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5.9.24

Paraolimpiadi, il gesto che ha conquistato i cuori, Lukasz Mamczarz getta via le stampelle e salta con una gamba sola e la detterminazione di Carlotta Gilli, la malattia e il record di medaglie: «Tre anni complicati, dopo i Giochi devo tornare in ospedale»

 Nonostante  abbia   scritto  :  un post  d'elogio e  di  gioia  quando ho  appreso  che   ieri  (  adesso  sono  48  )  la nazionale  paraolimpica    ha  superato    quella  olimpica    in numero    di  medaglie   mi  rendo  conto      vista  l'impresa  di  Lukasz Mamczarz    , che   nostante  il settimo posto nella gara di salto in alto,  è diventato un’icona delle Paralimpiadi di Parigi  che   più  delle medaglie    sono :   la detterminazione   ed  il  coraggio   quello     che     conta  . Infatti  è     grazie a un gesto di forza e volontà che ha conquistato il pubblico blico.Vedendo il  video   (  vedere   sotto ) o la  sequeza    fotografica   di queste immagini ci rendiamo che troppo spesso ci fermiamo davanti ad un ostacolo pensando che sia impossibile da superare, ma nella realtà è soltanto un limite che ci poniamo. Complimenti a questo meraviglioso Atleta.  Infatti 

da https://www.msn.com/it-it/sport/other/

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Il salto che ha conquistato i cuori
Alle Paralimpiadi in corso a Parigi, il 36enne polacco Lukasz Mamczarz ha dimostrato che, più delle medaglie, sono la determinazione e il coraggio a rendere un atleta memorabile. Mamczarz, che ha perso la gamba sinistra in un incidente motociclistico nel 2009, ha partecipato alla gara di salto in alto nella categoria T63 e T42, riservata agli atleti con amputazioni sopra il ginocchio. Nonostante non abbia conquistato un posto sul podio, classificandosi settimo con un salto di 1 metro e 77 centimetri, il video del suo salto ha fatto il giro del mondo, totalizzando milioni di visualizzazioni sui social. Il filmato

mostra Mamczarz che, con due stampelle, si avvicina alla pedana e poi le getta via, chiedendo il sostegno del pubblico. Con un’incredibile rincorsa sulla sola gamba destra, il polacco stacca e supera l’asticella, tra gli applausi entusiasti del Stade de France. Una carriera di successi e ispirazione Nella competizione vinta dall’americano Ezra Frech con un salto di 1,94 metri, Mamczarz era l’unico atleta senza protesi, il che lo ha reso ancora più straordinario agli occhi degli spettatori. La sua performance ha ricordato i successi della sua carriera: Mamczarz aveva già rappresentato la Polonia alle Paralimpiadi di Londra 2012, dove vinse il bronzo nel salto in alto (T42). Ha conquistato altri riconoscimenti, tra cui due bronzi ai Mondiali di atletica paralimpica e due ori agli Europei nel 2014 e 2016. 


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 da  corriere  dela sera  tramite  msn.com 


Carlotta Gilli, la malattia e il record di medaglie: «Tre anni complicati, dopo i Giochi devo tornare in ospedale»

Carlotta Gilli, la sua Paralimpiade si chiude con cinque medaglie, come a Tokyo. Che sensazioni ha?

«Sapevo che Parigi 2024 sarebbe stata una grande sfida, diversa da Tokyo 2020, forse anche più difficile e questo ha reso tutto più straordinario».

Perché più difficile?

«Dopo l’ultima gara ho voluto prendermi del tempo e mi sono fermata a pensare agli ultimi tre anni, che sono stati complicati. Ho spesso interrotto la preparazione per girare fra ospedali, interventi, visite».


Cosa è successo?

«Mi hanno trovato un osteoblastoma alla colonna vertebrale, molto vicino all’osso, poteva essere pericoloso, anche intervenire. Ho ancora una operazione da fare nelle prossime settimane».

Non ha pensato di rinunciare? Lei ha 23 anni, a Los Angeles sarà nel pieno della maturità sportiva.

«La vita mi ha insegnato a non fermarmi davanti agli ostacoli e ho fatto il possibile per esserci. Volevo godermi le emozioni che solo il nuoto sa regalarmi».

Quindi queste medaglie pesano più di quelle di Tokyo?

«Alla vigilia nulla era scontato. Per questo, quando ero sul podio con quell’ultimo oro mi sono passati davanti questi tre anni, mi è sembrato di essere sulle montagne russe, fra cadute e risalite».

Eppure a Parigi la vasca è stata sua, non solo fra coloro che sono ipovedenti come lei: sempre a medaglia, ha vinto l’oro nei 100 farfalla e 200 misti, l’argento nei 400 stile libero, il bronzo nei 100 dorso e nei 50 stile.


«Potersi confermare con cinque medaglie è stato bellissimo, anche più che a Tokyo perché, oltre ai problemi che ho avuto, c’era il pubblico, gli amici, la famiglia. Per esserci si sono strette a me tante persone, ci terrei a dirlo».

É giusto, prego.

«La Federazione mi è sempre stata vicina. Il mio allenatore Andrea Grassini e il mio preparatore Pier Carlo Paganini mi hanno aiutato in piscina. Il personale dell’Ospedale Molinette a Torino, il professor Berguì, i dottori Martorano e Ravera lo hanno fatto dal punto di vista sanitario».

E poi c’è nonna Rina.

«Sempre presente alle mie gare. Mi dice: se ci credi, prova».

C’era tutta la sua famiglia a Parigi, e non solo. Con mamma Tiziana a papà Marco, tanti suoi amici e amiche.

«Dedico a loro quell’ultimo oro, ma anche a chi mi vuole bene mi segue da casa. Se sono riuscita a fare quello che ho fatto è anche grazie a loro, perché la vita dell’atleta non è per niente facile».


I momenti più difficili?

«La prima operazione che ho fatto nel 2022. Entri in una sala operatoria e non sai come esci. Ho capito una volta di più le priorità della vita, quanto conta la salute. Poi ne ho fatta una ad aprile dello scorso anno e a giugno avevo i Mondiali».

Vinse una medaglia d’oro, una d’argento e un bronzo.

«Mi sono detta: ho fatto un miracolo».

Parigi l’ha ripagata.

«Non solo per le medaglie e le vittorie. Anche le soddisfazioni per la Nazionale: siamo tutti amici, condividiamo tutto, anche le sconfitte. É stato come chiudere il percorso di questi anni difficili».

1.9.24

Perché Olimpiadi e Paralimpiadi non si fanno in contemporanea ed altre storie paraolimpiche



Oggi quarto giorno di Paralimpiadi .
Chi vince una medaglia può fare due cose, quando passa da un metal detector: togliersela, per non farlo suonare, oppure approfittarne per pavoneggiarsi un po'  come  il  caso  dell'italiano Antonino Bossolo, bronzo nel taekwondo -63 kg . 




Ma  veniamo     al  quesito che   si pongono  molti  ( compreso il sottoscritto ) Perché Olimpiadi e Paralimpiadi non si fanno in contemporanea  ? 

Le Olimpiadi e le Paralimpiadi non si svolgono contemporaneamente per diverse ragioni storiche, logistiche e organizzative.  Infatti   se  si legge   la storia  delle  parolimpiadi   è  dal 2001,   che  il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) e il Comitato Paralimpico Internazionale (IPC) hanno firmato un accordo che stabilisce che la città ospitante delle Olimpiadi deve anche organizzare le Paralimpiadi1. Questo accordo è stato pensato per garantire che entrambe le manifestazioni abbiano la giusta attenzione e risorse, utilizzando le stesse strutture e infrastrutture
Inoltre, tenere i due eventi separati permette di dare maggiore visibilità agli atleti paralimpici e di celebrare le loro imprese senza che vengano oscurate dalle Olimpiadi3. Questo approccio aiuta a promuovere l’inclusione e a sensibilizzare il pubblico sulle capacità e i successi degli atleti con disabilità  .  Infati  
 

  dalla     NW  di paris   di ilpost.it

Quando la città di Boston provò ad aggiudicarsi l'organizzazione dei Giochi del 2024 – ritirò la candidatura nel 2015 – propose di invertire l'ordine dei due eventi: prima le Paralimpiadi, poi le Olimpiadi. L'idea era che le Paralimpiadi ne avrebbero guadagnato in visibilità, e allo stesso tempo le Olimpiadi avrebbero avuto un evento per “testare” su scala ridotta la macchina organizzativa. Fu una proposta presto respinta, come avviene tutte le volte in cui ciclicamente si parla della possibilità che Olimpiadi e Paralimpiadi vengano fatte nello stesso periodo, in teoria con la speranza di dare più visibilità alle Paralimpiadi: fu una questione molto dibattuta prima delle Paralimpiadi di Rio 2016, quando il comitato organizzatore ebbe molti problemi a vendere i biglietti per le gare (ma poi ci riuscì).
Secondo entrambi i Comitati internazionali, olimpico e paralimpico, queste proposte non solo non funzionerebbero, ma non sarebbero nemmeno praticabili: organizzare i due eventi in contemporanea richiederebbe uno sforzo logistico enorme e rischierebbe di produrre l'effetto opposto sul pubblico, cioè di togliere attenzione alle Paralimpiadi. Per Andrew Parsons, presidente del Comitato paralimpico internazionale, è invece un bene che ci sia «un momento unico per celebrare gli atleti paralimpici». Parsons rifiuta anche la proposta di anticipare le Paralimpiadi, che secondo lui non dovrebbero in alcun modo «essere viste come un test per le Olimpiadi».
Ecco quind  che   , semre  secondo  la   Nw , nel 2001 i due comitati firmarono un accordo per tutelare i Giochi paralimpici, stabilendo che da Pechino 2008 in poi dovessero tenersi sempre poco dopo quelli olimpici, usando lo stesso villaggio, facendo le gare negli stessi posti (più o meno) e coprendo le spese di entrambi gli eventi con lo stesso budget.


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La saltatrice in lungo Tara Davis e il velocista paralimpico Hunter Woodhall, che sono sposati e si allenano spesso insieme (AP Photo/Michael Woods)

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Il rugby in carrozzina è uno sport in cui scontri, contatti fisici al limite e ribaltamenti delle carrozzine stesse sono talmente frequenti che è stato soprannominato murderball: e non vi sfuggirà che “murder” in inglese significa “omicidio”. È in effetti uno sport all'apparenza piuttosto violento, anche se i giocatori sembrano impassibili a qualsiasi cosa gli capiti: appena ci si abitua, comunque, diventa molto divertente perché è estremamente rapido e dinamico.
È uno sport che mischia elementi del rugby ad altri del basket e della pallamano, e come nel rugby i punti si fanno oltrepassando una linea di meta in fondo al campo. La palla però è rotonda. Si gioca su un campo al chiuso grande quanto quello da basket, e infatti fu inventato negli anni Settanta proprio come alternativa al basket in carrozzina. È uno sport misto, in cui uomini e donne giocano insieme: ogni squadra ha 4 giocatori e giocatrici a cui viene assegnato un coefficiente da 0,5 a 3,5 in base al livello di limitazione fisica o della capacità di gioco dovuto alla disabilità, e la somma dei coefficienti in campo non può superare 8 (per ogni donna in campo però si ha uno 0,5 in più).
Il rugby in carrozzina sta avendo un crescente successo negli ultimi 10 anni soprattutto grazie a una regola che dal 2008 lo ha reso più intenso e spettacolare: quella per cui ogni squadra ha al massimo 40 secondi per un'azione d'attacco (ogni giocatore, poi, non può tenere la palla per più di 10 secondi senza passarla o palleggiare).
Le carrozzine sono diverse a seconda del tipo di giocatori: quelli di difesa ne hanno una con una sporgenza davanti per permettere di contrastare gli avversari (gli vanno proprio addosso alla massima velocità), mentre quelli d'attacco ne hanno una più adatta all'agilità di manovra in spazi stretti. La fisicità è una delle cose che giocatori e giocatrici preferiscono di questo sport, e ciascuno ha le sue storie di cicatrici, dita maciullate e ossa rotte durante le partite da raccontare con fierezza. Le carrozzine si ribaltano spesso, sì: e altrettanto spesso sono da aggiustare.


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Anche nelle paraolimpiadi ci sono donne incinte che hano scelto di gareggiare


Sette mesi


Non sono molte nella storia delle Olimpiadi le atlete che hanno gareggiato mentre erano incinte, e fino a questa edizione non ce n'era mai stata nemmeno una alle Paralimpiadi (o almeno non che si sapesse): poi è arrivata l'arciera britannica Jodie Grinham, che si è presentata a Parigi 2024 al settimo mese di gravidanza. Se in un certo senso il tiro con l'arco può sembrare uno sport più adatto di altri a essere praticato anche in gravidanza, perché richiede meno movimenti, per altri versi non lo è affatto. Nel momento del tiro le arciere hanno bisogno del massimo della concentrazione, di abbassare il proprio battito cardiaco e di
controllare la respirazione in modo da scoccare la freccia solo quando sono completamente ferme: ecco, pensate dover fare tutto questo con un feto di sette mesi in pancia.
Ieri Grinham (  foto  a  sinistra  ) ha vinto la medaglia di bronzo nel torneo individuale dell'arco compound (un tipo di arco che ha alcuni accorgimenti per limitare gli sforzi fisici), ed è stata in qualche modo storica. Durante la gara «il bambino non ha smesso di muoversi», ha detto Grinham, che ha spiegato di aver fatto allenamenti specifici per controllare quella situazione. Sarà difficile dopo di lei vedere alle Paralimpiadi atlete con gravidanze più avanzate. Nella storia delle Olimpiadi moderne si ha notizia di 25 atlete che hanno gareggiato incinte, ma nessuna al settimo mese.


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La più giovane di tutta la delegazione italiana


Dei 141 atleti e atlete italiani a queste Paralimpiadi, la più giovane in assoluto è Giuliana Chiara Filippi  ( foto  a   destra )  , che è del 2005 e deve ancora compiere 19 anni. Gareggia nei 100 metri e nel salto in lungo della categoria T64, per atlete con disabilità a un arto inferiore sotto al ginocchio: a Filippi manca il piede destro dalla nascita.
Nonostante sia molto giovane, quest'anno ha già fissato i record nazionali praticamente in tutte le sue specialità: 60, 100 e 200 metri, oltre al salto in lungo. Ieri è arrivata nona nella finale di salto in lungo e il 5 settembre tornerà a gareggiare nei 100 metri. Qualche settimana fa lei stessa aveva detto di andare a queste Paralimpiadi «senza aspettative», perché «comunque sono ancora giovane»: ma è una di quelle atlete da cominciare a tenere d'occhio.




Infatti    è  leggendo  le  sue  dichiarazioni    che non vedo  una  grande   sostanziale     differenza , in qiuanto  lo  spirito olimpico   è lo stesso  ,   tra  i  giochi olimpici  e  paraolimpici 

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Un'altra medaglia per Carlotta Gilli, una delle atlete di punta della nazionale italiana a queste Paralimpiadi: è la terza, e nei prossimi giorni gareggerà ancora.


Un'altra medaglia per Carlotta Gilli, una delle atlete di punta della nazionale italiana a queste Paralimpiadi: è la terza, e nei prossimi giorni gareggerà ancora.

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Gli esseri umani fanno ricorso a protesi di vario tipo fin dall'antichità, ma per molto tempo il loro scopo è stato più che altro quello di nascondere la mancanza di un arto. Affinché siano utili e funzionali, invece, in tempi più recenti si è capito che le protesi non devono per forza assomigliare agli arti umani.











 



16.12.21

convivere o continuare a lottare con il tuo handicap ? io ho scelto di conviverci e l'accettarlo

 
La  risposta  alla mia auto  elucubrazione mentale     di tipo marzuliano     cioè  farmi  le  domande   e  darmi le risposte    è confermata  da    questa email   e dal botta  e  risposta  che n'è  scaturita  


“Ciao Ulisse 
Ti racconto la mia storia.
Ma tu sei sorda ? Sì.

Se mi hai risposto, non puoi esserlo.Quando mi trovo in una situazione come questa, mi viene sempre voglia di tirare un pugno. Poi mi pongo delle domande e provo a darmi delle risposte. Mi chiedo come mi vedono gli altri, cosa pensano. Per tanti anni ho nascosto a me stessa la mia sordità, dietro i capelli, fingendo che tutto andasse bene. Finché mi sono accorta che stavo vivendo solo a metà. Allora ho deciso di reagire. Ho iniziato a chiedere di ripetere quando non sentivo, a dire di parlare più forte, o più lentamente. Tutti si stupiscono quando faccio vedere l’impianto, perché l’unica sordità che conoscono è quella affiancata al mutismo. Quindi, per la gente, se sei sorda non dovresti saper parlare bene, né sentire quello che ti dicono, lavorare, guidare la macchina, dare gli esami da sola. Quando mi dicono così, vorrei gridare e far sapere a tutti quello che mi porto dietro. Anni di sofferenze, di sforzi, di giornate intere passate davanti allo specchio, cercando di posizionare la lingua nel verso giusto attraverso un cucchiaino che spesso mi faceva salire la nausea, giornate intere a guardare il movimento della mia bocca per vedere se era corretto, a fare gli esercizi che la logopedista mi assegnava.  Giornate intere per cercare di essere quella che sono.  Da due anni ho l’impianto cocleare, è come essere nata una seconda volta.  Da quando sono uscita allo scoperto, provo a parlare, a far capire alla gente la diversità di ognuno di noi, perché la disabilità non va classificata.  Ho sempre visto la mia sordità come un nemico da annientare.  Mi sono ostinata a essere quella che non sono, fino a quando ho capito che per sconfiggere davvero il nemico, avrei dovuto amarlo. E così è stato.

                   Grazie di cuore per l'attenzione  Antonella  


Cara   Antonella 
Sfondi  una porta    aperta  . Anch'io   sono sordo   per  il 90 % è  capisco  benissimo  la  tua situazione  pur  non avendo per mia rinuncia    la protesi  . Ho dovuto  rinunciare  perchè  : 1)    sarebbe stata  tutta  interna  e quindi c'è  la  paura   che  si possa guastassi o  sorga  qualche  problema   debbano   martoriarmi     ., 2)   perchè la prima  parte    , andata bene   , dell'intervento è  stata pesante   e   per     mettermi tale protesi  dovrebbero  riaprirmi    di nuovo  con il rischio , come  nell'intervento precedente   che toccando il nervo  ,  mi creino o provvisoriamente  o  definitivamente  una paralisi facciale   .
Quindi ho deciso d'accettare  , ulteriormente  che  a destra   non sento   in  quanto  l'orecchio  è  un orecchio chiuso    visto che la malattia precedente  ,  nonostante  diversi interventi , mi abbia  " mangiato  tutto l'apparato uditivo  interno . 
Ho  affrontato in passato e  continuo  ad  affrontarlo tutt'ora   il tuo  stesso problema  .  Infatti  nello scrivere  la  la  tesi di laurea   ho faticato parecchio per  il problema  degli spazi   tra  una parola  è l'altra . Infatti sul  web  nei News groups  ,   venivano  sopranominato la  pistola  del  web    perchè  scrivevo   con spazi molti    ampi  . 

Coraggio     non sei sola  


17.10.21

« Ho perso una gamba, ho trovato una vita piena» «PENSAVO CHE PER ME FOSSE FINITA», RACCONTA GIULIA MUSCARIELLO , «MA HO SCOPERTO DI ESSERE FORTISSIMA»

Dopo questo   bruttissimo  incidente   

  da  https://www.inprimanews.it/fatti/

L’incidente, positivo all’alcol test il giovane che ha investito la 18enne

1 Agosto 2020
Incidente Nocera Superiore con logo

Sono entrambi di Cava dè Tirreni, alla ragazza amputata una gamba, l’incidente fuori dal Mc Donald’s di Nocera Superiore: con un’amica era seduta su un muro

Incidente Nocera Superiore gamba amputata con logo

E’ risultato positivo all’alcol test e cannabis il giovane di 24 anni che giovedì sera ha causato un incidente investendo con la sua Mini una ragazza di 18 anni. Entrambi sono di Cava dè Tirreni. Il giovane alla guida dell’automobile è un istruttore di nuoto. Giovedì era il suo compleanno. Con alcuni suoi amici aveva deciso di passare al Mac Donald’s di Nocera Superiore per un panino. Con la sua automobile, nell’imboccare l’ingresso del parcheggio del ristorante in via Nazionale, ha travolto la ragazza ed una sua amica che erano sedute sul muretto laterale.
carabinieri della stazione di Nocera Superiore sono al lavoro per determinare l’esatta dinamica dell’incidente stradale e capire se l’impatto sia stato provocato dalla velocità. L’unica cosa certa è che alla ragazza i medici hanno dovuto amputare la gamba sinistra dal ginocchio in giù. “Non è stato facile decidere – ha detto il dottore Michele Cioffi, dirigente del reparto di ortopedia dell’ospedale Umberto I di Nocera Inferiore – ma alla fine era l’unica cosa da fare. L’arto era troppo compromesso. La ragazza, dal punto di vista clinico, sta bene. Diversamente da quello psicologico, un trauma troppo forte per una giovane”. L’intervento chirurgico, iniziato verso le 3 del mattino di venerdì, si è concluso dopo diverse ore.


Giulia Muscariello si è ripresa psicologicamente benissimo infatti :
Alla vita voglio dire che ce la farò, che voglio continuare a essere la persona che sono e che in futuro vorrei aiutare chi si ritrova nelle mie condizioni e si sente smarrito, magari con un’associazione, vedremo. E invece a Chiara vorrei chiedere di non sentirsi mai più in colpa per me, ho fatto quel gesto per istinto, la considero una sorella, la nostra amicizia mi ripaga di tutto ogni giorno – Giulia Muscariello a aleteia.org
Inoltre  leggo sul settimanale Oggi del  14 Oct 2021 quest articolo di Stefania Fiorucci foto Salvatore Esposito/Contrasto ed  ha   fatto  suo  il    film   Barbacue  di diretto da Éric Lavaine. in cui   Il malore diviene un'opportunità. Un momento della propria esistenza per riflettere su di essa e sui rapporti umani con chi lo circonda. Lavoro, amori, rapporti sociali, paura d'invecchiare appaiono allora nella loro dimensione reale e più veritiera. La vita appare ora, non come la gara per essere i primi, amati, simpatici. Antoine, comprende come sia più importante scoprire i valori reali dell'esistere al di là delle ipocrisie e finte relazioni sociali.
SONO RIMASTE INSEPARABILI Giulia (a destra, indicata dalla freccia), con la sua amica del cuore, Chiara Memoli, 19, alla quale ha salvato la vita. «Lei era disperata, ma le ho fatto capire che non deve sentirsi in colpa per me», spiega.

Signora Muscariello? Il Presidente Sergio Mattarella le ha conferito l’onorificenza di Alfiere della Repubblica Italiana». Ecco, quella telefonata del sindaco di Nocera Superiore Giovanni Maria Cuofano ha segnato l’inizio della mia nuova vita». Giulia Muscariello, 19 anni, è la ragazza che senza pensarci due volte aveva salvato la sua migliore amica dall’impatto con una macchina lanciata a tutta velocità, rimettendoci una gamba. È stata scelta, insieme ad altri 27 giovani, per rappresentare il coraggio e il valore dei ragazzi ed è in attesa di essere ricevuta al Quirinale. «Che colpo ricevere quella chiamata, mi ha aiutata a vedere il futuro come il classico bicchiere mezzo pieno. Subito dopo l’incidente il domani mi appariva buio, ero demoralizzata, stavo troppo male per capire che avrei avuto lo stesso una vita piena». Come si sentiva ? «Pensavo che la mia vita fosse finita, che non avrei potuto fare più niente. Invece, da sola, mi sono accorta giorno dopo giorno che se c’è la volontà tutto torna e anche più di prima. Dall’avere poca autostima sono passata a sentirmi  più completa, più consapevole di quella che sono. Ho perso un pezzo di me ma ho scoperto una Giulia fortissima». Questo tornare a sorridere avrà fatto bene anche ai suoi genitori. «Certo. La cosa più difficile è stata far capire a loro, troppo premurosi e apprensivi, che potevo farcela da sola, riprendere a uscire, a studiare, a passeggiare con gli amici. Tutti e due avevano grandi sensi di colpa e stavano molto male. Papà quella sera non voleva mandarmi a dormire dalla mia amica Chiara e non faceva che ripetermi: se fossi stato risoluto, oggi avresti ancora la gamba. Mamma cercava di farmi fare la vita di prima anche se dentro si logorava. Invece io sono fatalista e penso che se le cose devono succedere, succedono».
Anche Chiara Memoli, la tua amica, si sarà sentita in colpa. «Si disperava, diceva che mi doveva la vita e per questo ero rimasta senza gamba. Ha avviato anche una raccolta fondi per me. Col tempo le ho
fatto capire che tutto quello che volevo era averla vicino. E che se fossi tornata indietro avrei fatto esattamente la stessa cosa. È stato un gesto istintivo, l’istinto rivela chi sei e cosa provi. Oggi stiamo sempre insieme». 
Quest’anno si è diplomata con ottimi voti. Come è andato il ritorno in classe dopo l’ospedale?
«Bene. Sia gli insegnanti sia i compagni mi hanno trattato esattamente come prima. Inizialmente andavo a scuola con la sedia a rotelle perché non avevo la protesi. Quando stavo male mi rifugiavo nei libri per non pensare a niente. Poi ho ripreso a camminare, a passeggiare davanti al mare, a fare tutto. Mi sono impegnata per questo perché non mi andava di vedere gli sguardi di compassione. Ho anche un ragazzo. La storia era nata pochi giorni prima dell’incidente, quindi ero quasi certa che decidesse di lasciare perdere. Cercavo di non dargli importanza per non rimanerci male. Invece mi è stato vicino tutti i giorni in ospedale con videochiamate a ogni ora, giorno e sera. Sono felicissima di aver trovato una persona come lui, che non mi ha fatto mai sentire diversa, ma speciale».

Progetti a breve scadenza?

«La patente. Sono bravina, lo capisco dalla faccia del maestro che non è terrorizzata quando guido. Poi, con il cambio automatico, è tutto più semplice. Quella sarà sicuramente una grande libertà. E poi mi piacerebbe fondare un’associazione che si occupi di chi ha perso un arto: quando sono stata al centro protesi per la prima volta ho incontrato tante persone, alcune disperate, non riuscivano ad affrontare la disgrazia. A me ha aiutato molto avere esempi come la deputata Giusy Versace, l’influencer Nina Rima, Paola Antonini, una supermodella brasiliana che ha perso la gamba da ragazza. E poi l’olimpionica paralimpica Monica Contrafatto, una vera eroina».

Nelle nostre foto, però, a differenza di loro, nasconde la protesi. «Sì. Visto che ho ancora una protesi non proprio bellissima da vedere, compro pantaloni su pantaloni così la nascondo. Ma appena arriverà quella che sembra una gamba vera, tornerò al “corto”, pantaloncini, gonne...».

Non vorrà andare al cospetto di Mattarella in jeans?

«No!!! Sarò molto bon ton. La cosa più bella sarà rubare al Presidente Mattarella quei cinque secondi per dirgli un grazie di cuore perché gli devo tanto, perché con questo gesto ha riacceso la luce sul mio futuro».

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...