e per citare don Lorenzo Milani ( 1923-1967 ) : << una parola non imparata oggi è un calcio in culo domani >> che
Ma soprattutto che il potere usa la lingua e le parole per assoggettarci come mettono benissimo in evidenza questi due libri
Il primo
In un mondo in cui le parole vengono manipolate e travisate, Gianrico Carofiglio ci ricorda in questo saggio che restituire loro il senso è il primo, indispensabile passo per fondare la verità: dei sentimenti e delle idee. La sua indagine si concentra su. una selezione di parole-chiave – “vergogna”, “giustizia”, “ribellione”, “bellezza”, “scelta” - e su un ambito a lui familiare, quello del linguaggio dei giuristi, che più di altri produce conseguenze concrete sulle persone e sul mondo. È un'indagine a un tempo linguistica, letteraria e storica - e dunque, inevitabilmente, critica e civile - che si dispiega attraverso il confronto con grandi autori e grandi testi: da Tucidide a Victor Klemperer, da Cicerone a Primo Levi, da Dante a Kavafis, da Italo Calvino a Piero Calamandrei alle pagine esemplari della Costituzione italiana.
il secondo
IL LIBRO CHE SPIEGA COME FUNZIONA E A COSA SERVE LA MACCHINA DEL FALSO Se un tempo le verità inconfessabili del potere erano coperte dal silenzio e dal segreto, oggi la guerra contro la verità è combattuta sul terreno della parola e delle immagini. Perché chiamiamo democratico un Paese dove il governo è stato eletto dal 20 per cento degli elettori? Perché dopo ogni “riforma” stiamo peggio di prima? Come può un muro di cemento alto otto metri e lungo centinaia di chilometri diventare un “recinto difensivo”? In cosa è diversa la tortura dalle “pressioni fisiche moderate” o dalle “tecniche di interrogatorio rafforzate”? Perché nei telegiornali i Territori occupati diventano “Territori”? Perché un terrorista che compie una strage a Damasco diventa un ribelle? Che cosa distingue l’economia di mercato dal capitalismo? Rispondere a queste domande significa occuparsi del grande protagonista del discorso pubblico contemporaneo: la menzogna. Vladimiro Giacché ha studiato nelle università di Pisa e di Bochum (Germania) ed è stato allievo della Scuola Normale di Pisa, dove si è laureato e perfezionato in Filosofia. È partner di Sator e presidente del Centro Europa Ricerche (Roma), autore di numerose opere e saggi. I suoi libri più recenti: Titanic Europa. La crisi che non ci hanno raccontato (2012), tradotto in lingua tedesca; Anschluss - L’annessione. L’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa (2013), tradotto in tedesco e francese; Costituzione italiana contro trattati europei. Il conflitto inevitabile (2015).
Cosi pure che le parole fanno male in quanto : << non esistono parole sbagliate .Esiste un uso sbagliato delle parole >> e che come evidenza l'intenzione del portale i http://www.parlarecivile.it/home.aspx
il cui progetto
è volto a fornire un aiuto pratico a giornalisti e comunicatori per trattare con linguaggio corretto temi sensibili e a rischio di discriminazione. È il primo in Italia che affronta in una cornice unica i seguenti argomenti: Disabilità, Genere e orientamento sessuale, Immigrazione, Povertà ed emarginazione, Prostituzione e tratta, Religioni, Rom e Sinti, Salute mentale.Il progetto consiste in un libro dallo stesso titolo (edito da Bruno Mondadori, 2013) e nel presente sito web, che contiene oltre 200 schede su parole chiave redatte alla luce dell’etimologia, dell’uso corrente, dei dati, di innumerevoli esempi di buono o cattivo uso nella comunicazione, di alternative praticabili.
Parlare civile è un’opera di servizio, di documentazione e formazione. Le schede sono compilate con lo sforzo di essere didattiche e informative, e non censorie o prescrittive, nella consapevolezza che il linguaggio non è statico ma in continua trasformazione. I casi giornalistici citati a mo’ di esempio non indicano il nome della testata o dell’autore dell’articolo, ma soltanto la tipologia (quotidiano nazionale, sito internet, data di pubblicazione ecc.). Per la spiegazione dei termini, le schede si basano sull’uso scientificamente certificato e più accreditato, quello più accettabile e in cui non è insita una possibile discriminazione o un’offesa.
ma il politicamente corretto a tutti costi di cui parla, e di cui mi trova completamente d'accordo , Michele Serra nella sua rubrica su repubblica d'oggi 6\4\2017
Infatti come dice su https://www.facebook.com/AmacaMicheleSerraRepubblica/ il commento di
Un esempio di grande attenzione e sensibilità dell'Amministrazione penitenziaria e dello stato ... a parole .
Antonio Aiosa
L'ipocrisia del linguaggio esonera dal problema, dal farsene realmente carico, anche solo moralmente!
Se lo chiami "non vedente" invece di "cieco" lo avrai rispettato così tanto da potertene fottere delle barriere architettoniche!
Se parli di "alternanza scuola/lavoro" (ipotizzando che dei ragazzini di ginnasio siano in grado di ipotizzare una azienda, fare il business plan, metterla in esercizio e portare il bilancio in utile) puoi fregartene che di lavoro vero per i giovani poi non ce ne sia affatto!
Parole, parole, parole... cantava Mina!
E poi scusate Nelle carceri la parola assistente si usa da molti anni, mentre la cella è e resta cella, senza che per questo qualcuno si senta offeso come persona. Ci si sente offesi sempre per questioni di diritti e dignità negati. La camera di pernottamento sovraffollata col quarto materasso sotto il letto a castello e un bagno per nove persone rendono la "camera di pernottamento" insopportabile, non la parola che la descrive. L'edificio penitenziario possiamo chiamarlo come vogliamo, ma come disse un detenuto "la galera è galera e la capisce solo chi la fa", con buona pace degli sforzi retorici ministeriali. Esistono parole obsolete nel nostro linguaggio ed è giusto che ce ne occupiamo per cambiarle se le nuove portano ad una maggiore accettazione dell'altro. Ad esempio mi chiedo da molti anni perché non ci sia un dibattito sull'eliminare le parole patrigno e matrigna portatori a priori di una connotazione linguistica negativa che finalmente potremmo abbandonare. Nel frattempo le camere di pernottamento con le sbarre si possono continuare a chiamare con una sola parola, celle. Infatti
Franco Cascio Come se descrivendola con parole migliori e positive, la situazione carceraria potesse cambiare in quanto a confort e rispetto.Continueranno ad essere 5 in una cella, anche se la chiamassero "suite", continueranno a verificarsi pestaggi e suicidi e qualche uccisione. Nessuno avrà nessun vantaggio dal cambiamento delle parole, neanche i piantoni o guardie carcerarie o "assistenti alle persone" e i carcerati continueranno ad essere galeotti, ladri ed assassini, almeno quelli che lo sono veramente. Gli unici ad averne una gratifica saranno i membri della Amministrazione Penitenziaria, pieni di ipocrita gioia per avere migliorato le apparenze. Cosi ,come spesso avviene in Italia, ci si convince di avere risolto un problema, emanando una norma nuova.
Un esempio di grande attenzione e sensibilità dell'Amministrazione penitenziaria e dello stato ... a parole .
Anna Kratter E il suicidio, molto diiffuso tra gli ospiti delle camere di pernottamento, come lo dobbiamo chiamare?Orietta Tami Ha disdetto la camera?
la soluzione , vi chiederete .L'avevo proposta in questi due articoli ( chi mi segue dalle origini o mi conosce già perchè lege anche i mie extra su sui social : facebook e twitter può saltarli e passare direttamente al video sotto riproposto sotto che riassume la situazione in particolare nell'intervallo 25.30 -32.58\33 )
- http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.it/2013/07/un-timido-elogio-della-parolaccia-con.html
- http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.it/2013/10/basta-con-la-volgarita-gratuita.html
non so più che altro dire alla prossima