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27.9.18

Aldo Fraoni, Lamiere e passione: il carrozziere di Laerru che fa rivivere vecchie Ferrari, Alfa e Maserati


dall'inserto lamiaisola della nuova sardegna Lamiere e passione: il carrozziere di Laerru che fa rivivere vecchie Ferrari, Alfa e Maserati Nel laboratorio di Aldo Fraoni, un artigiano che con pazienza cesella pezzi d'epoca 

di Roberto Sanna





L’Alfa Romeo 1750 ti accoglie rossa e aggressiva al centro della stanza. Poco distanti sonnecchiano una Ferrari 400i azzurra e una Lancia Beta Montecarlo rossa, mentre una Renault Alpine attende con pazienza il suo momento e sul ponte una Mercedes SE del 1961 osserva dall’alto la scena. Aldo Fraoni emerge dal suo regno con un sorriso, per farsi spazio sposta una Fiat 500 L degli anni ’70. Quelle automobili in via rinascita sono le sue compagne di vita, assieme a loro trascorre ore e ore in quello che visto dall’esterno è un anonimo capannone arroccato su una collina all’uscita di Laerru e all’interno si rivela una gioia per gli amanti delle quattro ruote.
La scuola varesina
Dei suoi 62 anni, Aldo ne ha trascorsi 50 a rimettere a nuovo automobili: «Ho cominciato presto, a Varese, dove la mia famiglia si è trasferita quando avevo otto anni. Sotto casa c’era un’officina, già a tredici anni, finita la scuola, andavo a dare una mano. A dir la verità avrei voluto proseguire gli studi ma non avevamo le possibilità, così ho continuato a lavorare. Roba pesante, la mattina appena arrivati cominciavamo a martellare paraurti di camion, io li tenevo e lui picchiava. Ci portavano anche auto sportive, rifacevamo i musetti delle Formula 3. Le carrozzerie che adesso mi portano da rimettere a nuovo le ho già fatte in quegli anni, so dove mettere le mani: Lancia, Millecento, Giulia, “Fulviette” HF, a Varese ho toccato le prime Ferrari». In quegli anni il lavoro si trasforma in una passione che non lo abbandonerà più: «Ero intraprendente, a vent’anni mi sono messo in proprio esono arrivato ad avere sette dipendenti. Poi nel 1985 mi sono stufato di stare a Varese e ho deciso di rientrare in paese. Ho venduto tutto e riaperto qui a Laerru, non mi lamento, la mia vita è qui, in mezzo alle automobili».




Vecchio è bello.
Quando si parla con lui bisogna fare una distinzione. C’è un Aldo Fraoni carrozziere, quello che rimette a posto le auto dopo un incidente o una manovra di parcheggio eseguita male; e poi c’è l’Aldo artigiano che dà una nuova vita ad auto che sembravano destinate a marcire per sempre in un garage o in qualche spiazzo di campagna: «Sono due cose diverse. Il lavoro è il lavoro, bisogna chiudere il mese. E, salvo situazioni particolari, le auto di oggi si fa in fretta a rimetterle in sesto. Anche perché non è più come una volta, è soprattutto una questione di pezzi. Anche troppo, ormai se fai un lavoro con quattromila euro di ricambi devi aggiungerne ottocento di mano d’opera, una sproporzione assurda. E le auto sono tutta un’altra cosa, a volte basta un danno da tre-quattromila euro e rischi di buttarle. Prima no, erano fatte per durare e col lavoro e la pazienza rimettevi a posto quasi tutto. Non parliamo della verniciatura, adesso due-tre mani sono anche troppe, prima passavamo fino a ventiquattro mani».





Portata a casa la pagnotta, Aldo Fraoni si dedica ai suoi gioielli: «Ci lavoro sere intere, anche la notte. Mi affeziono tanto che quando le portano via mi dispiace. Il mio non è un lavoro di restauro, il termine è improprio: preferisco parlare di ricondizionamento. Se accetto un incarico lo porto sempre a termine. Mettendo subito un chiaro una cosa col cliente: bisogna avere pazienza, se è un lavoro da cento ore, cento ore bisogna dedicarsi, non serve avere fretta. Anche se il cliente dopo un po’ comincia a diventare impaziente e lo capisco anche, quando ti porta qualcosa la vuole vedere pronta il prima possibile. Però serve tempo, bisogna recuperare i ricambi, poi c’è anche la parte meccanica. E non sempre le auto sono quelle che sembrano al primo sguardo, le devi aprire, controllare il fondo, vedere come sono state trattate in precedenza: per esempio, in Svizzera molti carrozzieri lavoravano aggiungendo lamiera su lamiera, ti ritrovi a tirare via tre-quattro strati prima ancora di cominciare».
I costi
«Quando un cliente ti porta un’automobile conciata male, sa che deve sborsare.I ricambi della Cinquecento bene o male le trovi, se invece è una Ferrari arriva la botta anche perché la parte dei ricambi è in Inghilterra: un semplice lunotto costa anche diverse migliaia di euro, tanto per dire. Sono orgoglioso del fatto che chi si rivolge a me lo fa per avere un lavoro fatto bene, ho ricevuto pochissime lamentele. A parte quelle per il tempo. In compenso i prezzi del mercato stanno aumentando e una Ferrari 208 la paghi anche quarantamila euro, un tempo le trovavi facilmente a poco. Sono passatempi costosi e devo anche dire che la maggior parte dei clienti se lo può permettere, se c’è bisogno di spendere lo fanno».
Auto da sogno
Nel suo laboratorio sono passati pezzi da museo e non per modo di dire: «Ho rimesso in sesto una Ferrari e una Lancia Stratos che poi sono state esposte negli Usa. E la Ferrari resta l’auto più bella che uno come me possa rimettere a nuovo, non c’è paragone. Se mi chiedete quale sia stato il modello che più mi ha dato soddisfazione e quello che vorrei nella mia officina la risposta è la stessa: una Ferrari degli anni Sessanta-Settanta, magari un Gto o una California o una Daytona, mi è capitato di provarle ed è un’emozione pazzesca. Adesso sto portando avanti un’operazione incredibile con una Maserati Mistral che vale più di duecentomila euro. Un’auto che il padrone ha recuperato da un capannone nautico di Alghero dove era rimasta per trent’anni parcheggiata in mezzo a motoscafi e gommoni. Tanto per capirci, quando ho aperto il cofano era pieno di topi morti. Pian piano l’ho riportata in vita, adesso è dal meccanico, i pezzi del motore li abbiamo presi dalla fabbrica, non appena la riportano a Laerru la finisco e so già che sarà una grande soddisfazione. Ricordo anche una Porsche cabrio che non riuscivo a completare. Ci lavoravo la notte, al mattino la prima cosa che facevo era ricontrollarla e trovavo sempre un errore, sono andato avanti così per due settimane, era diventato un affare personale».
Passione senza fine.
Aldo Fraoni non riesce a immaginarsi lontano dalle “sue” auto: «Mi chiedono perché non sono in pensione ma non vedo il motivo, dovessi ritirarmi andrei a curare la mia campagna e quello lo faccio già, al mattino presto e la sera dopo che chiudo. Le mie giornate sono qui, la passione non è mai calata, ho riempito la soffitta di riviste specializzate fino a quando mia moglie non mi ha minacciato. Mi dispiace solo non aver trasmesso la mia passione a qualche giovane. A Varese ho visto i miei dipendenti mettersi in proprio nel corso degli anni e per me è stata una soddisfazione, qui non ci sono riuscito. C’è stato qualcuno ma interpretava il lavoro in maniera sbagliata, alle cinque smetteva. Non funziona così, se ami qualcosa ti dedichi con tutto te stesso, non poche ore al giorno».

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