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22.7.15

Viareggio Un figlio e il cancro: la sfida di Chiara Viareggio: scopre il tumore in gravidanza ma riesce a sconfiggerlo.

canone   consigliata  durante la lettura
IL mondo  --  Csi  

la storia di Chiara che ha scoperto di avere un tumore in gravidanza. È riuscita a diventare mamma e a guarire dal cancro. Ora con un progetto fotografico aiuta le donne a liberarsi dal peso della malattia e dalla paura di morire

Un figlio e il cancro: la sfida di Chiara
Viareggio: scopre il tumore in gravidanza ma riesce a sconfiggerlo. Ora con altre 11 donne si mette in gioco : «Possiamo vincere» di Valentina Landucci





VIAREGGIO. Nel suo grembo ha portato la vita e la morte: suo figlio e il cancro. Tra lei e il suo piccolo c'è stato, per così dire, uno scambio: lei gli ha donato la vita e da lui in qualche modo l’ha ricevuta in cambio.
Chiara Vogliazzo è una bella mamma di 43 anni di Massarosa. Sorriso luminoso, straordinario senso dell’umorismo e una piccola cicatrice sulla pancia, il segno della sua grande e indicibile paura: morire per quella malattia scoperta diventando madre. Un inferno vissuto nel silenzio, tra terrore e speranza. E quel bambino. «È lui che mi ha dato la forza, che mi ha ridato la vita» racconta a distanza di 4 anni dall'operazione: cancro al colon.
Ora Chiara sta bene. Si sottopone a controlli periodici, ma sta bene. E ha deciso di mettersi in i gioco   con il sorriso e in modo originale ideando il progetto “Cicatrici di vita”: la sua e quella di altre 11 donne che come lei si sono fatte fotografare per un calendario mostrando i segni delle operazioni subite per combattere il cancro. Hanno sofferto e combattuto. E ora sorridono di fronte all’obiettivo, alla vita: hanno vinto loro.
«È vero le cicatrici sono profonde - spiega Chiara parlando del suo progetto - ma la rinascita è ancora più forte e dodici donne vogliono mostrare che dal cancro si può guarire e se ne può uscire con il sorriso facendo pace con le proprie cicatrici sia dell'anima che del corpo».

Come hai scoperto la malattia?

«Ho scoperto di aspettare un figlio, tanto desiderato, nella primavera del 2010. Durante uno dei controlli è venuto fuori che avevo una anemia molto forte. Mi ricoverano, faccio delle trasfusioni, scoprono che ci sono delle perdite e che sono necessari ulteriori accertamenti che decido di fare ma solo in parte perché il mio unico obbiettivo è portare a termine la gravidanza. Mi dico: “Una volta che ho partorito si vedrà”. E il 20 dicembre del 2010 nasce il mio bambino. Qualche settimana dopo il parto, come prevede la tabella dei controlli, vado dalla mia ginecologa che è anche il mio medico curante, per una ecografia per vedere se l'utero si è riassorbito. Mi dice che c’è una massa nell’intestino, è preoccupata: bisogna urgentemente fare una colonscopia e capire che cos’è. E gli accertamenti confermano che è necessaria un’operazione d'urgenza. Mi hanno spiegato che la situazione era grave ma potevo guarire».

Avevi un bimbo di poche settimane a casa ad aspettarti, come hai reagito?

«È stato come sprofondare nel baratro più profondo che si possa immaginare. Ho pensato subito al mio bambino. Ho pianto tutte le lacrime del mondo, vissuto momenti di puro terrore, avevo paura di morire. Pensare al mio bambino era la tragedia più grande ma allo stesso tempo è stato lui la mia più grande forza. Mi dicevo: oddio, rimarrà senza mamma. E insieme: ce la devo fare, devo crescere lui. Piangevo a dirotto ma dovevo pensare positivo».

Il 2 maggio 2011 vieni operata al Versilia: c’è la conferma che si tratta di un cancro. E dopo l’operazione comincia un altro dolorosissimo percorso: la chemioterapia. Sei mesi. Come li hai vissuti ?


«La terapia non mi ha fatto perdere i capelli ma mi dava malessere e dolori che mi rendevano difficile prendere in braccio mio figlio. Lo guardavo negli occhi e la paura di morire si moltiplicava milioni di volte. In quel periodo gli ho scritto una lettera… per dirgli come mi sarebbe piaciuto che fosse da grande se io non ci fossi stata più».

E di tutto questo non ha mai fatto parola con nessuno. Almeno fino a un certo punto.

«Ho condiviso questo percorso con i familiari e le amiche più care. Ma come sempre nella mia vita anche di fronte al cancro avevo deciso di vivere il mio dolore in silenzio in contrapposizione con il mio carattere solare. Con il rientro al lavoro, a inizio 2012, decido di mettere “tutta questa roba” in uno sgabuzzino dicendomi “è passata così”. Ma cose così grandi - e forse è anche un bene - prima o poi ti presentano il conto. Nel mio caso è successo con un corso di fotografia che comincio a frequentare a inizio 2013 con il maestro Alessandro Citti. Che nelle sue lezioni non parla solo di tecnica ma anche di immagini e emozioni: in me si smuove qualche cosa. E mentre sono alla guida della mia macchina diretta alla cena organizzata per la fine del corso di fotografia mi viene in mente di chiedere al maestro se se la sente di fotografare le cicatrici di donne operate di tumore per farne un calendario a scopo benefico. Accetta subito. Mi si allarga il cuore: conoscevo il maestro da pochissimo tempo e subito aveva dato la sua disponibilità a realizzare gratuitamente le fotografie per aiutare a sensibilizzare il più possibile su questo argomento, far parlare di questo tema. Con lui siamo subito d’accordo anche su un altro fondamentale aspetto del progetto. Le immagini devono trasmettere un messaggio positivo, non vogliamo foto tetre, ma modelle che sorridono e che trasmettono un messaggio di fiducia e speranza».

A questo punto ti sei messa alla ricerca delle modelle. E tu sei una delle 12 protagoniste del calendario che dovrebbe essere pubblicata a ottobre, di cui peraltro ha già parlato, raccontando anche la tua storia, la direttrice del settimanale Donna Moderna. È stato facile trovare donne disponibili a farsi fotografare mostrando le proprie cicatrici ?
«È stata la cosa più difficile, psicologicamente. È stata la mia terapia. Dovevo raccontare ad altri quello che è successo a me. E sentire le loro storia. Ho ricevuto anche alcuni no, come comprensibile, ma soprattutto tanti sì dati subito e con entusiasmo. Mi ha riempito il cuore vedere la solidarietà che c'è tra chi ha passato questa cosa: tutte sentivano evidentemente la necessità di dare un messaggio positivo e di sensibilizzare su questo tema. Ricordo soprattutto l’incontro con la prima modella, una ragazza che portava il bimbo al nido con il mio. Non la conoscevo ma ho deciso di parlarle del mio progetto. E lei ha detto subito di sì: il suo entusiasmo, la sua commozione la sua gioia mi hanno dato il coraggio di andare avanti. Io inizialmente non intendevo farmi fotografare: mi vergognavo. Sono state le undici donne che ho incontrato in questo percorso a darmi la forza».

A che punto è adesso il progetto?

«Tra novembre 2013 e aprile 2014 abbiamo fatto tutti gli scatti. Il maestro Citti li sta rielaborando. Poi ci sarà il lavoro, anche il questo caso offerto gratuitamente, del grafico Rino D'Anna. Mi sono rivolta all’associazione “Per te donna” che da tanti anni opera con grande impegno sul territorio su questi temi. Mi è subito sembrata la realtà perfetta perché rispetta in pieno la filosofia del mio progetto e anche da parte loro l’adesione è stata entusiastica e immediata. Ho chiesto a loro aiuto per la realizzazione finale del calendario e insieme abbiamo inoltrato domanda di patrocinio a tutti i Comuni della Versilia, all'Asl e alla Provincia. Insieme stiamo cercando gli sponsor per riuscire a stampare il calendario che vorremmo presentare a ottobre. Non sarà in vendita ma raccoglieremo offerte libere per il calendario che si potrà trovare presso l'associazione e anche in occasione delle mostre delle fotografie che faremo sul territorio. Insommasiamo al punto di trovare le risorse necessarie per stampare calendari e pannelli per le mostre. Ci tengo a dire che abbiamo trovato qualcuno già disponibile ad aiutarci anche se per ora non basta. Cosa che mi dà tanta fiducia: ci sono tante persone generose e questo mi riempie il cuore».

18.1.14

il dolce e l'amaro [ come lenire il dolore )

 ti potrebbero tornare utili visto che   ossessione e  dolore  sono collegati






Alcuni lettori    mi chiedono ,  dopo aver letto il mio precedente  post combattere  o arrendersi ?  una  terza  via  lasciare fluire il dolore  come faccio e  come fare   a lenire il dolore   .
inizialmente  ero tentato di non rispondere  per  evitare  di passare  come un cattivo maestro ed evitare strumentalizzazioni  o di  rispondere in maniera   che può essere  considerata  ovvia e scontata  con  questa frase   e relativo video   di giovanni lindo ferretti





"La vita umana non dura che un istante, si dovrebbe trascorrerla a fare ciò che piace. In questo mondo fugace come un sogno viver nell’affanno è follia. Ma non rivelerò questo segreto del mestiere ai giovani; visto come vanno le cose oggi potrebbero fraintendermi". ( Dall'album "noi non ci saremo, vol.II", unica versione con il seguente prologo ) 
Ma poi  ho pensato che  forse  è meglio  fare  come ( salvo il corsivo fra parentesi che  è mio  )  suggerisce nel finale  di questo articolo  http://virginpunk.wordpress.com/2014/01/13/godersi-la-vita-non-significa-oscurarla/    la  compagna  di strada  virginpunk
ciò che scrivo [ quando parlo direttamente di me ] nei miei articoli sono parto del mio personale pensiero, non corrisponde né voglio farlo passare come verità assoluta.


eccoci  comunque  alla classica  domanda  come  lenire il dolore  ?
Ogni uno  ha  i suoi metodi   io non ne ho uno preciso  lascio che entri ed  esca  da solo .infatti generalmente  mi succede  che  entra  ed  esce  senza  che io debba combatterlo  o lottarci troppo  . Altre  volte uso questi sistemi
1) non pensarci , perchè  più ci pensi più  esso fa male  ed  aumenta
2)  vederlo  come qualcosa  di necessario cioè come la scena  clou  del film il  dolce  e l'amaro





  o come qualcosa  ( a volte  )   di costruttivo  per  andare  avanti

3) pensare  ad  altro  : a) momenti allegri , quello devi fare  nei giorni successivi  , ascoltare  musica , leggere,  vedere  gente  , camminare  , fare attività fisica<      come  una semplice  camminata  \  esccursione  , ecc
4)) tisane ed  infusi

Bastano 5 minuti per preparare una tra le tantissime tisane rilassanti esistenti in commercio, e un’altra manciata di minuti per godersela. Quello della tisana rilassante dovrebbe essere uno spazio quotidiano di rilassamento, che fa parte della cura di séUno spazio in cui, insieme al liquido che entra e scende nel nostro corpo, se ne vanno, lavati via, pensieri negativi e aspri, ci si concede una tregua e un risposo da tutto quanto ci gira attorno per entrare un po' in noi stessi.  Ecco perché sono così importanti le tisane rilassanti. qui come sceglierle


 ecco una mia   preferita  

 qui ulteriori  siti 

6) Le  droghe  
 ci sarebbero anche  ma   sono solo dei palliativi  , ed  effimeri  contro producenti  se  in eccesso per la salutee la psiche    .Infatti io non gli sto più usando . Alcool  e  Droghe ( quest'ultimo non è il mio caso o almeno non più )


7) con la meditazione . 

Infatti Le tecniche di meditazione sono effettivamente in grado di indurre notevoli effetti analgesici: lo attesta uno studio condotto Wake Forest Baptist Medical Center Meditation i cui risultati sono pubblicati in articolo sul Journal of Neuroscience. qui   sotto uno degli esercizi classici 




























con il  tempo il dolore si allieva, e noi ci abituiamo a sopportarlo. E' un po' come certi  dolori fisici che non se ne vanno mai : col tempo riesci ad abituarti a questo dolore tanto da poter affrontare la giornata. Non dobbiamo però dimenticare che ci sono delle persone che, a volte, possono considerarsi veri e propri antidolorifici.


emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...