sadeq (foto a destra), della rete libanese Lbci, la quale si è presentata in tv con stampata sulla t-shirt la lettera araba “ن” (corrispondente alla “N” iniziale della parola “nazareni”) con cui sono state marchiate le case dei cristiani nella città di Mosul. Prima di cominciare ad annunciare le notizie del telegiornale, Sadeq ha detto: «Da Mosul a Beirut, siamo tutti cristiani».
IL LOGO DELLA TV. Successivamente il network libanese per assecondare l’iniziativa di AlAqidi ha trasformato il suo logo in Lbن e lanciato l’hashtag #Lbن per dare il via a una campagna di sensibilizzazione che ha convinto migliaia di utenti di Twitter e Facebook a sostituire la propria immagine con il “marchio” dei cristiani iracheni. «Il posto più buio dell’inferno è riservato a coloro che si mantengono neutrali in tempi di crisi morale», ha detto Dalia AlAqidi parafrasando Dante Alighieri. «Non permetteremo – le ha fatto eco Sadeq – che i muri diventino il luogo su cui disegnare lettere di esilio».