Nessun appello, nessuna riprovazione per i 40 e più assassinati (9 i bambini) a colpi di mitra e di machete in una chiesa di Komanda, nella Repubblica Democratica del Congo. Sì, machete. Squartati come vitelli. Va avanti così da decenni, in un crescendo di odio ed efferatezza. Ma non ne troverete cenni o quasi. Pochi trafiletti, rari e brevi filmati, zero volti. Le scarse immagini a disposizione sono d'archivio, le vittime non hanno identità, sono massa indistinta di brandelli umani (?) in un'Africa spettrale, in cui si aggirano torvi personaggi armati fino ai denti degni d'un «mondomovie». Ma questo non è un film. È una carneficina ad opera di gruppi jihadisti ai danni di cristiani di diverse confessioni che, ripetiamo, si protrae da tempo in Nigeria, Niger - dove è iniziato l'esodo di intere comunità -, Burkina Faso, Somalia, Eritrea, Sudan, alle quali si aggiunge ora il Congo. Non una campana è risuonata per loro, né unedimeno o gretine o cantanti scosciate hanno sventolato sul palco bandiere che non saprebbero neppure collocare esattamente su una carta geografica. Chi si è data pena per Leah Sharibu e le studentesse di Chibok, tuttora nelle mani dei loro aguzzini? Eppure sono nere, oppresse da un patriarcato feroce; dovrebbero suscitare empatia, solidarietà. Come Maria Joseph e Janada Markus, giovanissime nigeriane riuscite a sfuggire a Boko Haram e ricevute poi a palazzo Chigi in occasione della giornata internazionale della donna. Ma nessuno ha mai udito i loro nomi o, quando li ha sentiti, se ne è strafregato/a.
Insomma, se cristiani, i non-occidentali non interessano più agli occidentali anti-Occidente. Diventano non-occidentali della concorrenza; il «patriarkato» viene esecrato solamente come l'arma dei «bianchi» sfruttatori colonialisti; altrove, è «tradizione» da rispettare. Nessuna campana per le donne e gli uomini d'Africa, altrimenti bisognerebbe riconoscere che i cristiani/e sono i più perseguitati al mondo (365 milioni secondo World Watch List 2024), che non si tratta solo di «bianchi», che le «altre tradizioni» sono tutt'altro che pacifiche e dialoganti. E non limitiamoci al Continente nero: dal Medio Oriente i cristiani rischiano di sparire, cosa che dovrebbe turbarci un pochino se solo ricordassimo che la culla di quella religione si trova laggiù. Il bombardamento della parrocchia «Sacra Famiglia» di Gaza ha suscitato in Italia miserandi battibecchi da bottega e reazioni anti-israeliane. Il tutto insopportabilmente pretestuoso, la solidarietà alle vittime è stata la grande assente dell'intero «dibattito». Né ci fu per l'uccisione di Shirin Abu Akleh a Jenin nel 2022, o per Nahda Khalil Anton e sua figlia Samar, sempre della comunità «Sacra Famiglia», colpite da un cecchino israeliano. Non s'è avvertita la scorsa settimana e appena ieri, quando i coloni del fascista Netanyahu hanno assaltato il villaggio di Taybeh, l'antica Efraim, ultimo avamposto cristiano in Cisgiordania, al grido di «Cacciamo gli arabi»; men che meno è giunta per i fedeli delle chiese di Sant'Elia a Damasco e di San Michele ad As-Sura, martirizzati dai pro-Isis con la minaccia: «Torneremo». Ma sappiamo che per gli «indignados» di casa nostra il fanatismo islamista non esiste.
L'eccidio di Komanda, le sue morti senza nome, hanno almeno smascherato l'ipocrisia e la malafede. Con o senza campane.
© Daniela Tuscano

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