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22.1.25

SHOAH E MEMORIA LA LEZIONE DI LEVI e come spiegarla ai bambini e a quei 14 per cento che dicono che non esiste




Inizialmente non volevo più celebrarlo e smettere di scrivere post in merito visto l'alto tasso di retorica , di strumentalizzazione dei pro israeliani sopratutto dopo il 7 ottobre e la richiesta di silenzio ( vedere post precedente ) ho deciso dopo aver letto l'articolo di Gad Lener  che trovate  sotto   di farlo ancora . Visto il ritorno ( in realtà non sono neppure del tutto scomparsi ne cancellati ) dei nuovi fascismi e dei nuovi nazismi sotto nuove forme più pericolose di quelle originarie classiche. Ma soprattutto perchè in un’Italia che si trova di fronte alla Giornata della Memoria, il 27 gennaio, e a un’inquietante recrudescenza di episodi di antisemitismo, emerge un dato preoccupante: il 14% degli italiani, secondo l’ultimo Rapporto Italia dell’Eurispes, non crede che la Shoah sia mai avvenuta. quello che molti considerano un “vecchio tema”, relativo alla memoria della Shoah, sembra essere riemerso prepotentemente nella coscienza collettiva italiana, e non solo. Secondo il Rapporto Italia, il 15,9% degli italiani minimizza la portata della Shoah, affermando che non avrebbe prodotto così tante vittime, mentre il 14,1% nega totalmente che lo sterminio sia mai avvenuto. Dati inquietanti, che si collegano a una crescente diffusione di teorie complottiste e di discorsi revisionisti, veicolati non solo dai soliti ambienti estremisti, ma anche da frange della politica e dei social media.

Non si tratta di una crisi improvvisa, ma di un processo strisciante che si è acuito negli ultimi decenni. Nel 2004, sempre secondo Eurispes, solo il 2,7% degli italiani metteva in dubbio l’Olocausto. Oggi quella percentuale è quintuplicata, dimostrando come il tempo, anziché consolidare la consapevolezza storica, abbia aperto la strada a narrazioni distorte.
Questo deterioramento del senso storico non è privo di conseguenze. Il negazionismo non è solo una negazione del passato, ma una ferita aperta per le comunità ebraiche e un pericoloso sintomo di una società che fatica a riconoscere i propri errori e le proprie responsabilità. Il rischio è evidente: la Shoah, da tragedia universale, rischia di essere relegata al ruolo di semplice oggetto di dibattito, perdendo il suo valore di monito e insegnamento per le generazioni future.Purtroppo, quanto emerso dall’indagine dell’Eurispes non è un caso isolato. Le credenze distorte sugli ebrei, come il presunto controllo del potere economico o la capacità di determinare le politiche occidentali, continuano a radicarsi tra la popolazione. Se nel 2004 il 2,8% degli italiani negava il diritto all’esistenza di Israele, oggi quella percentuale è salita al 18,8%. La banalizzazione della Shoah, il crescere di opinioni che minimizzano o addirittura negano l’orrore subito dal popolo ebraico, è un fenomeno che può avere effetti devastanti sulla coesione sociale e sul rispetto dei diritti umani.


Il Fatto Quotidiano  21 Jan 2025   GAD LERNER


FOTO ANSA   Tracce di storia Pietre d’inciampo a Napoli
ricordano gli ebrei deportati ad Auschwitz 

EQUIPARARE L’ORRORE Sembra che gli ebrei abbiano esaurito il credito che fu loro concesso a suo tempo in quanto popolo vittima dell’olocausto Anche per questo la ricorrenza del 1945 resta una celebrazione necessaria


Piaccia o non piaccia, come e più dell’anno scorso, il Giorno della Memoria esercita una funzione scomoda.
Nel reclamare la dovuta attenzione sui milioni di ebrei sterminati in Europa fra il 1941 e il 1945, sospinge l’opinione pubblica a un confronto con la malasorte dei milioni di palestinesi che l’“ebreo nuovo”, scampato all’estinzione, si è ritrovato per vicini di casa. Dentro e fuori i confini dello Stato d’israele sorto nel 1948.
È una forzatura logica, alimentata dal risorgere di antichi pregiudizi? Un paragone che vilipende chi in famiglia reca ancora i segni delle sofferenze patite ottant’anni fa? Siamo sinceri. Fatichiamo a disgiungere nella nostra sensibilità queste due tragedie in apparenza così lontane, benché la loro incommensurabilità numerica dovrebbe risultare evidente: milioni di innocenti persero la vita nell’industria dello sterminio pianificato nei lager; decine di migliaia sono le persone uccise a Gaza dai soldati israeliani in una sorta di punizione collettiva ininterrotta di 15 mesi.
Se non bastassero le reciproche accuse di “nazismo” che i due nemici inferociti si scagliano addosso, perduto “ogni senso di affinità umana”, per dirla con Primo Levi, a rendere ancor più difficile eludere tale connessione mentale è sopraggiunta una circostanza che ha del clamoroso: lunedì 27 gennaio, ottantesimo anniversario della liberazione del campo di Auschwitz a opera dell’armata Rossa sovietica, è improbabile che alla cerimonia ufficiale convocata in quel luogo possa presenziare il primo ministro israeliano, soggetto com’è a un mandato di cattura internazionale, perché fortemente indiziato di crimini di guerra. Ci sarà re Carlo d’inghilterra mentre non sono invitati i russi. Parleranno solo gli ultimi sopravvissuti perché la politica mondiale oggi non è in grado di ritrovarsi unita neppure nella promessa infranta troppe volte del “Mai più Auschwitz”.
Inutile girarci intorno. L’insistenza con cui molte persone (che si offenderebbero a essere tacciate di antisemitismo) pretendono, in particolare da noi ebrei e ancor più dai sopravvissuti alla Shoah, l’uso della parola “genocidio” riferita a Israele, quasi che fosse lo strumento con cui misurare la sincerità o meno dell’indignazione nostra nei confronti dei crimini di guerra perpetrati in risposta al 7 ottobre, segnala il punto di non ritorno a cui siamo arrivati.
Orribile a dirsi, ma sembrerebbe che gli ebrei abbiano esaurito il credito loro concesso a suo tempo in quanto popolo vittima della Shoah. Basta, credito esaurito. Con sollievo autoassolutorio di chi manteneva il vecchio sospetto che gli ebrei fossero dei privilegiati. Una svolta che elettrizza perfino gli ammiratori della brutalità d’israele interpretata come se fosse una virtù connaturata agli ebrei da assumere come modello. Naturalmente l’esaurirsi del credito concesso alle vittime della Shoah si porta dietro la seconda domanda scomoda sempre più in voga man mano che il conflitto si estendeva e inferociva: un mondo senza Israele non sarebbe forse un mondo migliore? Interrogativo mendace ma insidioso che non riguarda solo il futuro di sette milioni di ebrei nati laggiù, ma la possibilità stessa che prosperino in pace società multietniche e multiculturali.
Mi sono sentito dire di recente da persona bene addentro nell’establis h m en t di Netanyahu: “Con questa g u e r r a Israele si è messo al sicuro. Decapitato Hamas, in malaparata gli Hezbollah, l’iran costretto sulla difensiva, caduto il regime siriano di Assad, uomini affidabili al vertice dello Stato libanese... i palestinesi continueremo a tenerli a bada e Trump ci coprirà le spalle. I problemi ce li avrete voialtri ebrei della diaspora perché ricadrà sulle vostre spalle l’odio sempre più diffuso per Israele e la nuova ondata di antisemitismo che ne deriva”.
In apparenza sembra un ragionamento cinico di realpolitik che non fa una grinza. Affaracci vostri, ebrei che vi ostinate a non capire che in futuro solo in Israele potrete star sicuri. La pensa così chi è convinto che – tregua o non tregua – questa guerra debba continuare perché fa parte di una guerra mondiale più grande. E insiste nell’illusione che bastino i rapporti di forza militari e tecnologici per garantirsi la sicurezza. Come se il 7 ottobre non gli avesse insegnato nulla. E come se bastasse una scrollata di spalle per levarsi di dosso il discredito caduto su Israele.
Se questo è il clima, ben si capisce perché il Giorno della Memoria (istituito in Italia su proposta del nostro caro Furio Colombo) accumuli un gran numero di detrattori: da chi lo liquida come inutile esercizio di retorica, ignorando l’ottimo lavoro preparatorio che tante scuole gli dedicano; a quelli che non ne possono più di “rendere omaggio” agli ebrei per riceverne in cambio nuove accuse; a non pochi esponenti delle stesse Comunità ebraiche che ormai lo vivono come un boomerang, pretenderebbero che la celebrazione venisse depurata da qualsivoglia riferimento all’attualità di Gaza e Cisgiordania o meglio ancora che venisse polemicamente abolita.
Dopo avere riletto i due testi fondamentali del principale testimone della Shoah in Italia (e non solo), cioè Se questo è un uomo e I sommersi e i salvati di Primo Levi, mi sono convinto del contrario. Non solo il Giorno della Memoria va celebrato, ma deve servire proprio ad affrontare le domande più scomode che per tutta la sua vita Primo Levi ripropose martellanti nei suoi testi circa la ripetibilità e la comparabilità dell’orrore di cui era stato testimone ad Auschwitz.
Il riconoscimento del sistema concentrazionario nazista come unicum non solo non gli impedì, ma lo spronò a studiare il riproporsi successivo di forme di crudeltà di massa basate su meccanismi analoghi. Levi non adopera mai la parola “genocidio”, neanche riguardo allo sterminio degli ebrei, ma quando deve descrivere “i diligenti esecutori di ordini disumani” ci tiene a precisare che “non erano aguzzini nati, non erano (salvo poche eccezioni) dei mostri: erano uomini qualunque”... “fatti della nostra stessa stoffa”... “non erano mostri, avevano il nostro viso, ma erano stati educati male”.
Educati male. Nell’appendice a Se questo è un uomo pubblicata nel 1976, paragona i nazisti ai “militari francesi di vent’anni dopo, massacratori in Algeria” e ai “militari americani di trent’anni dopo, massacratori in Vietnam”. Altrove elenca gli “imitatori” dei nazisti “in Unione Sovietica, in Cile, in Argentina, in Cambogia, in Sudafrica”. E potrei continuare. Ignoriamo, certo, se avrebbe inserito in un simile elenco Israele con cui manteneva un rapporto “affettuoso e polemico” fondato su “un nostro appoggio sempre condizionato”.
Di certo, Primo Levi non ha fatto che scriverlo e ripeterlo: “È avvenuto, quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire. Può accadere, e dappertutto”. Se poi qualcuno pensasse che Levi escludesse a priori gli ebrei dal novero dei potenziali “educati male”, lui stesso replica: “Non è facile né gradevole scandagliare questo abisso di malvagità, eppure io penso che lo si debba fare, perché ciò che è stato possibile perpetrare ieri potrà essere nuovamente tentato domani, potrà coinvolgere noi stessi o i nostri figli”.
Infatti Il 27 gennaio, Giornata della Memoria, ( ma  non solo   )  è un momento di riflessione collettiva per ricordare le vittime dell’Olocausto e tramandare i valori fondamentali della pace, del rispetto e dell’inclusione. Spiegare questa ricorrenza ai più piccoli non è semplice, ma è essenziale per educarli alla consapevolezza storica e ai principi che ci aiutano a costruire un futuro migliore
La Giornata della Memoria spiegata ai bambini rappresenta un’opportunità per introdurre temi importanti con delicatezza e sensibilità, un compito cruciale che spetta a genitori e insegnanti.
Parlare della Shoah ed olocausto ai più piccoli significa non solo raccontare una pagina oscura della nostra storia, ma anche insegnare il valore della memoria come guida per evitare che errori simili si ripetano. Ecco perché è importante affrontare questo tema e farlo in modo accessibile.
Perché è importante parlarne ai bambini  ?  
Educare alla memoria: un dovere verso le nuove generazioni  La memoria storica non è solo un dovere nei confronti delle vittime della Shoah e dell'olocausto , ma anche uno strumento per educare le nuove generazioni alla consapevolezza e alla responsabilità. Parlare della Shoah ai bambini permette loro di comprendere il valore della giustizia, dell’empatia e del rispetto per il prossimo, pilastri fondamentali per una società inclusiva.

Come raccontare la Shoah e l'olocausto ai bambini allora ?

È fondamentale adattare il linguaggio in base all’età:
  • Per i più piccoli (6-8 anni): si possono introdurre concetti come la giustizia e il rispetto attraverso storie semplici che trasmettono messaggi positivi.
  • Per i bambini più grandi (9-12 anni): si può invece iniziare a fornire un contesto storico, parlando della Shoah in modo comprensibile, ma senza entrare in dettagli  non  troppo  traumatici.

Infatti, raccontare la Shoah ai bambini significa affrontare argomenti difficili con un approccio elementare, utilizzando storie e linguaggi che rispettino la loro sensibilità.

Un libro speciale per spiegare la Shoah ai bambini: un aiuto prezioso per raccontare la memoria con delicatezza

libri possono essere uno strumento particolarmente efficace per affrontare il tema della Shoah con i bambini. Tra i libri sulla Giornata della Memoria per bambini, La giostra si distingue per la sua capacità di trasmettere messaggi importanti in modo delicato e coinvolgente
La storia segue la curiosa amicizia tra Sara, una bambina ebrea, e Teo, il cavallino di una giostra. Un’amicizia ostacolata dall’arrivo della guerra e dall’allontanamento di Sara, prima confinata nel ghetto ebraico e poi portata via in un campo di concentramento. 

 Tra i libri sulla Shoah per bambini, La giostra

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è un esempio di come la narrazione possa avvicinare i più piccoli a una realtà complessa senza spaventarli, ma anzi incoraggiandoli a riflettere. Questo libro, infatti, non solo rende la Shoah comprensibile ai bambini, ma li aiuta anche a sviluppare empatia verso le persone colpite dalle discriminazioni.


Come utilizzare un libro sulla Shoah a scuola o a casa: idee pratiche per leggere e discutere con i bambini

Leggere insieme ai bambini un libro sulla Shoah è un’opportunità per parlare di valori universali, come il rispetto per gli altri e il rifiuto dell’intolleranza. In questo modo, il libro diventa un ponte tra passato e presente, capace di stimolare conversazioni profonde in un ambiente sicuro.

A scuola:

  • Organizza una lettura condivisa in classe di La giostra, seguita da un laboratorio creativo. I bambini potranno disegnare o scrivere un breve pensiero ispirato al libro, e questo li aiuterà a interpretare i messaggi in modo personale.
  • Collega la lettura di La giostra alla Giornata della Memoria. Avvia un momento di riflessione guidata dove gli alunni possano esprimere le loro emozioni e discutere su temi come il rispetto e la diversità. Questo approccio è particolarmente efficace nella scuola primaria, dove è possibile spiegare la Shoah ai bambini attraverso queste attività partecipative.

A casa:

  • I genitori  almeno quelli che  non limitano  a scaricare  \  delegare   agli insegnanti   e    alla  scuola tale  compito  ,  possono leggere con i bimbi La giostra usandolo come spunto di riflessione. Utilizzare un libro sulla Shoah come punto di partenza per dialoghi aperti può essere un’opportunità per trasmettere ai più piccoli i valori promossi dalla Giornata della Memoria.

Parlare di tali  eventi   ai bambini, quindi, è un atto di responsabilità che genitori e insegnanti devono abbracciare con sensibilità e consapevolezza. Spiegare la Giornata della Memoria ai bambini è l’occasione per trasmettere valori fondamentali attraverso strumenti come libri e attività creative.Incoraggiamo tutti a condividere questo articolo e a lasciare un commento con le proprie esperienze su come affrontare questo tema delicato con i più piccoli

 La memoria è il ponte che ci collega a un futuro migliore: camminiamoci insieme.

1.11.23

oltraggiate le pietre d'inciampo dedicate a Giacomo ed Eugenio Spizzichino, arrestati e deportati nei campi di concentramento

 Dopo  le  stelle  di david  comparse  a  Parigi    , le  maifestazioni d'odio   contro il popolo  ebraico   toiccano il nosro paese  .  

 da  republica del 1\11\2023  



Non è più un caso isolato. Dopo il blitz della notte tra il 30 e 31 ottobre in via Dandolo a Trastevere, a poche centinaia di metri, esattamente in via Mameli 47, la notte successiva sono state sporcate sempre di vernice nera


 

altre due pietre d’inciampo. Le targhe d’ottone vandalizzate ricordano Giacomo e Eugenio Spizzichino, arrestati e deportati nei campi di concentramento. Giacomo Spizzichino nato nel 1920 venne arrestato il primo gennaio del 1944 e deportato a Mauthausen, dove fu assassinato il 18 aprile del 1945. Ed Eugenio Spizzichino, nato nel 1918, fu arrestato il 6 maggio 1944 e deportato ad Auschwitz, dove venne assassinato il 20 gennaio del 1945. In via Dandolo all’altezza del civico 6 erano state imbrattate le pietre d’inciampo in ricordo di Michele Ezio Spizzichino e Aurelio Spagnoletto deportati il 16 maggio del 1944 ad Auschwitz .

 

Per il momento l'unico politico   è stato ,  dai microfoni di Rai Radio 1  , la segretaria del Pd Elly Schlein   che  ha definito “inqualificabili questi gesti, degni veramente di una condanna fermissima da parte di tutti coloro che vogliono la pace, la democrazia, che conoscono l'errore, l'orrore anzi, di quello che è stata la dittatura nazifascista, per cui siamo tutti preoccupati da questo rigurgito di antisemitismo, che dobbiamo davvero contrastare con grande forza”. Oltre   a  lei , semre  secondo repubblica   ,  è anche il Rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, in un intervento pubblicato su La Stampa, sostiene che quando “un passante viene malmenato, una casa viene segnata, persino pietre d’inciampo deturpate, alla base di questi meccanismi perversi e distorti c'è qualcosa di molto più antico e profondo. In un pensiero diffuso che è inconscio per molti e invece consapevole in molti altri, l'ebreo che vive, con la sua diversità, ha una colpa esistenziale da scontare”. Infatti   Capisco  e  comprendo   (  non significa che    giustificare  ed  essere  d'accordo  )  per quelo che  sta  facendo in questo  periodo  . Ma   qui non si tratta   dìodiare uno stato o un istituzione  ma  odiare  un popolo  soprattutto vittime dell'olocausto anzi meglio shoah in questo caso . Alcuni dicono



  1. non abbiamo telecamere in zona per vedere chi è stato?

    è possibile dare un segnale forte, per esempio rintracciando i responsabili e multandoli, in modo che non passi l'idea che si può fare qualsiasi cosa con la scusa della causa palestinese?

    • Risposta di Teodora

      Mai visto vigili o forze ordine !! ! La sera Trastevere è terra di nessuno

    • Risposta di Gabriele_I

      La causa palestinese non è una scusante per queste azioni riprovevoli.

  2. Commento di patrizia2103

    Ohibò, non credevo di essere censurata solo perchè nel mio commento non reputavo quanto sta succedendo ora in Medio Oriente una guerra di religioni o meglio, contro una religione!

    • Commento di Francesco

      Atti ignobili. Punto.

      Ma non condivido il tentativo di metterla in politica, raffazzonato e arbitraria della Schlein. Libera di fare come crede, certo, ma liberi noi di dire che molto probabilmente l'oltraggio bieco e vigliacco puo' venire da fiancheggiatori di Hamas, che probabilmente si collocano nella galassia di sinistra.

      • Risposta di alemicheli2380

        Non condivide ii tentativo di metterla in politica,però tira in ballo la sinistra,perché anche se si parla del campionato del mondo di tamburello,va buttato là il termine sinistra,che per far polemica ci sta sempre bene...

      • Risposta di Antonio

        Questi atti sono tradizionalmente di destra, perché gli odiatori professionali li ritrovi lì. Salvo poi incolpare altri.



    • Questi atti sono tradizionalmente di destra, perché gli odiatori professionali al 90 %li ritrovi lì. Salvo poi incolpare altri. Ma    soprattutto   l'antisemitismo   di sinistra   , pur  esecrabile e becero ,   non ha    mai   che  io sappia  vandalizzato ed insultato  le  vittime   dei campi di concentramento  nazisti  .  

    emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

    Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...