Il rapporto di Meter sui pericoli per i bambini nell'era digitale
di Luigi Barnaba Frigoli
Adulti senza scrupoli che, utilizzando internet, adescano minori ignari per soddisfare le loro insane prurigini pedofile. Un fenomeno subdolo e inquietante che, purtroppo, in un'era dominata dalle nuove tecnologie come quella attuale, risulta essere sempre più all'ordine del giorno.
LA DENUNCIA L'allarme arriva dall'associazione Meter, sodalizio sociale con sede ad Avola (in provincia di Siracusa), fondato nel 1989 da don Fortunato Di Noto proprio per tutelare l'infanzia a 360 gradi. Impietosi i dati contenuti nell'ultimo rapporto divulgato in questi giorni. Un dossier che punta i riflettori su molte delle principali emergenze che interessano il mondo dei piccoli. Come il moltiplicarsi del numero di bambini con meno di 13 anni che aprono profili su Facebook e sugli altri social network all'insaputa dei genitori, esponendosi alle insidie dei cyber-orchi (1.274 le segnalazioni arrivate a Meter lo scorso anno contro le 1.087 del 2011).
LA ZONA OSCURA Ma a destare preoccupazione e sconcerto sono anche i numeri relativi al proliferare dei siti internet pedopornografici: oltre 100mila quelli scoperti dal 2002 a oggi, di cui 35mila individuati negli ultimi due anni. E questo solo per quel che concerne il web “visibile”. Quello, cioè, tradizionale, accessibile a tutti. L'ultima frontiera della cyberpedofilia, infatti, è rappresentata dal cosiddetto “deep web”. Si tratta di una sorta di sottorete internet, ad accesso più ristretto, quindi più subdola e difficilmente individuabile dalle autorità preposte (altamente specializzati in Italia sono gli agenti della Polizia Postale) dove sta aumentando in maniera pressoché incontrollabile la divulgazione di immagini che ritraggono minori in pose osé se non addirittura video di abusi e sevizie. In questa parte nascosta dell'universo internet sono stati ben 56.357 i siti finiti nel mirino negli ultimi mesi. Un mondo oscuro “a parte”, insomma; un luogo virtuale, che consente ai pedocriminali di tutto il pianeta di “incontrarsi” e di scambiarsi materiale indecente in perfetto anonimato. Una “free zone” 550 volte più vasta rispetto al web tradizionale, dove vengono illecitamente trafficati quasi 600 miliardi di file, che forze dell'ordine, agenzie educative ed enti in prima linea per la prevenzione fanno sempre più fatica a tenere sotto controllo.
GEOGRAFIA DEGLI ORCHI Il rapporto redatto da Meter riguarda anche la geografia dei siti pedofili. In questo senso, l'osservazione dei domini conferma il ruolo di spicco dei Paesi Europei nell'utilizzo della Rete per la diffusione di materiale a contenuto pedopornografico e, in particolare, della Russia che con le estensioni .ru e .su copre 571 degli oltre 1.500 siti segnalati negli ultimi tempi. L'Asia è rappresentata in primo luogo dal Giappone con il dominio .jp (267 siti), l'Africa in egual misura dalla Libia e dalle Isole Mauritius (rispettivamente 80 e 79), l'America dagli Stati Uniti (67) e l'Oceania dalle Isole Cocos (37).
Non esente dal giro, purtroppo, l'Italia. Anche la Penisola, infatti, ricopre il suo piccolo, squallido ruolo all'interno del panorama della criminalità pedofila in rete con 36 siti individuati. Più in generale, ad alimentare la rete pedopornografica mondiale è sicuramente l'Europa, che da sola detiene il 50,7 per cento della fetta di questa amara torta.
SEXTING Ancora, il rapporto Meter mette l'accento anche su nuovi, preoccupanti fenomeni che serpeggiano tra i giovanissimi parallelamente al diffondersi di internet. A cominciare dal sexting. Un neologismo composto dalle parole inglesi sex (sesso) e texting (digitare), che indica l'abitudine ad avere conversazioni a sfondo sessuale con amici o sconosciuti, arrivando anche a scambiarsi foto e filmati in atteggiamenti più che espliciti. Il risultato (tralasciando ovviamente le implicazioni sociologiche e psicologiche di questa vera e propria moda) è che i minori, più o meno inconsapevolmente e comunque senza riflettere sulle conseguenze, diventano essi stessi produttori di materiale pedopornografico, esponendosi al rischio di essere ricattati oppure di finire sugli schermi e nelle grinfie elettroniche delle persone sbagliate. Per comprendere l'entità del fenomeno anche in questo caso sono eloquenti i numeri: nel 2012 sono stati (parlando solo dei casi accertati) 5.640 i minori rimasti vittima di questo insano e sprovveduto giochetto.
FACEBOOK E CO Da questo punto di vista, la diffusione dei social network tra gli adolescenti - o meglio l'uso di questi ultimi senza debita supervisione da parte degli adulti – può contribuire ad amplificare il rischio. Da uno studio effettuato nel mese di novembre 2012 dallo staff di Meter nelle scuole primarie di Avola (770 gli alunni complessivamente intervistati) emerge che il 99 per cento dei bambini (di età compresa tra i 9 e i 10 anni) possiede un profilo su Facebook, quasi sempre attivato dopo aver falsificato età e identità. La conclusione? «È impressionante - osserva Meter - come bambini così piccoli abbiano la libertà, senza alcun controllo da parte dei genitori, se non marginale, di utilizzare i social network, che vengono percepiti più come un gioco che non come mezzo di comunicazione».
CYBERBULLI Non espressamente monitorato dal dossier di Meter, ma comunque diffuso tra le nuove generazioni, è anche il fenomeno del cyberbullismo, ovvero le molestie messe in atto da adolescenti nei confronti di altri adolescenti utilizzando email, messaggistica istantanea, blog e via dicendo. Senza tralasciare, anche in questo caso, Facebook, Twitter e gli altri social network. Stando a un rapporto del Telefono Azzurro, relativo al 2011, in Italia un ragazzo su cinque ha scoperto in Rete informazioni false sul proprio conto. Menzogne e accuse che in certi casi possono trasformarsi in minacce e persecuzioni. Un altro studio, del 2008, ha rilevato che su un migliaio di studenti delle scuole medie inferiori e superiori del nostro Paese circa il 15 per cento è stato vittima di bulli via chat, sms o posta elettronica. (....)
Questo perché, si legge nelle dichiarazioni d'intenti dell'associazione, «non basta solo la denuncia demandata alle forze di polizia, non basta solo un report o statistiche per la repressione o per stroncare il turpe commercio pedopornografico, ma ci vuole anche una rete capillare di persone competenti e motivate, capaci di collegarsi con la società in cui vivono, perché si crei una mentalità di vigilanza, di sostegno e protezione dell'infanzia come tale, rendendo l'abuso, e l'omertà che lo copre con i suoi paludosi silenzi, un crimine insopportabile per la coscienza collettiva».
Affidandosi a questa convinzione, dal 2002 l'opera di sensibilizzazione dello staff di Meter sul rischio rappresentato dalle nuove tecnologie per i minori ha raggiunto e coinvolto complessivamente oltre 18mila persone, tra cui 8.190 studenti, grazie a iniziative nelle scuole, convegni, dibattiti, corsi di formazione e incontri privati, organizzati in tutta Italia, da Roma a Savona, da Messina a Bari, passando per Siracusa, Marsala, Milano, Catania e Padova.
Ma, fortunatamente, sono molte le organizzazioni a tenere costantemente puntati i propri radar sulle insidie e sui problemi che riguardano i giovanissimi. Il già citato Telefono Azzurro, l'Unicef, l'associazione Prometeo solo per citarne alcune.
I RISULTATI E proprio in virtù dell'opera meritoria di queste realtà, che operano a stretto contatto con le forze dell'ordine, molti casi di pedofilia o di molestia nei confronti dei minori sono stati scoperti e sbaragliati. L'ultimo in ordine di tempo in Sicilia, ancora una volta grazie a Meter. Una segnalazione effettuata alla Procura di Siracusa proprio dal fondatore don Fortunato Di Noto ha infatti permesso di individuare e denunciare un uomo di 35 anni per aver adescato on-line un ragazzino di 11. Il sacerdote aveva ricevuto il racconto del padre del fanciullo, che era stato contattato da uno sconosciuto su Facebook ed era stato oggetto di alcune proposte di natura sessuale.
Dopo l'esposto di Meter, i magistrati hanno immediatamente autorizzato la Polizia Postale ad agire sotto copertura e dopo avere conquistato la fiducia del pedofilo, fingendosi a loro volta ragazzini sul social network, i cyberagenti sono riusciti ad ottenere un appuntamento con il sospettato, mettendolo di fronte alle sue responsabilità. Un caso eloquente, e purtroppo non isolato, dove le autorità hanno potuto intervenire, tra le prime volte in Italia, in virtù della Convenzione di Lanzarote, adottata anche dal nostro Paese lo scorso autunno.
LA CARTA DI LANZAROTE Si tratta di una serie di norme riconosciute a livello internazionale, che consentono, una volta inserite nei codici penali vigenti, di contrastare la pedocriminalità e i nuovi fenomeni di sfruttamento sessuale dell'infanzia.
Tra i capisaldi della Convenzione (fatta propria, oltre che dal governo italiano, anche da Danimarca, Francia, Grecia, Malta, Olanda, San Marino, Serbia, Albania e Spagna) l'introduzione di nuovi reati prima non previsti, come l'istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia e, appunto, l'adescamento attraverso internet.
La Convenzione, inoltre, prevede pene più severe per i maltrattamenti in famiglia, l'associazione a delinquere a danno dei minori, la prostituzione e la pornografia minorile.
Uno strumento importante, insomma, per condurre una battaglia sempre più ostica, ma che è necessario vincere a tutti i costi.