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22.1.25

«Lavoro da anni in terapia intensiva e ho ascoltato i rimpianti dei pazienti terminali: ecco cosa pensano prima di morire»

da leggo tramite msn.it

Perdere una persona non è facile soltanto per i suoi familiari, ma anche per gli stessi medici che hanno assistito il paziente. Lo racconta Julie McFadden, un'infermiera che nel corso della sua carriera ha assistito diversi malati ricoverati in terapia intensiva. «Il mio
obiettivo è quello di aiutare le persone ad accettare che la loro vita sta per finire prima di comprenderlo da sole o che a dirglielo sia un parente - ha raccontato al podcast Disruptors di Rob Moore - e nel corso del tempo ho capito che c'è sempre una situazione che accomuna i pazienti terminali». 

 

Il desiderio dei pazienti

«Vorrei non aver sottovalutato la mia salute». Questa è soltanto una delle frasi che Julie McFadden si è sentita dire mentre lavorava nel reparto di terapia intensiva di un ospedale della California. L'infermiera è conosciuta sui social per condividere contenuti inerenti alla propria esperienza nei reparti, nei quali ha avuto modo di parlare con diverse persone che avevano mali terminali. Un fatto che, come ha dichiarato più volte, l'ha «resa più forte» perché nel corso degli anni «le ha permesso di riflettere sulla prospettiva della vita e della morte».«Parlando con i pazienti, diversi mi hanno detto che avrebbero preferito apprezzare di più le cose piccole della vita - ha spiegato Julie - in tanti avrebbero desiderato fare più passeggiate o stare di più in famiglia. E proprio i parenti sono la loro maggiore preoccupazione, perché chi non può permettersi le cure o addirittura il funerale tende a chiedere aiuti finanziari alle persone vicine. Ho capito che, chi vive una condizione economica più adagiata, affronta la morte con meno stress». L'obiettivo dell'infermiera è quello di sensibilizzare riguardo gli ultimi momenti, perché a suo parere tutti dovrebbero sapere cosa succede prima di affrontare una realtà complessa e spesso difficile da digerire, ovvero il fatto di essere giunti alla fine del propri percorso. 

10.9.24

diario di bordo n 74 anno II .Drogano la figlia malata e la uccidono nel sonno, genitori a processo: «Non siamo assassini, è stato un atto d'amore». allora perchè non farlo fare da un medico ? ., Cinzia Dal Pino, chi è l’imprenditrice di Viareggio che ha investito e ucciso un algerino che le aveva rubato la borsetta

 Anche in una  situazione  cosi difficile   bisogna mantenere  lucidità  . Infatti  pur avendo  fini  nobili cioè non far  soffrire la  propria figlia si sarebbe  dovuto   consultare  o un   medico  e  un avvocato e  chiedere la  dolce morte \  eutanasia   anzichè  arrivare  a  tale  gesto come  i protagonisti di questa storia  



Drogano la figlia malata e la uccidono nel sonno, genitori a processo: «Non siamo assassini, è stato un atto d'amore»


Si è aperto il processo contro i genitori di una bambina di tre anni, affetta da una grave malattia cerebrale, trovata morta nella sua culla nel maggio 2020.
La madre, di 32 anni, e il padre, 34enne, sono accusati di omicidio. Al banco degli imputati anche la nonna della piccola, accusata di complicità 
La ricostruzione della tragedia
Il drammatico caso, avvenuto a Hägglingen, in Svizzera, ha scosso la comunità locale. Secondo quanto riportato dalle autorità, il 7 maggio 2020, i soccorsi furono allertati dai genitori che avevano trovato la bambina priva di vita nel suo letto. Tuttavia, i tentativi di salvarla si rivelarono vani, e il decesso venne confermato sul posto. L'autopsia ordinata dal pm portò alla scoperta di tracce di ecstasy nel sangue della bambina, con la causa della morte identificata come una carenza di ossigeno indotta.
Durante le indagini si formulò una ricostruzione agghiacciante degli eventi: secondo la procura, i genitori avrebbero somministrato alla figlia una miscela letale di latte in polvere, porridge, ecstasy e sonniferi. Secondo gli inquirenti, mentre la bambina iniziava a mostrare segni di sofferenza, il padre avrebbe deciso di soffocare la piccola con un panno, mentre la madre la teneva in braccio.
La bimba soffriva di una grave paralisi cerebrale che le impediva di deglutire, camminare e parlare, una condizione che richiedeva cure intensive per tutta la vita. Secondo l'accusa, i genitori avrebbero deciso di porre fine alla sua vita per «impazienza e convenienza», arrivando a definire la figlia un «fastidio». La coppia avrebbe anche cancellato un appuntamento per l’inserimento di una sonda gastrica, che avrebbe potuto migliorare la sua qualità di vita.
Le parole dei genitori
La madre si è difesa in tribunale affermando che l'omicidio sarebbe stato un «atto d'amore» per porre fine alle sofferenze della figlia: «Non l’ho fatto per me stessa. L’ho fatto per lei e lo rifarei. La sua vita era un inferno di dolore». Il padre, invece, ha dichiarato di non sentirsi un assassino: «Non mi sento senza scrupoli. Mi dispiace solo essere accusato di qualcosa del genere».
La procura ha chiesto una condanna a 18 anni di reclusione per entrambi i genitori, oltre all'espulsione dalla Svizzera per 15 anni una volta scontata la pena. Anche la nonna della bambina, 53enne, è accusata di complicità nell’omicidio e rischia una condanna a cinque anni di carcere, oltre all’espulsione.

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  a  prescindere   che il ladro ucciso sia    italiano o straniero  questa  non  è legittima difesa  . Infatti  concordo  con  

La normalità allucinante di investire un uomo che ti ha derubato, di passarci sopra con la macchina più di una volta, di riprenderti la borsa e poi di andartene a casa a dormire, come se avessi semplicemente spiaccicato una zanzara.
Mi fa paura la delinquenza, ma mi fa paura anche questo modo di pensare che porta oggi in tanti a definire legittima difesa quello che è semplicemente, orrendamente, omicidio volontario.
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Cinzia Dal Pino, chi è l’imprenditrice di Viareggio che ha investito e ucciso un algerino che le aveva rubato la borsetta

Si trova ora in carcere a Pisa, dove c'è una sezione femminile, Cinzia Dal Pino, 65 anni, l'imprenditrice di Viareggio (Lucca) sottoposta a fermo con l'accusa di omicidio volontario per aver investito con l'auto e causato di proposito la morte di un uomo, Said Malkoun, 47 anni, algerino, che l'aveva rapinata della borsa pochi minuti prima la sera dell'8 settembre. Cinzia Dal Pino è in attesa dell'udienza di convalida e dell'interrogatorio di garanzia previsti domani mattina col tribunale di Lucca

Secondo quanto si è appreso, la vicenda è stata ricostruita in gran parte grazie al video di una telecamera di un negozio, che ha ripreso l'intera fase dell'investimento del 47enne. Una sequenza di immagini di circa un minuto e 20 in cui si ricava la presenza dell'uomo mentre cammina su un marciapiede di Viareggio, in via Coppino, l'arrivo dell'auto della donna che sterza verso di lui e lo travolge più volte a velocità moderata.La stessa 65enne scende dalla vettura, si riappropria della borsa che le era stata rapinata, risale e se ne va via. Col numero di targa dell'auto la polizia è riuscita a risalire alla commerciante, la cui famiglia è nota a Viareggio per la conduzione di uno stabilimento balneare. Cinzia Dal Pino, sposata, con una figlia, parlerà col suo avvocato difensore domani mattina prima dell'udienza e insieme, durante il colloquio, visioneranno le immagini disponibili. La donna era stata rapinata in strada, sotto minaccia di coltello, dopo che era uscita da un ristorante dove aveva cenato con delle amiche. L'auto è sotto sequestro.Chi è Cinzia Dal Pino
Ora è stata sottoposta a fermo di pg la donna individuata dalla polizia come la presunta responsabile dell'investimento. Domani si svolgerà l'udienza di convalida per la donna. Cinzia Dal Pino è una donna di 65 anni. È un'imprenditrice, proprietaria di uno stabilimento balneare sulla Passeggiata a mare. Qualche ora prima dell’incidente era stata rapinata da Said, che potrebbe averla inoltre minacciata, ma il gesto è costato caro all'uomo: la commerciante l'ha seguito e investito in seguito , scesa dall'auto  ha  poi recuperata la  ....  di borsa  ed  vigliaccamente  è  fuggita  senza  prestare o  chimare   soccorso  


8.5.23

Paolo Crepet: “Michela Murgia dà la parola ai morituri. Qualche cretino dirà che è esibizionismo, ma le sue parole sono rivoluzionarie”

 di  solito  non  commento tali  cose   perché    non  saprei cosa  dire    e  quindi come in questi caso lascio  la  parola    agli  altri .  Prima  con  l'articolo  di  Daniela   Tuscano   (  lo  trovate  qui  )     e poi  questo bellissimo  (  ogni  tanto mi  trova  d'accordo  )  di  Crepet 


Paolo Crepet: “Michela Murgia dà la parola ai morituri. Qualche cretino dirà che è esibizionismo, ma le sue parole sono rivoluzionarie”

Paolo Crepet: “Michela Murgia dà la parola ai morituri. Qualche cretino dirà che è esibizionismo, ma le sue parole sono rivoluzionarie”

"Le vorrei dire grazie. Per le parole e il coraggio"

3.11.22

qualcosa di buono Regia di George C. Wolfe un film che i contrari al testamento biologico dovrebbero vedere


Basato sul romanzo di Michelle Wildgen, il film è la storia di una donna  pianista affetta da SLA e della giovane universitaria che per  sbancare il  lunario oltre  a fare  la  cantante  nei pub  , si trova quasi per caso a farle da badante e con cui diventerà amica intima . Una  storia   toccante    e drammatica  , con punte  di  ironia e  sagacità ,  senza  scadere   o  quasi  ( ma  dall'altronde  in  film come questi  è difficile  soprattutto  a  chi   ha un sesto senso  spiccato  o  gli  piace    farsi i  film  su cosa  succederà  nelle  scene    o  nel finale  ) . Una  storia  bellissima ed  intensa   pari  a    tre  film  : 1 )  Mare dentro (Mar adentro) è un film del 2004 diretto da Alejandro Amenábar ., 2) Quasi amici - Intouchables (Intouchables) è un film del 2011 diretto da Olivier Nakache e Éric Toledano. 3)  Le invasioni barbariche (Les Invasions barbares) è un film del 2003 diretto da Denys Arcand che  trattano   tematiche    della malattia  degenerative  e di malattie   senza  cura  e allo stadio  terminale , testamento  biologico  ,   eutanasia  , cure palliative  . La  versione femminile    del secondo film .Un film che  , come  ho già detto  nel titolo  del post ,  che  tutti   coloro che  non vogliono o ostacolano il tentamento  biologico  e  non lasciano la possibilità    a chi è colpito da tali malattie  la  possibilità  di scelta    se vivere    o moire  con dignità    rifiutando l'accanimento terapeutico  costringendoti  ad andare  all'estero o farlo  clandestinamente 

26.7.21

La storia Samantha come Eluana “Il letto è la sua prigione Lasciatela andare via”

 


da  reubblica   del 26\7\2021

FELTRE — «Per nostra figlia vogliamo soltanto la pace. La sua vita non è più vita, è pura sofferenza. Samantha non avrebbe mai voluto un’esistenza così, in un letto di ospedale, senza più coscienza, alimentata con una sonda, tormentata dai dolori. Ha trent’anni e nessuna speranza di miglioramento. La nostra bambina non c’è più, lasciatela andare via». Giorgio D’Incà e Genzianella Dal Zot si tengono per mano. Trentasette anni di matrimonio, tre figli, un amore palpabile che non ha più bisogno di

 I genitori Giorgio D’Incà e Genzianella Dal Zot

parole. E una battaglia, enorme, che mai avrebbero pensato di dover combattere: ottenere che Samantha possa morire, interrompendo la nutrizione e l’idratazione. Come fu per Eluana Englaro. Ricostruendo le sue volontà. Ad oggi, finora, lo Stato ha risposto: “No”.Genzianella piange, parla e piange. «Quel giorno, era il 12 novembre del 2020, Samantha era uscita di corsa per andare al lavoro, era impiegata in una fabbrica di occhiali. È caduta qui davanti, nel vialetto. La fine è cominciata così», racconta Genzianella, accarezzando un foto in cui Samantha sorride insieme ai due fratelli. La vita di Samantha, detta Samy, oggi ridotta a uno stadio neonatale in un letto dell’ospedale di Vipiteno, cambia per sempre quella mattina, tra i fiori di questa villetta alle porte di Feltre, con il prato curatissimo e i nani nel giardino, orgoglio di una

esistenza di sacrifici, Giorgio fa il carrozziere, Genzianella lavora in una ditta di pulizie.«Sono stato io ad accompagnarla in ospedale, a Feltre. Cadendo si era rotta un femore. Il 12 novembre è entrata, il 13 è stata operata, dopo pochi giorni l’abbiamo riportata a casa ». Non è però l’inizio di una guarigione bensì l’inizio di un precipizio. Invece di recuperare, nonostante la fisioterapia, le gambe di Samantha iniziano a gonfiarsi. Al pronto soccorso, le dicono, semplicemente, di “tenere le gambe in alto”, ricorda Giorgio. Invece qualcosa di gravissimo è già accaduto a Samantha, quel “qualcosa” per cui Giorgio e Genzianella chiederanno giustizia. «Sarà il secondo obiettivo, adesso dobbiamo liberare nostra figlia dalla prigione in cui è costretta».Il 2 dicembre 2020 Samantha, che ormai ha molte parti del corpo sempre più gonfie, viene ricoverata con un’ambulanza all’ospedale di Feltre. Le riscontrano una polmonite bilaterale “non da Covid”. Giorgio scandisce lentamente le parole, trattiene la commozione, ma le lacrime scendono giù sui baffi folti di un uomo semplice che ormai conosce bioetica e sentenze della Consulta.«Il quattro dicembre alle 6,30 del mattino ci chiamano: stiamo portando Samantha a Treviso, i suoi polmoni sono collassati». I medici la salvano, ma la figlia che Giorgio e Graziella si ritrovano davanti è un corpo inerte, non parla più, non si regge più, non li sente più, non li vede più. «Il suo cervello per troppo tempo non aveva ricevuto ossigeno. La nostra Samy era entrata in ospedale per una frattura, ne è uscita come un vegetale. Intorno alla nostra famiglia è sceso il
buio».
Cosa è successo? Dove è successo? Chi ha sbagliato? «Hanno isolato un batterio che forse, dicono, potrebbe essere stato la causa della tragedia ». Chissà. Giorgio è cauto. Ma le sue parole sono acciaio fuso. «Dovrà sapere il mondo intero quello che ti hanno fatto figlia mia — dice — qualcuno pagherà».Genzianella sale al primo piano e mostra la cameretta di Samantha, l’unica dei tre figli che era ancora casa con loro. «L’azzurro era il suo colore preferito, adorava il mare, la musica e fare amicizia. 
Progettava di andare a vivere da sola. Era aperta, socievole, aiutava chiunque avesse un problema. Ogni cosa è rimasta come il giorno in cui l’hanno ricoverata, la borsa appesa alla sedia, il suo cellulare, mio marito gli fa la ricarica, è strano, sì, ma è un modo per sentirla vicina, ogni settimana invece io cambio le lenzuola anche se so che non tornerà». Sul letto un orso, i disegni per “zia Samantha” che le hanno dedicato i figli della sorella, due navi in bottiglia, per la sua passione del mare.  
È all’inizio del 2021, dopo un tristissimo Natale, che inizia la battaglia di Giorgio e Genzianella per “dare dignità a Samantha”. Perché c’è un punto nodale in questa storia che si intreccia pur con alcune differenze, con la battaglia per il fine vita e l’eutanasia legale. Oggi per Samantha, che respira da sola ma è nutrita con una “Peg”, ossia un sonda gastrostomica, sarebbe possibile smettere di soffrire se i medici interrompessero la nutrizione e l’idratazione, accompagnandola con una sedazione profonda. Lo prevede la legge 219 del 2017, ottenuta grazie alla durissima e tragica battaglia di Beppino Englaro padre di Eluana.Samantha però non ha lasciato scritto nulla, sono pochissimi finora gli italiani che hanno depositato un biotestamento. E forse anche perché a trent’anni chi ci pensa a una tragedia così grande? Questo è il punto di contatto con Eluana: Giorgio e Graziella D’Incà chiedono che sulla base di quello che era il pensiero di Samantha sul fine vita, Samy venga lasciata morire.Giorgio: «Spero che non ci vogliano diciassette anni di calvario come fu per Beppino. Samantha aveva seguito la vicenda di Eluana anche se era molto giovane, così come la storia di Dj Fabo. Ammirava la forza della madre e della fidanzata. Ci ha sempre detto di non voler dipendere da nessuno. È quello che ho fatto presente al comitato etico dell’ospedale quando mi hanno detto che volevano mettere la Peg a Samantha. Perché prolungare le sue sofferenze?».Giorgio e Genzianella, insieme agli altri due figli provano ad opporsi. Il tribunale però nomina un amministratore di sostegno (rifiutando di incaricare il papà di Samantha, perché “troppo coinvolto”) che firma e la sonda viene applicata nello stomaco di Samantha. Il tribunale infatti ha deciso che prima di prendere una decisione definitiva per Samantha debba tentarsi una riabilitazione in un reparto specializzato all’ospedale di Vipiteno.«Purtroppo noi abbiamo una perizia firmata dal prof Leopold Saltuari di Innsbruck, lo stesso che ha curato Schumacher e Zanardi, secondo il quale il massimo a cui Samy potrebbe arrivare, se mai la riabilitazione funzionasse, è la coscienza di un neonato di due mesi».Giorgio e Genzianella si abbracciano. «Nemmeno questo sta succedendo. Nessun progresso. Nostra figlia soffre ogni giorno di più. I medici, i giudici devono ascoltarci». Genzianella: «A volte mi sembra di picchiare la testa contro muri di cemento. Bum bum, nulla accade. Perà ho promesso a Samantha: il giorno in cui andrai via, il mio cuore si spezzerà, ma tu sarai libera».





18.6.21

Il calvario di Daniela, morta a 37 anni e con tre tumori dopo aver chiesto senza ottenerlo il suicidio assistito

 

lo  so ci  sarebbero  cose  più allegre  di cui parlare   e  polemizzare 🤣😁  . Ma  : << È inaccettabile che chi è nelle condizioni di Daniela sia costretta a un simile calvario. I malati non possono aspettare i tempi della burocrazia  >> L’Associazione Luca Coscioni .

Infatti    secondo    https://www.fanpage.it  , Daniela37enne foggiana malata di tumore al  :  pacreas, al fegato e al sistema neuroendocrino, aveva chiesto di poter ricorrere al suicidio assistito ma è morta prima di un pronunciamento del Tribunale di Roma Aveva un tumore al sistema neuroendocrino, al pancreas e al fegato Daniela, 37enne foggiana residente a Roma che, alla luce delle sue condizioni di salute e di una malattia ormai allo stato terminale, aveva scelto di morire per porre fine alle sue sofferenze. 

Purtroppo, però, non ha fatto in tempo a esaudire il suo desiderio perché si è spenta lo scorso 5 giugno, poche settimane prima che il Tribunale di Roma potesse esprimersi sulla sua richiesta di ricorrere, in applicazione della sentenza della Corte Costituzionale, al suicidio assistito. La sua storia, contenuta in un video appello, è stata resa nota oggi dall'Associazione Luca Coscioni nel corso di una conferenza stampa alla Camera per dare inizio alla raccolta firme sul referendum per l'eutanasia. "Ho vissuto una vita da persona libera. Vorrei essere libera di morire nel migliore dei modi", aveva auspicato Daniela che, senza più alcuna speranza di guarigione, aveva chiesto di poter essere ‘libera di morire' accanto ai suoi cari. ....  continua su: https://www.fanpage.it/attualita/il-calvario-di-daniela-morta-a-37-anni-e-con-tre-tumori-dopo-aver-chiesto-il-suicidio-assistito/

 P.s.
scusate  se non riporto  come sono solito  le  lacrime  agli occhi   oltre  a farmi .... 🤬

1.3.21

Al 41 bis è vietato anche scegliere come morire Un detenuto ha chiesto i moduli per depositare il proprio testamento biologico, ma il magistrato di sorveglianza glieli ha negati. Il motivo? Surreale: avrebbe potuto veicolare messaggi criminali

  va  bene  la legge  è legge . Ma  questo  è un arbitrio .

Leggi  

https://it.wikipedia.org/wiki/Articolo_41-bis

da

  • Il Riformista (Italy)
  • Maria Brucale *Membro del Comitato di giuristi dell’Associazione Luca Coscioni



  • Al 41 bis è vietato anche scegliere come morire

    Un detenuto ha chiesto i moduli per depositare il proprio testamento biologico, ma il magistrato di sorveglianza glieli ha negati. Il motivo? Surreale: avrebbe potuto veicolare messaggi criminali. E il suo diritto all’autodeterminazione che fine fa?




    La legge “in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, n. 219/2017, entra in vigore dal 31.01.2018. Nel rispetto dei princìpi di cui agli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e degli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, tutela il diritto alla vita,

    alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge.” Ogni persona capace di agire ha il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso. Ha, inoltre, il diritto di revocare in qualsiasi momento il consenso prestato, anche quando la revoca comporti l’interruzione del trattamento. Qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto di trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico prospetta al paziente e, se questi acconsente, ai suoi familiari, le conseguenze di tale decisione e le possibili alternative e promuove ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica. Ferma restando la possibilità per il paziente di modificare la propria volontà, l’accettazione, la revoca e il rifiuto sono annotati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.

    È un approdo importante che si nutre delle battaglie storiche di Marco Pannella e di quanti, come l’Associazione Luca Coscioni, fondata da Luca Coscioni nel 2002, hanno posto la libertà di scelta individuale, in particolare per quel che concerne il fine vita (ma ogni libertà di scelta, dall’inizio alla fine della vita, per tutti) al centro della propria azione politica. Un cammino ancora incompiuto, una materia certamente difficile che raccoglie in sé l’evoluzione del sentire collettivo rispetto al concetto della dignità della vita e della dignità della morte e, soprattutto, alla lenta affermazione del principio che le scelte sulla propria vita sono personalissime e che c’è, nella malattia, una soglia del dolore tanto insopportabile da mutare la stessa semantica della parola suicidio che diventa fine di una non vita. Accade allora che un detenuto in 41 bis immagini di contrarre il virus in tempo di pandemia e decida di depositare il proprio testamento biologico. I familiari, allora, su sua richiesta, gli mandano i moduli dell’Associazione Luca Coscioni. La corrispondenza è soggetta, come sempre, a censura ma

    Proibito pensare

    Oltre alla feroce violazione di un diritto garantito a tutti dalla legge, si trova nell’assurdo provvedimento la negazione per il ristretto di scrivere alcunché restando aperta la possibilità che trasmetta il proprio comando oltre le sbarre

    dovrebbe essere legale un modello del tutto asettico da compilare con le proprie disposizioni, ai sensi della legge 219/2017. Già, perché è per tutti “il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona”. Anche per i detenuti, perfino per i ristretti nel luogo di silenzio trattamentale ed emozionale del 41 bis. E invece no! Perché un magistrato di sorveglianza di Roma decide di non consegnare la corrispondenza al ristretto. La motivazione è che, ritenuto ancora di alto spessore criminale (in 41 bis da 24 anni!) “attraverso eventuali interpolazioni del testo, lo stesso potrebbe veicolare messaggi illeciti.” [...] “Occorre contemperare il principio dell’efficienza dell’attività amministrativa con le esigenze poste alla base della sicurezza interna ed esterna che si concretizza attraverso la puntuale verifica di contenuti criptici eventualmente inseriti mediante la possibilità di interpolare i documenti inviati”.

    Non c’è (ovviamente) nulla di criptico, indebito, fraintendibile nel modulo che non viene consegnato, ma nel compilarlo il recluso potrebbe veicolare messaggi criminali. È surreale, abominevole, tanto assurdamente in violazione di legge da sembrare una burla. E, invece, è proprio scritto, nero su bianco. È una censura all’ipotesi di intenzione, una aberrazione del sospetto sulla eventuale e futuribile possibilità che la persona detenuta, per comunicare un volere delittuoso all’esterno, si faccia mandare un modulo per le disposizioni anticipate di trattamento e nel compilarlo introduca indicazioni per i sodali che saranno sempre filtrate dall’ufficio censura del carcere che ogni scritto, in entrata o in uscita, capillarmente analizza. Oltre alla feroce violazione di un diritto garantito a tutti dalla legge che involge principi fondamentali di rango costituzionale - la libertà, la salute, la vita si trova nell’assurdo provvedimento, la negazione per il ristretto di scrivere alcunché restando aperta la possibilità che trasmetta il proprio comando oltre le sbarre. Vietato pensare, sperare, desiderare. Perfino scegliere come morire.

    12.7.19

    eutanasia Si o eutanasia No . Parliamone e confrontiamoci come si fece con il divorzio e sull'aborto . eviteremo altri casi Vincent Lambeert o di andare all'estero

      lo avevo  già  parlato   del caso  Lambert   di sfuggita    qui   e  poi   in questo post   sul mio facebook  




    ma  dopo questo articolo   che trovate  sotot di  https://www.huffingtonpost.it/ ed  a  mente  fredda  affermo che esso   è un assassino  di stato   riconfermando    quanto detto  giovedi   su fb

    ESTERI
    11/07/2019 14:31 CEST

    Michel Houellebecq: "Lo Stato ha ucciso Lambert perché costava troppo"
    Lo scrittore su Le Monde contro il governo francese: "Speravo nella sua neutralità". E attacca la ministra della Sanità: "Ha voluto farne un esempio"


    LIONEL BONAVENTURE VIA GETTY IMAGES


    “Lo Stato è riuscito a fare ciò che gran parte della sua famiglia aveva insistentemente provato a fare da anni: uccidere Vincent Lambert”. Inizia così il duro attacco dello scrittore francese Michel Houellebecq contro le istituzioni di Parigi. Il testo è stato pubblicato da Le Monde poche ore dopo la morte dell’uomo che viveva da anni in stato vegetativo a causa di un incidente. Lo scrittore fa un cenno ai parenti di Lambert solo all’inizio, perché le sue invettive sono riservate tutte al governo francese: “Speravo nella neutralità dei suoi esponenti. D’altra parte Macron aveva dichiarato che non si sarebbe immischiato. E io pensavo che i suoi ministri avrebbero fatto lo stesso”. Così non è stato.
    Le parole di Houellebecq fanno riferimento alle esternazioni della ministra della Salute e della Solidarietà, Agnès Nuzyn. “Avrei dovuto diffidare di lei e, in verità, un po’ avevo diffidato quando l’avevo sentita dire che l’insegnamento di questa triste vicenda sarebbe stato che non bisogna dimenticare di mettere nero su bianco le direttive anticipate (il riferimento è alle disposizioni da redigere quando si è in buono stato di salute sulle proprie volontà in caso di malattia grave o di condizioni simili a quelle cui si trovava Lambert, ndr)”.
    Lo scrittore non usa mezzi termini e, facendo riferimento alla condotta che (secondo la sua interpretazione del pensiero di Nuzyn) Lambert avrebbe dovuto tenere prima dell’incidente stradale che lo aveva condotto in stato vegetativo, scrive: “Lambert non aveva lasciato alcuna disposizione. Circostanza aggravante: era infermiere. Avrebbe dovuto sapere meglio di ogni altro che l’ospedale pubblico ha altre cose a cui pensare rispetto a mantenere in vita una persona con un grave handicap. Se nelle strutture pubbliche ci fossero troppi Vincent Lambert, costerebbero un sacco di soldi”.
    Poi il riferimento allo stato di salute dell’uomo: “Non era in preda a sofferenze insostenibili, non soffriva affatto. Non era neanche in fin di vita. Viveva in uno stato mentale particolare o, più onestamente, dovremmo dire che non era quasi per niente cosciente. Non riusciva a comunicare con chi gli stava intorno (questa cosa, francamente, non è un fatto isolato: succede a tutti quasi tutte le notti)”.
    Per lo scrittore, insomma, non ci sono giustificazioni per l’interruzione del trattamento che teneva in vita Lambert. L’infermiere, sostiene, è stato vittima della sovraesposizione mediatica e dell’ingerenza dello Stato.

    concludo     con questa  osservazione  fatta su  fb    
    Giuseppe Scano E se invece SE ne discutesse e poi si fa una campagna refendaria ( senza intromissioni esterne come avvenne nel 2004 ) in modo da arrivare ad un compromesso come fece per aborto divorzio? Eviteremo suicidi, migrazioni in Svizzera o nord Europa omicidi - suicidi ed altri drammi familiari. Una società -- come dice Massimo Dadea -- matura, libera, non può avere paura di misurarsi con un tema così delicato e complesso. Non può negare il diritto a decidere di se stessi, di morire consapevolmente e con serenità, senza atroci sofferenze, oppure costringerlo a farlo in esilio. Le istituzioni democratiche, per primo il Parlamento, non possono non impegnarsi per trovare un punto di mediazione tra visioni della vita e della morte solo apparentemente inconciliabili. 

    19.7.18

    Testamento biologico, in vigore da sei mesi ma al Comune di Roma nessuno sa nulla figuriamoci negli altri comuni italiani

      da  repubblica  19\7\2018


    Viaggio con la telecamera nascosta negli uffici dell'Anagrafe di via Petroselli per depositare il documento con le proprie ultime volontà. Impiegati che cadono dalle nuvole, risposte tra l'imbarazzato e il laconico, rimpalli tra uffici. Ecco la testimonianza dell'avvocato Filomena Gallo 

    Testamento biologico, in vigore da sei mesi ma al Comune di Roma nessuno sa nulla

    dell'associazione Luca Coscioni


    Dall'Ufficio informazioni del Comune dicono di passare agli uffici del primo municipio, da lì dicono di recarsi dai vigili che smistano gli utenti dell'Anagrafe, negli uffici dicono che "su questa questione siamo ancora in alto mare". Anche se sul sito del Campidoglio risulta scritto che la procedura è semplice, che basta recarsi sul posto e scoprire, ancora una volta, che la questione non sta proprio così. Dopo aver vagato un'ora e mezzo tra gli sportelli di via Petroselli il risultato è che nel Comune di Roma, nonostante la legge sia stata approvato in via definitiva nel dicembre 2017, ed è dunque una legge di Stato, depositare il proprio testamento biologico a Roma è ancora praticamente impossibile.

    L'avvocata Filomena Gallo, segretario dell'Associazione Luca Coscioni, ci aveva già provato un mese e mezzo fa con lo stesso risultato fallimentare. Un paio di giorni fa ha fatto un nuovo tentativo e questo video girato con la telecamera nascosta testimonia il secondo nulla di fatto. Dipendenti pubblici poco informati che rimbalzano l'utente con informazioni vaghe e contraddittorie, imbarazzi, qualcuno gentile qualcun altro più sbrigativo, risposte laconiche. Anche il sito del Comune di Roma è contraddittorio e poco utile. L'avvocato Gallo è riuscita però ad ottenere un appuntamento per il prossimo 23 luglio e ha appreso che dovrà compilare un modulo per indicare il suo "fiduciario", ovvero la persona che farà da 'garante' delle sue volontà testamentarie e dovrà portarlo con sé al prossimo appuntamento. 
    Il testamento biologico è stato approvato in via definitiva nel dicembre 2017 e prevede che ogni cittadino possa depositare in un ufficio pubblico le sue volontà sul fine vita. Milano ha aperto il suo sportello nel gennaio 2018, a Bologna ad aprile c'erano già 130 iscrizioni, persino a Ischia è arrivato a febbraio 2018.

     Ora  le  nostre uniche   armi  , per chi sceglie  di non emograre    o  acettare passivamente  cioè   rassegnarsi ed  ricorrere  alla  classica  raccomandazione   sono   
     I  ) studiuarsi a  menoria la legge (  codicilli  e  pargrafi  compresi  )     per la procedura  richiesta  che  ti serve   , porti eventualmente  il tresto ,  e   mettirli davanti  al  fatto compiuto   

    II ) Usare come 


    in Le 12 fatiche di Asterix (Les douze travaux d'Astérix) film d'animazione francese del 1976 le  loro stessi  armi  






    emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

    Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...