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3.10.16

GAY: UN PAPA OSCILLANTE E LE NOSTRE CONTRADDIZIONI DI AURELIO MANCUSO

Bergoglio continua a stupire con le sue continue e perseveranti aperture rispetto alle persone gay e transessuali e i suoi feroci attacchi della misteriosa ideologia gender. Una sorta di schizofrenia pastorale che disorienta e interroga molti suoi sostenitori e detrattori. Nelle parole del vescovo di Roma è indubbio che vi sia una novità insita: i toni di accoglienza, quasi bonomia, nei confronti degli e delle omosessuali e delle e degli transessuali, non si erano mai ascoltate in duemila anni di storia. 

 
 

 

Una sincera presa d’atto di quanto dolore abbia provocato la Chiesa a milioni di persone durante la sua lunga storia, che però non può arrivare fino al chiedere perdono, come da tempo anche tanti vescovi sostengono inutilmente. Però il papa argentino si trova a fronteggiare (già quando era arcivescovo di Buenos Aires) una trasformazione antropologica dei legami familiari e dell’elaborazione sulle sessualità sconvolgente per la cattolicità, per cui non può che oscillare tra volontà di ascolto rispetto ai singoli e la crociata contro i matrimoni egualitari, le unioni omosessuali e le cosiddette “teorie gender”. Questo doppio binario (che rammenta un po’ la doppia morale) costringe il capo della chiesa cattolica, da una parte di superare il vecchio armamentario ideologico difeso dalla Curia negli ultimi quarant’anni di condanna tout court dell’omosessualità e degli omosessuali (seppur distinguendo tra peccatore e peccato) e dall’altra di non retrocedere sul piano formativo, istituzionale e morale rispetto all’unicità della famiglia eterosessuale e alla differenza tra i generi (che nelle interpretazioni più reazionarie) precipita fino al piano inclinato della disparità di diritti e ruoli tra l’uomo e la donna. La nuova frontiera per la gerarchia cattolica è, quindi, di difendere senza cedimenti l’indissolubilità del matrimonio (la filippica pronunciata in Caucaso sul divorzio è sintomatica) che non può che essere eterosessuale, “aperto” al concepimento, e così via. Bisogna esser sinceri: il matrimonio cattolico è in profondissima crisi, così come lo è quello laico. E’ una china discendente che inizia nell’Occidente dai primi anni ’60 e che non si è mai arrestata e, che oggi si amplia sempre più anche in porzioni del pianeta che a causa di dittature, guerre, teocrazie, hanno mantenuto saldo il concetto di unione religiosa o civile, con al centro la figura maschile (fino alla poligamia) e la minorità di quella femminile. Il nostalgismo bergogliano, è malinconico perché consapevole che si tratta per la chiesa di togliere con un cucchiaino l’acqua dell’oceano ribollente delle libertà e della consapevolezza individuale e collettiva, (specialmente delle donne), delle differenze e delle uguaglianze. Se il termine differenza non fa paura alla teologia moderna (sapienti teologhe fedeli al magistero ne discettano su tutti i media cattolici) è la sua congiunzione con l’uguaglianza che fa saltare il tappo e, introduce contraddizioni che lambiscono i capisaldi della dottrina, come quello del sacerdozio uni sessuale. Tutta questa libertà laica, che è persino timidamente approdata in Italia con l’approvazione della legge sulle unioni civili, non è scevra di contraddizioni e ha aperto interrogativi profondi anche nel campo libertario e progressista. Il matrimonio e le unioni sono scelte come atto supremo di suggello di un rapporto d’amore, come la costruzione di una vita in comune paritaria e per questo giustamente confliggente e faticosa. La fedeltà non è vista come un obbligo (seppur formalmente ancora imposto nel nostro paese, retaggio storico della minorità sociale e legale delle donne) e, i figli seppur desiderati, rientrano nel progetto complessivo della vita di coppia, non sono una priorità. Tutto questo determina una inevitabile temporaneità culturale dei legami matrimoniali. Francesco, non può certo recriminare sulla parità di genere, sulle conquiste di libertà delle donne (a parte divorzio e aborto), sulla loro autonomia lavorativa e sociale. La chiesa ha troppo da farsi perdonare, per cui la prende alla larga e imputa il rovinoso crollo del pilastro matrimoniale alla indistinzione sessuale (la famigerata teoria gender) che attenterebbe alle certezze virili dei maschi e alle “naturali” funzioni di cura delle donne. Alla testa di questa mostruosa infezione delle coscienze sarebbero i movimenti di liberazione omosessuali e le femministe con le loro riflessioni sul ruolo di genere, identità e orientamento sessuale. Ancora una volta devo dire che Francesco ha ragione: il matrimonio indissolubile, sacro vincolo davanti a un Dio giudicante e severo, o persino vergato da un più scafato funzionario dello stato civile, è messo in discussione da gay e donne. L’abbattimento del matrimonio patriarcale, lungi dall’essere una realtà nella maggioranza del pianeta (e già questa discussione è tutta costruita sui riferimenti occidentali), è però un fatto, proprio dove la chiesa cattolica dovrebbe avere più influenza e forza evangelica. L’inquietudine intuita nel Concilio Vaticano II di una modernità incombente cui non si poteva più rispondere con la retorica della tradizione, non ha aperto una stagione di discernimento tra ciò che di positivo portava la liberazione sessuale e politica delle donne e degli altri soggetti discriminati e, i rischi, questi sì da indagare, di una banalizzazione generale dei sentimenti e delle relazioni. Nel tempo che viviamo, abiti bianchi, sontuose cerimonie e solenni promesse, continuano a sopravvivere mentre la realtà dei fatti rende tutto questo sbilenco, scentrato e goffo. Più libertà senza responsabilità, più cultura e informazione senza razionalità, sostituiscono certamente le prigioni che (ahimè) la chiesa cattolica e le religioni in generale hanno costruito nei secoli, ma non hanno per ora attrezzato ad una visione autentica degli impegni familiari, che siano eterosessuali o omosessuali. Anche la proposizione di modelli sovrapponenti a quelli eterosessuali nella costruzione delle comunità d’amore gay, dovrebbe interrogare le menti più fertili, che almeno per ora, pongono l’accento sulla conquista di diritti e di un posto nella società pubblica. Comprensibile che la novità e un’era infinita di discriminazioni portino a una eccitazione collettiva, ma dovrà venire il tempo della introspezione (finalmente privata, individuale e di coppia) sulla spinta all’unione, che è attrazione e passione iniziale e, che per durare si trasforma. Al papa non possiamo chiedere ciò che anche per noi è ancora difficile accettare: che l’amore, per durare, va oltre il rivendicazionismo sociale e l’accettazione convenzionale degli altri; la relazione sentimentale che sia etero o sia gay non dura per imposizione, non ha speranza nella mitica della passionalità permanente. Per tornare alle parole di Bergoglio di questi giorni, è difficile per un cattolico adulto, (i non credenti sono per loro fortuna esentati da questo sforzo) intravedere per ora spazi di concreta interlocuzione, perché finché il piano di discussione sarà tra errante ed errore, non sarà possibile avvicinarsi a quella tavola imbandita. Capisco che molti miei fratelli omosessuali giudichino questo papa una speranza, ne enfatizzano i lati dialoganti e l’evidente cambiamento nel linguaggio, ma la sostanza respingente rimane: finché sei un omosessuale docile e disposto a farti perdonare sei accolto, ma da omosessuale consapevole che rivendica la sua completa dignità, anche dentro la chiesa, non puoi avere ancora cittadinanza. Sono certo che la chiesa sarà “costretta” a evolversi, ma non in questa mia breve esistenza terrena. Preferisco, per cui la testimonianza (anche dialogante, ma non omissiva) della mia autenticità.

Aurelio Mancuso - Equality Italia

8.8.16

Cardinal Tarcisio, Beati i poveri perché di essi è il regno dei cieli matteo tassinari


Si sa che la gente dà buoni consigli
sentendosi come Gesù nel tempio,
si sa che la gente dà buoni consigli
se non può più dare cattivo esempio. 








Cardinal Tarcisio,
Beati i poveri
perché di essi è il regno dei cieli

Quanto seguirà, è, papale papale, un'inchiesta su di un personaggio alquanto discutibile e controverso, il cardinale ed ex capo dello Stato Vaticano, Tarciso Bertone, quello che vive tra sfarzo e lusso. Dico da subito che ho ripreso dati che ho raccolto dalla Rete, per questo non firmo il pezzo, un lavoro d’assemblaggio per rendere il testo scorrevole, levigato e piallato, per rendere la lettura limpida e tersa. In questi casi bisogna stare attenti all'oceano delle parole che t’ammanta, dove affogare è un attimo come cestinare il testo scritto e sudato. Dopo questa premessa, i mastini, quelli che controllano sempre se il pezzo è mio o no, se ce ne sono, sono stati attenzionati, come direbbe quel grande comico che è Frassica. Buona lettura. (m.t.)
Immagine aerea tratta da Google Maps, mostra l'attico del cardinale Bertone. Gli altri luoghi indicati, sono connessi all'inchiesta in atto
Ho pagato
con i miei risparmi
Il cardinale Tarcisio Bertone, ex segretario di Stato, accusato di avere speso i soldi delle elemosine per ristrutturare il suo principesco appartamento, si è difeso così, in un'intervista al Corriere della Sera: "Erano due appartamenti disastrati e abbandonati da anni. Il Governatorato mi ha comunicato una spesa sui 300 mila euro. Ho pagato con i miei risparmi" e così, oltre a rendersi ridicolo come un comico involontario, secondo lui tutto è a posto. Epperò, così non è!
Ecco, appunto, quanto guadagna un cardinale tanto da poter accumulare 300 mila euro? Gian Guido Vecchi, il giornalista, gli ricorda che la Fondazione Bambin Gesù ha anch’essa pagato 200 mila euro per la ristrutturazione del suo mega appartamento, ma lui nega nel modo più assoluto senza però dare nessuna risposta precisa. Si limita a proferire: "Non è vero". Un pò poco.
Cioè, per far vivere decentemente il cardinal Bertone servomo 500 mila euro, 300 mila dei suoi risparmi e 200 mila del bilancio del Bambin Gesù. Si difende Bertone: "Io non ho visto nulla, ed escludo in modo assoluto di aver mai dato indicazioni o autorizzato la Fondazione ad alcun pagamento a mio favore. Ho dato istruzioni al mio avvocato di svolgere indagini per verificare cosa sia realmente accaduto". Come Scajola. Esattamente come Scajola. Qualcuno ha pagato a sua insaputa. Scajola (laico) vista Colosseo, Bertone (cattolico) vista cupolone. E sia chiaro, non erano 700 metri quadrati. Erano solo 296 metri. E non è un attico, è un terzo piano. Cardinale, ha tutta la nostra comprensione, ma come pretende che la si crefda con queste deboli difese? Come si fa a vivere in soli 296 metri quadrati con attico con vista al cupola di san Pietro?
L'attico del Prelato
"Accuse infamanti, ridicole, senza senso", dice il cardinale, mi piacerebbe sapere quale sia il senso che sottende. "Ormai sono nel mirino. Il nome Bertone richiama subito l’attenzione". Poverello, nelle riunioni di condominio non si parla d’altro, "umile" Bertone, così "modesto" e "dimesso". Chissà come sarebbe scomodo, per il martoriato cardinal Mendoza Bertone, abitare in un bilocale di 70 metri quadrati, come l'appartamento del Papa che vive in un bilocale? Bisogna anche capirlo, quest'uomo nerboruto e dai pugni decisi sventlati nell'aria per darsi quell'aria da illuminato quale non è, alto due metri e grottesco molto di più.
Il Palazzo con tanto di attico, che Bertone continua a negare l'esistenza
“I suoi risparmi”
Alle volte è meglio tacere e fingere che le cose non stiano così, piuttosto che parlare e togliere ogni dubbio. Il cardinale Tarcisio Bertone è finito di nuovo nell’occhio del ciclone per via del suo appartamento, ristrutturato al costo di 300 mila euro. Dice che li avrebbe messi tutti di tasca sua, con “i suoi risparmi”. Secondo le accuse, però, lo avrebbe ristrutturato con i soldi della Fondazione Bambin Gesù per i bimbi malati: duecentomila euro arrivavano da lì. E’ difficile pensare che uno spenda 300mila euro per ristrutturare una casa che poi dovrà restituire al Governatorato che gliel’ha conferito.
Così com'è arduo comprendere come mai, se la ristrutturazione la pagava di tasca sua, le fatture arrivassero alla ragioneria della Confraternita e non a sé medesimo. E anche ammesso che uno abbia 300 mila euro da “buttare” per ristrutturare un appartamento che dovrà restituire, sono sempre soldi rubati ai poveri, e questo, per un "poprporato" è un dilemma disgustoso. Ciò significa che ne ha molti (ma molti molti) di più da parte, così anche al Fisco viene evaso il suo dovuto contributo. Un maneggione! E' molto difficile immaginare come faccia un cardinale, che predica povertà e sobrietà, ad accumulare simili fortune. Ma come li ha ottenuti tutti questi soldi? Con lo stipendio della Chiesa? Con gli oboli della Santa Messa? L’intervista del Corriere a Bertone sulla casa di 300 mq ristrutturata con 500 mila euro, spiega tutto e quanto quest’omone alto 2 metri e pieno di potere fino al plesso solare sia lascivo e indifferente a tutto ed a tutti.

Un Cardinale molto "avanti"

L’INDIGNAZIONE
DELL’EX SEGRETARIO DI STATO

Ma fin qui si tratta ancora di ordinaria amministrazione. Anche se fosse di gente che ha avuto case “a sua insaputa” ne abbiamo già vista e ne vedremo ancora. Senonché, la parte buffa dell’intervista arriva quando gli viene chiesto a Bertone: “Il Papa vive in 50 metri quadrati e lei nel lusso". Al che lui replica, candidamente: “L’appartamento non è di 300 metri quadri, bensì di 296. E non ci vivo da solo. Abito con una comunità di tre suore che mi aiutano, c’è anche una segretaria che il Santo Padre mi ha concesso per scrivere le memorie di tre Papi, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. C’è la biblioteca, l’archivio, le camere per tutti e ci sono anche le stanze dei diversi ospiti”. Quel pover’uomo del cardinale Tarcisio Bertone!
Bisogna prendere il toro per le corna, oibò!
Quindi, stando a sentirlo, lui non vive nel lusso! In fondo non ha che 296 e non 300 metri quadrati con tre domestiche (aggratis), una segretaria (aggratis), una sala adibita ad archivio, una biblioteca e Dio solo sa cos’altro. Forse Bertone, per lusso, intende un superattico sulla Luna con vista Marte. O una villa sulle nuvole, alle porte del Paradiso, con San Pietro a fargli da portinaio, il Papa come segretario e Maria Maddalena per sventolargli due rami di palma nelle giornate afose (ogni tanto, d’estate, dall’inferno sale un po’ di calura). Chissà cosa ne direbbe quella buonanima di Gesù Cristo, se solo potesse ancora fare il suo Discorso della Montagna, dove gli ultimi saranno i primi e viceversa.
La reazione del Papa

Il cardinale Tarcisio Bertone, da 6 mesi non più Segretario di Stato e questo è il vero motivo di questa sua impuntata, inaugurerà presto il suo attico a Palazzo San Carlo, la cui ampiezza viene data di poco inferiore ai 700 metri quadrati. In Vaticano, entrando dalla Porta del Perugino, la Domus Sanctae Marthae e il Palazzo San Carlo sono edifici vicini. La prima di dimensioni ridotte, il secondo imponente. 

"Presuntuosi
sontuosi e untuosi"
Quando Bergoglio, dopo aver osservato i complessi lavori di ristrutturazione nella struttura a fianco, è stato informato su chi sarebbe stato il suo vicino di casa, si è arrabbiato non poco. Ora non può certo cacciare di casa l'inquilino. Ma la sua ira su chi in Curia ancora resiste al suo titanico tentativo di cambiamento non è passata inosservata il Giovedì santo prima di Pasqua quando, davanti al clero riunito in San Pietro, si è scagliato contro i preti "untuosi, sontuosi e presuntuosi", che devono avere invece "come sorella la povertà".

La casa dove presto, prima dell'estate, il cardinale Bertone si trasferirà, ha dimensioni sontuose perché unisce due appartamenti: quello un tempo assegnato a Camillo Cibin, capo della Gendarmeria per tutto il pontificato di Karol Wojtyla, fra i 300 e i 400 metri, da cui è stata infine sloggiata la vedova e quello di monsignor Bruno Bertagna, deceduto nel 2013, di metratura intorno ai 200. A questi metri interni vanno però aggiunti circa 100 di terrazzo. Ma lui non molla. L’81enne segretario di Stato emerito Tarcisio Bertone sbotta con il Corriere della Sera: "È una vergogna, difendersi dalle calunnie è quasi impossibile. Di nuovo la faccenda dell’appartamento. Gli appartamenti assegnati ai cardinali di Curia sono di proprietà del Governatorato vaticano o dell’Amministrazione patrimonio della Sede Apostolica (Apsa) e vengono ristrutturati dalle amministrazioni. L’appartamento mi è stato assegnato, d’accordo con Papa Francesco e il Governatorato. Ho pagato coi miei risparmi, capito”.
 “VOGLIONO DISTOGLIERE L’ATTENZIONE DA VATILEAKS”


Non ha dubbi Bertone, il porporato, sulla ragione del clamore: “Mi pare una manovra evidente per distogliere l’attenzione dal processo Vatileaks. Che altro motivo ci sarebbe per uscire adesso? Bertone fa sempre notizia, ma il punto vero è il Vatileaks. Ho ristrutturato l'attico con i miei soldi, non sapevo dei fondi del Bambin Gesù", un po’ monotono nella sua difesa.
80anni del Cardinale. Party, tartufo, cristalli
A sua discolpa non ha da dire proprio nulla. Ha detto lo scrittore e giornalista Fittipaldi: “Come risulta da documentazione, ho versato dal mio conto al Governatorato circa 300 mila euro". Così il cardinale Tarcisio Bertone si difende ancora in merito ai fondi utilizzati per ristrutturare l'attico della sua abitazione. Il cardinale ha una tempra di ferro, proprio come quegli occhiali scuri che gli coprono occhi da lupo, freddo, distaccato, disinteressato, menefreghista, insensibile, sempre e solo dedito ala carriera pontificia, imperturbabile come il peggior ateo, estraneo a tutti i problemi del mondo. Ma questo lo rende cieco, alle versioni che tira fuori. Una volta si diceva: “Quel prete predica bene, ma poi razzola male”. Questo è un cardinale ed ex capo di stato del Vaticano. Cosa dobbiamo pensare di questo Al Capone che ha scambiato la sua vocazione nel modo di vivere in mezzo a lusso e sfarzo.

30.3.13

umiltà


Il Vescovo di Roma, Jorge Mario Bergoglio, più rimpicciolisce e più si eleva. Forse perché solo stesi a terra possiamo contemplare tutto il cielo. Con sguardo ampio, senza ostacoli, come mi capita di considerare il suo, quando lo vedo in certe foto, d'una certa dolenza infantile, libero da sopracciglia. E solo stesi ai piedi dell'uomo possiamo abbracciare tutto l'uomo: anche quando, soprattutto quando, e' donna.
In fondo, ieri a Casal del Marmo, Francesco non ha fatto altro che restituire. Non ha donato. Si è effettuato uno scambio di ruoli. È stato Vangelo nel momento in cui l'ha ribaltato e attualizzato.
Nella Sacra Scrittura una donna lava i piedi di Gesù e li asciuga coi suoi capelli. Ieri è toccato al Vescovo di Roma compiere lo stesso gesto con due ragazze, di cui una musulmana. 
Era la prima volta ed è stato scandalo. Non più Pietro, ma ben più vicino al Maestro, Francesco ha compiuto lo stesso rito che lo accompagnava in Argentina: la lavanda dei piedi a uomini e donne. 
Ha restituito. Ha chiuso un'ingiustizia che durava da duemila anni: l'esclusione delle donne, non tanto e non solo dai ruoli ministeriali, ma dal disegno di salvezza. Gesù e' morto anche per loro? Si', la liturgia ora lo insegna: ma nei fatti, nei cuori, nelle menti, esse semplicemente non esistono. L'umanità si declina sempre e soltanto al maschile. "Non c'erano donne con Gesù in quei momenti", sono le parole con cui si tenta sbrigativamente, e maldestramente, di chiudere la questione. C'erano, c'erano.
Francesco ha reso palese il "non detto" del Vangelo. Ha squarciato persino la reticenza degli evangelisti, nominando quelle che allora non potevano nemmeno essere nominate. È tornato alla verità del piano di Dio: "In origine non era così: l'uomo lascerà la sua casa e si unirà alla donna per sempre". 
La vera blasfemia è, semmai, essercene dimenticati. Aver accettato l'ingiustizia come naturale. L'esclusione delle donne come cosa ovvia. 
Non conosco l'identità delle detenute. Chissà perché, le ho immaginate due ladre; forse influenzata dai ladroni evangelici che nei riti del Venerdì santo vengono ricordati accanto a Gesù; forse perché proprio un ladro è stato il primo santo della storia del cristianesimo.
Una delle donne è donna; è detenuta; è islamica. Un "triangolo maledetto" per i tradizionalisti d'ogni sponda.
Sappiano oggi che per loro nella Chiesa e, speriamo, nell'intera societa', non c'è più posto. Perché essi stessi se ne sono allontanati. Quelli che hanno escluso le donne come "naturalmente" inferiori e tentatrici (chi non ricorda don Corsi?). Quelli che hanno brandito il Crocifisso come clava per l'affermazione della supremazia bianca. Quelli che hanno identificato la Croce con la Crociata, e non stupisce se ne siano allontanati con repulsione, quando hanno scoperto che la Verità di Cristo non configge con la Rivelazione di Dio in altre lingue. Che la moltitudine può essere Babele, ma anche e soprattutto mosaico di pace.
Questa Verità immensa, adesso, li acceca. Imprevedibile per loro. Troppo vasta. Abituati a reggersi sulla punta dei piedi, hanno perso il contatto con la terra. Ma solo li' si trova l'adam vero, solo da li' si può ripartire. Adam è uno in due: a questa dualità, a questo "Adamo" riunito finalmente a "Eva", un "Adamo" fuori dell'Eden, un "Adamo" peccatore e quindi bisognoso più che mai di misericordia, alla disperata ricerca del suo se' fanciullo, ieri Francesco si è prostrato.

29.3.13

Ritorno alla Verità


Il Vescovo di Roma, Jorge Mario Bergoglio, più rimpicciolisce e più si eleva. Forse perché solo stesi a terra possiamo contemplare tutto il cielo. Con sguardo ampio, senza ostacoli, come mi capita di considerare il suo, quando lo vedo in certe foto, d'una certa dolenza infantile, libero da sopracciglia. E solo stesi ai piedi dell'uomo possiamo abbracciare tutto l'uomo: anche quando, soprattutto quando, e' donna.
In fondo, ieri a Casal del Marmo, Francesco non ha fatto altro che restituire. Non ha donato. Si è effettuato uno scambio di ruoli. È stato Vangelo nel momento in cui l'ha ribaltato e attualizzato.
Nella Sacra Scrittura una donna lava i piedi di Gesù e li asciuga coi suoi capelli. Ieri è toccato al Vescovo di Roma compiere lo stesso gesto con due ragazze, di cui una musulmana. 
Era la prima volta ed è stato scandalo. Non più Pietro, ma ben più vicino al Maestro, Francesco ha compiuto lo stesso rito che lo accompagnava in Argentina: la lavanda dei piedi a uomini e donne. 
Ha restituito. Ha chiuso un'ingiustizia che durava da duemila anni: l'esclusione delle donne, non tanto e non solo dai ruoli ministeriali, ma dal disegno di salvezza. Gesù e' morto anche per loro? Si', la liturgia ora lo insegna: ma nei fatti, nei cuori, nelle menti, esse semplicemente non esistono. L'umanità si declina sempre e soltanto al maschile. "Non c'erano donne con Gesù in quei momenti", sono le parole con cui si tenta sbrigativamente, e maldestramente, di chiudere la questione. C'erano, c'erano.
Francesco ha reso palese il "non detto" del Vangelo. Ha squarciato persino la reticenza degli evangelisti, nominando quelle che allora non potevano nemmeno essere nominate. È tornato alla verità del piano di Dio: "In origine non era così: l'uomo lascerà la sua casa e si unirà alla donna per sempre". 
La vera blasfemia è, semmai, essercene dimenticati. Aver accettato l'ingiustizia come naturale. L'esclusione delle donne come cosa ovvia. 
Non conosco l'identità delle detenute. Chissà perché, le ho immaginate due ladre; forse influenzata dai ladroni evangelici che nei riti del Venerdì santo vengono ricordati accanto a Gesù; forse perché proprio un ladro è stato il primo santo della storia del cristianesimo.
Una delle donne è donna; è detenuta; è islamica. Un "triangolo maledetto" per i tradizionalisti d'ogni sponda.
Sappiano oggi che per loro nella Chiesa e, speriamo, nell'intera societa', non c'è più posto. Perché essi stessi se ne sono allontanati. Quelli che hanno escluso le donne come "naturalmente" inferiori e tentatrici (chi non ricorda don Corsi?). Quelli che hanno brandito il Crocifisso come clava per l'affermazione della supremazia bianca. Quelli che hanno identificato la Croce con la Crociata, e non stupisce se ne siano allontanati con repulsione, quando hanno scoperto che la Verità di Cristo non configge con la Rivelazione di Dio in altre lingue. Che la moltitudine può essere Babele, ma anche e soprattutto mosaico di pace.
Questa Verità immensa, adesso, li acceca. Imprevedibile per loro. Troppo vasta. Abituati a reggersi sulla punta dei piedi, hanno perso il contatto con la terra. Ma solo li' si trova l'adam vero, solo da li' si può ripartire. Adam è uno in due: a questa dualità, a questo "Adamo" riunito finalmente a "Eva", un "Adamo" fuori dell'Eden, un "Adamo" peccatore e quindi bisognoso più che mai di misericordia, alla disperata ricerca del suo se' fanciullo, ieri Francesco si è prostrato.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...